IL TELEFONO, LA LORO VOCE

Prevedendo la possibilità di qualche malessere, non mi sono fidata ad andarci in macchina e ho preferito chiamare un taxi. E dunque, quando è ora chiamo: occupato. Aspetto qualche manciata di secondi e richiamo: occupato. Terza chiamata, quarta, quinta… Non me lo spiego: il telefono della stanzetta in cui stanno i tassisti non viene mica usato per chiacchierare con gli amici. Per fortuna ho una finestra di un’ora, quindi faccio una cosa che mi impegna per qualche minuto, poi richiamo: occupato. A questo punto è chiaro che c’è qualcosa che non va, quindi mi rassegno ad andare a piedi fino alla stazione – una camminata di un quarto d’ora, e meno male che non devo prendere il treno – e prenderlo direttamente lì. Arrivata giù riprovo e – miracolo! – suona libero, e dopo un paio di squilli si apre la comunicazione. Solo che non sento un “Pronto”, bensì voci di diversi uomini che discutono concitatamente a voce alta. Non capisco che cosa stia succedendo, comincio a dire “Pronto”, poi a gridarlo sperando che qualcuno lì vicino riesca a sentirmi e risponda, ma niente, e mi rassegno a chiudere. Richiamo ancora una volta e mi arriva la voce registrata: “Tim, informazione gratuita, il cliente da lei chiamato…” Mi avvio. Dopo un centinaio di metri riprovo per l’ultima volta. E il tassista risponde. Gli do l’indirizzo, torno indietro e dopo cinque minuti arriva. Dopo avergli detto la destinazione (“Ah, va  a fare il vaccino. Ne ho già portati tre oggi”), gli chiedo che cosa è successo col telefono. Mi guarda attraverso lo specchietto con l’aria di chi non ha la minima idea di che cosa stia parlando: “Niente, perché?” Glielo spiego, e lui capisce meno di prima: non ho fatto nessuna telefonata, quella a cui ho risposto è la prima chiamata che ho ricevuto da lei, se vuole posso farglielo vedere, non ci sono chiamate senza risposta, ed ero lì da solo, stavo leggendo il giornale. Addirittura venti minuti di tentativi? Incredibile.

E niente, il mistero non si è svelato. Ma possibile che queste cose debbano sempre capitare solo a me?

barbara

  1. Ma quel numero di telefono a chi corrisponde? Una cooperativa di tassisti? Puoi mandare intanto una bella raccomandata di protesta. Forse è fatto in modo che mentre un tassista ha clienti a bordo il suo cell risulta automaticamente occupato, per cui se tutti i tassisti sono impegnati ti dà occupato. Quando uno si libera risponde. Certo che così non può funzionare, chissà chi è il cretino che ha progettato questo sistema.

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    • No, è il numero fisso della postazione (l’unica della città) della stazione. Quando ho chiamato lui era lì da solo e non stava telefonando: evidentemente un’interferenza. In sei anni non era mai capitato niente del genere.

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    • Sì, e poi il monopattino dove lo lasciavo? Sempre bravi a trovare soluzioni senza pensare alle conseguenze, voi uomini.
      Io comunque resto dell’idea che, dal momento che si sapeva fin dalla sua nascita che cosa sarebbe successo, lei aveva firmato il consenso preventivo: se no cosa si faceva mettere col bouquet nuziale fra le mani a fare?

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      • Ma il senso del monopattino è che quando arrivi lo pieghi e te lo metti in borsetta, se sei Mary Poppins. Cioè, non proprio Mary Poppins: quella è razzista, l’abbiamo vista tutti ballare in blackface con gli spazzacamini. Solo la borsetta.
        Su Biancaneve e la BAnB hai assolutamente ragione tu, ma avrebbero dovuto firmare un consenso scritto prima di farsi incantare dal maleficio (“Arcolaio!” dev’essere l’esclamazione di disappunto quando ti ferisci con l’ago).

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