al tempo del progressismo (e qualcuno etichetta l’atteggiamento di chi non è d’accordo come “ostinato conservatorismo”).
Deve gareggiare con maschi che si dicono femmine. Protesta, ma viene censurata
Caterina Giojelli 29 maggio 2021 Esteri
L’incredibile caso di Chelsea Mitchell. La ragazza più veloce del Connecticut denuncia l’ingiustizia con una tribuna su Usa Today, che le cambia il testo sostituendo a “maschi” la parola “transgender”

Zitta, femmina cisgender. È il senso della sforbiciata sprezzante dei redattori di Usa Today alla tribuna firmata da una atleta del Connecticut, pubblicamente redarguita per avere osato utilizzare un «linguaggio offensivo» sulle colonne del celebre quotidiano americano. E cosa ha scritto di così offensivo da richiedere un intervento a gamba tesa della redazione? Ha usato la parola “maschio”.
Usa Today censura Mitchell
Riassunto: Chelsea Mitchell era la ragazza più veloce del Connecticut, finché, come molte altre atlete, è stata costretta a gareggiare contro due velocisti «fisicamente avvantaggiati». Cioè due maschi che si identificano come donne e come tali partecipano (e vincono) tutti i più importanti campionati scolastici e statali di atletica. Lasciando indietro le coetanee, stabilendo nuovi record, soffiando loro trofei e medaglie.
Ebbene, la scorsa settimana Chelsea Mitchell invia un “opinion” a Usa Today per affrontare il tema e raccontare perché ha deciso di imbarcarsi insieme a tante altre ragazze in una causa contro la Connecticut Interscholastic Athletic Conference. Per farlo ha osato scrivere che «i corridori maschi hanno enormi vantaggi fisici» rispetto alle colleghe femmine. Apriti cielo. Pubblicata il 22 maggio, il 26 maggio la tribuna di Mitchell veniva stravolta con tanto di pecetta: «Nota dell’editore: questa colonna è stata aggiornata per riflettere gli standard e le linee guida di stile di Usa Today. Ci dispiace che sia stato usato un linguaggio offensivo».
Vietato scrivere “maschi”
Stravolta: sì perché nell’articolo la parola “maschi” viene sostituita con «transgender». Con tante scuse, stigma e tanti saluti al senso del pezzo di Mitchell. La redazione non si limita infatti a prendere posizione ma le mette in bocca termini che lei non ha mai usato. E come avrebbe potuto rivendicando il diritto alla concorrenza leale?
Ovviamente Mitchell non è stata informata della revisione. L’avvocato Christiana Holcomb della Alliance Defending Freedom (Adf), che rappresenta le ragazze nella causa contro la politica del Connecticut, ha accusato Usa Today di aver messo mano alla tribuna della ragazza quando si è scatenata un’orda inferocita di lettori sui social.

Costretta a perdere
Ha scritto Mitchell: «Ogni volta che arrivo alla linea di partenza, mi ripeto che posso superare le ingiuste probabilità – posso vincere, anche se la gara è contro di me». È successo una volta sola. Poi Mitchell ha perso quattro titoli del campionato statale femminile, due premi del New England e numerosi altri posti sul podio, sbattuta al terzo posto nella corsa di 55 metri nel 2019. Davanti a lei solo loro, due sprinter maschi, ops “transgender”. Tempi vi aveva già raccontato la storia di Terry Miller e Andraya Yearwood che dal 2017 vincono tutto. Non hanno mai fornito dettagli sulla loro transizione, di loro si sa che sono sottoposti a trattamenti ormonali e che sono nati maschi.
Il che significa una cosa sola, come ha spiegato Alanna Smith, tra le ragazze difese dalla Adf: «Ogni volta che scendiamo in pista conosciamo il risultato prima ancora che inizi la gara. Un’ingiustizia biologica non scompare grazie a ciò che qualcuno crede sull’identità di genere». Una ingiustizia che ha portato le ragazze a perdere borse di studio e opportunità, «quando i college hanno esaminato il mio record, non hanno visto la ragazza più veloce del Connecticut. Hanno visto un secondo o terzo classificato», ha spiegato Mitchell.
La legge discrimina le donne
La ragazza non ha offeso nessuno. Ha solo affermato l’ovvio, cioè che il corpo di chi nasce maschio è in media «più grande e forte» di quello di chi nasce femmina. Rivendica il diritto alla concorrenza leale, difesa dal Titolo IX, la legge federale sui diritti civili, che in Connecticut (ma non solo, sono 18 gli Stati che consentono agli studenti transgender di gareggiare senza restrizioni) ha innescato un incredibile cortocircuito del politicamente corretto: non si capisce se tuteli di più i trans in quanto transgender o tuteli di più le donne in quanto cisgender. Secondo la Connecticut Interscholastic Athletic Conference, a cui i giudici hanno sempre dato ragione, «gli studenti che si identificano come donne devono essere riconosciuti come donne» e come tali dovrebbero essere tutelati. «Fare diversamente non sarebbe solo discriminatorio, ma li priverebbe della significativa opportunità di partecipare ad attività educative, compresi gli sport scolastici, basati su stereotipi sessuali e pregiudizi che si cerca di prevenire col Titolo IX».
Nel dubbio non chiamateli maschi. Mai. Neanche se lo sono. Può essere un crimine scrivere e chiamarli tali? Mentre in Italia assistiamo all’assurdo allineamento della stampa che ha deciso che Ellen Page non è mai nata femmina, piuttosto ha interpretato “ruoli femminili”, in America Usa Today ha deciso di riparare evidenti torti e crimini biologici cancellando la parola «maschio» dal vocabolario di una femmina: «Ci dispiace che sia stato usato un linguaggio offensivo». (qui)
Non vorrei che arrivassimo a dover rimpiangere i tempi bui in cui non potevamo votare e l’abbandono del tetto coniugale, qualunque ne fosse la causa, era reato penale. Consolante comunque apprendere che “maschio” è diventato un termine offensivo.
barbara
Il sogno bagnato di molte femministe era di far sparire il maschio. Fra un poco verrà realizzato, non esiteranno più maschi ma solo femmine, mestruanti e non. Quindi se tacciono come in questi casi è solo perché stanno preparando la festa.
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Il sogno bagnato di una manciata di psicopatiche: non confondiamo delle lotte sacrosante con dei deliri psicopatici, per favore.
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Eh lo so, una legge infame sull’altare della “lotta allomofobia”, ne parla spesso anche Rosy Canale nel suo canale “adesso parla rosy”
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Che poi mettere nello stesso calderone omosessuali e trans è follia pura: i finocchi, checche comprese, sono uomini, si sentono uomini, e non gli passa neanche per l’anticamera del cervello di voler diventare qualcos’altro. E non a caso ci sono numerose prese di posizione da parte di omosessuali, per questo motivo e per il fatto che si rifiutano di essere trattati come dei panda da proteggere. Tanto più, e ci tengono a precisarlo, che sono già pienamente tutelati dalle leggi vigenti.
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L’ha ripubblicato su Cavolate in liberta'e ha commentato:
Una delle storture più evidenti in america che, in italia, si cerca di replicare grazie alla legge Zan.
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Una volta persone così venivano chiamate “disadattate”, ed era un termine fin troppo gentile. Ora è più giusto chiamarle “furbetti”: gente che gareggiando con i loro pari sesso sarebbe una masnada di falliti, conquistano il podio (e le borse di studio in USA) fingendosi femmine. Mi sembrerebbe molto più corretto creare un campionato ad hoc per i transgender, ma poi i furbetti sarebbero costretti di nuovo a gareggiare alla pari ed a tornare a mangiare la polvere.
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Infatti quelli che vanno a gareggiare con le donne sono regolarmente degli atleti mediocri che gareggiando con gli uomini non vincerebbero neanche le gare dei pensionati. E qualcuno che davvero viva un conflitto fra ciò che è esteriormente e ciò che sente di essere, immagino che abbia ben altro da pensare che vincere gare di atletica.
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In questo particolare caso sembra di rivedere il tema delle atlete dopate della ex Germania Est. Io penso che anche quest’ultimo problema delle sportive trans verrà superato, anche perchè altrimenti credo le gare femminili non se le guarderà proprio più nessuno.
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Solo in parte. Perché è vero che avevano una muscolatura pompata fino a diventare più o meno come quella maschile e quindi atta a mettere abbastanza fuori gioco le atlete al naturale, però, essendo comunque donne, anche la base muscolare di partenza era femminile, e soprattutto lo erano la capacità polmonare e quella cardiaca per cui di fronte a un soggetto XY che fin da ragazzino ha sviluppato con allenamento atletico un corpo di atleta maschio, e soprattutto considerando che a gareggiare con le donne non sono solo i transgender veri, con castrazione, ormoni eccetera, ma anche quelli che semplicemente si presentano lì e dichiarano di sentirsi donne, come quel lottatore di nonsocosa che ha letteralmente fracassato la testa dell’avversaria, di fronte a questo genere di energumeni, dicevo, anche le dopate della Germania Est se la sarebbero vista brutta.
Tra l’altro, per quanto riguarda quelle atlete, ho letto che ad un certo punto, per avere un pompaggio ormonale “naturale”, hanno preso a usare il “trucco” di farsi mettere incinte qualche settimana prima di una gara importante, in modo da fare aumentare il dosaggio ormonale, e poi dopo la gara abortivano.
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Spiace dirlo, ma è colpa delle atlete, al 100%. Pensa se, quando c’è un maschio sulla linea di partenza, tutte le atlete, alla pistola dello starter, si mettessero a sedere. E magari, quando il maschio taglia il traguardo, applaudissero. Che fanno, le puniscono tutte? Le squalificano? Finirebbe in un attimo.
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In teoria hai ragione. In teoria dico che sarei la prima a farlo. In teoria. Nella pratica: si riusciranno a convincere tutte a non correre per mirare almeno al secondo posto? E se tutte dicono di sì, siamo sicuri che poi non sarò l’unica cretina a sedermi? E coi tempi che corrono, siamo sicuri che non verranno davvero tutte squalificate? Punite in qualche altro modo? Tipo perdita della borsa di studio?
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*siamo sicuri che non verranno davvero tutte squalificate?*
hai ragione, visto quanto sta capitando a quella ragazza e quanto è capitato alla Rowling solo per aver sostenuto una che aveva affermato che se nasci uomo sei, biologicamente, uomo.
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No, ha ragione Myollnir. Per lo stesso motivo per cui Israele dice “never again”. Occorre che spieghi i semplici passaggi logici? Direi di no.
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Israele dice never again e ogni volta parte bene, ma appena i buoni di turno dicono basta fermati, Israele si ferma. I passaggi logici li conosciamo tutti, ma con quelli pratici deve fare i conti chi, di volta in volta, si trova a doverli affrontare. È la solita storia della teoria contro la realtà.
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Io ho sempre davanti agli occhi la foto di un ebreo sul ciglio della fossa comune, in quieta attesa del colpo alla nuca. Perlomeno, adesso, Israele non sta quieto.
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Provo a spiegare io: se un’atleta si mette a sedere, fanno finta di nulla; se lo fanno in due, le squalificano; se lo fanno tutte non lo possono fare. Ma proprio per niente. E gli atleti trans verrebbero fischiati da tutto il pubblico presente, se non presi a pomodori marci.
Una gara, poi un’altra, poi… no, la terza volta non ci sarebbe. Vedi che la Federazione si inventerebbe in fretta e furia una categoria a parte.
Ma dov’è finita la solidarietà femminile? E’ questo che mi fa incazzare.
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Beh, su quella stendiamo un velo pietoso.
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Su queste questioni non credo che abbiamo bisogno di discutere per sapere quanto siamo d’accordo. Israele non sta quieto e non stanno quiete le donne atlete disintegrate dagli atleti maschi. Il punto è che l’azione radicale, che quasi sicuramente porrebbe fine al problema, è molto più praticabile nella teoria che nella realtà con cui si deve confrontare.
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Cioè :non può essere un’iniziativa solo di singole atlete. Ma l’iniziativa muove la valanga.
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Un governatore democratico lo avrebbe fatto, secondo te?
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Si sta parlando di risalire la corrente.
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Faccio un esempio, e parlo di calciatori, che sono quanto di peggio il mondo dello sport sappia esprimere. Sai cosa fanno, quando vogliono cacciare un allenatore? Giocano male, apposta. Perdono le partite. Alla fine dietro c’è un enorme giro di soldi, e la gente paga il biglietto per vedere i giocatori, non l’allenatore, anche se ha ragione lui.
Con l’atletica (e il ciclismo, e la lotta, e il sollevamento pesi, e il basket) è la stessa cosa. Se non conviene alla Nike, e non conviene alle TV, non conviene nemmeno alla federazione. Vedi quanto sta costando alla NBA, e alla NFL, e alla MLB la svolta woke.
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Il paragone non calza: i calciatori sono una squadra, e qualunque gioco facciano lo coordinano tra di loro; in tutte le altre cose che hai citato non esistono squadre bensì singoli atleti in competizione fra di loro; ovviamente potrebbero mettersi d’accordo per un obiettivo di interesse comune, ma non è affatto così facile come per una squadra.
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