LA PRIMA COSA CHE MI VIENE DA PENSARE VEDENDO QUESTA FOTO

è: ma chi è quel figlio di puttana che si è arrampicato su per i massi dell’edificio abbattuto per andarci a sistemare quella povera bambina? E che poi è tornato giù ed tornato ad arrampicarsi per portarle la bambola e mettergliela in braccio? Chi è quel figlio di puttana che prima di metterla lì in posa l’ha accuratamente pettinata e a mezzogiorno, a giudicare dall’ombra che cade dritta sotto di lei, di un giorno di metà maggio a 30° di latitudine nord, sul livello del mare, l’ha costretta a indossare cappotto, calze e scarpe chiuse

per fare ancora più scena, per darle tutta l’aria della bambina per bene di una famiglia per bene atrocemente colpita dalla furia selvaggia di un nemico spietato? Il tutto, beninteso, senza un solo granello di polvere né su di lei, né sulla bambola immacolata, come sempre in questo genere di messinscena pallestinara.

A pubblicare questa ignobile farsa è la BBC, nella persona del redattore per gli affari arabi Sebastian Usher che spiega che Celine, ripresa dal fotografo Shaban El Sousi, siede tra le macerie di un palazzo di Gaza City abbattuto da un attacco israeliano; tralasciando il dettaglio che l’edificio veniva usato dai membri di hamas per scopi militari, nonostante si trovasse in un’area popolata, circondato da edifici civili.

Domanda: esiste qualcosa di più infame e lurido dello sfruttamento dei bambini a scopo di propaganda?

barbara

  1. Ma lo hai dedotto tu tutto quello (l’ombra a quel giorno e quell’ora…)? Sembra che tu sia stata un’analista di qualche servizio informazioni, complimenti!
    Sicuro in quel punto e quella posizione, anche se fosse stata impolverata e lacera, da sola una bambina di quell’età non poteva arrivarci, ho seri dubbi che ci riuscirei io stesso.

    Domanda: esiste qualcosa di più infame e lurido dello sfruttamento dei bambini a scopo di propaganda?

    Beh, sì, c’è, ma non è questa la sede per denunciarlo (anche perchè quando se ne parla mi va anche in quel caso il sangue alla testa).

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    • Da oltre vent’anni mi occupo di combattere la disinformazione su Israele, compresa quella fotografica, e le ombre sono il primo indizio (tipo due persone le cui ombre vanno in direzioni diverse, due foto presentate come sequenza immediata ma dalla prima alla seconda le ombre si sono spostate); guardare i dettagli finisce per diventare una cosa automatica, ti saltano agli occhi immediatamente, oltre al fatto che io vi ho una predisposizione naturale. Questo per quanto riguarda l’ora. La datazione viene dal fatto che l’immagine riguarda la cosiddetta guerra degli 11 giorni svoltasi fra il 10 e il 21 maggio; la latitudine, per completare il quadro, l’ho semplicemente cercata in google.
      Sì, certo che ci sono cose più luride e infami; quello che intendevo dire è il voler fare propaganda e per farla scegli una tenerissima bambinetta di un paio d’anni e la piazzi lì in mezzo alle macerie – che tra l’altro non mi hanno mica l’aria tanto stabile, ma se crolla giù tutto e lei rimane travolta pazienza, di bambini ne abbiamo a bizzeffe – con lo sguardo sconsolato perso nel vuoto e la bambola abbandonata sul ginocchio, senza neppure più la forza di stringerla.

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      • Se quello che vedo in cima è il taglio originale della foto, direi che tecnicamente è di una banalità sconcertante.
        Per la serie sticazzi, invece, ritengo possibile – anzi, doveroso – tenere separati il giudizio (necessariamente a-morale) sul gesto artistico da quello sull’informazione che veicola.

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        • Sì, quella sopra è l’inquadratura originale. Giustamente banale, proprio per far passare il messaggio della povera bambina palestinese sola e derelitta in mezzo alle macerie. Se ne vedi 1000 di questo genere, difficilmente ci trovi qualche differenza fra l’una e l’altra.
          Sulla seconda parte so che la maggior parte delle persone ti dà ragione, ma io non solo non posso trovare bella una foto che riproduce una violenza, ma non intendo neppure sforzarmi a cercare una buona ragione per trovarla bella, visto che per produrla è stata provocata della sofferenza. L’unico sentimento che posso provare è la ripugnanza.

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        • Preciso che, nella fattispecie, per gesto artistico mi riferisco o a un atto di finzione oppure alla capacità di cogliere un momento effettivamente doloroso nella impossibilità di fare qualcosa per interrompere o alleviare la sofferenza.

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        • Nel primo caso, per una serie di circostanze ho proprio appena visto le immagini pornografiche di Mapplethorpe, per esempio quello coi coglioni posati sul ceppo in attesa della mannaia: le trovo orrende. Nel secondo caso posso coglierne il valore di testimonianza, ma non certo artistico, le troverò foto utili, ma sicuramente non belle.

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