IN RICORDO DI GINO STRADA

che finalmente ha tirato le cuoia. Iniziamo dal curriculum del vecchio malvissuto

È un post lungo, ma tante sono le cose da ricordare. Se mi promettete di leggere tutto, domani vi lascio (quasi) riposare, così potete leggerlo a rate.

CHI È GINO STRADA

C’è uno strano caso di “silenzio stampa” in questo nostro grande paese: quello riguardante il passato violento del dottor Gino Strada. Il pacifista, la colomba, l’uomo che ama il bene e fa del bene, il missionario laico che va in soccorso degli oppressi, colui che predica col ramoscello d’ulivo in bocca, è lo stesso che faceva da “luogotenente” – insieme al futuro odontoiatra Leghissa – a Luca Cafiero il famigerato capo del servizio d’ordine del famigerato Movimento Studentesco del l’Università Statale di Milano, quello dei terribili e mai dimenticati “katanghesi”. Sì, è proprio lui: il “pacifista” Gino Strada, colui che oggi dà dei “delinquenti politici” agli esponenti della casa della Libertà e dei DS che non vogliono soggiacere ai suoi diktat di aspirante leader politico che sogna un seggio in Parlamento. Per l’esattezza Strada, insieme a Leghissa, era il capo del servizio d’ordine di Medicina e Scienze e il suo gruppo o squadra aveva questo inequivocabile nome: “Lenin”. Rispetto ai capi degli altri servizi d’ordine – ad esempio Mario Martucci per la Bocconi e il suo gruppo “Stalin”, o Franco Origoni per la squadra di Architettura, o Roberto Tuminelli, l’erede delle famose scuole private per il recupero-anni, alla guida del gruppo “Dimitroff”, il bulgaro segretario della Terza Internazionale accusato da Hitler di aver incendiato il Reichstag – il gruppo guidato da Strada si distingueva per la più cieca obbedienza e fedeltà a quel fior di democratico e di amante dei diritti civili che rispondeva al nome di Luca Cafiero, capo supremo di tutti i Servizi d’Ordine e poi divenuto deputato del PCI, candidato a Napoli, dove superò addirittura in fatto di preferenze l’on. Giorgio Napolitano. Ora Cafiero è ritornato a fare il docente universitario alla facoltà di Filosofia della Statale. Al comando generale e assoluto di Cafiero c’erano i gruppi “Stalin”, “Dimitroff” e tanti altri – ciascuno dei quali aveva uno o più sotto-capi -, ma era il “Lenin” di Gino Strada che si distingueva per la prontezza e la capacità di intervento laddove ce ne fosse stato bisogno.
In sostanza, ancora ben lontano dallo scoprire il suo attuale animo pacifista, Gino Strada era uno degli uomini di punta di quel Movimento dichiaratamente marxista-leninista-stalinista-maoista che aveva i suoi uomini guida in Mario Capanna, Salvatore “Turi” Toscano e Luca Cafiero. I milanesi, e non solo loro, ricordano benissimo quegli anni, e soprattutto quei sabati di violenza, di scontri, di disordini. Ma ora nessuno dice loro che ad accendere quelle scintille c’era anche l’odierno “predicatore” Gino Strada.
Solo che allora non aveva dimestichezza con le colombe bianche, le bandiere multicolori, il rispetto altrui, il ramoscello d’ulivo.
Ma era molto di più avvezzo ai seguenti segni identificativi: l’eskimo, il casco da combattimento, e l’obbligo di portare con sé, 24 ore su 24, le “caramelle”: cioè due sassi nelle tasche e soprattutto “la penna”, cioè la famosa Hazet 36 cromata, una chiave inglese d’acciaio lunga quasi mezzo metro nascosta sotto l’eskimo o nelle tasche del loden. Alla “penna” – si usava tale termine durante le telefonate per evitare problemi con le intercettazioni – si era arrivati partendo dalla “stagetta” (i manici di piccone che avevano il difetto di spezzarsi al contatto col cranio da colpire), dalle mazze con avvitato un bullone sulla sommità per fare più male, e dai tondini di ferro usati per armare il cemento, ma anch’essi non adatti poiché si piegavano. I katanghesi e il loro servizio d’ordine, Gino Strada in testa, erano arrivati a questa scelta finale in fatto di armamentario, su esplicita indicazione del loro collegio di difesa che allineava nomi oggi famosissimi come quello di Gaetano Pecorella, Marco Janni, Gigi Mariani, insieme ad altre decine di futuri principi del foro, mentre sul fronte dei “Magistrati Democratici” spiccava la figura di Edmondo Bruti Liberati.
Il “collegio di difesa” aveva dato istruzioni ben precise in caso di arresti e processi: “Negare sempre l’evidenza”, anche in caso di fotografie o filmati inequivocabili, definire come “strumento di lavoro” la scoperta eventuale della chiave inglese. Sarebbe stato difficile giustificare come tale un manico da piccone o un tondino di ferro, facilmente considerabili e catalogabili come “arma impropria”, mentre diventata più facile con la chiave inglese. “Dite che stavate andando a riparare il bagno della nonna o che vi serviva per sistemare l’auto di vostro padre”, poteva essere una delle indicazioni difensive consigliate in caso di bisogno.
“Pacifici ma mai pacifisti” era uno degli slogan ideati da Mario Capanna, ed è strano dunque che oggi Gino Strada si definisca proprio “pacifista”. Comunque – a parte la canzoncina ritmata con cui si caricavano prima degli scontri (kata-kata-katanga) – essi pronunciavano ad alta voce ben altri slogan di quelli di oggi e perseguivano ben altri obiettivi. E i loro avversari non erano solo i Tommaso Staiti sul fronte della destra, ma anche i “compagni” di Avanguardia Operaia (molti dei quali oggi sono esponenti dei Verdi), Lotta Continua (dei Sofri, Mario Deaglio, Gad Lerner, apprezzato radiocronista dai microfoni di Radio Popolare incaricato di dare le istruzioni in diretta sulle vie da evitare e sulle strade di fuga in cui fuggire) e Lotta Comunista (memorabile e indimenticabile uno scontro di inaudita violenza) e perfino coi primi gruppi di Comunione & Liberazione. Anche quelli di sinistra erano i “nemici” di Strada al pari di Tom Staiti e dei suoi. Non c’è bisogno di scomodare la memoria del prefetto Mazza e del suo famoso rapporto, la cui rispondenza alla verità venne riconosciuta solo molti anni dopo, per affermare che il servizio d’ordine del Movimento Studentesco era uno dei corpi più militarizzati, una autentica banda armata che incuteva terrore e seminava odio in quegli anni.
Si trattava di una autentica falange macedone di 300-500 persone, (Strada e Leghissa ne guidavano una cinquantina), che non arretravano di un millimetro nemmeno di fronte agli scudi della polizia in assetto da combattimento. Semmai, purtroppo avveniva talvolta il contrario. Unico aspetto positivo è che, a differenza di Lotta Continua, l’MS non ha prodotto successivi passaggi al terrorismo. Anche se bisognerebbe riaprire le pagine del delitto Franceschi alla Bocconi e sarebbe ora che la coscienza di qualcuno che conosce la verità finalmente si aprisse. Che si trattasse di un corpo militarizzato, in tutti i sensi, strumenti di violenza compresi, è fuor di dubbio. Così come è indubitabile la autentica ed elevata ferocia che caratterizzava quei gruppi che attaccavano deliberatamente la polizia come quando si trattò di arrivare alla Bocconi per conquistare il diritto dei lavoratori ad avere le aule per i loro corsi serali. E non possono certo essere le attuali conversioni dei Sergio Cusani, degli Alessandro Dalai, dei Gino Strada, degli Ugo Volli (considerato, senza ritegno alcuno, “l’erede di Umberto Eco”) o degli Ugo Vallardi (al vertice del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera) a far dimenticare quegli anni, quelle violenze, e quelle “squadre di propaganda” di cui faceva parte anche un certo Sergio Cofferati, in qualità di studente-lavoratore della Pirelli. Qualcuno, quando incrocia il dottor Gino Strada in qualche talk-show televisivo, vuole provare a ricordargli se ha qualche ricordo di quei giorni, di quegli scontri, di quelle spranghe, di quei ragazzi (poliziotti o studenti) rimasti sul selciato? Che bello sarebbe poterglielo chiedere al dottor Gino Strada se rinnega il suo passato e come si concilia col suo presente.
E poi, soprattutto: quale titolo ha costui per poter definire “delinquenti politici” gli altri? (qui)

Proseguo con questo mio post di cinque anni e mezzo fa.

UN ARTICOLO DI FRANCESCO MERLO

di 13 anni fa. Né il destinatario, né l’evento specifico sono attuali, ma il contesto generale è tuttora valido, e penso che valga la pena di rileggerlo.

Io credo che lei, gentile Gino Strada, sia certamente un chirurgo straordinario, innalzato su un piedistallo di nobiltà etica. Lo dico senza ironia, ma con sincera ammirazione. Ed è, anzi, proprio per questo che capisco quanto il signor Né-Né possa indurla in tentazione, o quanto lei stesso rischi di diventare un signor Né-Né, non più medico neutrale, non più nemico della sofferenza d’Occidente e d’Oriente, della ferita che non segue il corso del sole. Lei, insomma, da farmaco senza ideologia né patria, apolide come la penicillina, rischia di diventare uno dei tanti maestri di pensiero politico italiano, leader e simbolo partigiano che tra i pacifisti nidifica. Sarebbe davvero imperdonabile, una bruciante sconfitta per tutti noi, se alla fine anche lei più che un pacifista diventasse un paciere, di quelli che trattengono l’uno mentre l’altro lo picchia. Il signor Né-Né, lo ripeto per chiarezza, non è infatti un pacifista, anche se si accuccia proprio in quella passione per la pace che è la passione di tutti noi, anche la mia, una passione necessariamente sobria e mai gridata e che lei, invece, gentile e coraggioso chirurgo Gino Strada, qui, purtroppo, sbrodola. Voglio dire che si può legittimamente pensare che l’intervento militare contro Saddam sia un errore, senza diventare per questo un signor Né-Né. E ci si può battere, diplomaticamente e politicamente, perché si provi un’altra strada, ben sapendo che l’esilio volontario di un dittatore terrorista, come generosamente vorrebbe Pannella, è solo una trovata retorica e che neppure l’embargo è una strada indolore, visto che le spese le pagano soprattutto i deboli, i poveri, i vecchi e i bambini mentre i furbi, «le volpi», ben si accomodano nelle disgrazie, sempre travestiti da benefattori, da santi, da pacifisti. Si può persino mestamente rassegnarsi a Saddam, e sceglierlo come male minore, in attesa di prove più schiaccianti e di nuovi genocidi. L’importante, mio gentile e coraggioso chirurgo, è sapere che in guerra, nella guerra che ci è stata dichiarata l’11 settembre a New York, non è consentito stare né di qua né di là: o si sta con l’Occidente, con il suo petrolio e la sua democrazia, o si sta invece con Saddam, con il suo petrolio, il suo satrapismo e la sua dittatura etnocida e terrorista. Lei, dunque, gentile e coraggioso chirurgo, stia con chi le pare, ma non dica di non stare né né. La sua lettera poi è la prova di quanto l’intelligenza sia secca e netta, come le buone operazioni chirurgiche. La parola, quando è troppa, surroga la poca intelligenza dei fatti. E io temo che lei sia ricorso alla facondia, o meglio alla verbosità, per non impegnarsi appunto nell’intelligenza di quell’evento enorme: la guerra contro l’Occidente dichiarata dall’islamismo fanatico nell’attacco alle due torri e nell’eccidio di quei nostri fratelli, bianchi, neri, ispanici, e anche arabi, una guerra non solo al simbolo architettonico ma al cuore fisico di una civiltà, quella verticale, quella della tecnica che corre in cielo, quella della democrazia, la nostra civiltà che è impastata con le ragioni dell’Altro ed è fatta anche di chirurghi pacifisti che ci riempiono d’orgoglio proprio perché si volgono all’Altro, con la pietas laica che soccorre i corpi ben più della pietas religiosa, così attenta a confortare l’anima. La retorica, cui lei fa abbondante ricorso, è sempre un grido di malessere dell’intelligenza. Io per esempio mi sgomenterei alla vista delle mille sofferenze depositate negli ospedali, nei suoi encomiabili ospedali. Non avrei nessuna intelligenza adeguata a quelle piaghe e perciò potrei, certamente sbagliando, scrivere contro la chirurgia, che emotivamente e scioccamente detesto, e magari produrre sino al doppio di lamenti che lei ha scritto contro di me, sempre sotto forma di buoni sentimenti. Ecco, io temo, e lo dico con rispetto sincero, che proprio questo le sia accaduto. Si può infatti vedere Ground Zero e non capire. Addirittura, a volte, più si vede e meno si capisce. Ma eccoci tornati al punto: a noi è stata dichiarata la guerra. E in guerra, purtroppo per lei, per Rosy Bindi, e per me, non si può scegliere di non scegliere, non si può stare né di qua né di là, come si illusero di stare i pacifisti che nel 1939 gridavano nelle strade di Parigi di non volere morire per Danzica e poi caddero in posti sconosciuti per la difesa della Francia, dell’Europa e del mondo civile. Né ci si può commuovere per gli ebrei della Shoah e poi odiare gli ebrei di Israele, e bruciare le loro bandiere nelle strade d’Europa in sintonia con quanto avviene nelle strade dell’Islam. Pensi, ancora, a quelli che inventarono lo slogan, che tanto le piace, «né un soldo né un uomo», e che poi consegnarono alla destra, cioè al fascismo e al nazismo, le ragioni democratiche dell’interventismo coraggioso. La retorica delle buone intenzioni ha sempre dei profittatori, degli astuti signori Né-Né. Dove vuole che vadano i lupi e le volpi se non tra le colombe del coraggioso Gino Strada, e nei pollai?

Francesco Merlo

Credo che i destinatari, oggi, potrebbero essere molti, tra le folte file dei buoni di professione.

In cui è stato inserito questo interessante commento.

andrea c

dicembre 23, 2016

Una recente campagna per la raccolta fondi di Emergency recitava “In Italia 11 milioni di persone non hanno accesso alle cure. Italiani o stranieri per noi non fa differenza…” e il numero di telefono per donare tramite SMS.
Sono consapevole che il sistema sanitario nazionale ( per quanto sia tra i migliori sistemi sanitari al mondo) non sia perfetto, e specialmente in alcune regioni è possibilissimo che ci siano migliaia di persone che di fatto rimangono senza cure o con cure insufficienti. Ma 11 milioni di persone mi sembra un’enormità! Da dove le tirano fuori ste cifre?
Secondo statistiche ufficiali manco negli USA c’è una così alta percentuale di persone senza assistenza sanitaria.
Possibile che siamo messi così male?
Poi dicono di non fare differenza tra italiani e stranieri, ma se vai a vedere gli ambulatori Emergency in Italia sono tutti per migranti, con mediatori culturali e scritte in arabo. Ok, posso capire che i migranti, se non altro per limiti linguistici(per legge il sistema sanitario non fa discrimimazioni, anche un clandestino che si rivolge al pronto soccordo ha diritto di essere curato senza essere denunciato) hanno più bisogno di strutture a loro dedicate, con traduttori che capiscono anche l’arabo. Ma allora non raccontate la storiella che “italiani o stranieri non fa differenza”, ditelo chiaramente che impegnate soprattutto per gli stranieri.
Inoltre non fate passare il sistema sanitario italiano come una roba da terzo mondo, ditelo che il principale ostacolo che possono incontrare gli immigrati sbarcati da poco è l’incomprensione linguistica, altrimenti il nostro sistema sanitario non discrimina nessuno, non lascia senza cure essenziali neanche i clandestini!

Balle, montagne di balle, di nient’altro che questo era capace, il sordido individuo.
E quest’altro post ancora più vecchio, del 17 maggio 2007

E RIPARLIAMO DI GINO STRADA

Riporto integralmente una lettera pubblicata qualche giorno fa nel forum di Magdi Allam.

Fabrizio Celli da Forlì (voi non lo conoscete ha gli occhi belli…) ha centrato un argomento che ha suscitato anche in me molti sospetti. Per protesta contro il governo di Karzai (a suo dire, un Quisling di Bush) se n’è andato in Sudan, ad aprire un centro cardiochirurgico.
Niente da obiettare, se andasse in un paese disastrato come il Sudan a fare del bene. Però ci sono cose che, come non convincono il buon Fabrizio, non convincono neanche me.
Innanzitutto: Strada se ne è andato dall’Afghanistan perchè non riconosce Karzai: forse riconosce il governo sudanese, colpevole di almeno due genocidi (quello, dimenticato, dei musulmani neri in Darfur e l’altro, ancor più dimenticato, dei cristiani e degli animisti in Rumbek)?
Tanto più che all’aeroporto di Khartum, ad accoglierlo, c’erano le massime autorità sudanesi, ovvero i massacratori del Darfur e di tutto il Sud Sudan.
Ma proseguiamo. Leggo che l’ospedale verrà aperto a Khartum, quindi nella capitale. Non nel Darfur o nelle zone cristiane e animiste.
Non che abbia niente da ridire se Strada aiuta dei disgraziati. Solo che certe conti non mi tornano del tutto. Un uomo coerente dovrebbe andare sì in Sudan, ma non farsi ricevere dai generali islamisti dalle mani sporche di sangue. Dovrebbe invece prendere una posizione più netta a favore delle vittime di quei despoti. Despoti che, caro Strada, sono mille volte peggiori di Karzai.
Nel sud del Sudan invece operano meritoriamente i padri comboniani. Ricordo in particolare la titanica (e sconosciuta) figura di don Cesare Mazzolari, vescovo del Rumbek, che mai ha fatto sconti agli islamisti, che ha aperto scuole e ospedali che spesso il governo di Khartum ha demolito, che ha riscattato schiavi (tra cui uno che era pure stato crocifisso). Un santo vivente che non si fa la pubblicità che si fa strada.

E sul Corriere di oggi leggiamo che il San Raffaele si è dichiarato disponibile a gestire l’ospedale in Afghanistan abbandonato dal signor Strada, ma ad Emergency la cosa non piace neanche un po’: e che la cosa non è non solo auspicabile, ma neanche tollerabile, e che non ci sono garanzie, e che nessuno è bravo come loro, e che loro non sono d’accordo con la presenza militare in Afghanistan (ma non sono medici di guerra, loro? O che vogliono la guerra senza i militari?), e che loro questa cosa la sentono come se li si volesse escludere (escludere? Ma non erano stati loro ad andarsene?) e quindi niente, quelli del San Raffaele non li vogliono. E gli afgani, nel frattempo, con l’ospedale chiuso? Beh, che si fottano e crepino.

Imprescindibile questa lettera firmata dalla moglie.

Lettera di Emergency ad Ariel Sharon
«Non bloccate i soccorsi»
Il Presidente
Teresa Sarti

Signor Primo Ministro,
Emergency è un’associazione che presta soccorso alle vittime civili delle guerre.
Conosciamo la disumanità che accompagna qualsiasi guerra. Per questa diretta conoscenza siamo persuasi che le armi non siano idonee a produrre, in nessun caso, risultati positivi alla sicurezza delle persone e degli Stati, alla convivenza, alla comprensione e all’amicizia tra loro. Nella nostra azione, tuttavia, abbiamo sempre ottenuto dalle parti in conflitto il rispetto per l’attività di cura dei malati e dei feriti.
Abbiamo ottenuto che questa condizione fosse accordata e rispettata anche (…) in Afghanistan: sia prima dei bombardamenti dell’ottobre 2001, sia nelle fasi più accese dei combattimenti successivi. Questo disperato, ultimo residuo di umanità è a volte la sola traccia di speranza, una tenue possibile radice d’intesa e di riconciliazione.
Ci sconvolgono le notizie, sempre più frequenti, di vite umane distrutte dall’impossibilità di ricevere soccorso sanitario: un’impossibilità determinata dal Governo e dall’esercito dello Stato di Israele. Si trattengono malati e feriti ai posti di blocco, si distruggono ambulanze, si uccide personale impegnato in attività di cura. Un’incredibile disumanità nega l’esistenza anche a una vita al suo nascere. Si determina la morte di un neonato – il simbolo stesso dell’innocenza – in nome della sua appartenenza a un popolo. Questa violazione del più elementare tra i diritti dell’uomo suscita ancor più profondo turbamento perché i responsabili sono visti, nella coscienza e nella memoria del mondo civile, come vittime o eredi delle vittime delle più gravi violazioni contro i diritti dell’uomo, crimini contro l’umanità.
Nelle azioni del Suo Governo vediamo, Signor Primo Ministro, anche un’ingiuria alle sofferenze e alla storia del Suo popolo. (marzo 2002)

Difficile immaginare una cosa più immonda, più abominevole, più schifosamente razzista. E naturalmente per Arafat mai una critica, mai un richiamo, mai un sopracciglio alzato: chi ammazza gli ebrei ha sempre ragione.
Per  concludere la carrellata degli scritti altrui posto questo ricordo del dottor Marco Urago, riportato dall’amico Emanuel Segre Amar. Non è uno scritto accurato, ma date le circostanze penso si possa capire.

e va bene, visto che siete in tanti curiosi per l mio post su g.s., vi accontento. correva l’anno….. in cui mi sbattevo in Afghanistan cercando con amici e collaboratori di costruire un futuro per quel Paese. cercavamo di costruire due ospedali. la logica della Cooperazione è sempre stata quella di costruire posti e formare il personale sì da non dare del pesce ma imsegnare a pescare. li c’erano due ospedali di emergency a laskar g. e kabul. ottimo lavoro in entrambi i posti ma con nessun personale afghano nelle posizioni funzionali, solo francesi,italiani, danesi…… dall’italia, e sottolineo dall’Italia, GS sparava a zero sul presidente afgano: ladro, terrorista,narcotrafficante……. e dall e dall e dall che un giorno gli afgani gli fanno un biscotto. vengono trovate armi nell’ospedale e arrestati medici e infermieri italiani. parte un duro e dico duro confronto con americani tra la ns ambasciata i ns servizi e quelli americani afgani…… e quando dico dura dico davvero dura ero a kabul, sentivo urla, e …… vari. nel frattempo il ns. … dall’italia… e sottolineo dall’Italia… continuava a sparare a zero con dichiarazioni di fuoco mettendo in imbarazzo la ns. delegazione che necessitava di silenzio per lavorare sotto traccia….. lui, il solito pieno di sè, integralista,aggiungerei antisemita…. picchiava duro. viene rintracciato e gli si chiede silenzio stampa….. ma de che comincia a picchiare duro anche contro i ns servizi, pagati conniventi….. su militari e diplomatici meglio tacere… torno ad herat…mi convoca il governatore e mi dice….. dr. urago lo sa che voci mi dicono che ci potrebbe essere droga nei vs ospedali?… lo guardo, sorrido….e gli faccio …come all’ospedale di laskar gar?…. lui sorride e mi dice. so di che pasta lei è fatto non si preoccupi continui a lavorare tranquillo, ma s potesse dire a quello… di stare un po’ zitto…. lo comunico a chi di competenza. passa qualche settimana e liberano finalmente i ns concittadini. l’ambasciata chiede al ns. se vogliono tornare con aereo di stato… ok va bene si organizza il transfer in gran silenzio. d’un tratto arriva il niet dall’italia e se ne vanno via terra per i cazzi loro. figura di m… galattica con gli afgani.. e gli americani. dichiarazioni al veleno dall’italia…. salvati gli italiani grazie al ns coraggio si sono tutti messi paura… siamo forti e non abbiamo bisogno di nessuno….. pezzo di merda…… e tutti quelli che si sono spaccati il culo… in silenzio con grande professionalità?…. ma vaffanculo .. sommessamente… oggi è una giornata particolare

Concludo con qualche ricordo personale. Per esempio GS che rifiuta una donazione per Emergency da parte dell’Italia perché il governo guidato da Berlusconi ha aderito alla guerra in Iraq, cosa che potrebbe anche essere un atto nobile se i soldi fossero stati destinati a lui, ma quei soldi erano destinati a curare i poveri della Terra, a cui racconta di avere dedicato la vita: è a loro che li ha sottratti, rifiutandoli. GS che racconta che quando l’Inter gioca qualche partita importante, ovunque si trovi lui prende l’aereo per andarla a vedere (con quali soldi? Sottratti a quale progetto? E nel frattempo chi si occupa dei poveri della Terra a cui ha dedicato la vita?). GS che pontifica in televisione invocando, da bravo pacifista, la guerra santa contro gli Stati Uniti (e nel frattempo chi si occupa del poveri della Terra a cui ha dedicato la vita?). GS che partecipa alle marce per la pace, quelle con vetrine infrante e cassonetti bruciati e auto distrutte, per dimostrare quanto lui ami la pace (e nel frattempo chi si occupa del poveri della Terra a cui ha dedicato la vita?). E poi GS culo e camicia coi terroristi in generale e coi talebani in particolare, GS che afferma che se solo avesse abbastanza soldi comprerebbe lui una nave e andrebbe di persona a raccattare tutti i cosiddetti naufraghi in giro per il Mediterraneo e li porterebbe tutti in Italia, GS che sceglie con cura chi curare e chi no, GS in televisione che sbraita con una ferocia e un’aggressività senza pari. Brutta brutta brutta persona davvero. Poi se vi restano ancora due grammi di pazienza leggete anche questo, e magari andate a ripescare la brutta storiaccia di Mastrogiacomo.
Con Strada ho finito, andate in pace.

barbara