che oltre che a Berlino c’è un giudice anche a Tel Aviv (e vorrei vedere che avessero affidato il bambino a uno già condannato per abusi e violenze contro moglie e figli e responsabile di una violenza inaudita nei confronti del bambino!)
D’altra parte, se c’è da gioire perché il peggio è stato evitato, c’è comunque da rattristarsi per la violenza, che difficilmente resterà senza conseguenze, consumata sul bambino. Il vecchio infame ha annunciato che continuerà a combattere “con tutti i mezzi legali”, bontà sua, per riavere i bambino. Sembra la donna della storia di Salomone, pronta a lasciar tagliare in due il bambino pur di non lasciarlo all’altra.
barbara
Fino a quando il bimbo non è tornato a casa, resto diffidente.
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Beh, a meno che non organizzi un colpo di mano del mossad tipo il rapimento di Eichmann o la mezza tonnellata di documenti trafugati dall’Iran e lo vada a nascondere nelle cavità presso il mar Morto in cui sono stati trovati i rotoli, dubito che possano esserci grandi sorprese.
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anche io pensavo al giudice di Berlino, stavolta a Tel Aviv…molti italkim (ebrei italiani residenti in Israele) e anche molti ebrei italiani residenti qui mi hanno dato addosso per la mia mancanza di pietà verso il nonno, come fosse stato l’unico nonno e non ce ne fossero altri tre…ma è parente in linea retta, dicono, come se perdere un fratello o un nipote di zio fosse una cosa da nulla…come se il bambino fosse un accessorio rispetto al nonno, e non la principale vittima, e come se i tribunali potessero assolvere chi ha commesso un reato, solo per simpatia personale. Mi auguro che gli italkim non entrino mai nella magistratura israeliana. Come scrive Ugo Foscolo, “dal dì che nozze e tribunali ed are/ dier alle umane belve esser pietose…”, cioè, oltre alla sepoltura dei defunti, il matrimonio, la religione e il giudice terzo sono fondamenti della civiltà umana. Offro agli italkim lezioni di diritto. Prezzi modici.
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Soprattutto mi manda in bestia l’argomento – si fa per dire – della sofferenza del nonno: e allora? Ammesso che la sofferenza sia vera cosa dovremmo fare? Immolare il bambino sull’altare della sua sofferenza? Imporgli di sacrificare la propria vita per consolare il nonno? Vivere in funzione di lui? Servirgli da tappabuchi? E poi, come ho detto anche nel post, quest’uomo ha commesso abusi e violenze sulla moglie, ha commesso abusi e violenze sui figli, ha commesso un abuso mostruoso nei confronti del nipote e qualcuno ritiene che si dovrebbe lasciarglielo ancora in mano?! Non ha ancora sofferto abbastanza quel bambino? Cos’altro vogliono fargli ancora? Vogliamo riesumare i sacrifici umani?
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Un unico appunto, Barbara, non ho trovato fonti che affermino che Shmuel Peleg abbia maltrattato i figli…per l’ex moglie invece le fonti ci sono. Comunque tra i maltrattamenti alla moglie e il rapimento del bambino si dimostra quale concetto abbia il nonno dei propri familiari e dei loro diritti come persone
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Hai ragione: nell’intervista di Sharon Nizza la nonna parla solo di “violenza nei miei confronti”; c’è da dire che cerca anche di minimizzare (“è roba vecchia, risalente ai tempi del divorzio”), per cui il fatto che si ponga come unica destinataria della violenza non lo prenderei come una garanzia assoluta; comunque è vero che non ci sono fonti che provino il contrario. Per quanto riguarda il rapimento, e anche tutto quello che ha detto dopo, dimostra che quel bambino per lui è unicamente un oggetto, quello che deve stare con lui perché lui ha perso la figlia – tipo mio marito è morto, mio figlio è uscito di casa, allora mi compro un cane che mi faccia compagnia – e poi un giorno mio nipote mi ringrazierà, un giorno mi dirà nonno mi hai salvato, cioè al centro non c’è il bambino, al centro di tutto c’è unicamente lui, lui e ancora lui, sto pezzo d merda.
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