TROVA LA PAROLA MANCANTE

La Svezia, la violenza delle gang e una neo premier

di Judith Bergman
6 gennaio 2022

Pezzo in lingua originale inglese: Sweden, Gang Violence and a New Prime Minister
Traduzioni di Angelita La Spada

La Svezia è un Paese fantastico, ma stiamo affrontando una serie di gravi problemi”, ha detto la Andersson . “Ho intenzione di sollevare ogni pietra per porre fine all’emarginazione e respingere il crimine violento che sta affliggendo la Svezia…”.
La Svezia sta affrontando molto più di un “grave problema”. Per anni, il Paese ha stabilito nuovi record penali, rifiutandosi di parlare apertamente del legame esistente tra migrazione e violenza delle gang. Questa reticenza può derivare da una combinazione di correttezza politica e paura da parte della Svezia di non riuscire a realizzare la propria dichiarata ambizione di essere la “superpotenza umanitaria” del mondo. Già nel 2019, il leader del partito di opposizione Moderaterna, Ulf Kristersson, aveva definito la situazione “estrema per un Paese che non è in guerra”.
Per molti anni, qualsiasi discussione pubblica sulle connessioni esistenti fra la migrazione e l’aumento dei livelli di criminalità e di violenza delle bande è stata considerata un tabù. La pubblicazione di statistiche sull’argomento si è interrotta bruscamente dopo che il Consiglio nazionale svedese per la prevenzione della criminalità ( Brå ) le aveva pubblicate due volte, nel 1996 e nel 2005. Nel 2017, l’allora ministro della Giustizia Morgan Johansson si è opposto alla pubblicazione di statistiche sull’origine etnica dei criminali in Svezia, affermando che erano irrilevanti. La maggioranza dei membri del Parlamento ha sostenuto la sua opinione. La ricerca condotta privatamente sull’argomento è stata semplicemente ignorata. Tuttavia, man mano che le sparatorie sono diventate la norma quotidiana e sempre più passanti innocenti venivano mutilati e uccisi, il tabù è gradualmente diventato un argomento di discussione.
“Oggi non è più un segreto che gran parte del problema delle gang e della criminalità organizzata con le sparatorie e le esplosioni sia legato all’immigrazione in Svezia degli ultimi decenni”, ha scritto il capo della polizia di Göteborg, Erik Nord, in un editoriale pubblicato a maggio.
“Quando, come me, si ha l’opportunità di seguire le cose a livello individuale, ci si accorge che in linea di principio chiunque spari o venga fucilato nei conflitti tra bande proviene dai Balcani, dal Medio Oriente, dall’Africa settentrionale o orientale”.
Ad agosto, in un voltafaccia assoluto che riflette fino a che punto sono cambiate le opinioni in Svezia dal 2017, Brå, per la prima volta in 16 anni, ha pubblicato un nuovo rapporto contenente le statistiche sull’origine etnica dei criminali schedati, scrivendo:
“La distribuzione dei reati registrati tra persone di origine autoctona e non è spesso argomento di discussione. Il Consiglio nazionale svedese per la prevenzione della criminalità ( Brå) ha già pubblicato due studi di ricerca su questo tema, ma sono trascorsi diversi anni dalla pubblicazione dello studio più recente (nel 2005), che si è concentrato sulla criminalità registrata nel periodo che va dal 1997 al 2001. Dal 2001, l’immigrazione in Svezia è aumentata e la composizione della popolazione non nativa è cambiata. L’attuale studio è stato avviato riguardo a questo background, con l’obiettivo di aggiornare e migliorare la base di conoscenza sulla criminalità tra persone di origine autoctona e non”.
Il rapporto ha affermato:
“Il rischio di essere schedati come delinquenti è maggiore tra le persone nate in Svezia da due genitori non autoctoni, seguite da persone nate all’estero. (…) Il rischio di essere segnalati come sospettati di reato è 2,5 volte più alto tra le persone nate all’estero rispetto alle persone nate in Svezia da due genitori autoctoni. Per le persone nate in Svezia da due genitori non nativi, il rischio è poco più di 3 volte più alto”.
La Svezia registra il più alto numero di sparatorie mortali per milione di abitanti in Europa, secondo uno studio comparativo sulle sparatorie in Europa, pubblicato a maggio dal Brå. La Svezia, inoltre, è l’unico Paese in Europa in cui le sparatorie letali sono aumentate dal 2005. Nel 2020, 47 persone sono state uccise e 117 ferite in 366 sparatorie. Per l’anno 2021 fino a novembre, sono già state uccise 42 persone e hanno avuto luogo 290 sparatorie. Secondo il Brå:
“Il livello di omicidi con armi da fuoco in Svezia è molto alto rispetto ad altri Paesi europei, con circa 4 morti per milione di abitanti all’anno. La media per l’Europa è di circa 1,6 morti per milione di abitanti. Nessuno degli altri Paesi inclusi nello studio ha registrato aumenti paragonabili a quelli osservati in Svezia. Piuttosto, nella maggior parte di questi Paesi, sono state rilevate diminuzioni continue sia nei tassi di omicidi totali sia nei tassi di omicidi con armi da fuoco”.
Nel 2019, la polizia ha previsto che il problema continuerà negli anni a venire. “Pensiamo che queste [sparatorie e questa violenza estrema] potrebbero continuare per cinque-dieci anni nelle aree particolarmente vulnerabili”, ha dichiarato nel 2019 il capo della polizia Anders Thornberg. “Le droghe hanno attecchito nella società e la gente comune le compra. C’è un mercato per cui le gang continueranno a battersi”.
“La ricerca mostra”, secondo il rapporto del Brå, “che in Svezia l’aumento della violenza letale con armi da fuoco è fortemente associato ad ambienti criminali nelle aree vulnerabili”.
La polizia svedese è giunta alla stessa conclusione: “Le aree vulnerabili sono un centro per la criminalità organizzata””, ha scritto di recente la polizia svedese . “I criminali delle aree vulnerabili sono esportatori di criminalità in altre parti del Paese”.
La polizia svedese definisce le “aree vulnerabili” come “aree geograficamente limitate che sono caratterizzate da un basso status socio-economico e dove i criminali hanno un impatto sulla comunità locale”.
Secondo l’ultimo rapporto sulle aree vulnerabili, pubblicato il 3 dicembre dalla polizia svedese, ci sono 61 enclave di questo tipo. Alcune di queste aree, secondo la polizia svedese, sono classificate come “aree particolarmente vulnerabili” che presentano livelli di problemi ancora più elevati. Tali problemi sono caratterizzati da “minacce sistematiche e atti di violenza” soprattutto contro testimoni di crimini, da condizioni di lavoro che sono quasi impossibili per la polizia, e da “strutture sociali parallele, dall’estremismo, come le violazioni sistematiche della libertà religiosa o da una forte influenza fondamentalista che limita i diritti umani e la libertà, da persone che viaggiano per prendere parte a combattimenti in aree di conflitto, [e] da un’alta concentrazione di criminali”.
In Svezia, che conta circa 10 milioni di abitanti, 556.000 persone vivono nelle 61 aree vulnerabili, pari al 5,4 per cento della popolazione svedese, secondo il rapporto “Fatti per il cambiamento – un report sulle 61 aree vulnerabili della Svezia”. Tre abitanti su quattro delle aree vulnerabili hanno origini straniere; i Paesi di nascita più comuni sono Siria, Turchia, Somalia, Polonia e Iraq. Secondo il report, il numero di abitanti di origine straniera che vivono in un’area vulnerabile varia. In cinque di queste aree vulnerabili, la proporzione di residenti di origine straniera è pari o superiore al 90 per cento: Rosengård a Malmö, Hovsjö a Södertälje, Fittja a Botkyrka, Rinkeby/Tensta a Stoccolma e Hjällbo a Göteborg. In Svezia, ci sono circa 2,5 milioni di persone di origine straniera; il 16,2 per cento di loro, secondo il rapporto, vive in aree vulnerabili. In un recente comunicato stampa, la polizia svedese ha scritto:
“La principale ragione alla base dell’ondata di sparatorie ed esplosioni è la situazione che prevale nelle aree vulnerabili, dove i residenti si sentono minacciati dai criminali, dove esiste un traffico di stupefacenti e dove i criminali in alcuni luoghi hanno creato strutture sociali parallele”.
La neo premier svedese ha annunciato di essere finalmente pronta a imporre sanzioni più severe per scoraggiare le gang.
“Saranno imposte sanzioni ancora più pesanti per i reati legati alle bande”, ha annunciato la Anderson il 30 novembre, nella sua prima dichiarazione sulla politica del governo.
“Non dovrebbe essere possibile minacciare i testimoni di tacere, ma dovrebbero ricevere il sostegno di cui hanno bisogno per adempiere in sicurezza al loro dovere. Sarà più facile trattenere le persone sospettate di reati gravi. (…) Chi commette più reati dovrebbe essere punito più severamente. Le pene ridotte per i giovani di età compresa fra i 18 e i 20 anni che commettono reati gravi saranno abolite. Le sanzioni dovrebbero riflettere meglio la gravità dei reati, anche quando gli autori sono giovani”.
La riduzione delle pene per i giovani ha rappresentato un grave ostacolo ad affrontare i problemi, perché i giovani sono tra i principali motori della violenza di gruppo, che ora include anche i minori.
In sei delle sette regioni di polizia, le gang utilizzano i bambini di 12 anni per svolgere le loro attività criminali, tra cui la vendita di droga e il trasporto di armi. Secondo quanto riferito dalla polizia, a Stoccolma e a Göteborg centinaia di minori sono coinvolti in atti criminali per conto delle bande. Secondo i capi dell’intelligence svedese, il reclutamento di bambini è aumentato negli ultimi anni e, stando ad alcuni esperti, le bande criminali ora reclutano bambini di appena otto anni.
Ad agosto, la polizia ha arrestato tre adolescenti, di circa 15 anni, per aver sparato e ferito gravemente due uomini e una donna di 60 anni, che si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato, nella città di Kristianstad. “Purtroppo questa situazione è diventata una routine”, ha affermato una donna che lavora nell’area. “Se ci sono state sparatorie durante la notte, di solito ce ne sono di più il giorno successivo. (…) Ci si deve preoccupare di intromettersi”.

Judith Bergman è avvocato, editorialista e analista politica. È Distinguished Senior Fellow presso il Gatestone Institute. (Qui)

Sì, lo so, è molto molto molto difficile trovarla…

barbara

Una risposta

  1. Non c’è bisogno di andare in Svezia per capire lo stretto nesso tra criminalità ed immigrazione incontrollata.
    Basta andare a Milano, dove -piano, piano- viene fuori che la trentina di delinquenti che ha aggredito una tre ragazze, una italiana e due tedesche, nei pressi del Duomo, sono tutti magrebini. Lo si fa capire a denti stretti, ma si cerca di sorvolare..
    Nessuna sorpresa. Già quattro anni fa a Colonia, in occasione del capodanno, bande organizzate di “profughi” siriani avevano molestato sessualmente decine di ragazze locali. Le poverette non avevano gli strumenti culturali per comprendere ciò che stava accadendo: sino all’anno prima -senza “profughi” in città- avevano potuto tranquillamente festeggiare il nuovo anno in strada. Dopo l’arrivo dei “profughi” non hanno potuto più farlo.

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    • Il punto però non ì l’immigrazione, che nell’articolo è ampiamente nominata: abbiamo un grosso numero di persone di servizio filippine, maschi e femmine: hai mai sentito di donne aggredite da branchi di filippini? Abbiamo una discreta criminalità balcanica, ma hai mai sentito di donne aggredite da branchi di balcanici?

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      • Alcune comunità si integrano o se delinquono seguino la regola aurea di nascondersi, apparire invisibili, ricorrere alla violenza solo se serve, un eccesso di violenza serve solo a spaventare e spingere a reazioni hanno capito che il far troppo casino serve solo a far reagire di brutto polizia e ffoo.
        Altri invece si sentono padroni del mondo; imho il cocktail esplosivo è dato dal sentirsi discriminati e che i mondo sia in debito con loro, perché magari il trisavolo del trisavolo del trisavolo è stato menato da un crociato (o acquistato al mercato di algeri da qualche mercante di schiavi) e quindi l’europa, tutta, deve risarcirlo.
        Purtroppo si tratta di gente che capisce solo il linguaggio della violenza, e se qualcuno capisce solo quel linguaggio, l’unica è dargli solenni legnate. E le legnate prima o poi arrivano perché è gente che non si rende conto di quando sta tirando troppo la corda.

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        • Riguardo a questa mentalità “il mondo è in debito con me e quindi deve darmi tutto quello che voglio e io ho il diritto di fare quello che “BIP!” voglio” l’ho trovata descritta molto bene, anche se parlava dell’olanda e non della svezia, nel libro di Ayaan Hirsi Ali. Parla di come i profughi campino di assistenza pubblica ma invece di “attivarsi” e pensare che quello è un aiuto temporaneo si sentono offesi e pensano di essere discriminati, e discriminati da persone che ritengono inferiori perché loro sono il più meglio del più meglio, perché quell’aiuto non permette loro di avere tutto il benessere che vedono nel paese. Invece di pensare ad integrarsi, a migliorarsi, passano il tempo a bere e sperperare il sussidio maledicendo contemporaneamente la società, di inferiori, che non gli offre seduta stante un posto da CEO in qualche grossa azienda.

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        • Personalmente non mi sento in colpa per il colonialismo. Abbiamo popolazioni culturalmente e tecnologicamente superiori che usano le risorse che popolazioni culturalmente e tecnologicamente inferiori non erano mai stati in grado di utilizzare. Senza gli architetti persiani (zorastriani) e bizantini, quando mai gli arabi sarebbero stati in grado di costruire una moschea decente? Quella araba non è stata una colonizzazione ancora più sanguinosa di quella europea? Perché dovrei sentirmi in colpa se i miei avi hanno in parte imitato gli arabi mussulmani? Dove sono i colossei, le terme, i templi congolesi o nigeriani?
          Se resti indietro, non puoi lamentarti se qualcuno ti supera .

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        • Il brutto è che c’è un leccapiedismo politico e non solo verso quella gente. Se le legnate arrivano, fanno passare per vittime gli aggressori.
          Forse è per il petrolio?

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        • @busfahrer non penso sia per il petrolio. Vedo altre possibilità.

          1) Si vuole continuare a “sfruttare” il territorio X e quindi conviene tenersi buona la comunità proveniente da X, vedi francia con algeria.
          2) Esiste un mix micidiale di sensi di colpa e “self hate” che fanno vedere le colpe solo da una parte, esempio gli americani e le colpe dello schiavismo*.
          3) Molti ci lucrano alla grande sui migranti e quindi “parigi val bene una messa”, tanto dei problemi che causano non ne risentono molto i soci del cineforum guidobaldo maria riccardelli.

          *Buffo comunque che le incursioni dei pirati berberi nel sud europa cessarono grazie alle cannoniere americane e inglesi che convinsero gentilmente i bey di algeri, tunisi e tripoli a smetterla con la tratta degli schiavi cristiani.
          https://it.wikipedia.org/wiki/Seconda_guerra_barbaresca

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        • Partiamo dalla schiavitù: negri – con centomila distinguo – sì, arabi decisamente no, se non dall’altra parte della barricata.
          Crociate: iniziate dopo quattro secoli e mezzo di invasioni occupazioni massacri deportazioni devastazioni distruzione di culture conversioni forzate e stupri etnici di massa da parte dei musulmani

          QUELLE CATTIVE FEROCI AGGRESSIVE CROCIATE


          Per quanto riguarda il vittimismo: da chi è partita la leggenda dei poveri negri da risarcire per la schiavitù? Chi ne ha fatto un mantra diventato imperativo morale diventato imperativo categorico?

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      • Sicuramente i muslim sono un problema per l’Europa. Il profeta ha ordinato ai suoi seguaci di conquistare il mondo, convertendo, malvessando o sgozzando i cani infedeli, a scelta. Inglesi e francesi, con il loro passato coloniale, si sentono moralmente obbligati a farsi invadere. L’Italia non ha questo obbligo. In Eritrea e Somalia c’erano i cristiani e la Libia, una volta lasciata a forza, era il paese africano con il maggiore PIL pro capite. Poi sono arrivati il marito di Carla Bruni ed il Nobel per la pace abbronzato…

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        • La Somalia è islamica al 100%. Quanto al nostro passato coloniale, lascia perdere le favolette all’acqua di rose raccontate, almeno ai miei tempi, nei libri di scuola: in fatto di ferocia siamo stati ben poco indietro rispetto agli altri. In Libia abbiamo lasciato almeno una decina di milioni di bombe sotterrate che a tutt’oggi continuano a esplodere se qualche persona o animale ci monta sopra, e a uccidere, e il PIL alto dipendeva da quello che guadagnavano gli italiani, che ai locali hanno preso tutte le poche terre fertili. Con Balbo hanno un po’ tirato il fiato, ma con Graziani è stato un inferno, da tutti i punti di vista. Lo sterminio praticato in Etiopia fa impallidire la maggior parte di quelli degli altri stati colonialisti. La strage di Addis Abeba è stata condotta con gli stessi identici metodi dei nazisti contro gli ebrei nell’Europa dell’est. E si potrebbe continuare ancora a lungo.

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        • Il gas usato da Graziani venne preannunciato come ritorsione all’uso di pallottole dum dum, fornite agli indigeni dagli inglesi, che volevano mantenere la loro influenza coloniale nell’area. Ma non si può ricordare, perché gli inglesi sono bbbbuoni.

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        • Ha fatto inondare di gas il lago, dove sono morti avvelenati tutti gli etiopi fermatisi a bere mentre erano in fuga dopo essere stati sconfitti, c’era la corona di morti intorno allago; ha fatto irrorare di gas fiumi e pozzi e campi e ruscelli, che non restasse vivo un solo uomo e un solo animale, ha fatto chiudere la gente nelle capanne di paglia a cui ha poi dato fuoco; prima delle battaglie faceva bombardare le ambulanze perché non potessero soccorrere i feriti: davvero hai lo stomaco di trovare giustificazioni per un simile mostro?

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  2. Nonostante la mia innata passione per gli enigmi, mi sento scemo ma la parola mancante non la trovo. Forse troppo ben nascosta in piena vista ? 😉
    Comunque, per non saper ne’ leggere ne’ scrivere io sono per la proliferazione delle armi da fuoco, a prescindere. Amo quei (pochi) stati americani dove addirittura non è richiesto alcun permesso per portare un’ arma purchè questa sia visibile. Si, voglio il “far west”.
    Non credo che gli episodi di violenza (ad esempio) a danno di giovani pulzelle o altri soggetti più o meno statisticamente indifesi sarebbero così frequenti se le pulzelle (o gli altri soggetti in questione) fossero pronti a rispondere “a fuoco” e la condizione fosse evidente.
    Le foto del mio amico Oleg Volk sintetizzano:

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