UCRAINA, LE PREMESSE

NOTA: che questo preciso, informato, lucidissimo articolo firmato da Barbara Spinelli lo abbia scritto lei, non ci credo neanche morta. Secondo me l’ipotesi più probabile è che qualche giornalista in erba, in gamba ma sconosciuto, abbia scritto questo articolo mirabile, poi, perché potesse avere il meritato risalto, abbia drogato la Spinelli, glielo abbia fatto firmare e l’abbia infine inviato al giornale dall’account di lei, prima che ritornasse in sé. Comunque leggetelo, è una delle cose migliori uscite in questi giorni.

La guerra nata dalle bugie

LE RAGIONI DEL CONFLITTO La prevedibile aggressione russa e la cecità di Stati Uniti e Unione europea. Ecco perché cominciare ad ammettere i nostri errori è il primo punto per costruire la pace

Paragonando l’invasione russa dell’ucraina all’assalto dell’11 settembre a New York, Enrico Letta ha confermato ieri in Parlamento che le parole gridate con rabbia non denotano per forza giudizio equilibrato sulle motivazioni e la genealogia dei conflitti nel mondo.
Perfino l’11 settembre aveva una sua genealogia, sia pure confusa, ma lo stesso non si può certo dire dell’aggressione russa e dell’assedio di Kiev. Qui le motivazioni dell’aggressore, anche se smisurate, sono non solo ben ricostruibili ma da tempo potevano esser previste e anche sventate. Le ha comunque previste Pechino, che ieri sembra aver caldeggiato una trattativa Putin-zelensky, ben sapendo che l’esito sarà la neutralità ucraina chiesta per decenni da Mosca. Il disastro poteva forse essere evitato, se Stati Uniti e Unione europea non avessero dato costantemente prova di cecità, sordità, e di una immensa incapacità di autocritica e di memoria.
È dall’11 febbraio 2007 che oltre i confini sempre più agguerriti dell’est Europa l’incendio era annunciato. Quel giorno Putin intervenne alla conferenza sulla sicurezza di Monaco e invitò gli occidentali a costruire un ordine mondiale più equo, sostituendo quello vigente ai tempi dell’urss, del Patto di Varsavia e della Guerra fredda. L’allargamento a Est della Nato era divenuto il punto dolente per il Cremlino e lo era tanto più dopo la guerra in Jugoslavia: “Penso sia chiaro – così Putin – che l’espansione della Nato non ha alcuna relazione con la modernizzazione dell’alleanza o con la garanzia di sicurezza in Europa. Al contrario, rappresenta una seria provocazione che riduce il livello della reciproca fiducia. E noi abbiamo diritto di chiedere: contro chi è intesa quest’espansione? E cos’è successo alle assicurazioni dei nostri partner occidentali fatte dopo la dissoluzione del Patto di Varsavia? Dove sono oggi quelle dichiarazioni? Nessuno nemmeno le ricorda. Ma io voglio permettermi di ricordare a questo pubblico quello che fu detto. Gradirei citare il discorso del Segretario generale Nato, signor Wörner, a Bruxelles il 17 maggio 1990. Allora lui diceva: ‘Il fatto che noi siamo pronti a non schierare un esercito della Nato fuori dal territorio tedesco offre all’urss una stabile garanzia di sicurezza’. Dove sono queste garanzie?”.
Per capire meglio la sciagura ucraina, proviamo dunque a elencare alcuni punti difficilmente oppugnabili.
Primo: né Washington né la Nato né l’europa sono minimamente intenzionate a rispondere alla guerra di Mosca con una guerra simmetrica.
Biden lo ha detto sin da dicembre, poche settimane dopo lo schieramento di truppe russe ai confini ucraini. Ora minaccia solo sanzioni, che già sono state impiegate e sono state un falso deterrente (“Quasi mai le sanzioni sono sufficienti”, secondo Prodi). D’altronde su di esse ci sono dissensi nella Nato.
Alcuni Paesi dipendenti dal gas russo (fra il 40 e il 45%), come Germania e Italia, celano a malapena dubbi e paure. Non c’è accordo sul blocco delle transazioni finanziarie tramite Swift. Chi auspica sanzioni “più dure” non sa bene quel che dice. Chi ripete un po’ disperatamente che l’invasione è “inaccettabile” di fatto l’ha già accettata.
Secondo punto: l’occidente aveva i mezzi per capire in tempo che le promesse fatte dopo la riunificazione tedesca – nessun allargamento Nato a Est – erano vitali per Mosca. Nel ’91 Bush sr. era addirittura contrario all’indipendenza ucraina. L’impegno occidentale non fu scritto, ma i documenti desecretati nel 2017 (sito del National Security Archive) confermano che i leader occidentali– da Bush padre a Kohl, da Mitterrand alla Thatcher a Manfred Wörner Segretario generale Nato – furono espliciti con Gorbaciov, nel 1990: l’alleanza non si sarebbe estesa a Est “nemmeno di un pollice” (assicurò il Segretario di Stato Baker). Nel ’93 Clinton promise a Eltsin una “Partnership per la Pace” al posto dell’espansione Nato: altra parola data e non mantenuta.
Terzo punto: la promessa finì in un cassetto, e senza batter ciglio Clinton e Obama avviarono gli allargamenti. In pochi anni, tra il 2004 e il 2020, la Nato passò da 16 a 30 Paesi membri, schierando armamenti offensivi in Polonia, Romania e nei Paesi Baltici ai confini con la Russia (a quel tempo la Russia era in ginocchio economicamente e militarmente, ma possedeva pur sempre l’atomica). Nel vertice Nato del 2008 a Bucarest, gli Alleati dichiararono che Georgia e Ucraina sarebbero in futuro entrate nella Nato. Non stupiamoci troppo se Putin, mescolando aggressività, risentimento e calcolo dei rischi, parla di “impero della menzogna”. Se ricorda che le amministrazioni Usa non hanno mai accettato missili di Paesi potenzialmente avversi nel proprio vicinato (Cuba).
Quarto punto: sia gli Usa che gli europei sono stati del tutto incapaci di costruire un ordine internazionale diverso dal precedente, specie da quando alle superpotenze s’è aggiunta la Cina e si è acutizzata la questione Taiwan. Preconizzavano politiche multilaterali, ma disdegnavano l’essenziale, cioè un nuovo ordine multipolare. Il dopo Guerra fredda fu vissuto come una vittoria Usa e non come una comune vittoria dell’ovest e dell’est. La Storia era finita, il mondo era diventato capitalista, l’ordine era unipolare e gli Usa l’egemone unico. La hybris occidentale, la sua smoderatezza, è qui.
Il quinto punto concerne l’obbligo di rispetto dei confini internazionali, fondamentale nel secondo dopoguerra. Ma Putin non è stato il primo a violarlo.
L’intervento Nato in favore degli albanesi del Kosovo lo violò per primo nel ’99 (chi scrive approvò con poca lungimiranza l’intervento).
Il ritiro dall’afghanistan ha messo fine alla hybris e la nemesi era presagibile. Eravamo noi a dover neutralizzare l’ucraina, e ancora potremmo farlo. Noi a dover mettere in guardia contro la presenza di neonazisti nella rivoluzione arancione del 2014 (l’ucraina è l’unico Paese europeo a includere una formazione neonazista nel proprio esercito regolare). Noi a dover vietare alla Lettonia – Paese membro dell’ue – il maltrattamento delle minoranze russe.
Non abbiamo difeso e non difendiamo i diritti, come pretendiamo? Nel 2014, facilitando un putsch anti-russo e pro-usa a Kiev, abbiamo fantasticato una rivoluzione solo per metà democratica. Riarmando il fronte Est dell’ue foraggiamo le industrie degli armamenti ed evitiamo alla Nato la morte celebrale che alcuni hanno giustamente diagnosticato. Ammettere i nostri errori sarebbe un contributo non irrilevante alla pace che diciamo di volere.
BARBARA SPINELLI, Il Fatto Quotidiano, 26 Feb 2022 (con un sentito ringraziamento all’amico Erasmo che l’ha ripreso)

Direi che quei famosi 92 minuti di applausi ci stanno tutti.
E poi ci siamo noi.

Navi, soldati, F35 in assetto ‘combat ready’: così l’Italia si prepara alla guerra

La crisi in ucraina mobilita anche le nostre truppe. Tutti i numeri del nostro coinvolgimento

 “L’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, l’articolo 11 della Costituzione, quella “più bella del mondo” come amano definirla spesso gli intellettuali di sinistra, è chiaro: il Tricolore sventola solo sulle missioni di pace, mai nei conflitti. Eppure in questa complessa crisi bellica tra Russia e Ucraina, il nostro Paese è più che coinvolto. In modalità ‘unofficial’, si direbbe. D’altra parte durante i venti anni di Guerra fredda tra Stati Uniti e Urss nessuno di noi poteva mai immaginare che la più grande base Nato per le operazioni in caso di conflitto nucleare si trovasse, operativa e in funzione, proprio sotto il nostro sedere, a 20 metri di profondità nel cuore di una collina della provincia di Caserta in Campania: nome in codice ‘Proto’. Abbandonata in fretta nel 1996, la base è ancora lì a ricordarci che la guerra si combatte anche, e soprattutto, senza farne propaganda. Oggi la situazione non è poi così cambiata. Chi immagina che la crisi ucraina sia distante da noi e ci veda al riparo da eventuali azioni sensibili dovrebbe tenere a mente un po’ di numeri.
Mille. È il numero dei soldati di fanteria dell’Esercito italiano, 250 alpini e 750 bersaglieri che sono già schierati lungo il confine in Lettonia. Un contingente che conta la presenza di cinque carri armati Ariete, autoblindo Centauro e carri leggeri Lince.
Quattro. Sono gli aerei F35 in assetto ‘combat ready’, cioè pronti al combattimento, di stanza in Romania che da settimane sorvolano i cieli lungo il confine. All’aeroporto di Costanza sono stati trasferiti d’urgenza 140 avieri italiani.
Quattordici. È il numero di ‘scramble’, cioè di interventi di emergenza per rischio attacchi effettuati dai caccia della nostra Aeronautica.
Tre. Sono invece le unità della Marina Militare in navigazione, ufficialmente per esercitazioni nel Mediterraneo davanti alle coste di Cipro, in appoggio alla Sesta flotta navale Usa.
Ci sono poi le numerose basi Nato presenti sul territorio italiano e in massima operatività e allerta, da Sigonella – aeroporto di partenza dei droni che da 15 giorni sorvolano il Donbass – a Pisa dove un gruppo di 250 soldati italiani sotto le insegne Nato (in gergo un ‘battle group’) è già pronto a salire su C-130 Hercules e su C-27 Spartan della 46a aerobrigata destinazione: Polonia e Romania.
Un ultimo numero, quello forse che desta maggiore interesse, è il 4. Esiste una scala di valutazione del pericolo di guerre e conflitti con uso di armi nucleari. Un parametro internazionale che abbreviato si scrive sugli atti come ‘Defcon’, Defense condition. Una scala che parte da 5, situazione di pace, e arriva a 1 che rappresenta il coinvolgimento in un conflitto internazionale. Da gennaio l’Italia è in ‘Defcon4’, un livello d’allerta che prevede la mobilitazione di servizi segreti e aumento delle misure di sicurezza, certificato proprio in quei giorni in cui gli italiani assistevano al balletto delle schede bianche per l’elezione del Presidente della Repubblica. L’Europa è in ‘Defcon3’.
di Giancarlo Maria Palombi, qui.

E quindi è definitivamente dimostrato e documentato che Putin, con la sua ossessione dell’accerchiamento, è un pazzo paranoico che nei suoi deliri vede cose assolutamente inesistenti.
E dunque noi abbiamo, anche se ufficiosamente e non ufficialmente, dichiarato guerra alla Russia: a quanto pare la batosta del ’41-’43 coi suoi 77.000 morti e dispersi e 40.000 feriti e congelati, non è stata sufficientemente istruttiva (forse abbiamo bisogno un’altra volta di qualche migliaio di morti da buttare sul tavolo della pace?).
Concludo questo post con un appello: a Putin, ma soprattutto a Zelensky e soprattuttissimo a Biden

Per favore, provate a rinsavire. Forse non tutto è ancora perduto. Forse potete ancora farcela. Ma tenete presente che ormai siamo qui

barbara

Una risposta

  1. Articoli molto interessanti. In effetti l’europa paga la miopia e il voler rimanere sempre a rimorchio del pasticcione americano finendo poi per pagare il conto dei disastri fatti.
    Immaginiamo per un attimo se, in nome dell’autodeterminazione dei popoli sbroc sbroc, la russia avesse sostenuto i separatisti catalani, un caso simile a quello del kossovo, che sarebbe successo? Suppongo che l’intervento sarebbe stato considerato un atto di guerra bello e buono, con tanti saluti all’autodeterminazione dei popoli. La geopolitica è materia fottutamente complessa e, come si è visto con Carter e l’iran, pensare di risolvere i problemi solo con buone intenzioni e zucchero filato serve solo a fare danno. Alla fine è stata più “pacifista” la politica del guerrafondaio arancione che stava per scatenare la terza guerra mondiale che la politica pacifica e umanitaria (certificata anche da un premio nobel) dell’altra fazione…

    PS A quanto pare comunque l’autodeterminazione dei popoli è roba da occidentali, ok per l’ucraina mentre hong kong, tibet si fottano pure… Taiwan ha ancora diritto all’autodeterminazione solo perché è meglio non lasciare tutte le fabbriche di elettronica alla cina…

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    • Secondo me l’Europa paga prima di tutto il conto dell’essere voluta diventare UE, un’entità priva di scheletro, di midollo e di anima, con una sorta di governo sovranazionale che però è dominato da alcuni stati che fanno unicamente i propri interessi a scapito di altri, in cui le decisioni non sono – e non possono essere – condivise per il semplice fatto che non esistono interessi comuni, orientamenti comuni, ideali comuni. In breve, invece di essere la somma di tutte le forze dei vari stati, ne è la sottrazione.

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  2. “GUERRA IN UCRAINA, PUNTO DELLA SITUAZIONE
    Riassumo con la massima brevità il decorso degli eventi passati e propongo una ipotesi interpretativa degli eventi futuri.
    1. Causa profonda della guerra è la decisione strategica USA di espandere a Est la NATO. L’espansione inizia con l’Amministrazione Clinton, dopo il crollo dell’URSS. George Kennan, Henry Kissinger, John Mearsheimer – per citare soltanto le maggiori personalità USA nel campo delle relazioni internazionali– la ritengono un errore di prima grandezza, foriero di gravi conseguenze.
    2. Il Summit NATO di Bucarest 2008 dichiara che Georgia e Ucraina entreranno nella NATO. Francia e Germania sono contrarie ma cedono alla pressione americana. Ne risulta un compromesso: non viene specificata la data dell’ingresso.
    3. La Russia chiarisce immediatamente che l’ingresso di Georgia e Ucraina nella NATO è inaccettabile. La ragione di fondo è che Georgia e Ucraina nella NATO diventerebbero bastioni militari occidentali alla frontiera russa. Immediatamente dopo il Summit di Bucarest la Russia invade la Georgia per impedire che entri nella NATO. Non è in grado né politicamente né militarmente di fare lo stesso con l’Ucraina.
    4. Nel 2014 gli USA orchestrano un colpo di Stato in Ucraina e vi insediano un governo a loro gradito che inserisce in Costituzione la volontà di associarsi alla NATO.
    5. Nel 2021 gli Stati Uniti e i paesi UE iniziano ad armare seriamente le FFAA ucraine.
    6. A fine 2021 la Russia apre una trattativa diplomatica con gli Stati Uniti. Il punto chiave della proposta russa è la firma di un trattato a garanzia che l’Ucraina non entrerà nella NATO. Contro il costume diplomatico, la Russia rende pubblica la bozza di trattato.
    7. Gli Stati Uniti si rifiutano di garantire per iscritto che l’Ucraina non entrerà nella NATO, perché facendolo rinuncerebbero al ruolo di decisore “superiorem non recognoscens” dell’ordine internazionale unipolare, che rivestono da dopo il crollo dell’URSS. Chiariscono immediatamente che NON interverranno militarmente a difesa dell’Ucraina in caso di attacco russo. Una grande potenza nucleare affronta sul campo un’altra grande potenza nucleare solo quando la posta in gioco è un interesse vitale di entrambe. L’Ucraina è un interesse vitale russo, NON è un interesse vitale USA.
    8. Alla conferenza di Monaco, il capo del governo ucraino annuncia che l’Ucraina medita di acquisire armi atomiche tattiche. Le armi atomiche tattiche più piccole possono cancellare dalla faccia della terra una divisione corazzata.
    9. Forse a causa di questo annuncio, la Russia accelera i tempi. Riconosce le Repubbliche del Donbass, invade l’Ucraina. Conduce la guerra nelle modalità più adeguate a risparmiare la vita dei civili, in vista di una riconciliazione/stabilizzazione dell’Ucraina. L’obiettivo strategico russo NON prevede la conquista totale o parziale del paese, ma la sua neutralizzazione, il riconoscimento delle Repubbliche del Donbass e della Crimea, la smilitarizzazione dell’Ucraina.
    10. Gli USA – più precisamente, l’establishment che ne dirige la politica estera, che è in grado di influenzare pesantemente qualsiasi Amministrazione – decidono di attuare una strategia bellica indiretta, con l’obiettivo di provocare il “regime change” in Russia, e utilizzano come strumento politico i paesi UE, che assumono il ruolo di “NATO politico-economica”.
    11. Vengono decise dagli USA e dai paesi UE importanti sanzioni economiche alla Russia, compreso il congelamento ossia il sequestro degli attivi della Banca Nazionale russa detenuti in paesi occidentali (un atto di guerra).
    12. Vengono altresì decise dai paesi UE draconiane misure che anch’esse risultano in veri e propri atti di guerra: finanziamento UE e invio in Ucraina di sistemi d’arma, non solo difensivi ma offensivi (aerei da combattimento). La distinzione tra sistemi d’arma offensivi e difensivi, che sul campo di battaglia non ha valore alcuno, è invece legalmente rilevante. L’invio di sistemi d’arma difensivi a un paese in guerra non costituisce un atto di guerra contro il suo nemico, l’invio di sistemi d’arma offensivi sì.
    13. Svezia e Finlandia, paesi neutrali confinanti con la Russia, annunciano di prendere in considerazione il proprio ingresso nella NATO.
    14. La Germania annuncia un vasto programma di riarmo.
    15. L’invio di sistemi d’arma all’Ucraina non cambia l’esito del conflitto in Ucraina, perché non muta i rapporti di forza tra i contendenti, fortemente sbilanciati a favore della Russia. È una provocazione rivolta alla Russia. La sfida a reagire ad atti di guerra veri e propri, sapendo che una reazione militare russa contro i paesi UE, che sono anche paesi NATO, causerebbe un conflitto aperto NATO-Russia. L’intento della provocazione è dimostrare l’impotenza russa: “Hai morso un boccone troppo grosso per te”, e così destabilizzare il governo della Federazione russa.
    16. Il governo russo eleva l’allerta nucleare. Si tratta di un caso di “to escalate for de-escalation”. Con l’escalation, si manda un messaggio all’avversario: “Sappiate che siamo disposti ad arrivare fino in fondo, conflitto nucleare compreso. De-escalate o ne subirete le conseguenze”.
    17. Sono annunciati per stamattina i primi colloqui tra rappresentanti del governo ucraino e del governo russo.
    18. L’operazione “regime change” in Russia fa leva su tutte le faglie di conflitto presenti in Russia, anzitutto sui nazionalismi degli Stati che compongono la Federazione. Lo scenario previsto dai pianificatori è analogo a quello già attuato nella ex-Jugoslavia: guerra civile, frammentazione della Federazione russa, implosione dello Stato federale, nuovi governi diretti da personale politico gradito all’Occidente, e il Presidente federale russo V. Putin, già descritto dai media occidentali come gangster mentalmente squilibrato, come il Presidente jugoslavo Milosevic imputato davanti al Tribunale internazionale dell’Aja.
    19. Da quanto precede risulta molto chiaro che la Russia NON può fare marcia indietro. Se lo fa, il governo si destabilizza e si innesca la seconda fase dell’operazione “regime change”: rivoluzioni colorate negli Stati componenti la Federazione russa. Inoltre, l’Ucraina è l’ultima linea di difesa militare e politica della Federazione russa, che ha le spalle al muro e difende la sua sopravvivenza.
    20. Ricordo che per evitare la presente, pericolosissima situazione, bastava una di queste due cose: a) garantire per iscritto che l’Ucraina non avrebbe aderito alla NATO b) che un solo paese UE proponesse, prima dell’inizio delle ostilità, una revisione del sistema di sicurezza europeo che tenesse conto degli interessi russi, orientata alla neutralizzazione dell’Ucraina.
    21. Prevedo che i colloqui tra Ucraina e Russia non sortiranno risultati. Il governo ucraino è guidato dagli USA. È interesse USA, in vista dell’operazione “regime change”, guadagnare tempo e far salire la pressione sul governo russo.
    22. Il presente atteggiamento dei paesi UE non è nell’interesse di alcuno dei paesi europei, compresi i paesi confinanti con la Russia. Infatti, la Russia NON ha intenzione di espandersi, né in Ucraina, né altrove (non ne ha la capacità politico-militare). La Russia sta difendendo la sua integrità politica e la sua sopravvivenza come Stato unitario.
    23. Il presente atteggiamento dei paesi UE mette a grave rischio tutti i paesi europei. Esso è dettato dagli USA, che così possono fare una politica “short of war” contro la Russia a costo zero. Il costo, economico e politico, lo pagano i popoli europei.
    24. Il presente atteggiamento dei paesi UE fa sospettare che i loro dirigenti non si rendano conto della gravità degli atti che stanno compiendo, né delle loro possibili conseguenze.
    25. Ripeto infatti che la Russia NON può fare marcia indietro, e che i suoi obiettivi non sono espansionistici o imperialistici, ma strettamente difensivi. La Russia li ritiene interessi vitali, che è necessario garantirsi per sopravvivere.
    26. La Russia è una grande potenza nucleare. Nessuno al mondo tranne Dio o il senno di poi sa quali conseguenze potrebbe avere un eventuale successo dell’operazione “regime change” in Russia, perché nessuno può sapere a chi andrebbe il controllo dell’arsenale nucleare russo, o di porzioni di esso, più che sufficienti a provocare distruzioni catastrofiche.
    27. Inoltre, un conclusivo fallimento dell’operazione “regime change” seguente a un suo parziale, temporaneo successo, potrebbe favorire comportamenti disperati e irrazionali della direzione politica russa, che, lo ricordo ancora, sente di stare lottando per la sopravvivenza della Russia.
    28. La decisione tedesca di riarmare, e di inviare in Ucraina armi che uccideranno soldati russi, unita alla presenza in Ucraina di formazioni che si richiamano al nazional-socialismo, non può non richiamare alla mente dei russi quanto è accaduto nella IIGM, quando i tedeschi uccisero 22 MLN di civili russi, e una parte degli ucraini si schierò contro l’URSS al fianco dei nazisti. I russi chiamano la IIGM “Grande Guerra Patriottica”, ne celebrano solennemente il ricordo, si riuniscono intorno ad esso. Patriottismo e nazionalismo sono una forza molto potente, in Russia. Le emozioni che essi suscitano quando si ritenga in pericolo la sopravvivenza della nazione possono travolgere la razionalità.
    29. Molto importante: d’ora in poi, è assolutamente necessario prendere alla lettera, e credere dalla prima parola all’ultima, i moniti e le minacce ufficiali rivolti all’Occidente dalla dirigenza russa. Il centro direttivo politico russo, infatti, non solo non ha alcuna ragione di mentire o di minacciare a vuoto, ma ha l’assoluta necessità di essere chiaro, sincero e coerente nelle proprie dichiarazioni ufficiali rivolte all’occidente. È infatti questo l’unico strumento a sua disposizione per controllare razionalmente il decorso degli eventi, ed evitare che essi sfuggano di mano e precipitino nella catastrofe. Pensare che la direzione russa stia bluffando è la ricetta per il disastro.
    30. È molto importante, per chi condividesse questa lettura degli eventi, far giungere, come può, ai parlamentari italiani, il proprio preoccupato dissenso per l’atteggiamento del nostro governo e della UE. Si rammenti che solo il Parlamento può decidere legittimamente atti di guerra, e che l’art. 11 della Costituzione italiana “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Questa in corso è una controversia internazionale, che può comporsi rapidamente garantendo la neutralità ucraina.
    31. Per concludere, ricordiamo che un atteggiamento aggressivo e intransigente, e, peggio, la collaborazione all’operazione “regime change” in Russia, può gettare nel baratro l’Ucraina. L’esito militare del conflitto, stanti le forze in campo e l’impossibilità russa di fare marcia indietro, è predeterminato. L’unico effetto reale dell’aggressività intransigente potrebbe essere un aumento della pressione militare russa, al fine di concludere rapidamente le operazioni. Questo implicherebbe l’adozione di uno stile bellico molto più violento, e un aumento vertiginoso di caduti civili. Se poi gli eventi sfuggissero di mano, e dessero luogo a uno scontro diretto NATO-Russia, un atteggiamento aggressivo e intransigente potrebbe gettare nel baratro anche le nazioni europee.
    32. Molte persone assistono allo svolgersi di questa vicenda come se fosse una serie TV. Non è una serie TV, è la realtà. Non siamo a Disneyland, non siamo nel Paese delle Meraviglie. Non siamo bambini: non è vero che Papà USA, che è tanto forte e tanto giusto, ci protegge e saprà far sì che tutto finisca nel migliore dei modi. Cerchiamo di essere adulti responsabili. Risolta questa crisi, discuteremo di nuovo dei valori, dei modelli di società, delle ragioni e dei torti: che sono molto importanti. Però, prima di discutere dei valori e dei modelli di società bisogna saper vivere, e sopravvivere.”
    (Roberto Buffagni)

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      • Il fatto è che la mancanza di abilità attuale è la peggiore delle aggravanti: avere a che fare con un apprendista stregone incapace che combina casini e non solo non è in grado di risolverli, ma non è neppure capace di rendersi conti di averli combinati, è veramente la cosa peggiore che possa capitare. L’abilità, lucida e consapevole, c’era invece quando sono state poste le basi del disastro attuale.

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        • Concordo. Giova ricordare la libia, le idee e le intenzioni con cui erano partiti per “far fuori gheddafi” e cosa son riusciti a combinare: un paese destabilizzato in preda ai signori della guerra e centro di raccolta degli schiavi da mandare in occidente…

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    • Ai punti 8 e 16 vale la pena di aggiungere un’altra postilla di storia.

      Quando l’URSS si dissolse, l’Ucraina si trovò ad essere la terza potenza nucleare mondiale (meno di USA e URSS, ma più di Francia, RU, Cina e newcomers), un disincentivo mica da ridere sia verso Est che verso Ovest. Furono convinti a liquidare l’arsenale atomico dai marpioni della NATO, che dissero praticamente, ma non per iscritto: “tranquilli, se avete casini ci pensiamo noi”.
      Come sia andata lo stiamo vedendo ora.
      Ecco, questo mi sembra un bell’argomento a sfavore della denuclearizzazione: difficile convincere i coreani del Nord o gli Iraniani a rinunciare, e, di conseguenza, Giappone/Sud Corea, Arabia Saudita, Turchia (se esce dalla NATO) probabilmente vorranno il deterrente anche loro. Per incominciare.

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      • (vorrei precisare che questo in sé non sarebbe necessariamente un male: a parte NATO/Varsavia, la duplice deterrenza ha anche evitato la guerra aperta fra Pakistan ed India, sfiorata più volte,e la deterrenza “unilaterale” ha permesso di Israele di non subire più guerre di aggressione aperta da quasi cinquant’anni, contro un nemico demograficamente ed economicamente superiore di due ordini di grandezza; però moltiplicando gli attori, la probabilità che la valigetta finisca nelle mani di un pazzo aumenta di parecchio)

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        • E’ evidente che non è nelle mani del vegetale, ma torna interessante ricordare che la questione è già stata sollevata in tempi non sospetti, forse da Nancy Pelosi (non ne sono del tutto certo), che chiedeva una sorta di doppia o tripla chiave.

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        • Apparentement sì, però lo disse dopo l’elezione di Biden, benché prima dell’inaugurazione. Molti pensarono che si riferisse proprio al vegetale (lei è più o meno coetanea, ma il suo problema è la vodka).

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    • Mi auguro che il punto 9) circa una soft war russa per non compromettere i futuri rapporti con l’Ucraina sia rispondente al vero.
      Per ora la propaganda mostra un’apparente inettitudine degi alti ufficiali dell’armata russa ed una scarsa propensione alla battaglia delle truppe di terra, quasi completamente formate da soldati di leva. Ho già scritto altrove che il fenomeno del’etilismo nelle forze armate russe è diffusissimo, dal generale al marmittone.
      Non sono da escludere piani ispirati a fantasie indotte dalla wodka e soldati stanziali impegnati a svuotare bottiglie.
      L’arenautica russa pare volere evitare i sistemi difensivi forniti dalla NATO all’Ucraina e le ali restano ben salde sul terreno. La marina e le truppe da sbaco non risultano pervenute.
      Delle due l’una: o Putin ha pensato che bastasse fare la voce grossa per ottenere la resa dell’Ucraina; oppure le forze armate russe convenzionali sono le più sopravvalutate negli ultimi sessanta anni. Mi pare di vedere l’eroico alleato italiano che, pugnalando alle spalle il frontaliere francese, pensava di farsi una passeggiata a Nizza e in costa azzura e si ritrovò l’armè assestata ben oltre i confini italici.

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      • Di tutte le cose che vengono raccontate non ce n’è una di cui possiamo sapere se sia vera o falsa, quindi non ha senso discuterne. Quanto all’etilismo, è diffuso in tutti gli strati della società, non solo fra i militari, e questo l’ho sperimentato sulla mia pelle.

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  3. Io avevo scritto diverse volte anche commentando qui che c’era il rischio di una guerra, che il voler intruppare la gente con le restrizioni sanitarie avesse un secondo fine. L’Italia ha un secondo vantaggio da una guerra: poter congelare governo e parlamento. Che poi le conseguenze interne portino a qualcosa di brutto, è quasi scontato.
    PS: pensavo che si sarebbero cercati la guerra in qualche posto in Qlo al mondo, forse di averla alla stessa distanza che c’è da Gorizia a Lecce non se lo aspettavano.

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    • In realtà siamo in guerra ma non lo siamo: i soldati italiani sul fronte, e quelli pronti a partire, sono quelli inquadrati nella NATO, la quale non ha la facoltà di intervenire come organizzazione a difesa di uno stato non membro, però possono farlo i singoli stati. Per partecipare come esercito italiano, non in una, vera o sedicente, missione di pace bensì a una vera e propria guerra contro un altro stato (peraltro vietata dalla costituzione, che ammette la guerra unicamente come difesa, non come mezzo per risolvere le controversie internazionali, meno che mai dichiarando guerra a uno stato che non ci ha attaccati) serve la votazione unanime del parlamento e la firma del presidente della repubblica, e quella ovviamente non c’è.

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        • Dovendosi supporre che chi ci governa nonb faccia le cose a caso, dato che l’attuale stato di emergenza è in vigore fino alla fne di marzo, ne possiamo, anzi, dobbiamo dedurre che il signor Draghi sappia con certezza che la guerra per quella data sarà ancora in corso. Quanto alla durata, io sapevo tre mesi, che già sarebbe una mostruosità, sia di per sé che per le previsioni relative alla durata della guerra, se poi mi parli di fine anno, io credo che sia davvero il momento di ricorrere al tirannicidio.
          Ma dimmi una cosa, perché io non mi ricordo: durante i dieci anni di guerra a 200 chilometri dalle nostre coste (duecento, non duemila), c’erano anche soldati nostri lì?

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