QUALCHE RIFLESSIONE E QUALCHE FATTO

QUANTO È DIFFICILE EVITARE LA TERZA GUERRA MONDIALE? PIÙ FACILE DI QUANTO SI PENSI

L’Elbe Day, il 25 aprile 1945, è il giorno in cui le truppe sovietiche e americane si incontrarono sul fiume Elba. La Germania era ormai spezzata in due, ora che i soldati di Usa e Urss, attaccando da ovest e da est, erano arrivati a incontrarsi sul fiume Elba. Fu un grande giorno di liberazione e di festa, in cui i rapporti di amicizia tra le due superpotenze furono forse al loro massimo storico.  Il Giorno dell’Elba non è diventata una festa ufficiale. La Russia serviva  come nemico. Iniziò la Guerra Fredda. 

WWII GERMANY TORGAU U.S. USSR
A soldier with the 1st U.S. Army shakes hands with a Soviet counterpart, emulating the ‘East Meets West’ sign in the background, during the historic meeting of Allied fronts, by the river Elbe at Torgau, Germany, April 26, 1945. (AP Photo/William C. Allen)

Il tempo scorre e le porte di un brillante futuro di cooperazione si chiudono sempre più velocemente ogni minuto che passa. 

La diplomazia, non più armi, è necessaria per evitare la terza guerra mondiale con la Russia

By Edward Lozansky and Matthew Ehret   

OPINIONE:

Ogni giorno che passa, è sempre più evidente che i pazzi hanno preso il controllo del manicomio, e parole che sarebbero state considerate il massimo della follia autodistruttiva solo pochi anni fa, stanno diventando normali nel discorso politico di oggi.
Gli elementi più radicali, compresi alcuni membri del Congresso, stanno chiedendo l’invio di truppe statunitensi in Ucraina, dove si unirebbero alle truppe britanniche che sono già sul terreno per “addestrare” i combattenti. Questo naturalmente significa che le forze della NATO vengono messe direttamente in pericolo nonostante il rischio di attivare il “Patto di Sicurezza Collettiva” in un momento di preavviso, tirando l’intera alleanza di 29 nazioni in un conflitto attivo con la Russia nucleare.
Invece di usare la diplomazia per cercare una via d’uscita, la NATO e anche alcuni paesi non appartenenti alla NATO stanno inviando enormi quantità di armi in Ucraina, il che amplifica solo le uccisioni inutili. In realtà, il flusso di armi e consiglieri militari occidentali in Ucraina è iniziato molti anni prima della crisi attuale.
Mentre ogni giorno ci avvicina all’impensabile, cioè alla terza guerra mondiale con l’uso di armi nucleari, è importante, almeno a beneficio dei sopravvissuti e degli storici futuri, descrivere correttamente perché la nostra civiltà ha deciso di suicidarsi.
Se solo la famosa assicurazione “non un centimetro verso est” sull’espansione della NATO, promessa dal Segretario di Stato americano James Baker al presidente sovietico Mikhail Gorbaciov il 9 febbraio 1990, fosse stata rispettata, l’intera catastrofe sarebbe stata facilmente evitata. L’impegno di Baker fu seguito da una valanga di altre assicurazioni per la sicurezza date dai leader occidentali a Gorbaciov e altri funzionari sovietici durante il processo di unificazione tedesca tra il 1990 e il 1991, secondo documenti declassificati statunitensi, sovietici, tedeschi, britannici e francesi pubblicati dal National Security Archive della George Washington University. In base a questo paradigma, si celebrava a Washington e in Europa che “una nuova architettura di sicurezza da Vancouver a Vladivostok” era in arrivo.
Purtroppo, quella promessa è stata di breve durata, e in breve tempo, il processo di espansione della NATO è stato messo in moto con l’alleanza che ha inghiottito altri 13 stati dell’Europa orientale con obiettivi sull’Ucraina e la Georgia. Allora un Joe Biden più giovane e lucido era un senatore che prese parte attiva a questa nuova conquista. Ha avuto la possibilità di risolvere questo problema durante gli anni di Obama, quando Biden, come suo VP, aveva un portafoglio ucraino. Se questa amministrazione avesse proceduto onestamente con il reset annunciato, non c’è dubbio che l’amicizia e l’armonia degli interessi comuni avrebbero potuto essere facilmente mantenute. Invece, ha facilitato un colpo di stato di Maidan nel febbraio 2014, quando Victoria “F– l’UE” Nuland si è trovata a lavorare a fianco del VP Biden supervisionando una rivoluzione di colore che ha spodestato un presidente ucraino democraticamente eletto, rimettendo l’Ucraina sulla corsia preferenziale per l’adesione alla NATO. Coloro che hanno seguito questi eventi ricordano bene come la signora Nuland stava discutendo la composizione del nuovo gabinetto ucraino con l’ambasciatore statunitense Geoffrey Pyatt quasi tre settimane prima che il colpo di stato avesse effettivamente avuto luogo.
Un’altra possibilità di pace è stata persa quando il signor Biden non è riuscito a pronunciare la parola “neutralità” prima del 24 febbraio di quest’anno. Questo voleva dire semplicemente accettare la neutralità per l’Ucraina. Mantenere questo paese sovrano e integro senza unirsi alla NATO o a qualsiasi blocco militare era la richiesta più facile da soddisfare per l’alleanza occidentale. Se questo fosse stato fatto, non ci sarebbe stata l’invasione russa, i colloqui di sicurezza USA-Russia sarebbero proceduti con buone possibilità di successo simili allo scenario Reagan-Gorbaciov che pose fine alla prima guerra fredda.
E, naturalmente, chi ne avrebbe beneficiato più dell’Ucraina, a cui il creatore ha dato la terra fertile più ricca, il clima favorevole, nessun deserto, nessun vulcano, l’accesso al mare, forniture di acqua potabile più che sufficienti, oltre 40 milioni di abitanti e una forte base industriale rimasta dai tempi sovietici. Avere la Russia come vicino non è stato uno svantaggio ma un enorme vantaggio grazie ai loro radicati legami storici, familiari, religiosi, economici e culturali.
Sfortunatamente, c’erano altre forze, sia all’interno che all’esterno dell’Ucraina, che avevano altri piani per questo paese che hanno acceso la miccia dell’attuale disastro che potrebbe propagarsi al resto del mondo. Il piano era di trasformare l’Ucraina in una zona di conflitto anti-russo e finora sembra che queste forze stiano prevalendo.
Una delle poche voci di buonsenso che parla al riguardo di questa crisi crescente negli ultimi giorni è venuta dagli uffici dell’ex presidente Donald Trump, che gode ancora di una grande base di sostegno popolare all’interno del popolo americano, così come i migliori membri della classe politica e imprenditoriale che devono svolgere un ruolo nello spegnere i fuochi di guerra prima che diventino nucleari in breve tempo.
Il 18 aprile, il signor Trump ha scritto: “Non ha senso che la Russia e l’Ucraina non si stiano sedendo per elaborare una sorta di accordo. Se non lo fanno presto, non ci sarà altro che morte, distruzione e carneficina. Questa è una guerra che non sarebbe mai dovuta accadere, ma è successo. La soluzione non potrà mai essere buona come lo sarebbe stata prima che iniziasse lo scontro a fuoco, ma c’è una soluzione, e dovrebbe essere trovata ora – non dopo – quando tutti saranno morti!
Questo fa eco alle precedenti dichiarazioni del signor Trump in occasione del 75° anniversario delle celebrazioni della Giornata dell’Elba che ha visto le forze americane e russe unirsi nella città tedesca di Torgau sul fiume Elba per il colpo finale alla macchina nazista nella seconda guerra mondiale e il cui spirito deve essere risvegliato velocemente se vogliamo sopravvivere alla tempesta attuale. Il 25 aprile 2020, il signor Trump e il signor Putin hanno rilasciato una dichiarazione congiunta che dice: “Lo ‘Spirito dell’Elba’ è un esempio di come i nostri paesi possono mettere da parte le differenze, costruire la fiducia e cooperare per perseguire una causa più grande. Mentre lavoriamo oggi per affrontare le sfide più importanti del 21° secolo, rendiamo omaggio al valore e al coraggio di tutti coloro che hanno combattuto insieme per sconfiggere il fascismo. La loro eroica impresa non sarà mai dimenticata”.
Le stesse forze che hanno promosso una falsa storia di “Russiagate” che ha rovinato la presidenza del signor Trump stanno ora spingendo per un altro misfatto che potrebbe risultare in un Armageddon senza vincitori. Poiché questa settimana molti negli Stati Uniti e in Russia hanno celebrato il 77° anniversario della Giornata dell’Elba, perché non fare un tentativo per evitare questo disastro dando una possibilità alla diplomazia invece di aggiungere benzina al fuoco?

Edward Lozansky è il presidente dell’American University di Mosca. Matthew Ehret è un collaboratore dell’Università Americana di Mosca.

TRADUZIONE a cura di Nogeoingegneria – CANALE TELEGRAM https://t.me/NogeoingegneriaNews  (qui)

Un intervento del generale Leonardo Tricarico, ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, che mostra come la NATO stia patentemente violando il proprio statuto.

E ora ancora un po’ di documentazione sui crimini delle belve naziste.

Le testimonianze della popolazione di Mariupol sono molto numerose, chi si cura di ascoltare?

Un estratto di questa intervista  è stato ampiamente distribuito nei social network mondiali ed è apparso persino sui canali TV del Giappone.

Nel video, il giornalista americano Patrick Lancaster chiede più volte sorpreso alla ragazza ferita se ha confuso qualcosa, perché ella sostiene che la sua casa è stata incendiata dai nazisti del reggimento Azov. “Azov sta sparando a persone pacifiche! I russi non sparano ai civili!”, ha risposto la ragazza.
La ragazza ha spiegato che al momento del bombardamento, solo l’esercito ucraino e Azov si trovavano sul territorio della città, che hanno deliberatamente distrutto edifici residenziali. Di conseguenza, la ragazza non sa dove siano ora i suoi genitori. Solo pochi giorni dopo sono comparsi i combattenti della DPR, che l’hanno immediatamente fasciata e medicata proprio nel seminterrato e le hanno dato acqua e cibo.
Quando l’americano ha filmato la vittima, stava già aspettando l’evacuazione.
Questo tipo di testimonianza è stato dato anche nelle numerose interviste dai giornalisti Rangeloni e Giorgio Bianchi (Visione TV) che hanno canali telegram e Youtube.
Qui il canale di Lancaster:  https://www.youtube.com/channel/UCbjTWVaRx6jMN5ZYgbqe2_w
Ovviamente ci troviamo ad est in zona russofona, ma il comportamento dell’Azov è oggettivo.
Ma per Kiev ora che Mariupol è persa, non c’è bisogno di prendersi cura di centomila concittadini… Questo forse è visto con sollievo, inutile distrarre forze per la ‘battaglia decisiva’. La misura di questo sentimento è che oggi ho visto Kiev che sta sabotando anche gli aiuti umanitari, se sono russi…
Ribadisco che non può essere trovata una soluzione di forza, bisogna impegnarsi a trovare una soluzione equa, soprattutto per la popolazione stremata.
Siamo in una situazione di crisi oggettiva, abbandonata a sé stessa. Si sviluppa, secondo una regola empirica, di male in peggio, e di peggio in impensabilmente brutta. In generale, il mondo è già vicino a uno stato impensabilmente brutto in cui la crisi si ferma da sola (come un fuoco si ferma quando non c’è più niente da bruciare).
E sarà necessario in qualche modo continuare a vivere.
Patrizio Ricci23 Aprile 2022, VP news, qui.

Ed ecco il video: forza, amanti dei nazisti, guardatelo, se ne avete il coraggio. Guardatelo fino in fondo. Guardate come vengono usate le armi che continuate a mandare “per salvare la democrazia dal criminale aggressore”. Guardatelo, e che la vergogna vi accompagni fino all’ultimo dei vostri giorni.

Aggiungo due commenti in polacco lasciati sotto il video

Patrick, grazie per averci mostrato il vero volto di questa guerra. Sfortunatamente, manipolazione completa sulla TV polacca.

I polacchi non vogliono nessuna guerra con nessuno! Né con Ucraina, Russia o chiunque altro! I politici vogliono le guerre!!!!!!!

Un’altra cosa: questo è l’elenco completo (fino alla data in cui ho pubblicato il post. Dato che il cannocchiale da almeno una dozzina d’anni ama fare le bizze, se vi dice che il sito non è raggiungibile riprovate più tardi) dei giornalisti ammazzati durante il regno di Vladimir Putin, perché io (IO) non distinguo fra personaggi simpatici e personaggi antipatici, io (IO): io distinguo unicamente fra verità e menzogna. VOI quando pubblicherete la lista dei giornalisti fatti sparire nel regno dell’Ucraina nazista?
Come documento conclusivo riprendo questo autentico delirio (di un’amica carissima, ahimè) che costituisce la prima parte di un articolo recentemente pubblicato, cui non posso non aggiungere qualche nota all’interno.

Negli ultimi mesi non si fa in tempo a digerire un programma che ne arriva subito un altro peggiore del primo. Nella trasmissione Fuori dal coro, condotta da Mario Giordano, il giornalista si lancia in un’invettiva contro il boicottaggio degli atleti russi, dell’esclusione dei tennisti russi da Wimbledon e da altre gare. Poi, con il solito impeto e facendo un’ “insalata russa” un po’ confusa, mescola lo sport con la cultura e qui sta l’errore in cui è caduto come un pero [come cadono i peri? Perché finora non mi è ancora capitato di vederne, per cui mi piacerebbe venirne edotta]. Gli atleti che vanno nei tornei internazionali portano l’immagine del loro presidente [?! L’immagine del presidente?! Sulla maglia tipo Che Guevara? Sulla bandiera? O in quale altro modo?] e del loro paese, i loro organizzatori rappresentano un apparato burocratico [rappresentano? In che senso?] gestito dalle banche [gestito in che senso? Le banche gestiscono apparati burocratici? E io che credevo che gestissero soldi, investimenti e affini!] e da un sistema economico gigantesco [quale? Costituito da quali enti, oltre alle banche?], nel caso in questione banche russe che i paesi liberi hanno deciso di boicottare [a parte il fatto che sul “liberi” stenderei un lenzuolo matrimoniale pietoso, a parte anche l’oscenità del provvedimento, secondo questa logica, se io ho una badante russa e questa ha i risparmi in una banca russa, in aggiunta al fatto che ora ai suoi risparmi non ha più accesso devo anche buttarla fuori di casa?]. È logico quindi [??????????????????] impedire a chi rappresenta tale sistema [rappresenta in che senso?] di partecipare agli eventi sportivi internazionali, in un momento storico così delicato e barbaro, e di fare propaganda [in che senso farebbero propaganda?] a un governo di banditi.

Un governo che qualcuno ha stabilito di chiamare banditi. Anche i nazisti chiamavano banditi i partigiani che uccidevano, e chiamavano partigiani ossia, per quella famosa proprietà transitiva, banditi, gli ebrei che sterminavano, e qui il cerchio si chiude, e tutti i conti alla fine tornano. Ecco, questo è un magnifico esempio dell’espressione “il sonno della ragione genera mostri”.
Siccome la mia, di ragione, è invece ben sveglia, lascio spazio a due meravigliosi atleti russi che si esibiscono in una serie di prodigiose acrobazie.

barbara

WONDER WOMAN E LA SHOAH

Questo è mio nonno, Abraham Weiss, si chiamava Adolf Weiss ma ha cambiato nome dopo la guerra per ovvi motivi. 
Mio nonno è nato in Cecoslovacchia conosciuta anche come Repubblica Ceca. 
Suo padre fu arruolato nell’esercito e non tornò mai più, così sua madre rimase con 2 ragazzini, Abraham, mio ​​nonno, e Benjamin. 
Dopo un lungo viaggio in treno fino ad Auschwitz, schiacciato insieme a una quantità disumana di persone in un vagone ferroviario, è stato separato dalla madre e dal fratello minore in quella che viene chiamata “la selezione”. 
Non li ha mai più visti. 
In un attimo è diventato un orfano di 13 anni che ha trascorso ogni giorno cercando di sopravvivere, le cose che ha visto, gli orrori che ha attraversato sono inimmaginabili.
Per anni non ne ha parlato, solo dopo la morte di mia nonna si è reso conto di quanto sia breve la vita e di quanto sia importante raccontare gli eventi, affinché la Storia non si ripeta mai. 
NESSUNO, dovrebbe mai essere oppresso o perseguitato per la propria razza, religione o per qualsiasi motivo.
Questa è la mia visione della vita. 
L’eredità di mio nonno vive nel profondo del mio cuore. 
Amava le persone, credeva in loro e rispettava le persone per ciò che sono.
È venuto dal luogo più oscuro e oppresso e con un seme di speranza si è costruito una nuova vita in Israele. 
Prego che noi, come esseri umani, ci uniamo e fermiamo lo spargimento di sangue, ovunque e per sempre.
Prego affinché i nostri figli abbiano un futuro normale, positivo e fecondo, in cui le persone si riuniscono e in cui lasciamo che la speranza e l’amore governino il mondo. 
Ricorda e non dimenticare mai #WeRemember
Joseph Waks, qui.

Ancora qualche immagine

Mentre varcavamo i cancelli di Auschwitz, mio ​​nonno disse: “72 anni fa ho varcato questo cancello con un soldato al mio fianco… un soldato nazista… Oggi varco ancora una volta questo cancello con un soldato al mio fianco.. mio nipote .. e presta servizio nell’esercito ebraico, israeliano.”

mentre suonava la sirena commemorativa dell’Olocausto questa mattina, il soldato dell’IDF Lian Gilboa ha salutato sua nonna – Tova Gilboa, 93 anni, sopravvissuta ad Auschwitz a Birkenau.

Essere forti per salvare

Essere forti per difendere

Essere forti per combattere il male

barbara

UCRAINA NAZISTA? MA QUANDO MAI!

Ucraina, non solo Azov: una pletora di battaglioni neonazisti

Oltre al tristemente noto battaglione Azov, l’Ucraina è infestata da una pletora di battaglioni neonazisti che si ispirano a figure del nazionalismo più estremo come Stepan Bandera. Tra questi, il battaglione Aidar, il battaglione Sich e il battaglione Tornado.

Mentre secondo i media mainstream occidentali la denazificazione dell’Ucraina sarebbe solamente un pretesto per l’invasione russa del Paese confinante, i giornalisti che si trovano sul posto portano sempre più testimonianze circa il proliferare di forze neonaziste e di estrema destra all’interno dell’ex repubblica sovietica.
Se la presenza del battaglione Azov e la sua appartenenza all’ideologia politica della destra più estrema oramai sono state ammesse anche dalla maggioranza dei giornali e delle televisioni d’Europa, quello che spesso non viene detto e che Azov rappresenta solo la più folta e brutale di queste formazioni neonaziste, accomunate dalla santificazione come patriota di Stepan Bandera, un ultranazionalista che arrivò addirittura ad allearsi con le forze tedesche nel corso della seconda guerra mondiale, e di altri loschi figuri della storia ucraina.
Laurent Brayard, giornalista e scrittore francese, autore del libro Ukraine, le royaume de la désinformation (“Ucraina, il regno della disinformazione”), ha recentemente pubblicato tre articoli sul portale Donbass-Insider, nei quali analizza tre dei “fratelli minori” del battaglione Azov: il battaglione Aidar, il battaglione Sich e il battaglione Tornado.
Secondo Brayard, il battaglione Aidar è responsabile di numerosi omicidi di giornalisti russi che si trovavano in Donbass per raccontare la guerra. Ad esempio, il 17 giugno 2014, pochi mesi dopo la dichiarazione d’indipendenza della Repubblica Popolare di Lugansk, i neonazisti di Aidar si sono resi colpevoli dell’omicidio di Igor Korneljuk, giornalista 37enne della televisione pubblica russa, che aveva documentato il massacro di civili russofoni da parte delle forze nazionaliste ucraine. “Si trovava vicino al villaggio di Metalist, nella regione di Lugansk”, racconta Barayard, “con il suo collega Anton Vološin, tecnico del suono, , il 17 giugno 2014. Sono stati improvvisamente bombardati dagli ucraini, Vološin è stato ucciso sul colpo mentre Korneljuk è morto mezz’ora dopo per le ferite riportate quando è arrivato all’ospedale dove doveva essere curato”.
Secondo questa ricostruzione, il battaglione Aidar veniva condotto in queste operazioni da Nadija Savčenko, aviatrice e deputata del partito Patria (Batkivschina), quello guidato dall’idolo degli occidentali Julija Tymošenko. Dopo la distruzione di gran parte del battaglione Aidar, Savčenko è stata catturata dalle milizie popolari del Donbass, prima di essere lasciata nel maggio del 2016. Allora, sottolinea Brayard, i media occidentali si spesero per chiedere la liberazione di Nadija Savčenko, mentre “nessun media occidentale ha pianto la morte dei giornalisti russi. Korneliuk era sposato e aveva una bambina. Anton Vološin aveva solo 26 anni, e anche lui era spostato. Oggi i valori si sono quindi ribaltati, i nostri giornalisti difendono gli assassini. Eppure la natura del battaglione Aidar era perfettamente nota e verificabile”.
Il battaglione Sich nasce come braccio armato del partito ultranazionalista ucraino Svoboda (“Libertà”), guidato da Oleh Tjahnybok. Svoboda è ancora oggi una forza politica presente nel parlamento, sebbene abbia ottenuto solamente un seggio alle elezioni del 2019, ma nel 2012 era arrivato a superare il 10% delle preferenze e ad eleggere 38 rappresentanti.
Questi uomini, la cui ideologia nazista è fuori dubbio, per la loro affiliazione con il più antico e sfrenato partito neonazista ucraino (il cui leader si fece notare in decine di incontri da moltissimi e sostenne i saluti hitleriani), parteciparono alla sanguinosa marcia nel Donbass, in particolare stabilendo il loro quartier generale a Slov”jans’k”, nell’oblast’ di Doneck, racconta Brayard. Secondo le testimonianze da lui raccolte, il battaglione Sich si sarebbe reso protagonista di massacri di civili nel corso della cosiddetta “Operazione ATO” contro le repubbliche popolari del Donbass.
Il battaglione Sich venne considerato altamente pericoloso persino dall’allora presidente ucraino Petro Porošenko, uno dei suoi volontari ha assassinato un soldato della Guardia Nazionale nel corso di una protesta antigovernativa, nell’agosto del 2015. A quel punto, il presidente decise di fondare il battaglione con la 4° compagnia del 4° reggimento di polizia ausiliaria di Kiev. Secondo Brayard, i crimini commessi dal battaglione Sich nel corso della sua esistenza comprendono “arresti arbitrari, sequestri di persone innocenti o politicamente ostili al regime, perquisizioni e omicidi di combattenti della resistenza del Donbass rimasti sul posto, in una sorta di caccia all’uomo di cui pochi esempi nella storia”.
Il battaglione Tornado si è formato nell’oblast’ di Zaporižžja nel settembre 2014 per reprimere una regione dalla popolazione fortemente filorussa. Inizialmente, il battaglione è stato formato con i resti di un’altra formazione militare denominata Šaktërsk, “che si era distinta più di ogni altra nelle uccisioni e nei crimini contro le popolazioni del Donbass”. Tale battaglione si era infatti reso protagonista di rapimento e schiavizzazione di civili, al fine di trasformarli in scudi umani, metterli ai lavori forzati o utilizzarli come schiavi sessuali. “I crimini erano stati così violenti che il Ministero della Difesa ucraino poteva solo sciogliere questo battaglione coperto di sangue e obbrobri”, afferma Brayard.
Una volta formato il battaglione Tornado, sotto il comando di Ruslan Onyščenko, le file dello stesso sono state rimpinguate con criminali e avanzi di galera. A Zaporižžja, “il battaglione, già di per sé problematico, entrò in conflitto con il sindaco della città, che fu presto accusato di favorire il “separatismo” e di rifiutarsi di fornire locali e risorse”. Dopo essere stato inviato al fronte nella regione di Lugansk, il battaglione Tornado stabilì il suo quartier generale in un ospedale, dandosi a sopravvivendo grazie a saccheggi e rapimenti. “Divenne ben presto famoso per la sua crudeltà verso i civili, al punto che questi ultimi fecero appello all’esercito regolare per proteggerli. Ma queste denunce non hanno avuto successo. Il battaglione si lanciò quindi nella perquisizione illegale delle abitazioni dei civili, sistematicamente saccheggiate, nella requisizione di alcune case e proprietà, senza dimenticare le percosse, le vessazioni e presto l’assassinio di disarmati”.
Le indagini hanno portato anche alla scoperta di camere di tortura nel seminterrato di due scuole nelle città di Lysyčans’k e Privolnensk, dove bambini, ragazzi e adulti vennero a lungo tenuti prigionieri, violentati, e a volte assassinati. “Il battaglione fu sciolto per ordine del Ministero della Difesa, ma Tornado rifiutò di consegnare le armi e iniziò un’insurrezione armata”, per poi essere sciolto successivamente dopo aver avuto garanzie circa le sanzioni che avrebbero ricevuto i suoi membri. Alla fine, solamente dodici dei suoi membri furono arrestati e processati, con condanne molto lievi ed un massimo di undici anni di detenzione per il comandante Onyščenko. Oltretutto, il presidente Volodymyr Zelens’kyj ha recentemente annunciato il rilascio di prigionieri con esperienza militare, il che significa che molti di questi criminali potrebbero in realtà essere già a piede libero.
I tre battaglioni presentati nell’articolo sono solamente un esempio delle forze militari neonaziste che infestano l’Ucraina contemporanea, e che per otto anni hanno perseguitato la popolazione russofona del Donbass e del resto dell’Ucraina. Secondo Brayard, nell’ex repubblica sovietica sono attivi “più di 10 battaglioni, come minimo, per non parlare delle unità indipendenti di partiti ultranazionalisti e neonazisti, come il Pravyj Sektor, che lascia tracce molto visibili sui social network”, e che, aggiungiamo noi, ha partecipato insieme al battaglione Azov ai combattimenti di Mariupol’.
Giulio Chinappi27/04/2022, qui.

E dunque no, l’Ucraina non è nazista,

assolutamente no,

non so come possano venirvi in mente simili idee

Da nazisti si comportano casomai i russi, che ne hanno mutuato anche l’uso delle fosse comuni – documentate dalle immagini satellitari – al termine delle loro stragi. E se non ci credete, andate a vedere di persona.

“Fossa comune di 9 mila morti a Mariupol”. Smascherata l’ennesima fake news dei media filo Nato

“Dicono che più grossa è la bugia, più la gente ci crederà”. Esordisce così il giornalista di RT che compie semplicemente il suo lavoro, recandosi in quella che i media filo Nato occidentali, impegnati a fomentare la terza guerra mondiale potenzialmente nucleare, hanno descritto come una “fossa comune” a Mariupol con fino a 9 mila morti. 
I media filo Nato hanno sostenuto, sintetizza il giornalista che “sulla base di immagini satellitari fornite da un’impresa statunitense, ci sono fossati lunghi dai 30 ai 45 metri qui a Mariupol e che appunto vi sarebbero sepolte fra le 3.000 e le 9.000 persone.”.
“Ecco, sono qui. Ho avuto un accesso libero e completo al cimitero”. Questa è la sua testimonianza sul campo. Il fact-checking di persona, l’opera di reportage pura.  “Ho visto circa 300 nuove tombe, individuali e ho camminato vicino a esse. La maggior parte delle tombe ha una targa con nome completo e nata di nascita. Alcune hanno solo un numero.  Significa che non sono state identificate. Però è molto diverso da quanto dice il sindaco fuggitivo di Mariupol che ha parlato di fossa comune sulla base di immagini satellitari che gli sono state fornite. Va detto che l sindaco è fuggito da molti giorni e c’è una nuova amministrazione sia a Mariupol che a Mangush dove ci troviamo in questo momento. Ho visto un gruppo di lavoratori del cimitero che stava scavando una nuova tomba. Ho aspettato che finissero il lavoro e mi sono avvicinato per verificare  se sapessero qualcosa su quello che è successo qui e su queste tombe.
Naturalmente il luogo era chiuso e nessuno poteva passare e vederlo. E’ destinato a seppellire  le persone in modo degno. Non ci sono fosse comuni e qui non gettano persone in fosse comuni. Per ogni persona, si tratti di un soldato dell’esercito ucraino o di un civile, è un essere umano e per ogni persona c’è una cassa e una tomba“.
Sono fake: qui c’è una tomba per ogni persona. Le persone sono sepolte nelle loro bare. Ci sono tombe per i soldati dell’esercito ucraino, sepolti in tombe individuali“.
Chiaramente sono immagini che vengono sistematicamente censurate e come sempre spetta a voi il compito di farle girare il più possibile.

La Redazione de l’AntiDiplomatico, 26 Aprile 2022, qui

E poi lo dicono anche i testimoni che gli ucraini sono persone civili e i russi delle bestie:

No, ho scelto il video sbagliato: questi sono chiaramente tutti attori pagati da Putin per recitare la commedia. Vediamo quest’altro allora

(qui) Niente, sono cascata male anche stavolta, ma vedrete che prima o poi li trovo i testimoni veri. Nel frattempo andate a dare un’occhiata anche qui (ci vogliono non più di due minuti).
E infine un po’ di chiarezza sull’acciaieria.

SPY UCRAINA/ I sospetti sui segreti dell’acciaieria Azovstal

La frase pronunciata da Putin sul fatto che dall’acciaieria di Mariupol non deve uscire una mosca sembra assumere un senso molto importante

Ma non deve passare una mosca. Ora quella frase pronunciata in diretta streaming da Vladimir Putin al suo ministro della Difesa, seguita all’ordine di sospendere l’attacco finale contro l’acciaieria Azovstal di Mariupol, assume tutto un altro senso. Perché l’uomo che autorizzò i blitz al teatro Dubrovka e a Beslan, di colpo decide mostrare pubblicamente un supplemento di pazienza nei confronti dei suoi più acerrimi nemici, ovvero le forze speciali ucraine e il battaglione Azov? 
Si è parlato poco di questa decisione. E ora il motivo è chiaro. Tanto chiaro da potersi racchiudere in una singola domanda: cosa si nasconde dentro quell’enorme acciaieria, a livello umano ma anche, forse, di armi e documentazione? Perché aspettare nell’assalto finale, ma rendere ben noto a tutti che, comunque, da quella struttura l’esercito russo non farà uscire nemmeno una mosca? E perché il numero uno dell’Onu ha deciso di alzare le sue nobili ma pesantissime terga, soprattutto quando la situazione presuppone dei rischi reali e non la comoda permanenza al Palazzo di Vetro e recarsi prima ad Ankara in cerca dell’unica mediazione credibile e poi proprio a Mosca e Kiev? 
Quale inconfessabile verità si cela fra quel cemento, perché le Nazioni Unite – finora limitatesi a un atteggiamento di unilaterale condanna e marginalizzazione della Russia, ivi compreso il negare una seduta straordinaria per smontare la narrativa ufficiale su Bucha – ora sentano l’impellente esigenza di spendersi in prima persona per giungere a un epilogo che garantisca il passaggio degli assediati oltre le linee attraverso un corridoio umanitario? E non pensiate che l’Onu si scomodi per i civili presenti nell’acciaieria, visto che finora non aveva mosso un dito per tutti gli altri, ivi compresi 5 milioni di sfollati. 
Non deve passare una mosca. A occhio e croce, Vladimir Putin ha identificato in quella struttura il suo cavallo di Troia, la sua arma segreta. E pur non rivelando nulla, comincia a centellinare i messaggi in codice. Uno dei quali è arrivato proprio nel fine settimana, oltretutto per via ufficiale. Il Cremlino, infatti, ha avvisato palazzo Chigi dell’uccisione in Ucraina di 11 mercenari italiani affiliatisi alle milizie di Kiev e ha reso altresì noto che sarebbero in totale una sessantina i nostri connazionali in armi contro Mosca: per i rimanenti in vita, il Governo russo oltre a non escludere possibili e analoghi epiloghi tragici, rende noto fin d’ora che non sarà applicata alcuna convenzione o norma relativa al diritto umanitario internazionale. Fonti dell’intelligence italiana contattate dall’Ansa hanno smentito la versione del Cremlino, limitandosi però a un non ci risulta
Al netto della guerra di versioni, una cosa è certa. Anzi, due. Primo, si tratta quantomeno di una mezza verità, poiché certamente Mosca non utilizza platealmente una bugia per via diplomatica ufficiale e rendendola nota alla stampa, salvo vedersi sbugiardata e accreditando così la nomea di disinformatore seriale. Secondo, la scadenza temporale che mette in successione quell’ordine relativo alla blindatura totale e assoluta dell’acciaieria di Mariupol e questa indiscrezione. Come dire, dentro quella fabbrica si parlano molte lingue e non solo l’ucraino. E il sospetto è che il nodo del contendere non siano eventuali foreign fighters animati da non si sa quale sacro fuoco, bensì la presenza di addestratori di eserciti stranieri o, peggio, membri di agenzie di intelligence. A quel punto, il problema non sarebbe l’eventuale scoperchiamento del vaso di Pandora dell’assistenza militare occidentale all’Ucraina, stante i carichi di armi in continua e pubblica consegna, bensì il rischio di un’attivazione de facto di protocolli militari. Ovvero, la possibilità che per Mosca si configuri un atto di guerra da parte di Paesi membri Nato operanti su suolo ucraino in modalità offensiva verso il suo esercito. Sarà per questo che l’Onu ha scomodato le pesanti terga del suo Segretario generale? E sarà per mettere le mani avanti che il presidente Zelensky, prima ancora che Guterres atterri a Kiev quest’oggi, lo ha ammonito a non pensare di poter parlare o trattare a nome dell’Ucraina
Cosa vuole Zelensky, solo armi e soldi? Allora sia chiaro, dopo settimane di invocazione delle Nazioni Unite: chi respinge la mediazione, persino quella massima prevista che si incarna proprio nell’Onu, è Kiev. E non Mosca, visto che Vladimir Putin ha accettato di buon grado l’incontro con Guterres, nonostante – appunto – il non certo tenero approccio tenuto finora dal palazzo di Vetro verso Mosca. Non sarà che l’attore prestato alla destabilizzazione per conto terzi sia obbligato a disconoscere ex ante una possibile soluzione negoziale che Guterres ottenga da Mosca per sbloccare il caso Azovstal, poiché la sfilata di uomini e mezzi che ne uscirebbe sotto scorta dell’esercito russo svelerebbe al mondo un segreto capace di mandare in frantumi sessanta giorni di efficacissima narrativa resistenziale? 
Se avete notato, di colpo sono spariti a tempo di record dalla stampa con l’elmetto i forni crematori mobili e le farsesche ricostruzioni della missione russa a Bergamo durante la prima ondata di Covid. Resistono, anzi tendono a moltiplicarsi, le fosse comuni. Ma anche qui, si comincia timidamente a far balenare l’ipotesi che siano soltanto dei campi santi di massa improvvisati per la necessità di dare sepoltura a poveri corpi. E non luoghi-simbolo di massacri pre-ordinati e di massa. E, soprattutto, alla luce di quella poco piacevole comunicazione del Cremlino a palazzo Chigi, cominciano a diventare parecchie le voci che ritengono quantomeno strano ed eccessivo il tasso di servilismo italiano verso i desiderata statunitensi, non foss’altro alla luce dell’atteggiamento di altri governi europei, Germania e Francia in testa. Non a caso, sfruttando l’odierna riunione del Consiglio Nato a Rammstein, Roma si prepara a un terzo decreto interministeriale per nuovo invio di armamenti a Kiev. Questa volta pesanti, compresi gli obici. 
Nel frattempo, dall’acciaieria di Mariupol non deve uscire nemmeno una mosca. E non uscirà, se non dopo un accordo fra Mosca e Onu. La riprova che qualcosa non vada e che quelle mura rinforzate nascondano segreti inconfessabili? Se Zelensky proseguirà nel suo boicottaggio della mediazione di Guterres e respingerà la bozza che potrebbe uscire dal Cremlino, preferendo sacrificare soldati e civili piuttosto che permettere ai russi di mostrare al mondo il campionario umano e militare presente da giorni nella Azovstal, sarà palese. Quantomeno a chi non sia unicamente mosso dalla malafede. O da interesse, altrettanto inconfessabile e spacciato per amore della democrazia. 
Mauro Bottarelli, 26.04.2022, qui.

E ora scateniamoci con un bel paso doble

barbara

CHE COSA È SUCCESSO VERAMENTE A ODESSA

Vediamolo nel dettaglio


Cosa è successo ieri ad Odessa?

Missili russi ad Odessa sui rifornimenti giunti all’aeroporto di Shkolny

by Patrizio Ricci, 25 Aprile 2022, qui, con foto e video.

I media dicono che la Russia vuole prendersi tutta la fascia costiera, Odessa compresa. Questa deduzione è stata avanzata dopo che ieri 23 aprile, i missili russi hanno raggiunto la città. Oltre che depositi militari all’aeroporto, sono stati colpiti anche alcuni edifici residenziali. Le vittime civili sarebbero almeno 6.
Anche La Verità (la testata italiana più onesta), nella sua versione online dice: “Il Cremlino parrebbe intenzionato a mettere nel proprio «bottino di guerra» l’intero accesso al Mar Nero. Gli scontri proseguono in modo intenso in tutto il Donbass: 42 piccoli centri sarebbero già stati conquistati.”

Ma è davvero così? Cosa è successo davvero?

Nel pomeriggio, su Internet è circolata la notizia dell’arrivo di missili russi a Odessa. Zelensky, Gerashchenko, Arestovich hanno immediatamente affermato che la Russia ha attaccato edifici residenziali ucraini con i missili lanciati dai bombardieri strategici (probabilmente TU 22).
Immediatamente sono state diffuse nella rete fotografie di edifici residenziali, si vedono grattacieli, tra cui colonne di fumo. A proposito, sembra che agli ucraini sia stato vietato pubblicare i risultati degli attacchi missilistici delle forze aeree russe, ma la cosa non ha avuto successo: ugualmente con i telefonini a disposizione di tutti, ci sono un sacco di foto caricate sui social.
I missili ad alta precisione X-101 delle forze aerospaziali russe ieri pomeriggio hanno reso inservibile il terminal logistico dell’aeroporto militare di Shkolny vicino a Odessa, dove era immagazzinato un grande lotto di armi straniere ricevute dagli Stati Uniti e dai paesi europei, riferisce il ministero della Difesa russo.
Cinque missili hanno colpito il bersaglio e due sono stati abbattuti dalla difesa aerea ucraina. Gli ucraini hanno immediatamente pubblicato le foto sui social network.
Come vedete, qui un missile è prima stato colpito ed i frammenti sono caduti sugli edifici residenziali.
È assai poco probabile che gli obiettivi fossero gli edifici residenziali e non si tratta solo di carità, di cattiveria o rispetto del diritto internazionale: può sembrare cinico, ma in gergo militare si dice che questi obiettivi ‘non sono remunerativi’.
Ma non solo: se guardiano la mappa delle strutture militari che si trovano nei pressi del complesso residenziale di Tiras, nei pressi del quale è avvenuto l’attacco missilistico, possiamo vedere che l’aeroporto militare più vicino dista solo 6,5 chilometri. Perciò tali oggetti sono solitamente coperti da sistemi di difesa aerea: questo particolare rende la ricostruzione ancora più coerente.
Apparentemente, i missili antiaerei delle forze armate ucraine hanno intercettato uno dei missili, ma lo hanno mancato o colpito ed i frammenti sono caduti nelle vicinanze in un edificio residenziale, danneggiando una grande conduttura di gas (da cui il denso fumo nero verticale).
Come potete vedere in queste terribili immagini, a causa dell’onda d’urto, tutte le finestre dell’edificio sono andate in frantumi e parecchi piani sono crollati. Ma non c’è stata alcuna detonazione di munizioni e nessuna esplosione. C’è stato un arrivo di parti enormi di missile con i resti di carburante.
Era altamente prevedibile che il ministero della Difesa russo avrebbe cercato di distruggere carri armati, obici, lanciagranate, MANPADS, ecc. e le montagne di munizioni consegnate ad Odessa in attesa di essere distribuite alle unità d’assalto ucraine.
Quindi non si tratta di estensione del conflitto ma di contrasto ai rifornimenti nelle zone di operazioni. Di conseguenza, gli attacchi in profondità o gli ‘errori’ continueranno inevitabilmente.

Riassumendo:

La difesa antiaerea delle forze armate ucraine ha sparato su uno dei missili, ma lo hanno mancato o colpito, ma i frammenti sono caduti sugli edifici residenziali.
La dinamica assomiglia a quanto visto a Kiev dove oltre il 95% dei danni agli edifici residenziali di sono stati causati da missili colpiti (il sistema di controllo è difettoso, i timoni stessi, ecc.), o da un colpo di un sistema di difesa missilistica abbattuto (l’esplosione di un elemento del sistema di difesa missilistica ha costretto il lanciamissili a cambiare la traiettoria di volo).
Per evitare che si verifichi una situazione del genere, i sistemi di difesa aerea dovrebbero intercettare i missili prima del loro avvicinamento agli insediamenti.
Spero che al più presto tutte le parti si possano mettere seduti ad un tavolo e ragionino senza preclusioni, soprattutto nell’interesse della gente. Naturalmente, non depone a favore di un allentamento della tensione l’immagine di uno dei negoziatori ucciso dalla propria stessa parte perché ‘troppo morbido’. Allo stesso modo non  reputo intelligente una politica priva di una visione del mondo che si affida solo al linguaggio delle armi
VPNews

E state a sentire questa, che è carina da matti, soprattutto per i dettagli.

Australia: le basi non amiche ai propri confini sembra proprio diano fastidio a tutti…

È possibile fare una analogia con la richiesta di sicurezza russa alla Nato?

by Patrizio Ricci, 25 Aprile 2022

Qualche tempo fa è stata ufficialmente annunciata l’informazione che la Cina e le Isole Salomone intendono concludere un accordo di difesa che consentirà alla Marina cinese di avere base in questo Paese.
Ma oggi all’improvviso gli australiani e i loro media si sono adirati: “Nella nostra regione, alle nostre porte, non ci saranno basi navali cinesi”: la base cinese sull’isola è ‘una linea rossa‘ e mai Australia tollererà la presenza dei cinesi.
“Lavorando insieme ai nostri partner in Nuova Zelanda e, naturalmente, negli Stati Uniti, condivido la stessa linea rossa che hanno gli Stati Uniti quando si tratta di questi problemi”, ha affermato Morrison. “Non avremo basi navali militari cinesi nella nostra regione alle nostre porte”. (Abc News)
Dal lato loro, “gli Stati Uniti agiranno “di conseguenza” se la Cina installerà una base militare nelle Isole Salomone, nel Pacifico. Lo rende noto la Casa Bianca, dopo che una delegazione statunitense si è recata nel Paese del Pacifico per incontrare il primo ministro” (Afp)
Gli USA hanno minacciato “ripercussioni se la Cina dovesse stabilire una presenza militare permanente nella nazione del Pacifico in base al nuovo accordo”. (Bol News)
Ora sta il fatto che le Isole Salomone non si può dire che siano proprio vicinissime al continente Australiano: distano circa 2.000 km dall’Australia.
Tuttavia, il ministro della Difesa australiano Peter Dutton ha affermato che “la Cina non dovrebbe essere autorizzata a stabilire basi militari nelle Isole Salomone”.
Questo naturalmente confonde un po’: ci è stato recentemente detto con aria istruttiva che le richieste della Russia di non schierare basi NATO vicino ai confini russi sono infondate. Non si diceva che i paesi d’Europa hanno il diritto sovrano di decidere a quali alleanze militari aderire e quali basi militari ospitare?

In precedenza il governo ha anche affermato che l’accordo tra la Cina e le Isole Salomone è un’altra manifestazione del modello di comportamento della Cina con altri paesi, inclusa l’Africa. Al riguardo, il ministro ha menzionato “pagamenti a scopo di corruzione, ma non ha fornito prove delle sue accuse.
Nello stesso tempo, come già indicato, le strutture militari cinesi potrebbero apparire a 2000 km dall’Australia. Mentre la Nato dovrebbe apparire a poco più di 40 km dal confine ucraino a Belgorod.
Inoltre, c’è da considerare che Usa-Gb-Australia hanno da qualche mese siglato un Patto anti-Cina denominato Aukus, che vedrà Stati Uniti e Gran Bretagna fornire a Canberra la delicata tecnologia per i sottomarini nucleari, nonché opporsi in modo aggressivo nel Pacifico e mar Cinese.
Quindi alla luce di tutto questo, è così sconcertante che la Cina si muova consequenzialmente? E se sì, allora cosa c’è di così difficile da capire nella richiesta russa -fatta l’anno scorso- quando chiedeva garanzie di sicurezza e di non far entrare l’Ucraina nella Nato?
A meno che, dopotutto, anche nel caso della Russia sia la Cina nel mirino. Quindi è possibile organizzare una fustigazione esemplare della Russia attraverso la guerra con l’Ucraina. Sta di fatto che nel Pacifico la Cina è molto presente e non militarmente, ma soprattutto economicamente. In molte isole del Pacifico sono continui i colpi di stato a favore degli USA, ma nelle isole Salomone alla rivolta anticinese ne è seguita una filocinese.
Con questo non si giustifica certo la guerra, ho voluto solo stigmatizzare il bias cognitivo: la temperatura di ebollizione non bisogna crearla, perché la pace si costruisce ascoltando anche le ragioni dell’altra parte.
patrizioricci by @VPNews, qui.

Mattetuppenza! Esisterebbero dunque situazioni geopolitiche per cui uno non sarebbe libero di scegliersi le alleanze che vuole perché questo altererebbe gli equilibri strategici?! Ma guarda cosa si viene a scoprire. Mah. E a proposito di equilibri internazionali, da ascoltare questo

E vale la pena di ascoltare anche il giornalista e scrittore tedesco Thomas Richter che, dopo aver visitato Melitopol, racconta come MSM distorce i fatti e distorce la verità su Mariupol, Azov e la guerra in Ucraina.

E, a piena conferma di quanto affermato da Richter:

https://www.facebook.com/100078480849164/videos/1039440149993448

Ancora un prezioso video sull’addestramento militare dei bambini

http://momovedim.blogspot.com/2022/04/indottrinamento-allodio-e-addestramento.html

Ma è davvero tantissimo diverso da quanto avviene a Gaza? E oltre all’addestramento militare, dal terrorismo palestinese hanno mutuato anche l’odio come materia scolastica, insegnato nei libri di scuola.
E dopo tanta bruttura, godiamoci qualche minuto di bellezza.

barbara

DUE PAROLE SULL’ANPI

O forse un po’ più di due ma, come dice quella deliziosa storiella ebraica, chi sta a contare?

  • ANPI significa Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. PARTIGIANI. Non figli dei partigiani. Non eredi dei partigiani. Non amici dei partigiani. Non seguaci ideologici dei partigiani, no: Partigiani. Partigiani e basta. Ora, quanti saranno i partigiani ancora vivi? Mettendo in conto anche la più giovane staffetta, diciamo almeno tredici anni all’inizio del ’45, oggi ne ha 90. Se vogliamo considerare solo i combattenti, almeno un paio in più, dai 92-93 in su. E quanti di quelli ancora vivi sono in grado di partecipare alle manifestazioni? La concentrazione, mi sa, è più o meno pari a quella del principio attivo in un prodotto omeopatico. Quindi la domanda fondamentale è: che senso ha la persistenza dell’ANPI, e, a maggior ragione, la sua partecipazione a qualsivoglia manifestazione?
  • I partigiani sono “nati” durante la guerra per combattere (anche) gli occupanti tedeschi [poi ci sarebbe, volendo, quella fastidiosa faccenda delle stragi di partigiani monarchici, di partigiani cattolici, insomma di tutti quelli che non stavano combattendo per instaurare la dittatura del proletariato conquistando la rossa primavera dove sorge il sol dell’avvenir

 – che, per inciso, è questa la canzone dei partigiani, non Bella Ciao, che ha tutt’altra origine (canzone delle mondine), tutt’altra storia, e solo dopo la guerra è stata decretata honoris causa “canzone dei partigiani” – ma per il momento lasciamo stare. Fine della digressione]. A quel tempo erano “i partigiani”, non un’”Associazione partigiani”, la quale, già di per sé, non avrebbe avuto alcuna ragione di nascere: al massimo sarebbe potuta nascere una nostalgica “associazione ex partigiani”, più o meno come quelle degli “ex alunni della IIID, per riunirsi periodicamente a celebrare le antiche glorie e poi estinguersi una volta che gli ultimi superstiti fossero diventati troppo vecchi per partecipare. In realtà alcuni gruppi di partigiani (per la precisione quelli di cui alla digressione precedente) sono rimasti attivi per un certo periodo – vedi il famigerato “triangolo rosso dell’Emilia” (una nota importante anche nei commenti) e tutta la serie di vendette e regolamenti di conti personali – anche dopo la guerra, ma anche tutto questo è cessato dopo un deciso intervento di Togliatti. Da quel momento i partigiani hanno cessato di esistere, quindi un’associazione partigiani non sarebbe mai dovuta nascere, essendo cessata la funzione storica, militare, politica dei partigiani. Invece è nata, e sta continuando a esistere anche quando gli ex partigiani non ci sono più, e continua non solo a partecipare, ma anche a dettare legge, come per esempio imporre la presenza delle bandiere palestinesi, ossia di coloro che hanno combattuto dalla parte dei nazisti, vietare la presenza delle bandiere della Brigata Ebraica, ossia di coloro che hanno combattuto e sono morti per liberare l’Italia, e, immediatamente dopo l’11 settembre, raccomandare caldamente di non portare le bandiere americane perché sarebbero state sentite come una provocazione – le bandiere di quelli che hanno lasciato in Italia 32 mila tombe, e che dell’11 settembre erano stati unicamente vittime.

• Adesso stiamo assistendo a una commedia grottesca nella commedia grottesca: l’ANPI, quella cosa che non dovrebbe esistere e che, una volta venuta a esistere, dovrebbe però avere cessato da un pezzo di esistere, che nella guerra in corso, di cui la NATO è indiscutibilmente il primo responsabile, si è schierata dalla parte della Russia, dice che non si devono portare bandiere della NATO, e magari sarò io che con l’età sto cominciando ad avere qualche problema con la memoria ma mi chiedo, e chiedo a chi mi legge: ma quando mai alle cerimonie e alle parate del 25 aprile ci sono state le bandiere della NATO? E perché mai avrebbe dovuto partecipare un’istituzione che con la seconda guerra mondiale e la liberazione dell’Italia non ha avuto niente a che fare  per la buona ragione che è nata quattro anni dopo la fine della guerra? E a questo punto intervengono gli altri, quelli dall’altra parte della barricata da tutti i punti di vista, a dire: e perché le bandiere palestinesi sì? Ma care grandissime teste di calicantus del bengala, che razza di ragionamento sarebbe? Certo, non c’è da meravigliarsi che facciate il tifo per i nazisti, se questo è il vostro modo di ragionare? Cioè, siccome non siete capaci di far restare fuori delle bandiere che con la ricorrenza non hanno niente da spartire, pretendete di farci entrare delle bandiere che parimenti non hanno niente da spartire con la ricorrenza e che in più a nessuno è mai passato per la testa, in questi 77 anni, di far partecipare, solo perché il vostro nemico storico cazzone ha detto che non vuole che partecipino?! Io veramente non ho parole (sì, lo so, adesso state correndo a stappare la vostra migliore bottiglia per brindare al lieto evento).

Nel frattempo, in quel di Bologna:

Bologna, organizzano festa Liberazione: aggrediti, minacce da ucraini…

I pacifici ucraini della porta accanto. Bologna, festa per celebrare la Liberazione parla dei massacri in Donbass. Vengono aggrediti da ucraini

di Antonio Amorosi

Bologna, celebrano la Resistenza antifascista parlando del Donbass. Aggrediti da ucraini con simboli neonazisti

Per ricordare la Battaglia della Bolognina del 15 novembre 1944 , dove si trova una delle sedi storiche della sinistra italiana (chi non ricorda “la svolta della Bolognina” del 1989), evento simbolico in cui persero la vita una decina di partigiani uccisi da nazisti tedeschi “Oltre il Ponte”, associazione di sinistra, organizza un festival antifascista a Bologna il 23 aprile scorso. Una giornata di festa popolare per aspettare la Liberazione che gli organizzatori arricchiscono con incontri, musica, dibattiti, stand gastronomici, bancarelle in tutta l’area della zona Bolognina.
Alla festa è presente un banchetto di un gruppo “Comitato Ucraina Antifascista” che fa informazione su quanto stia accadendo nelle zone di guerra o almeno dà la sua legittima versione di cosa stia accadendo in quei territori. Il Comitato ha partecipato anche alle altre edizioni della festa per sensibilizzare sui massacri in Donbass, ma allora quasi a nessuno fregava niente di cosa stesse accadendo in Ucraina e quindi il loro lavoro restava pressoché nell’anonimato. Sul banchetto capeggia la bandiera della Repubblica di Lugansk. Sono circa le 19.00 e un giovane ucraino, passante di lì, comincia a discutere animatamente con una delle organizzatrici. La situazione degenera in fretta, fino a che la donna è costretta a chiudere lo stand del Comitato per evitare il peggio. Il ragazzo viene allontanato dagli organizzatori ma passa alle telefonate.
Dopo poco piombano alla festa una ventina ucraini che parlano perfettamente italiano. Vero o falso che sia, due di loro con abbigliamento da motociclisti, si dicono esponenti di Pravyj Sektor, organizzazione paramilitare ucraina di estrema destra. A loro si aggiunge un terzo che si presenta con i simboli del Battaglione Azov, associato ai neonazisti. C’è tra i presenti anche chi dice di ispirarsi al collaborazionista dei nazisti tedeschi Stepan Andrijovič Bandera. L’alterco rischia di degenerare in qualcosa di più grave. Alla fine, dopo oltre un’ora di urla, aggressività, insulti, minacce e provocazioni i gestori della festa allontano gli ucraini, evitando una degenerazione dello scontro verbale.
L’evento sembra aver colto di sorpresa i partecipanti. In rete, negli ambienti della sinistra bolognese se ne discute: “Tutto questo è successo a Bologna nel 2022 in una festa il cui intento era celebrare la Resistenza antifascista in vista del 25 aprile. Cioè… avete capito?”, si chiede Giuseppe che racconta di essere stato testimone oculare dell’accaduto, “nazifascisti che entrano di prepotenza per dettare le regole ad una celebrazione per la Liberazione contro il nazifascismo. C’è bisogno di dire altro?”.
E poi commenta: “Mi ha colpito l’arroganza con cui si mostravano padroni in un contesto che non era il loro ed anche quel mix di vittimismo e violenza che istituzioni e media mainstream stanno avallando”. Un quadro non proprio rassicurante.
“Se quello che è accaduto ieri sera in Bolognina fosse successo anche solo pochi anni fa”, si chiede Daniele, “sono certa che tutti lo avrebbero considerato come qualcosa di assolutamente inaccettabile ed inaudito. Oggi invece forse la reazione non è esattamente la stessa e su questo ci si dovrebbe interrogare”.
Tra gli altri si interroga l’attore e attivista Riccardo Paccosi, preoccupato dell’acritica versione dei fatti ucraini avallati dai media e partiti italiani e del possibile trasferimento sul nostro territorio della “logica di conflitto” in stile ucraino, fondata sulla violenza. Paccosi: “La storia ci ha insegnato che lo squadrismo diviene forza inarrestabile quando ha l’appoggio dei poteri economici e quando lo si sottovaluta all’inizio”.
C’è chi in rete racconta di altre aggressioni avvenute in Italia, principalmente ai danni di cittadini russi, chi si chiede come possa accadere un fatto del genere nell’indifferenza generale e chi, come Anna, pone un interrogativo sulla superficialità di far passare per martiri dei sedicenti neonazisti: “E cosa vedremo dopo aver sdoganato e fatti passare per eroi quelli del battaglione Azov?”. (Qui)

Nel frattempo al di là dell’Atlantico, a pochi giorni dall’episodio precedente

Nel frattempo in Ucraina il dittatore nazista sedicente ebreo… (mi raccomando: leggete bene il testo del discorso. E, oltre a tutto il resto, mi chiedo: ma come ha fatto a fare l’attore con una voce così schifosa, così monocorde e mal impostata, così inespressiva?)

Nel frattempo in Russia (prevedibilmente e comprensibilmente – per non dire giustamente)

Rosalba Diana

L’ambasciatore russo Serghey Razov, da grande professionista della diplomazia – altro che quel venditore ambulante di Di Maio – spiega pacatamente ai giornalisti come le 450 imprese italiane che attualmente lavorano in Russia verranno a breve sostituite da imprese di altri paesi. Naturalmente imprese, impiegati e operai al loro rientro in Italia potranno sempre fare domanda per il reddito di cittadinanza….
Dalla pagina di Alberto G.

Nel frattempo nel mio blog

barbara

DALLA PARTE DEI NAZISTI

Che a quelli svegli – quelli che non si bevono la propaganda russa, quelli che per i russi invocano “la soluzione finale”, esattamente come gli arabi e i nazisti per gli ebrei, quelli per cui “la Russia è il più grande pericolo per la pace mondiale”, esattamente come Israele per gli arabi e i nazisti – piacciono da morire.
Qualche giorno fa ho letto di un soldato ucraino dell’acciaieria assediata torturato e giustiziato perché aveva detto di volersi arrendere. Adesso ne abbiamo le prove: prove, non “propaganda russa”, bensì il video in cui si sono ripresi durante lo spettacolo, esattamente come certi teppistelli si fanno riprendere mentre seviziano o stuprano qualche handicappato (non si preoccupino gli stomaci delicati: del video viene qui riprodotto solo un frammento non relativo alle torture)

Choc in Ucraina: il battaglione Azov giustizia un soldato “amico”?

Immagini strazianti, quelle riportate nelle foto e nei video che arrivano da fonti separatiste russe, precisamente da Troika, gruppo di esperti di approfondite ricerche sui crimini commessi dai nazionalisti ucraini. Immagini figlie della guerra dove – da sempre e per sempre – i buoni non sono sempre buoni e i cattivi non sono sempre cattivi.
La notizia è quella della morte, dopo varie torture, di un combattente dell’esercito ucraino per mano – come riferisce il canale sopracitato – di uno dei noti ufficiali del battaglione Azov, David Georgievic, che adesso si trova ancora nell’acciaieria Azovstal. “Il tatuaggio sul dito che è apparso per un secondo ci ha detto tutto sulla persona: questo è il nostro vecchio amico Kasatkin David Georgievich, 96gr, istruzione secondaria, presta servizio a contratto ad Azov, vive a Mariupol. Durante l’inizio dell’operazione, David sparò al colonnello delle forze armate ucraine impegnato nella difesa della costa. E dopo ha lavorato sui prigionieri. Al momento, siede come un topo in Azovstal e sta aspettando lo “sblocco””, questo il testo che Troika ha deciso di divulgare.
Stando sempre alle fonti separatiste il video è stato trovato sul telefono all’interno dei pantaloni di un combattente Azov caduto – a dimostrazione che chi filmava, e quindi interrogava, il soldato ucraino era del battaglione – dopo che i nazionalisti hanno cercato di uscire dalla zona industriale di Ilicic a nord dell’acciaieria, dove erano presenti insieme all’esercito ucraino.

Prima interrogato, poi torturato e infine giustiziato: questa sembrerebbe la drammatica sequenza. L’uomo è stato infatti ritrovato cadavere in un bidone della spazzatura intorno al complesso industriale. Come mostrano le foto, e come spiega Troika, il soldato ucraino è ancora con le manette ai polsi, ha ancora stessa giacca, gli stessi pantaloni, la solita barba e gli stessi baffi di quando, poco prima, veniva interrogato e lasciato fumare – probabilmente – l’ultima sigaretta.
Il nome del responsabile è stato rivelato proprio dal canale Troika che, attraverso la comparazione del tatuaggio sul dito di chi fa l’interrogatorio – come si vede nel video – e ad altri contatti stretti degli esperti che lavorano mediante accurate indagini al fine di scoprire questi tipi di crimini, hanno confermato che la morte del soldato ucraino è da imputare all’Azov.
Il motivo dell’uccisione e ancor prima dell’interrogatorio, secondo i prigionieri che erano insieme al soldato ucciso, ricadrebbe sul fatto che voleva arrendersi.
Il fatto in sé, in un clima di guerra purtroppo è all’ordine del giorno, e – anche se brutale da dire – non ci sorprende. Ogni giorno sotto le bombe delle guerre di tutto il mondo muoiono migliaia di persone. La brutalità di questa morte però, in questo specifico conflitto, dove i confini e le convinzioni sono sempre apparse – almeno in Occidente – molto nette e inequivocabili, può sicuramente portarci alla riflessione che il conflitto russo-ucraino non è una partita tra pecore e leoni, e non rappresenta una precisa divisione tra vittime e carnefici. È un conflitto duro, troppo vicino a noi probabilmente per renderci conto davvero, ma resta una lotta alla sopravvivenza fatta di orrore, strategia, disumanità.
Parole e fatti orribili che, come questa tragica parentesi ci dimostra, avvengono da entrambi le fazioni: anche gli ucraini uccidono gli ucraini. Questo non significa né giustificare un’invasione, né sminuire le morti per mano dei russi, né dimenticare i bambini costretti a fuggire dall’ira delle esplosioni. Significa però provare ad avere una visione neutra del conflitto o, quantomeno, condannare ad “armi pari” i crimini di guerra che – come è normale che sia – vengono effettuati da entrambe le parti.
La brutalità di questo nazionalista Azov che ha condotto alla morte di un suo compaesano ci fa capire che in guerra vale tutto e che i preconcetti confezionati come cioccolatini sono solo un’altra estrema e pericolosa fonte di caos. Contano i fatti e oggi il fatto è questo, anche se a molti probabilmente non piacerà.
Bianca Leonardi, 22 aprile 2022, qui.

Non è invece per stomaci delicati il lavoro di bassa macelleria dei nazisti ucraini documentato in quest’altro video – io sono riuscita a reggere un minuto e mezzo scarso, vedete un po’ voi se ve la sentite.

In questo vediamo gli abitanti di Mariupol e il loro incontro con gli uomini di Kadyrov, il comandante delle truppe cecene a sostegno della Russia in Ucraina che li hanno liberati

E qui la vita che timidamente prova a riprendere a Mariupol, ormai quasi completamente liberata

Come tante volte ripetuto, la verità è un animale ostinato, e per quanto si insista a nasconderla, a negarla, a capovolgerla, prima o poi riesce sempre (quasi) a mettere fuori il naso.

Fabio Mini – “Bombe di verità”: così gli Usa hanno messo le mani sull’Ucraina

di Fabio Mini – Fatto Quotidiano, 17 aprile 2022

Un paio di settimane fa, in un’apparizione su una televisione statunitense, la celebre giornalista Lara Logan (una che sicuramente non ha paura) ha lanciato tante e tali “bombe di verità” su uno spaesato pubblico da costringere i conduttori della trasmissione a implorare (sui telefoni interni) l’interruzione pubblicitaria. Le bombe in realtà erano cose che i cosiddetti complottisti dicono da tempo a tutto il mondo, salvo agli americani evidentemente.
A prescindere dalla retorica putiniana, speculare a quella antiputiniana, ciò che meraviglia è la reazione del pubblico: un tripudio di complimenti per le verità taciute, un paio di obiezioni, molti attestati di ammirazione per il coraggio e altrettante preghiere di chi teme per la sua vita.
Anche nella terra della libertà di espressione, se dici qualcosa che infastidisce il potere sei morto. La filippica della Logan è qualcosa di più: è una chiara chiamata in correità della leadership Usa in ciò che sta accadendo in Ucraina. Lì la retorica dei buoni e dei cattivi è saltata, com’era saltata sul Vietnam, l’Iraq, l’Afghanistan, ma per gli americani ormai assuefatti all’idea di essere i buoni, è sempre una “scoperta” salutare ma traumatica.
Cercare le tracce del coinvolgimento diretto degli Stati Uniti in questa guerra che viene presentata come una questioncina tra Russia e Ucraina e al massimo tra Ue o Nato e Russia è meno difficile di quanto possa sembrare.
Gli Usa sono in Ucraina dal 1991 e non se ne sono mai andati. All’atto della disintegrazione dell’Urss, l’Ucraina si trovò con il terzo più potente arsenale nucleare al mondo, dopo Stati Uniti e Russia. Ben 176 missili intercontinentali con 1240 testate nucleari.
Diverse dozzine di bombardieri nucleari strategici con 600 missili e bombe a gravità e 3000 ordigni nucleari tattici. Stati Uniti e Russia concordarono una riduzione degli armamenti nucleari e nell’idea che l’Ucraina sarebbe stata comunque nella sfera d’influenza della Russia, decisero di eliminare tutti gli armamenti nucleari esistenti in Ucraina.
Dal 1992 l’Ucraina sfruttò la sensibilità occidentale alla questione nucleare e fino al 1994 l’Ucraina continuò a temporeggiare e mercanteggiare sulla propria adesione al trattato di non-proliferazione e sulla ratifica degli Start. Lo smantellamento di ogni silo missilistico costava 1 milione di dollari (di allora) e gli Stati Uniti stanziarono 399,2 milioni per pagare la Bechtel Corp. che prese l’appalto dei lavori.
La denuclearizzazione si completò, almeno sulla carta, nel ’96, ma solo nel 2000 i bombardieri strategici furono ceduti alla Russia in cambio dell’abbuono dei debiti accumulati con le forniture di gas. L’Ucraina ha ereditato circa il 30% dell’industria militare sovietica, che comprendeva il 50-60% di tutte le imprese ucraine, impiegando il 40% della sua popolazione attiva. L’esercito ucraino commerciava armi convenzionali e firmava contratti con imprese commerciali. I primi contratti sulle consegne di armi all’Iran, firmati a metà ’92, causarono una reazione negativa in Occidente (specie negli Usa). Da allora l’Ucraina non ha cessato di produrre armamenti e di cederli anche sul mercato nero a vari Paesi, sempre sotto l’occhio vigile di Usa, Russia e relativi trafficanti e oligarchi.
A partire dalla Rivoluzione arancione del 2004, gli Stati Uniti intervengono in Ucraina per destabilizzarne i rapporti con la Russia. I vari tentativi si concretizzano dieci anni dopo con gli incidenti di Maidan. L’ingerenza è plateale ed è la telefonata di Victoria Nuland – che “l’Ue si fotta!” – a rivelare che non si tratta di semplice monitoraggio degli eventi, ma di regia politica e operativa. Dal 2014 al ’22, con sanzioni e interventi di assistenza militare Usa e Nato, viene ristrutturato l’esercito, vengono armate e addestrate le milizie paramilitari e installati laboratori di ricerca biologica a cura di compagnie statunitensi. In un tentativo grottesco di spacciare per fake news la questione dei laboratori, il Vox Check Team scrive: “Biolaboratori segreti americani in Ucraina? Un mito della propaganda russa. Non ci sono prove che ci siano… Tuttavia c’è una cooperazione tra istituzioni ucraine e americane. Dal 2005 gli Stati Uniti hanno aiutato a modernizzare i laboratori ucraini, a condurre ricerche e a migliorare la cultura della sicurezza per prevenire focolai di pericolose malattie infettive attraverso il programma di riduzione della minaccia biologica. Durante l’intero periodo di cooperazione, gli Stati Uniti hanno investito circa 200 milioni di dollari per lo sviluppo di 46 laboratori e istituzioni mediche in Ucraina. Queste istituzioni non sono coinvolte nello sviluppo di armi chimiche o biologiche”.
E infatti, siccome la mutua ucraina non tratta vaccini ma elementi patogeni ad alto rischio, l’11 marzo (fonte Reuters) l’Organizzazione mondiale della sanità ha consigliato all’Ucraina di distruggere tali agenti ospitati nei laboratori di sanità pubblica del paese per prevenire “qualsiasi potenziale fuoriuscita” che diffonderebbe malattie tra la popolazione.
Ma la questione è che “al contrario, gli Stati Uniti hanno avviato un programma per prevenire lo sviluppo di tali armi. L’Unione Sovietica aveva il suo programma di armi biologiche. Dopo il crollo, i materiali biologici pericolosi sono rimasti sul territorio dell’Ucraina. Il programma degli Stati Uniti mira a garantire che questi materiali non vengano rubati o utilizzati per scopi non di ricerca. Fino al 2014, il programma si estendeva anche ai laboratori russi”.
Questi materiali lasciati dall’Urss sollevano però l’interrogativo degli altri materiali sovietici in Ucraina. L’Urss aveva uno stock di quasi 40mila tonnellate di agenti chimici nervini, vescicanti e soffocanti. Secondo alcuni rapporti, la scorta totale superava le 50mila tonnellate, con un’ulteriore scorta di 32.300 tonnellate di agenti al fosforo. Quante di queste scorte sono rimaste in Ucraina?
Ufficialmente nessuna, ma se sono rimaste le armi biologiche perché non lasciare anche quelle chimiche di cui dispongono ancora Russia e Usa?
Le tracce degli Stati Uniti in Ucraina sono anche qui, se non altro perché sanno esattamente dove sono finite. Se poi si dovesse misurare il coinvolgimento statunitense dal numero di soldati Usa presenti sul territorio, ci si può limitare a contare i cosiddetti volontari tra i foreign fighter e i contractor . Il presidente Zelensky ha parlato di circa 20mila volontari da ogni parte del mondo (Usa compresi).
La “legione internazionale” è stata incorporata nelle forze di difesa dell’Ucraina, così da non cadere nel vuoto giuridico sullo status di mercenari. In effetti molti di essi sono pagati con i fondi elargiti da Usa ed Europa oltre che da “privati”. Il comandante della Legione Georgiana Mamulashvili conduce reclutamento e addestramento di battaglioni formati da professioni, in maggioranza statunitensi e britannici, fin dall’aprile 2014. E anche ha personalmente condotto i suoi battaglioni contro i russi all’aeroporto di Hostomel, nella regione di Kiev. Se poi si vuole esaminare il ruolo statunitense nella questione ucraina a pochi passi dal confine si può dedurre che la “difesa” Nato è poco difensiva e molto provocatoria. Il Pentagono ha riposizionato le sue truppe prima dell’invasione russa. I 160 uomini della Guardia nazionale della Florida (istruttori) sono stati ritirati dall’Ucraina. Dei circa 40mila soldati Usa presenti in Germania, alcune migliaia sono stati schierati nei Paesi Nato confinanti. La Nato ha schierato 5mila uomini fin dal 2014 nei Paesi baltici e gli Usa ne hanno inviati altri 5mila in Germania.
Anche la presenza Usa nella cyberguerra è di lunga data. L’ultimo attacco russo alla rete ucraina di controllo dell’energia elettrica (8 aprile) è stato miracolosamente evitato grazie a Microsoft e alla slovacca Eset. Il collettivo Anonymous ha più volte attaccato la Russia e si è schierata totalmente con l’Ucraina. La provenienza dei membri transitori del collettivo è la più varia e offre varie possibilità ad agenti di cyberwar di mascherarsi dietro quel brand. La stessa opportunità è offerta a siti anti-russi come RURansom Wiper e decine di altre piattaforme formali e informali. Le grandi aziende Usa sono tutte presenti in Ucraina e boicottano e censurano qualsiasi comunicazione “non gradita”. Sono attività collaterali, ma importanti.
Tuttavia il coinvolgimento più significativo è quello che sta con e dietro l’invio di fondi e armi. Il presidente Biden ha portato a 1 miliardo di dollari il contributo Usa in una settimana e a 2 miliardi dall’inizio del suo mandato. Le nuove armi inviate includono i missili Stinger (800), Javelin (2mila), sistemi anticarro (6mila). La cessione all’Ucraina di veicoli corazzati, tecnologia e droni da parte di altri Paesi è stata autorizzata. Molti di tali sistemi hanno bisogno anche dei relativi operatori e questi sono normalmente forniti tramite le compagnie militari private che continuano a reclutare personale specializzato.
Con tutto questo, soltanto un Paese volutamente lasciato nell’ignoranza può ancora pensare di non essere coinvolto e di poter trascorrere una serena Pasqua. (Qui)

E adesso la pubblicità

E per finire, naturalmente

barbara

QUALCUNO POTREBBE CORTESEMENTE TRADURMELO IN ITALIANO?

Perché questa lingua non la so, e non la trovo su google translate. Grazie.

Con la fine dello Stato di Emergenza covid, dal primo maggio 2022 non sarà più obbligatorio il Green Pass, indipendentemente dall’età, e cambiano anche le regole, come confermato dal Corriere della Sera, per l’accesso ai luoghi di lavoro.
Per aprile, lo ricordiamo, l’accesso ai luoghi di lavoro è consentito a tutti con Green Pass base (anche da tampone negativo), da maggio invece il Green Pass viene eliminato per tutti con l’unica eccezione delle categorie professionali con obbligo vaccinale (come ad esempio i sanitari) e per gli over 50 che comunque hanno l’obbligo di vaccinarsi o completare le vaccinazioni entro il 15 giugno 2022.
Attenzione però: per gli over 50 rimane l’obbligo di vaccinarsi fino al 15 giugno 2022. È prevista la multa di 100 euro per gli over 50 che non si vaccinano. Una persona con più di 50 anni che abbia effettuato solo la prima dose del ciclo vaccinale dopo il primo febbraio 2022, può dunque essere multata. Tuttavia, in considerazione del fatto che il Green Pass non sarà più richiesto per andare in ufficio o in fabbrica, il datore di lavoro dal 1 maggio non effettuerà più controlli in questo senso.
Informiamo inoltre che, come da indicazione del Ministero della Salute (Circolare 8 aprile 2022), la quarta dose (seconda dose booster) del vaccino contro il Coronavirus è disponibile per: anziani over 80, anziani residenti nelle RSA, soggetti fragili over 60 (con gravi patologie concomitanti/preesistenti) e disabili gravi.

Ho grosse difficoltà anche con quest’altra cosa, che ho trovato in due versioni.

Siamo pronti a togliere le mascherine, anche al chiuso, a partire dal 1° maggio? E’ attorno a questo interrogativo che ruota il ragionamento del Governo.
Dal 1° maggio infatti, come previsto nell’ultimo decreto Covid, scatterebbe lo stop all’obbligo di mascherine al chiuso: e dunque, via le mascherine nei supermercati, nei centri commerciali, nei negozi e così via, con l’eccezione sicuramente delle scuole, dove studenti e docenti dovrebbero continuare a portarle fino a fine anno. Tuttavia, a causa della risalita dei contagi e dell’arrivo di nuove varianti ancora poco conosciute, come Xe, l’atteggiamento di Palazzo Chigi è cauto.
Per questo, sulle mascherine al chiuso, nei prossimi giorni ci si incontrerà ancora e verrà presa una decisione, come confermato da Repubblica.“Credo che la direzione sia quella che si passi a una raccomandazione, perché sono convinto che in questi due anni gli italiani abbiano preso una consapevolezza diversa, come per le mascherine all’aperto, e vedo cittadini che le indossano ancora”. Al posto di una nuova proroga dell’obbligo, quindi, l’Esecutivo potrebbe optare per una “raccomandazione”, fa sapere il sottosegretario alla Salute Andrea Costa
Diverso invece il capitolo trasporti. Per Costa “una riflessione che invece si può fare è mantenere ancora l’uso della mascherina per i mezzi di trasporto. Questa è la posizione che sostengo io e mi auguro che si possa arrivare a questa sintesi”. Molto probabile, quindi, che per prendere mezzi pubblici, bus, tram, metro, treni e aerei si continui ad indossarle obbligatoriamente.
Oltre ai trasporti, il Governo sta ragionando sulla possibilità di mantenere le mascherine obbligatorie anche nei cinema. Per mezzi e cinema però si potrebbe passare dalla mascherina FFP2 alla chirurgica. Dovrebbe quasi sicuramente proseguire anche l’obbligo, almeno fino a giugno, di mascherine chirurgiche anche negli uffici e in generale in tutti i luoghi di lavoro.

Mascherine, dove rimangono obbligatorie dopo il 1 maggio

di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini

La scelta definitiva sarà fatta dalla cabina di regia del governo, ma l’orientamento è quello di mantenerla (al chiuso) ancora per alcune settimane
Mezzi di trasporto, cinema e teatri, palazzetti dello sport: sono questi i luoghi dove si certamente si continuerà a indossare la mascherina anche dopo l’1 maggio. È ancora presto, secondo gli esperti, per riporre nel cassetto il dispositivo di protezione che da tempo è il simbolo della pandemia. Il governo si riunirà la prossima settimana per decidere il da farsi, ma la direzione di marcia è quella della cautela, per la quale si sta battendo il ministro della Salute Roberto Speranza, in asse con Dario Franceschini.
La cabina di regia e il decreto
Subito dopo il ponte del 25 aprile il premier Mario Draghi convocherà la cabina di regia e poi il consiglio dei ministri per varare un nuovo decreto, che conterrà le date di uscita dalle ultime regole in vigore. «Le mascherine sono e restano un presidio molto importante», ribadisce il responsabile della Salute. E persino un aperturista come il sottosegretario Andrea Costa Riconosce che il governo dovrà valutare se mantenere la protezione per naso e bocca sui mezzi del trasporto pubblico dove «ci può essere una concentrazione di persone e può essere prudente mantenere le mascherine».
Trasporto
Sui mezzi del trasporto pubblico come bus, metropolitane e tram resterà la FFP2 e lo stesso orientamento potrebbe prevalere per aerei, treni e navi.
Cinema e teatri
Il ministro della cultura Dario Franceschini è convinto che le persone che vanno al cinema o al teatro «si sentono più sicure se tutti gli spettatori vicino a loro tengono la mascherina» e spingerà per mantenere cautela ancora per tutta la primavera. D’altronde il numero di contagi è ancora elevato anche il tasso di positività obbliga il governo a mantenere la massima attenzione. Resta da valutare se per cinema teatri sale da concerto e discoteche basterà la mascherina chirurgica o sarà ancora richiesta la FFP2.
Ristoranti e bar
Nel settore della ristorazione dovrebbe prevalere la scelta di rispettare il calendario previsto e togliere l’obbligo di mascherina al chiuso già dal 1 maggio, anche per favorire il turismo e la ripresa economica del settore.
Stadi e palazzetti
Negli stadi via la mascherina visto che si sta all’aperto, l’orientamento del governo è invece di mantenerla nei palazzetti dello sport.
I luoghi di lavoro
La scelta definitiva non è stata ancora fatta ma il governo è orientato a non rimuovere fino a giugno l’obbligo di mascherine al chiuso nei luoghi di lavoro e negli uffici pubblici dove più intenso è il contatto con i cittadini e dove non è possibile mantenere il distanziamento tra le persone. L’idea prevalente è che dovrebbe bastare la chirurgica. Per i luoghi di lavoro privati la decisione, dal primo maggio in poi, spetterà alle aziende.

Ma è solo a me che viene un attacco di diarrea quando sento l’espressione “cabina di regia”? Quanto a tutto il resto, cosa dite, se chiedo a Putin di prestarmi un momentino un paio di bombe atomiche, dite che me le dà?

E, a proposito, per non perdere le buone abitudini, vi regalo questo

e questo

e questo

(lei, per inciso, è la moglie del portavoce di Putin)

barbara

QUANDO GLI OSTAGGI POSSONO PARLARE

Dai sottotitoli mancano le ultime due battute:
“Sei pronto a vivere sotto il governo russo?”
“Certamente!” [Sicuramente qualcuno dirà: ma tu sei pazzo! Evidentemente il qualcuno in questione non ha provato a vivere sotto quello ucraino]

Un po’ di promemoria: chi capisce il francese lo guardi, chi non lo sa lo impari.

Qui un’imboscata agli aiuti umanitari – sempre dai naziucraini, naturalmente – (e chissà se i filonazi di casa nostra avranno pietà almeno dei cani uccisi a sangue freddo, visto che degli umani si occupano solo quando vengono – non importa se a ragione o a torto – addebitati alla Russia.)

Qualcosa da leggere, che tenersi in esercizio fa sempre bene, per non rischiare di diventare analfabeti di ritorno.

“Persone negli scantinati e postazioni di tiro nell’edificio”: Crimini di guerra dell’esercito ucraino a Mariupol

Un gruppo specializzato di pubblici ministeri ed esperti è arrivato nella città di Mariupol per registrare e indagare sui crimini di guerra commessi dall’esercito ucraino. Come parte del loro lavoro, analizzano i fatti per scoprire in dettaglio cosa è successo esattamente.
Durante la revisione di un’area della città, da parte di specialisti del ramo militare del Comitato investigativo russo e dei loro colleghi della Repubblica popolare di Donetsk, sono state trovate prove di crimini commessi dall’esercito ucraino contro la popolazione. Decine di corpi sono stati trovati, mentre l’ospedale numero 4 è stato trasformato in un cimitero civile.
Hanno messo le persone negli scantinati, poi hanno sistemato le loro postazioni di tiro nell’edificio, sopra di esso, e quando se ne sono andati, le hanno fatte saltare in aria. Di conseguenza, coloro che erano nelle cantine sono rimasti sepolti vivi.
“Ci sono morti, pare siano dell’obitorio, ma c’è qualcuno che mostra segni di morte violenta. Molti corpi con ferite da arma da fuoco sono vestiti con abiti civili, né medici né mimetici. Cioè, erano civili che lavoravano nell’ospedale posto o si è rifugiato qui”, ha affermato Ruslan Yakubov del Centro congiunto per il controllo e il coordinamento.
Da parte sua, lo ha affermato un soldato russo che nelle scorse settimane ha combattuto nella zona, prima dell’arrivo delle Forze armate della Russia, le truppe ucraine controllavano l’area. “La loro postazione di tiro è stata abbattuta da qui, è lì che siamo entrati per la ricognizione e questi cadaveri erano già lì, vuol dire che li hanno gettati in questi fossi. Quindi… se i nostri hanno visto un cratere lasciato da un razzo, loro hanno avvicinato i cadaveri a quello che era vicino, cioè erano già lì quando abbiamo occupato l’ospedale”, ha dichiarato.

“Ci sono molte cantine con cadaveri”
L’uso di civili come ostaggi o scudi umani era, ed è tuttora, molto comune per le truppe ucraine, ma l’elenco delle barbarie è piuttosto lungo.
Yakubov ha osservato che “nella stessa Mariupol ci sono molte cantine con cadaveri”. “Hanno messo le persone negli scantinati, poi hanno sistemato le loro postazioni di fuoco nell’edificio, in cima, quando se ne sono andati, le hanno fatte saltare in aria. Di conseguenza, quelli negli scantinati sono stati sepolti vivi “, ha detto, definendo questo comportamento “spaventoso” e disumano.

Hanno installato i loro mortai e fatto esplodere tutte le case, ci hanno distrutto
A loro volta, gli abitanti di un quartiere hanno indicato che i membri del battaglione Azov hanno terrorizzato le persone per molto tempo. “Hanno installato i loro mortai e hanno distrutto tutte le case, hanno distrutto noi”, ha racontato una donna.
Sfortunatamente, ci sono numerosi casi di aggressione da parte dell’esercito ucraino contro il suo stesso popolo. Ad esempio, i pubblici ministeri russi hanno già aperto un procedimento penale contro i soldati della 36a Brigata, i cui comandanti hanno ordinato l’apertura del fuoco sulle infrastrutture civili e sulla popolazione per seminare il panico. (Qui)

E non mi si venga a dire che i ricercatori russi non possono essere credibili perché sono di parte: anche per Katyn i primi ricercatori erano di parte, ma i loro risultati erano esatti.
Questo qui invece, a differenza di quello del primo video, non parlerà più.

Raccontava i massacri in Donbass da anni. Blogger assassinato in Ucraina

Valery Kuleshov, blogger, è stato ucciso stamattina colpito da una raffica sparata a distanza ravvicinata mentre si trovava nella sua auto, parcheggiata accanto al suo condominio a Kherson.
Impegnato da anni nel raccontare la vita quotidiana dei civili durante il conflitto del Donbass prima e della guerra poi è stato vittima di un’esecuzione in piena regola.
Come appare chiaro, quindi, tutta la storiella degli ucraini “brava gente” che non ammazzano altri ucraini è semplicemente una balla. Ma siccome la tv racconterà un’altra storia, questa semplicemente non sarà mai esistita.

E probabilmente neanche quest’altro.

Scomparso Gonzalo Lira, il cileno che criticava duramente Zelensky

lo scrittore e analista Gonzalo Lira è un imprenditore cileno che dopo l’invasione russa è rimasto in Ucraina ed ha riferito via social da diverse città dell’Ucraina (Kiev e poi Kharkhiv) giudicando gli eventi secondo una prospettiva filo-russa, criticando il governo di Kiev.
Ora Gonzalo Lira dopo aver pubblicato a lungo sui suoi account telegram e altri social giornalmente, improvvisamente non si è presentato per un’intervista programmata con lo scrittore e politico britannico George Galloway . Molti media sono preoccupati per questa assenza improvvisa e temono un suo rapimento reclusione (ed anche peggio) da parte dei servizi di sicurezza ucraini .
Il giornalista cileno in Ucraina ha lasciato un tweet chiave e poi è scomparso.
Dopo l’invasione dell’Ucraina, la Russia è stata accusata di ripetute violazioni dei diritti umani sul territorio ucraino. In verità il giornalista Rangeloni ha pubblicato testimonianze e documenti di video di altrettante violazioni dalla parte ucraina. Su queste violazioni si è in attesa di investigazioni indipendenti.
Tuttavia, si parla poco delle azioni del Servizio di sicurezza dell’Ucraina, un’organizzazione legata all’arresto e alla scomparsa di giornalisti e oppositori del governo Zelensky. L’artista e giornalista Yan Taksyur (malato terminale di cancro) è solo uno dei nomi che compongono la lista.
Il giornalista cileno, Gonzalo Lira, è stato in Ucraina a seguire il conflitto tra Cremlino e kiev e dal 15 aprile non pubblica nulla sul suo account sul social network Twitter.
Prima della sua scomparsa, ha lasciato un messaggio sul suo account con alcuni nomi in codice.
“Vuoi sapere la verità sul regime di Zelensky? Cerca su Google questi nomi: Vlodimir Struk; Denis Kirev; Mikhail e Aleksander Kononovich; Nestor Shufrych; Yan Taksyur; Dmitry Djangirov; Elena erezhnaya. Se non hai mie notizie nel 12 ore o più, metti il ​​mio nome in questa lista”, ha scritto sul social network.
Il giornalista ha pubblicato una pubblicazione il 26 marzo. Successivamente ha pubblicato altri tweet, tuttavia il 15 aprile è l’ultima data della sua apparizione sulle reti.
In questo audio di tre minuti registrato il 21 marzo , Gonzalo Lira dice che se mai dovesse scomparire, la colpa è di The Daily Beast. Gonzalo accusa il Daily Best di aver incitato i servizi ucraini nei suoi confronti. È da notare che anche altri giornalisti attualmente nel Donbass per seguire le drammatiche vicende ucraine sono inseriti in liste di proscrizione, secondo quando riferito dal giornalista Giorgio Bianchi [non è stato solo riferito: è stato anche documentato].

E’ da notare che l’Ucraina è un paese in guerra e vige la legge marziale, ma si spera che per Gonzales essendo un cittadino straniero, ci si limiti all’espulsione, qualora fosse attualmente in custodia.
Patrizio Ricci, qui.

In internet ho trovato un sito che sostiene che sia stato torturato e assassinato, ma senza dettagli, né riferimenti, né fonti, per cui non lo riporto.

E concludo con un altro – l’ennesimo – atto d’amore per l’Italia da parte della Russia

barbara

ABBRACCIAMI SE SEI CONTRO LA GUERRA

Guardate questo video. Ma ve lo immaginate se qualcuno si azzardasse a farlo in Ucraina – con le due bandiere accostate! – il cui governo ha vietato a una compagnia di ballo ucraina di interpretare IN CASA NOSTRA, il Lago dei cigni? E che ha piantato su tutto quel bordello per quelle mani che forse si sono sfiorate sul legno della croce durante la Via Crucis?

E questo è l’esercito russo a Mariupol finalmente liberata, salutato dai residenti riconoscenti

Questi altri invece sono gli ucraini

Radio Ancora Italia Network

Questa è MARIUPOL ma non oggi.
Ecco come i nazisti ucraini sono entrati in città il 9 MAGGIO 2014 per punirne la resistenza dopo la grande affluenza alle urne per il referendum sull’indipendenza del #Donbass.
Quel giorno molti attivisti vennero uccisi da colpi di arma da fuoco per la strada.
Molti sono stati successivamente torturati a morte nell’edificio dell’aeroporto.
Gli ukronazi hanno bombardato il dipartimento di polizia della città con un veicolo da combattimento della fanteria, molti poliziotti sono morti sul colpo, molti sono rimasti feriti e sono stati poi uccisi.
Ma a voi queste immagini le TV non le hanno fatte mai vedere e non vi hanno raccontato cosa davvero avvenne lì nel 2014.
Né vi hanno mai raccontato il regime di terrore che è stato imposto alla gente in questi lunghi 8 anni.
Mariupol non ha dimenticato e oggi finalmente è di nuovo libera.
PS : sentirete spesso urlare “Blead” dalla gente. In russo significa “Merde” e anche peggio.
[Claudio Benedetti ] e Teo Jonny

9 maggio: vi dice qualcosa? Se non lo ricordate ve lo dico io: il 9 maggio è la festa nazionale della vittoria russa sul nazismo, la data della resa della Germania nazista. Nel giorno della vittoria russa sul nazismo, i nazisti ucraini hanno iniziato la strage dei russi del Donbass. Posso azzardare un’ipotesi: la guerra finirà il 9 maggio. Per quella data la Russia avrà totalmente sconfitto per la seconda volta il nazismo e potrà dichiarare conclusa la guerra. Sempre che nel frattempo non intervenga direttamente la NATO con un paio di bombe atomiche.
E ora due parole da Anna Soroka, ministro degli esteri della Repubblica Popolare di Lugansk

Quante cose i vostri mass media non vi raccontano sui misfatti dei vostri nazisti preferiti, eh?
Ma ora lasciamo questi postacci infami, e trasferiamoci in Russia, con questi due artisti che rendono omaggio a un grande regista italiano.

barbara