Inizierò questo post con qualche nota personale.
Da quando è iniziata la guerra, sulla quale fin dal primo giorno ho preso una posizione molto netta, parecchi dei miei lettori si sono riposizionati – non tutti allo stesso modo. Qualcuno “non mi riconosce” (il motivo è molto semplice: non mi conosceva, anche se credeva di sì). Qualcuno non mi capisce, mi critica, e occasionalmente me lo dice, educatamente (le mie risposte lo sono state un po’ meno, oggettivamente, e me ne scuso. A proposito, se sei interessato a conoscermi, qui di fianco c’è un indirizzo email). E poi c’è chi, a causa della posizione che ho preso e del tipo di documenti che pubblico, ha smesso di leggermi. Ovviamente il fatto di perdere un lettore è l’ultima cosa al mondo a preoccuparmi, la qualità mi interessa molto più della quantità. Quello che non solo mi preoccupa, ma proprio mi fa paura, è la quantità di gente che si rifiuta di affrontare qualunque cosa che contrasti con la vulgata: vedo il rifiuto totale della discussione, del confronto, il rifiuto totale di qualunque microscopica divergenza dall’unico pensiero consentito; vedo gente che banna a dozzine per volta dai propri profili coloro che osano scrivere commenti scomodi perché “non voglio dover leggere idiozie”; vedo giornalisti che fanno quello che dovrebbe essere l’unico compito di un giornalista, ossia porsi e porre domande, indagare, mettere in discussione qualunque verità preconfezionata, li vedo, dicevo, derisi, sbeffeggiati, insultati, cacciati dai programmi che li ospitavano e dalle università in cui insegnano, intimati a riconsegnare premi ricevuti per la loro attività di indagine e ricerca della verità come inviati di guerra, inviti a metterli a tacere (come Mussolini per Matteotti?), chiudere loro la bocca, silenziarli. E ho visto amicizie pluridecennali chiuse con un lapidario “non posso continuare a dialogare con te”. Nessun argomento ha diritto di cittadinanza al di fuori di quelli conformi al Verbo stabilito, perché quello, e solo quello è LA Verità. E c’è stato chi è addirittura arrivato all’infamia di tirare fuori il termine negazionismo (giuro, mi viene freddo a scriverlo) nei confronti di chi sottolinea le palesi incoerenze e contraddizioni. Qualcuno ha citato Katyn, per dire che i russi sono stati capaci di commettere una tale mostruosa strage attribuendone poi la paternità ai tedeschi, e quindi perché non dovremmo credere che adesso abbiano fatto quella di Bucha? Ecco, Katyn mi sembra un ottimo esempio: uno dei belligeranti ha perpetrato un orribile eccidio e poi ne ha attribuito la responsabilità al nemico, e dato che quel nemico era l’invasore, il colpevole, il cattivo per definizione, la menzogna è stata creduta. Le successive indagini, effettuate prima dall’accusato, poi da fonti indipendenti, hanno poi dimostrato che l’attribuzione dell’eccidio era falsa. Adesso abbiamo dei morti civili sulle strade di una città ucraina, e una delle due parti in causa ne incolpa l’altra. E nonostante i numerosissimi elementi che contrastano con la versione ufficiale, nonostante l’illogicità della cosa, nonostante sia nota e ben documentata l’efferata spietatezza dei nazisti ucraini, nonostante la prudenza che l’esperienza dovrebbe suggerire, tutti ci credono. Ci credono perché si rifiutano di prendere in considerazione le prove contrastanti, o addirittura di leggere i documenti in questione, per non rischiare che i fatti si scontrino con l’ideologia e la verità precostituita. E a me questa gente fa paura. Questa gente è quella che il Duce ha sempre ragione, il Führer ha sempre ragione, il compagno Stalin ha sempre ragione, gli ebrei sono la causa di tutti i nostri mali, lo ha detto lui, i kulaki sono la causa di tutti i nostri mali, lo ha detto lui, i russi sono un pericolo per l’Ucraina e per l’Europa e per il mondo intero, dobbiamo strangolarli economicamente e armare i loro nemici perché Russia delenda est, e se dissenti, anche solo in minima parte, sei un nemico del popolo, da cancellare, da spazzare via. Indegno di esistere. E chissà se questa brava gente – parecchi di loro ebrei, parecchi di loro, anche fra i non ebrei, filoisraeliani – si rende conto che questo è lo stesso, identico giochetto che dal ’67 in poi viene fatto con Israele (a proposito: è iniziato il mese sacro di Ramadan ed è partita la solita mattanza in Israele: ve ne siete accorti? Questa invece è la lotta contro l’apartheid israeliana nei campus americani

Forte, no?). In realtà è tutto sotto gli occhi di tutti, ma siccome abbiamo deciso che non è Francesca, bisogna per forza che sia Filippa Maria. E tuttavia ci sono quelle famose riprese satellitari, che smentiscono irrefutabilmente la vulgata antirussa, ma tranquilli, non è Francesca. E ci sono le foto col bracciale bianco – quei “collaborazionisti” dai quali i miliziani ucraini, appena rientrati, si sono precipitati a ripulire la città


e sui quali Capuozzo, sì, il solito rompiscatole di Capuozzo, si pone qualche domanda, ma non preoccupatevi, non può essere Francesca. E poi c’è questo organo ucraino in cui si lamenta che i russi hanno lasciato mine dappertutto, ma nessun cenno di morti, ma è escluso che possa essere Francesca. E c’è anche questa splendida registrazione, in cui uno dei due interlocutori è incazzato nero perché non è stata messa sulla strada neanche una donna, il che toglie parecchia credibilità alla narrazione del massacro di civili da parte dei russi e l’altro gli assicura che non succederà più – cioè che la prossima volta che insceneranno una strage russa lavoreranno con più attenzione – ma non agitatevi, non è Francesca, garantito. E ci sono quelle foto (un’immagine vale più di mille parole, lo sappiamo, e quindi le guardiamo, le foto, tutte, con molta molta attenzione) coi morti per strada e la gente che ci passeggia in mezzo, con aria del tutto indifferente, come se non ci fossero,

che addirittura ci cammina sopra senza neppure accorgersene, proprio come se non ci fossero,

ma voi dormite i vostri sonni sereni: è chiaro che non può essere Francesca. Ed è anche sempre più chiaro chi e perché ha tutto l’interesse a fomentare la narrazione dei crimini di guerra russi e io, davvero, non capisco come qualcuno abbia potuto inventarsi che fosse Francesca. Poi adesso è arrivato un missile a Kramatorsk,

lanciato naturalmente dai russi, che ha provocato una trentina di morti e un centinaio di feriti Si tratta di un Tochka U, di fabbricazione russa ma non più usato in Russia da tre anni e attualmente in dotazione unicamente all’esercito ucraino. Nella foto sottostante si può vedere un esemplare di questo tipo di missile, i rottami del missile atterrato a Kramatorsk e un missile Iskander, quello usato dai russi.

Inoltre il missile è arrivato da sud-ovest, zona attualmente sotto controllo ucraino, ma Francesca a Kramatorsk non ci è neppure andata, figuriamoci.
E arrivati a questo punto, direi che vale la pena di ascoltare anche un po’ di gente che le guerre le ha conosciute da vicino.
Come ormai mi capita di dire spesso non ho più parole per descrivere gli orrori di questa guerra scellerata e non ho più parole per descrivere, anticipandolo, il burrone dentro cui ci sta spingendo Biden con la complicità dei governi europei e di una “stampa” senza più misura nell’accompagnarli per mano, ubbidiente e compatta: non più diplomazia, pressione politica, accordo di pace ma, guerra permanente e ucraini sacrificabili sognando la distruzione della Federazione russa e di conseguenza un’equa ridistribuzione delle enormi riserve di materie prime strategiche presenti nel sottosuolo dello “Zar”.
Mi chiedo se gli ucraini ne siano coscienti.
Malauguratamente per ora i risultati sono questi:
– morte, distruzione, sofferenze e dolore senza una fine prevedibile per il popolo ucraino e presto per quello russo;
– seri rischi che la guerra possa estendersi all’Europa o alla meglio che possa trasferire pur a distanza i suoi pesantissimi, inevitabili effetti sociali ed economici;
– aver “spinto” forse definitivamente la Cina e la Russia ad abbracciarsi in una alleanza che lascia prevedere il risorgere della guerra fredda di recente memoria, anzi freddissima, perché questa volta non sarà più fra occidente e Russia ma fra occidente e oriente, con tutte le terribili conseguenze che comporterà.
Complimenti alla Politica d’occidente!
Si poteva fare meglio?
Leggete sotto cosa racconta il Wall Street Journal
P.S. consigliato a chi è interessato a vedere tutta la storia al di la di Putin boia: oggi il Fatto Quotidiano riporta quello che definisce lo scoop di febbraio del Wall Street Journal. La ricostruzione dei fatti ricorda che cinque giorni prima dell’invasione russa, il cancelliere tedesco propose all’Ucraina un accordo con la Russia che sarebbe stato siglato da Biden e Putin in persona, nel quale Kiev si impegnava a dichiararsi neutrale rinunciando alla Nato: Kiev, cioè Zelens’kyi, non accettò sostenendo “di non credere che Putin avrebbe tenuto fede a un accordo di quel tipo” e perché ” la maggioranza degli ucraini vuole la Nato”
Di nuovo, non ho parole!
LETTERA DI 10 EX CORRISPONDENTI DI GUERRA CONTRO LA PROPAGANDA DEI NOSTRI MEDIA
“Ecco perché sull’Ucraina il giornalismo sbaglia. E spinge i lettori verso la corsa al riarmo”: lo sfogo degli ex inviati in una lettera aperta. “Basta con buoni e cattivi, in guerra i dubbi sono preziosi”
Undici storici corrispondenti di grandi media lanciano l’allarme sui rischi della narrazione schierata e iper-semplicistica del conflitto: “Viene accreditato soltanto un pensiero dominante e chi non la pensa in quel modo viene bollato come amico di Putin”. L’ex inviato del Corriere Massimo Alberizzi: “Questa non è più informazione, è propaganda. I fatti sono sommersi da un coro di opinioni”. Toni Capuozzo (ex TG5): “Sembra che sollevare dubbi significhi abbandonare gli ucraini al massacro, essere traditori, vigliacchi o disertori. Trattare così il tema vuol dire non conoscere cos’è la guerra”.
“Osservando le televisioni e leggendo i giornali che parlano della guerra in Ucraina ci siamo resi conto che qualcosa non funziona, che qualcosa si sta muovendo piuttosto male”. Inizia così l’appello pubblico di undici storici inviati di guerra di grandi media nazionali (Corriere, Rai, Ansa, Tg5, Repubblica, Panorama, Sole 24 Ore), che lanciano l’allarme sui rischi di una narrazione schierata e iper-semplicistica del conflitto nel giornalismo italiano (qui il testo integrale sul quotidiano online Africa ExPress). “Noi la guerra l’abbiamo vista davvero e dal di dentro: siamo stati sotto le bombe, alcuni dei nostri colleghi e amici sono caduti”, esordiscono Massimo Alberizzi, Remigio Benni, Toni Capuozzo, Renzo Cianfanelli, Cristiano Laruffa, Alberto Negri, Giovanni Porzio, Amedeo Ricucci, Claudia Svampa, Vanna Vannuccini e Angela Virdò. “Proprio per questo – spiegano – non ci piace come oggi viene rappresentato il conflitto in Ucraina, il primo di vasta portata dell’era web avanzata. Siamo inondati di notizie, ma nella rappresentazione mediatica i belligeranti vengono divisi acriticamente in buoni e cattivi. Anzi buonissimi e cattivissimi“, notano i firmatari. “Viene accreditato soltanto un pensiero dominante e chi non la pensa in quel modo viene bollato come amico di Putin e quindi, in qualche modo, di essere corresponsabile dei massacri in Ucraina. Ma non è così. Dobbiamo renderci conto che la guerra muove interessi inconfessabili che si evita di rivelare al grande pubblico. La propaganda ha una sola vittima: il giornalismo”.
“L’opinione pubblica spinta verso la corsa al riarmo” – Gli inviati, come ormai d’obbligo, premettono ciò che è persino superfluo: “Qui nessuno sostiene che Vladimir Putin sia un agnellino mansueto. Lui è quello che ha scatenato la guerra e invaso brutalmente l’Ucraina. Lui è quello che ha lanciato missili provocando dolore e morte. Certo. Ma dobbiamo chiederci: è l’unico responsabile? Noi siamo solidali con l’Ucraina e il suo popolo, ma ci domandino perché e come è nata questa guerra. Non possiamo liquidare frettolosamente le motivazioni con una supposta pazzia di Putin“. Mentre, notano, “manca nella maggior parte dei media (soprattutto nei più grandi e diffusi) un’analisi profonda su quello che sta succedendo e, soprattutto, sul perché è successo”. Quegli stessi media che “ci continuano a proporre storie struggenti di dolore e morte che colpiscono in profondità l’opinione pubblica e la preparano a una pericolosissima corsa al riarmo. Per quel che riguarda l’Italia, a un aumento delle spese militari fino a raggiungere il due per cento del Pil. Un investimento di tale portata in costi militari comporterà inevitabilmente una contrazione delle spese destinate al welfare della popolazione. L’emergenza guerra – concludono – sembra ci abbia fatto accantonare i principi della tolleranza che dovrebbero informare le società liberaldemocratiche come le nostre”.
Alberizzi: “Non è più informazione, è propaganda” – Parole di assoluto buonsenso, che tuttavia nel clima attuale rischiano fortemente di essere considerate estremiste. “Dato che la penso così, in giro mi danno dell’amico di Putin”, dice al fattoquotidiano.it Massimo Alberizzi, per oltre vent’anni corrispondente del Corriere dall’Africa. “Ma a me non frega nulla di Putin: sono preoccupato da giornalista, perché questa guerra sta distruggendo il giornalismo. Nel 1993 raccontai la battaglia del pastificio di Mogadiscio, in cui tre militari italiani in missione furono uccisi dalle milizie somale: il giorno dopo sono andato a parlare con quei miliziani e mi sono fatto spiegare perché, cosa volevano ottenere. E il Corriere ha pubblicato quell’intervista. Oggi sarebbe impossibile“. La narrazione del conflitto sui media italiani, sostiene si fonda su “informazioni a senso unico fornite da fonti considerate “autorevoli” a prescindere. L’esempio più lampante è l’attacco russo al teatro di Mariupol, in cui la narrazione non verificata di una carneficina ha colpito allo stomaco l’opinione pubblica e indirizzandola verso un sostegno acritico al riarmo. Questa non è più informazione, è propaganda. I fatti sono sommersi da un coro di opinioni e nemmeno chi si informa leggendo più quotidiani al giorno riesce a capirci qualcosa”.
Negri: “Fare spettacolo interessa di più che informare” – “Questa guerra è l’occasione per molti giovani giornalisti di farsi conoscere, e alcuni di loro producono materiali davvero straordinari“, premette invece Alberto Negri, trentennale corrispondente del Sole da Medio Oriente, Africa, Asia e Balcani. “Poi ci sono i commentatori seduti sul sofà, che sentenziano su tutto lo scibile umano e non aiutano a capire nulla, ma confondono solo le acque. Quelli mi fanno un po’ pena. D’altronde la maggior parte dei media è molto più interessata a fare spettacolo che a informare”. La vede così anche Toni Capuozzo, iconico volto del Tg5, già vicedirettore e inviato di guerra – tra l’altro – in Somalia, ex Jugoslavia e Afghanistan: “L’influenza della politica da talk show è stata nefasta”, dice al fattoquotidiano.it. “I talk seguono una logica binaria: o sì o no. Le zone grigie, i dubbi, le sfumature annoiano. Nel raccontare le guerre questa logica è deleteria. Se ci facciamo la domanda banale e brutale “chi ha ragione?”, la risposta è semplice: Putin è l’aggressore, l’Ucraina aggredita. Ma una volta data questa risposta inevitabile servirebbe discutere come si è arrivati fin qui: lì verrebbero fuori altre mille questioni molto meno nette, su cui occorrerebbe esercitare l’intelligenza”.
Capuozzo: “In guerra i dubbi sono preziosi” – “Sembra che sollevare dubbi significhi abbandonare gli ucraini al massacro, essere traditori, vigliacchi o disertori”, argomenta Capuozzo. “Invece è proprio in queste circostanze che i dubbi sono preziosi e l’unanimismo pericolosissimo. Credo che questo modo di trattare il tema derivi innanzitutto dalla non conoscenza di cos’è la guerra: la guerra schizza fango dappertutto e nessuno resta innocente, se non i bambini. E ogni guerra è in sè un crimine, come dimostrano la Bosnia, l’Iraq e l’Afghanistan, rassegne di crimini compiute da tutte le parti”. Certo, ci sono le esigenze mediatiche: “È ovvio che non si può fare un telegiornale soltanto con domande senza risposta. Però c’è un minimo sindacale di onestà dovuta agli spettatori: sapere che in guerra tutti fanno propaganda dalla propria parte, e metterlo in chiaro. In situazioni del genere è difficilissimo attenersi ai fatti, perché i fatti non sono quasi mai univoci. Così ad avere la meglio sono simpatie e interpretazioni ideologiche”. Una tendenza che annulla tutte le sfumature anche nel dibattito politico: “La mia sensazione è che una classe dirigente che sente di avere i mesi contati abbia colto l’occasione di scattare sull’attenti nell’ora fatale, tentando di nascondere la propria inadeguatezza. Sentire la parola “eroismo” in bocca a Draghi è straniante, non c’entra niente con il personaggio”, dice. “Siamo diventati tutti tifosi di una parte o dell’altra, mentre dovremmo essere solo tifosi della pace”.
Quindi è chiaro: è assolutamente escluso che possa essere Francesca.
barbara
Una tecnica manipolatoria di cui ho visto abusare e stra abusare durante la pandemia era: “o con me o contro di me”. Chiunque avesse dubbi o perplessità, ad esempio su immuni, veniva identificato negli sbroccati che “il governo ci controlla e la chiesa ci uccide con l’onda”. E la risposta standard delle bimbe di conte a qualsiasi obiezione, dalle stupidaggini sesquipedali a quelle fondate e sensate era: ma ti sei scaricato “che verdura sei”
Oppure con l’immigrazione; se non ti bevevi come acqua fresca la storiella dei poveracci che scappano dalla guerra, torturati nei lager libici, etc. etc. eri un assassino razzista e fascista Adesso sto solo vedendo lo stesso copione, se diffidi dalla narrazione ufficiale e noti qualche buco di trama come “tremendo esercito che se non viene fermato arriverà a lisbona in una settimana che viene messo Ko dalle vecchiette ucraine” sei solo un guerrafondaio pakato da putin che gode delle foto dei bambini morti.
Molti vuoi per buona fede, vuoi per pavidità, vuoi perché vogliono sempre essere dalla parte dei puri con licenza di epurare hanno sposato la tesi dei buoni contro i cattivi e faranno di tutto per avere l’attestato di bontà. Attestato che permette a loro di comportarsi peggio dei cattivi ma senza doversi sentire tali.
PS
Eppure durante il casino dell’immigrazione uno che ha desiderato la morte di almeno un bambino per mettere in imbarazzo il governo era uno di quelli che stanno sempre dalla parte dei buoni.
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Un imbarazzo val bene un bambino così come il rovesciamento di Saddam val bene mezzo milione di bambini. Tra l’altro ho appena letto questa cosa:
«Queste parole di Alberto Fazolo sono di incredibile attualità:
“Qualche giorno prima della visita di Poroshenko negli USA [2014], la Albright per conto del National Democratic Institute (che presiede) si è recata in Ucraina per incontrarlo ed esporgli il proprio piano di soluzione della crisi: consegnare armi all’Ucraina e aiutarla a riprendersi il Donbass e la Crimea.
La proposta è spaventosa. Non è la prima volta in cui la Albright dà il nullaosta per un massacro, e stavolta a farne le spese toccherebbe al popolo del Donbass. Ma ancora più inquietante è l’idea di recuperare la Crimea che ormai è parte della Federazione Russa. Ciò significa la volontà di trascinare una potenza nucleare in un conflitto all’interno dei propri confini. Uno scenario che metterebbe rapidamente a repentaglio l’intera umanità.”
In pratica lo scenario che stiamo vivendo oggi.»
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Gli stati uniti con l’abbronzato hanno destabilizzato tutto il sud del mediterraneo, la libia è preda dei signori della guerra, la siria idem. Perché fare tutto quel casino? Lascerei perdere le cavolate su popoli oppressi e figli di p…ana perché non calza, o meglio calza se si distingue fra i loro figli e i figli indipendenti. Ho paura che volessero, e vogliano, legare l’europa circondandola da alte fiamme di guerra…
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Non so se ti ricordi i famosi “colloqui di pace” fra Israele e palestinesi: alla vigilia di ogni incontro, puntuale come un orologio svizzero, arrivava un bell’attentato con una carrettata di morti, feriti, mutilati. La “strage di Bucha” è arrivata alla vigilia di un incontro, che naturalmente si è concluso, come non poteva non concludersi, con un niente di fatto. Gli obiettivi sono sostanzialmente due: la guerra mondiale e l’annientamento della Russia. Quindi sabotaggio di ogni possibilità di accordo e guerra a oltranza, armando sempre più l’Ucraina – ancora di più di quanto l’hanno armata in tutti questi anni – per consentirle di resistere e, automaticamente, costringere la Russia ad alzare sempre più il tiro. Finirà male, molto male. Per tutti.
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sinceramente, spero di poterti dar torto…
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Sapessi quanto lo spero io.
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Non credo a niente se non ho prove, però ti consiglio la lettura anche di questo pezzo qua: https://www.thewisemagazine.it/2022/04/09/bucha-troppo-sangue-da-lavare-via-la-propaganda-smontata/
Ci sono molte analisi e molte considerazioni (forse troppe), è un altro punto di vista che mi pare regga bene nei punti che affronta.
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Ne ho letto un pezzo – è molto lungo, poi un po’ alla volta leggerò anche il resto. Però, uno che invece di partire da quelle che considera prove inoppugnabili e poi trarne le conclusioni parte, nelle prime tre righe, dando per assodato che l’orrore lo hanno fatto i russi e le voci contrastanti, o semplicemente interrogative, sono propaganda, parte decisamente col piede sbagliato, perché a questo punto si ha, non dico la certezza, ma almeno il forte sospetto, che quella è la sua tesi e adesso ti presenterà tutti – e solo – gli argomenti che la sostengono. E non migliora nelle righe seguenti: “L’intervento, che nei piani del Cremlino doveva essere un blitzkrieg”: ha trafugato il diario di Putin? Ha mandato una spia a sedurre la sua amante per carpirne i segreti? Abbi pazienza, ma uno che mi viene a raccontare che cosa c’era nella testa di Putin in che cosa differisce da un qualsiasi ciarlatano oroscoparo? Proseguo: “O, almeno, è quello che dicono da Mosca, sebbene il Cremlino non sia affidabile”: scontato che da una parte vengono solo menzogne, dall’altra solo la verità (io, prima di esprimere qualunque giudizio, ho messo una bella infilata di foto taroccate, prese da altri scenari, addirittura da videogiochi). E poi l’oscenità, la consueta, immancabile oscenità della foto col bambolotto in primo piano ben sistemato, appoggiato che faccia scena per bene, come ne abbiamo viste fino alla nausea a Gaza, in Libano, a Nizza, ovunque ci sia stato un attentato terroristico o un’azione militare con vittime civili, e a me viene una gran voglia di tirare randellate sulle gengive fino a spaccare il randello su un essere talmente immondo che i morti non gli sembrano sufficienti a suscitare un’adeguata dose di orrore e ha bisogno di creare una scena artificiale per aumentarlo. Segue la lista dei “fenomeni cognitivi”, ognuno con la sua bella etichetta in inglese, che fa più fico e, pensa un po’, quello che vedo succedere io è l’esatto contrario.
Comunque mi farò forza e andrò avanti a leggere.
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