Questione annosa (in realtà nel corso delle carestie create da Stalin col fattivo aiuto del segretario del partito comunista ucraino Nikita Krusciov, l’antropofagia è stata documentata sia da una parte che dall’altra del confine), che oggi si ripropone con una variante adeguata ai tempi.
Ucraina: no, i russi non mangiano i bambini
Lyudmila Denisova, la commissaria ucraina per i diritti umani, è stata rimossa dal Parlamento ucraino. Ieri alla riunione del Partito “Servant of the People” (Servitore del Popolo), guidato dal presidente Volodymyr Zelensky, è stato deciso all’unanimità di sfiduciarla, e il parlamento ha poi ratificato la decisione (Dagospia)
In un post su Facebook il deputato ucraino Pavlov Frolov descrive così le motivazioni di tale allontanamento: “La signora Denisova non ha esercitato i suoi poteri organizzando corridoi umani, proteggendo e scambiando prigionieri, contrastando la deportazione di persone e bambini dai territori occupati, ecc”.
Un po’ di colore a questa parte della vicenda e l’ulteriore accusa di aver passato troppo tempo a Davos, Vienna e Varsavia anziché nei luoghi dove avrebbe potuto svolgere utilmente il suo ruolo di aiuto ai rifugiati.
E fino a qui l’accusa, vera o falsa che sia, ha una sua linearità: la Denisova non ha svolto efficacemente il compito che le era stato assegnato, dove l’accusa di non essersi impegnata per realizzare i corridoi umanitari suona terribile, avendo in tal modo condannato a morte persone.
Più curiosa un’altra accusa contro la Denisova riferita dal deputato, alla quale si imputa “la scarsa accuratezza […] riguardo i numerosi dettagli sui ‘crimini sessuali commessi in modo innaturale’ e sullo “stupro di bambini” nei territori occupati, che non potevano essere confermati da prove”, cosa che ha danneggiato l’Ucraina, distogliendo “l’attenzione dei media mondiali dai reali bisogni dell’Ucraina”.
Cioè la commissaria non è stata in grado di trovare prove e confermare le dichiarazioni che nelle scorse settimane avevano fatto il giro del mondo in merito a presunti crimini di natura sessuale perpetrati dalle truppe russe.
“Sessanta minorenni sono stati stuprati, centinaia hanno assistito a orrori disumani come vedere uccidere i propri familiari”.
“Riceviamo circa 700 chiamate al giorno e finora ci sono stati segnalati circa 43mila crimini di guerra. Tantissime negli ultimi giorni le richieste di aiuto dalla zona di Kharkiv. In un’ora due giorni fa sono arrivate dieci segnalazioni di violenze e in otto casi si trattava di minori e in due si trattava di bambini di appena dieci anni”. “Ci sono adolescenti violentate dai soldati russi che sono rimaste incinte…”
“…Serve un tribunale ad hoc come Norimberga per punire i responsabili e chi ha dato gli ordini”. “Dobbiamo parlare e riconoscere che in Ucraina c’è un genocidio in atto. Nelle zone liberate abbiamo ricevuto diverse segnalazioni di crimini di guerra quali stupri, molti su minori, che puntano a fare in modo che le donne non vogliano più avere figli, deportazioni, torture e omicidi. Abbiamo già passato diverse prove ai tribunali internazionali, e fra poco ne consegneremo di nuove per provare i crimini di guerra russi. Abbiamo assistito anche diverse persone che volevano tentare il suicidio, e anche in questi casi molti sono minori” (RaiNews)
Di tutto ciò non vi è quindi lo straccio di una prova. Ovviamente i media che hanno rilanciato queste assurdità senza cercare riscontri, e derubricando a filo-putiniani quanti prendevano tali denunce con le molle, non chiederanno scusa ai propri lettori né metteranno su un errata corrige. Né riferiranno con maggiore cautela accuse successive: quel che viene a Kiev è dogma e come tale indiscutibile fino a contrordine.
Contrordine giunto in questo caso solo perché la Denisova rischiava di far ombra a Zelensky, così che una battaglia interna alla politica ucraina ha svelato magagne che altrimenti sarebbero rimaste in ombra. La responsabile dei diritti umani farà ricorso, ma non sembra avere grandi speranze.
Per inciso si può ricordare che la Denisova fu la prima a denunciare la responsabilità russa per l’eccidio di Kramatorsk, quando un missile cadde sulla stazione ferroviaria facendo strage dei civili in fuga dalla guerra. E per accreditare la sua tesi disse che a colpire la folla era stato un Iskander, usato dai russi.
Solo un caso, il fatto che c’era in zona un giornalista zelante, riuscì a rischiarare l’accaduto, mostrando al mondo l’ordigno usato nell’occasione, un Tocha-U e non un Iskander.
Per inciso, tanti, tra cui il nostro sito, rilevarono che quel tipo di missile era in uso agli ucraini, tesi contestata dai cacciatori di Fake che hanno asserito, con prove traballanti, che qualcuno di quei missili era ancora in uso all’esercito di Mosca.
Così il dogma della responsabilità russa fu salvato per alcune settimane dopo l’eccidio, nonostante altre letture sembrassero corroborare la pista ucraina (peraltro, nel prosieguo della guerra gli ucraini hanno continuato a usare quel tipo di missili, vedi sul sito dell’Atlantic Council).
Evidentemente la responsabilità di Mosca erano infondate, tanto che da tempo quella strage, etichettata come un crimine di guerra, non viene più ricordata dai media, né tale crimine viene più ascritto ai russi, al contrario di quanto avvenuto a Bucha, la cui relativa narrativa ha resistito alle tante evidenze contrarie.
È la legge della propaganda. Funziona così in ogni guerra. e In una guerra come quella ucraina, più mediatica di altre, certe forzature raggiungono il parossismo. Al tempo della Guerra Fredda si diceva, più o meno scherzando più o meno seriamente, che i russi mangiavano i bambini. Siamo tornati a quei tempi, con tutte le derive del caso. (Qui)
Il troppo stroppia, come si sa, e stavolta ha stroppiato talmente tanto che il boccone è finito per traverso.
Aggiungo questa lucida analisi.
NYT: se la guerra non si ferma, la responsabilità è made in Usa
Sul New York Times Christopher Caldwell porta un attacco pesantissimo all’amministrazione americana sulla guerra ucraina, come si nota fin dal titolo dell’articolo: “Potrebbe risultare impossibile fermare la guerra in Ucraina. E gli Stati Uniti hanno gran parte della colpa”.
Riprendendo uno scritto da Henri Guaino, ex consigliere di Nicolas Sarkozy, Caldwell scrive: “Gli Stati Uniti hanno contribuito a trasformare questo conflitto tragico, locale e ambiguo in una potenziale conflagrazione mondiale. Fraintendendo la logica della guerra, sostiene Guaino, l’Occidente, guidato dall’amministrazione Biden, sta dando al conflitto uno slancio che potrebbe essere impossibile da fermare. Ha ragione”.
Il cronista ripercorre quanto avvenuto prima della guerra, a iniziare dal 2014, quando, con la rivoluzione e/o colpo di Stato di Maidan, gli Stati Uniti hanno preso il controllo di Kiev, innescando una guerra locale che si è conclusa con la conquista della Crimea da parte della Russia (va ricordato che l’esercito ucraino fu annientato: se Mosca avesse voluto conquistare l’Ucraina, poteva farlo tranquillamente allora).
“Si può discutere sulle pretese russe riguardo la Crimea – spiega Caldwell – ma i russi le prendono sul serio. Centinaia di migliaia di soldati russi e sovietici morirono difendendo la città di Sebastopoli, in Crimea, dalle forze europee durante due assedi: il primo durante la guerra di Crimea e il secondo nel corso della Seconda guerra mondiale. Negli ultimi anni, il controllo russo della Crimea sembrò assicurare un accordo regionale stabile” avendo guadagnato l’acquiescenza dei Paesi europei.
“Ma gli Stati Uniti non hanno mai accettato l’accordo. Il 10 novembre 2021, gli Stati Uniti e l’Ucraina hanno firmato una ‘carta sul partenariato strategico’ che chiedeva all’Ucraina di aderire alla NATO, condannava ‘l’aggressione russa in corso’ (1) e affermava un ‘impegno incrollabile’ per la reintegrazione della Crimea all’Ucraina. Quella carta ‘convinse la Russia che doveva attaccare o essere attaccata’, ha scritto Guaino. ‘È l’ineluttabile processo del 1914 in tutta la sua terrificante purezza’“.
Non solo tale accordo, ad allarmare la Russia era anche il flusso crescente di armi Nato nel Paese confinante, che ne ha fatto un Paese “armato fino ai denti”. Armi che hanno continuato a fluire copiose anche dopo l’invasione russa, tanto che Caldwell trova “fuori luogo” le narrazioni che descrivono la disfatta della campagna russa.
“La Russia – scrive, infatti, il cronista – non si sta scontrando contro un coraggioso paese agricolo grande un terzo di essa; sta tenendo testa, almeno per ora, contro le avanzate armi economiche, informatiche e da guerra della NATO” (osservazione interessante per tanti motivi).
“Ed è qui – aggiunge Caldwell – che ha ragione Guaino ad accusare l’Occidente di sonnambulismo. Gli Stati Uniti stanno cercando di mantenere la finzione che armare i propri alleati non sia la stessa cosa che partecipare a una guerra”.
“Oltrepassare il confine tra l’essere un fornitore di armi e l’essere un combattente, è facile quanto oltrepassare il confine tra una guerra per procura e una guerra segreta. Nell’era informatica, questa distinzione sta diventando sempre più artificiale”.
E osserva: “Anche se non accettiamo le dichiarazioni di Putin secondo cui l’armamento americano affluito in Ucraina è stato causa della guerra, è certamente il motivo per cui la guerra ha assunto la forma cinetica, esplosiva e letale che ha adesso. Il nostro ruolo in tutto ciò non è passivo o incidentale. Abbiamo dato agli ucraini motivo di credere che possono vincere attraverso una guerra fatta di escalation”.
Quindi, dopo aver accennato ai tanti “volontari” (leggi mercenari) stranieri presenti in Ucraina, Caldwell elenca tutte le defaillance della comunicazione dell’amministrazione Usa, a iniziare dalle dichiarazioni che chiedevano un regime-change a Mosca per finire alla promessa di sostenere l’Ucraina fino alla “vittoria” sulla Russia. Tutte dichiarazioni il cui “effetto, voluto o meno, è stato quello di precludere qualsiasi via ai negoziati di pace”. Non solo, anche continuare a inviare armi è “un potente incentivo a non far finire la guerra in tempi brevi”.
“Ma se la guerra non finisce presto, i pericoli connessi aumenteranno. ‘I negoziati devono iniziare nei prossimi due mesi’, ha ammonito la scorsa settimana l’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger, ‘prima che si creino sconvolgimenti e tensioni tali” da rendere difficilissima la risoluzione del conflitto.
“Nel chiedere un ritorno allo status quo ante bellum, [Kissinger] ha aggiunto: ‘Perseguire la guerra oltre quel punto non sarebbe più garantire la libertà dell’Ucraina, ma sarebbe una nuova guerra contro la stessa Russia’”.
“In questo, Kissinger concorda con Guaino – scrive Caldwell – “Fare concessioni alla Russia significherebbe cedere all’aggressione”, ha avvertito Guaino. “Non farne nessuno sarebbe cedere alla follia”.
E conclude: “Gli Stati Uniti non faranno concessioni, perché perderebbe la faccia. Ci sono elezioni in arrivo. Quindi l’amministrazione sta chiudendo le vie dei negoziati e sta lavorando per intensificare la guerra. Siamo in questo gioco per vincere. Con il tempo, l’enorme flusso di armi mortali, comprese quelle provenienti dallo stanziamento di 40 miliardi di dollari appena autorizzato, potrebbe portare la guerra a un livello diverso. Il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky,questo mese, in un discorso agli studenti ha avvertito che i giorni più sanguinosi della guerra stavano arrivando”.
Quadro fosco quello dipinto, forse troppo, dal momento che sottotraccia qualcosa si muove. Ma è bene tenere presente certe analisi permeate di sano realismo che adagiarsi sulle tante narrazioni consegnate a un vacuo quanto folle ottimismo. (Qui)
E noi, nel frattempo?
Sanzioni contro della Russia: la UE nella sua isteria, si spara sui piedi
Dopo un lungo dibattito, Bruxelles ha accettato un piano preliminare per ulteriori acquisti di petrolio russo . Non si è verificato un fallimento completo, ma è prevista una graduale riduzione delle forniture di petrolio di 2/3. Nello stesso tempo, non ci sono ancora dettagli, il che significa che i negoziati sono ancora in corso.
È probabile che il piano ungherese verrà infine adottato. Budapest chiede di mantenere le forniture di petrolio attraverso l’oleodotto Druzhba, che attraversa l’Ungheria. Allo stesso tempo, l’Europa rifiuterà il petrolio dalla Russia.
Per Mosca, nelle condizioni attuali, la decisione di Bruxelles non è una cosa critica. Le consegne di petrolio russo in altre regioni del mondo stanno crescendo rapidamente. 79 milioni di barili di petrolio dalla Russia vengono spediti via mare tramite le petroliere. Cina e India rimangono i maggiori consumatori. I ricavi della Russia dalla vendita di idrocarburi per il primo trimestre del 2022 hanno stabilito un record , avvicinandosi agli 80 miliardi di dollari.
Secondo le stime di Bloomberg, la Russia potrebbe perdere teoricamente fino a 10 miliardi di dollari se l’Europa rifiutasse l’80-90% del petrolio russo . Tuttavia, questi calcoli sarebbero validi se il prezzo del petrolio non cambiasse. Ma l’Unione Europea stessa ha stimato che i prezzi del petrolio arriveranno sopra i 120 dollari al barile. Quindi, dopo l’inizio di una drastica riduzione degli acquisti di petrolio, è altamente plausibile che i prezzi cresceranno ulteriormente.
Inoltre, c’è da considerare che la carenza artificiale di petrolio generata dall’Europa come sanzione per la Russia, porterà semplicemente a reindirizzare le vendite su altri paesi . Per quanto riguarda l’Unione Europea, ha comunque deciso di spararsi un colpo ai piedi sullo sfondo delle turbolenze del carburante. E sta facendo tutto il possibile per garantire che l’attuale crisi energetica, che trascina l’Europa nell’abisso della recessione, sia inserita nei libri di storia. (Qui)
E gli ucraini, nel frattempo? Niente di nuovo sul fronte orientale: continuano a bombardare il Donbass, come stanno facendo da otto anni. Con una novità, però: adesso usano le bombe a grappolo:
barbara