DONBASS, A CHE PUNTO SIAMO

Si continua a sparare e bombardare, come possiamo sentire; vi risparmio le ore di video disponibili con analoghe documentazioni, e passo invece a mostrarvi Mariupol, a due mesi dalla resa dei nazisti, tutta un fermento di vita e di ricostruzione – e stendiamo un velo pietoso sulla barzelletta dell’Italia che aveva anch’essa promesso di ricostruire, ma solo a condizione che l’area tornasse sotto sovranità ucraina, con buona pace del diritto di autodeterminazione, in particolare dei popoli massacrati.

Proseguo con un appello dei giovani di Donetsk

E con la commemorazione dei bambini vittime dei nazisti ucraini.

A Donetsk si celebra il ricordo dei bambini morti nella guerra del Donbass

Il 27 luglio a Donetsk si è tenuta per la prima volta la “Giornata del ricordo dei bambini vittime della guerra in Donbass”. Questa data verrà commemorata ogni anno.
La data non è occasionale, ricorda quando il 27 luglio del 2014 un improvviso bombardamento sulla città di Gorlovka dilaniò i corpi di una giovane mamma Cristina che teneva tra le braccia la figlioletta Kira mentre passeggiavano al parco. 
Le foto che allora circolarono (ancora visibili sul web), mostrano i due corpi scomposti nell’erba, anneriti e dilaniati da questa morte atroce. Iniziarono subito ad attribuire a Cristina la definizione di “Madonna di Gorlovka”: una “Pietà”, per il materno istinto nel difendere dalla morte la propria creatura con le braccia. Gli autori di questo mostruoso crimine rimangono impuniti.

prima
dopo

Nella giornata, davanti al monumento “Alleya Angelov”, il “Viale degli Angeli” situato nel parco centrale di Donetsk, sono stati posti giocattoli e fiori. Il monumento che consiste in una lastra di marmo dove sono incisi i nomi di tutte le piccole vittime è sempre circondato da fiori, peluche e piccoli giocattoli. 
Nella tarda mattinata il Ministro degli Esteri della Repubblica Popolare di Donetsk Natalia Nikonorova, ha diretto una conferenza dedicata al ricordo di questi bambini, i relatori, numerosi, erano in presenza, ma anche in modalità on-line. I boati delle esplosioni che si udivano, seppur all’interno dell’edificio, non hanno intimidito i presenti e sono diventati il “sottofono” acustico di questo evento.
In serata nel parco centrale di Donetsk con un raggio laser proiettato su un palazzo adiacente è stata raffigurata la tragedia di questi bambini, sono stati mostrati tutti i loro nomi.. Veramente un momento toccante: ogni nome – una giovane vittima innocente stroncata.
Nel corso della giornata, a Gorlovka, era poi prevista l’installazione di un monumento metallico dedicato alla “Madonna di Gorlovka”. La scultura, opera di Viktor Mikhalev, un fabbro di Donetsk, è stata realizzata usando come materiale i frammenti metallici delle bombe, dei missili che cadono sulla città.
Purtroppo i combattimenti in corso nei pressi di Gorlovka hanno reso impossibile, per ragioni di sicurezza, l’installazione e l’inaugurazione del monumento.
Dal 2014, sotto le bombe ucraine hanno perso la vita 130 bambini e 512 sono rimasti feriti. Crimini impuniti che chiedono giustizia davanti agli uomini e davanti a Dio. Forse gli autori di questi crimini saranno processati, o forse no! In ogni caso, non potranno sottrarsi al giudizio di Dio. 
L’Occidente continua a non sentire, a non vedere e non ha il coraggio di parlare e denunciare questi crimini. 
Questa, senza dubbio, è una grande vergogna, ma la vergogna ancor più grande sta nel fatto che l’Occidente continua a rifornire di armi il regime di Kiev, armi con le quali l’esercito ucraino colpisce il territorio del Donbass e commette questi crimini.
Ogni giorno sulla città di Donetsk in maniera assolutamente indiscriminata cadono le bombe, nessuno sa prevedere né dove, né quando.. Ma, nonostante queste condizioni di terrore e di pericolo costante la vita scorre e assume una sorta di “normalità”.
Non si contano i boati che si sentono più o meno distanti.. Nei giardinetti tra i palazzi i bambini si ritrovano e giocano normalmente e nemmeno pare ci facciano più caso.. Egor cinque anni (mentre ero ospite della sua famiglia) ogni volta che sente il boato di un’esplosione sorride e dice, “dalekò” (“è lontano”) come per tranquillizzare tutti i presenti. Questa è la normalità di Donetsk!
Ma qual è il senso di questi bombardamenti indiscriminati? Di fatto vengono solo colpite persone e infrastrutture civili!
Di cosa possono essere colpevoli i bambini del Donbass agli occhi di Kiev? Un bambino non rappresenta mai una minaccia e nemmeno un obbiettivo militare!
Perché a questi bambini viene negato il diritto ad un’infanzia normale, il diritto alla felicità, il diritto ad avere un futuro, semplicemente il diritto di vivere? 
L’Occidente sempre pronto a denunciare la violazione di qualsiasi diritto per tutti, semplicemente, davanti a questi crimini si gira dall’altra parte.
Il silenzio dell’Occidente diventa complice e uccide una volta di più questi bambini: la prima dalle bombe ucraine, la seconda dai media mainstream che non parlandone, ne insabbiano la morte, quindi la memoria.
Siamo davanti alla perdita dei più basilari principi morali. C’è realmente da chiedersi quali elementi di degrado e di perversione abbiano mai potuto portare così in basso l’Occidente che, al contrario, ama pomposamente definirsi la culla dei diritti, della democrazia, della libertà! 
Nonostante tutto Donetsk è sempre in piedi e va avanti. In questi otto anni di guerra la popolazione del Donbass si è temprata a ogni sofferenza, a ogni sacrificio ed è determinata a raggiungere il proprio obiettivo: vivere in pace, costruire la propria vita e il proprio futuro sulla propria terra. 
Eliseo Bertolasi, qui.

E voi, assassini, continuate a mandare armi per continuare a uccidere innocenti, e vi vantate nei parlamenti e sui social delle vostre mani grondanti di sangue – che possa ricadere tutto su di voi, maledetti.

barbara

FATTO!

È operativo da oggi il registro delle opposizioni e mi sono immediatamente iscritta, ci vuole un minuto, e qui ci sono le indicazioni

A suo tempo mi ero iscritta anche a quello precedente per il telefono fisso e funzionava piuttosto bene: le chiamate erano drasticamente diminuite, e quando qualcuno chiamava (all’epoca non c’erano ancora le chiamate robotizzate) dicevo “Io sono iscritta al registro delle opposizioni, lei non ha il diritto di chiamarmi”, e non richiamavano più. Provare non costa niente.

E ora, visto che siamo senza luna, ve ne regalo una sfolgorante:

barbara

DUE PAROLE SUL COVID

Da una parte e dall’altra.

Ogni giorno leggiamo i terrificanti bollettini con stratosferici numeri di contagi, ricoveri e terapie intensive in aumento, sfracelli di morti eccetera. Partiamo dal cosiddetto numero di contagi, per il quale ripeto quello che vado dicendo da due anni: non lo conosciamo. Non abbiamo la più pallida idea di quante siano le persone positive in circolazione, né abbiamo modo di averla: l’unica cosa ch conosciamo è il numero di quanti sono risultati positivi fra quelli che sono stati testati, e il numero di quelli che risultano positivi è in funzione di due fattori: quanti vengono testati, e con quale criterio (se si testano quelli che hanno qualche sintomo compatibile con il covid, è ovvio che la percentuale di positivi sarà maggiore che in un campionamento casuale). Quanto a ricoveri e decessi, sappiamo perfettamente che vengono calcolati come pazienti covid e decessi covid tutti coloro che, qualunque sia la loro patologia, siano risultati positivi al tampone, quindi sono numeri privi di qualunque significato, numeri che sulla diffusione del contagio non ci danno alcuna informazione.

Dall’altra parte ci sono quelli che, con questi numeri, “dimostrano” che con la vaccinazione a tappeto che ha raggiunto la maggior parte della popolazione i “casi” e i decessi sono raddoppiati, triplicati o qualunque altro fattore la fantasia voglia suggerire: è la stessa identica cazzata, dato che questi calcoli vengono basati su numeri che non hanno alcun rapporto con la diffusione della malattia e con la sua maggiore o minore gravità.

Quindi piantiamola, tutti, di occuparcene, piantiamola di leggere i bollettini, piantiamola di specularci sopra, e regaliamoci piuttosto una bella mattina di carnevale.

barbara

E PRIMA ANCORA CHE INIZI LA CAMPAGNA ELETTORALE

si è già schierato il plotone d’esecuzione.

Camere sciolte ed è già “lotta continua”, stavolta contro Giorgia Meloni

La solita campagna del Pd: o comandiamo noi, o siete tutti fasci. E intanto una transizione energetica che non risolverà niente ma impoverirà tutti

Settembre tornerà, con le elezioni: il più amato, stimato, illustre degli italiani, dagli influencer ai clochard (quando c’era lui Roma non annaspava nella monnezza, quando c’era lui non si moriva di Covid o di vaccino, quando c’era lui il caldo era meno caldo) ha gettato la spugna, era stressato, non gli davano pieni poteri.

Riecco l’emergenza democratica

Pronto, il blocco dei giornali sedicenti progressisti, Repubblica, La Stampa, è partito, per incarico dell’editore di riferimento, il Pd, mandando in avanscoperta le scartine, quelli che nessuno legge e, in caso, solo per ridergli dietro. Ma il grosso, come l’intendenza napoleonica, seguirà, oh se seguirà.
Ce ne sarà, certamente, anche per Salvini; torneranno a sbandierare agendine rosse per alludere ai “crimini” di Berlusconi; ma il fuoco di fila stavolta è tutto per Giorgia Meloni. Passeranno al setaccio, hanno già cominciato, tutti i suoi amministratori, li accuseranno delle peggiori nefandezze; quanto a lei, diranno che è la responsabile della strage di Bologna, del terrorismo neofascista, di Portella della Ginestra, della caduta dell’Impero Romano.
Lo sappiamo, Enrico Letta, che continua la gloriosa tradizione postcomunista degli omarini sulla poltrona di segretario, lo ha promesso: lotta dura, nessuna pietà, mai un attimo di tregua. È la “emergenza democratica”, che sarebbe: o comandiamo noi, o siete tutti fasci.
Torneranno le patenti di legittimità per la “ducetta” (ovviamente rifiutate); faranno il tampone ad ogni sua dichiarazione; andranno a ripescare le gite al liceo; taroccheranno le foto con lei col braccio alzato, magari perché stava cogliendo una mela dall’albero. La attaccheranno sul fisico, sullo stile, sulla voce, sulla figlia, sulle amicizie, sullo smalto alle unghie se mai lo mette. Sarà un sabba, un carosello infernale, una overdose di violenza.
Le femministe torneranno in servizio permanente effettivo, la accuseranno in quanto cattolica e non abortista. La disprezzeranno in quanto inferiore, non-donna. Più che sdoganarlo, renderanno l’odio obbligatorio. Tutta roba che conosciamo bene, almeno dall’avvento del Cavaliere Nero, tutta roba stucchevole, marcia, infame, ma sempre utile.

Ossessione Meloni anche a destra

Con una differenza. Meloni non è amata neanche a destra e lo sa. La temono, qua e là la detestano, l’idea di vederla per ipotesi a Palazzo Chigi crea più stranguglioni forse a destra che a sinistra: la presunta alleata è l’ossessione, l’incubi. Meglio i transfighi raggrumati sotto il trasformista Di Maio. E se questi scappati di casa e dal partito sono gli stessi che appena ieri volevano appendere a testa in giù l’intero sistema politico, a cominciare da Berlusconi per finire col Pd, che problema c’è?
In politica è sempre un altro momento, come dice la Taverna, una che se ne intende. Tutto, ma non la Meloni a trionfare alle elezioni, a rivendicare una leadership di governo. Così è la politica, si suol dire. Sarà, ma non è un bello spettacolo. Non lo è mai. E si ripete puntuale.

In arrivo il lockdown climatico?

C’è poi un’altro segreto, di Pulcinella ma scabroso, e il velo l’ha strappato, finalmente, il presidente di Nomisma, Tabarelli: prepariamoci a privazioni mai viste, tra due mesi chiudere tutto, scuole, uffici pubblici, fabbriche, insomma un nuovo lockdown con tanto di gendarmi che vengono a bussarti alla porta di casa per vedere quanto riscaldamento ti concedi. Tutto come un anno fa, come due anni fa.
E, ancora una volta, la ragione è molto semplice: non c’è energia, non ci son soldi (i fondi del Pnrr sono come la fabbrica di san Pietro), c’è una transizione energetica che non risolverà niente ma impoverirà tutti, ma alla quale non possiamo né vogliamo opporci, non ci sono prospettive, e c’è pure la paura, malcelata, di attentati affidati dal “liberatore” Putin al pullulare di cellule, cecene, mediorientali, islamiste, maghrebine, disseminate per l’Europa e per l’Italia; e queste non solo illazioni, ma preoccupazioni. Degli apparati di sicurezza, in primis.

La fuga di Draghi

Per questo volevano, dal Colle in giù, la resilienza del più amato: se la veda lui. Il beneamato però s’è sfilato, per giunta in un modo che molti non hanno capito: avventato, rancoroso, apparentemente fuori controllo. Ma forse l’Illustrissimo sapeva benissimo cosa faceva, e cosa si prepara per il Paese.
Non la cornucopia dei fondi europei, che sono come la fabbrica di San Pietro e costano più di quanto convengano, sicuramente le conseguenze, devastanti, di 30 mesi persi, 18 dei quali sotto Draghi, uno del quale, al di là della propaganda di regime, si fatica a trovare l’ombra di qualsiasi incisività.
Draghi ha tirato a campare, andreottianamente, col pretesto del Covid: il discorso mattutino al Senato, l’ultimo, è stato quasi demenziale: se tutto restava da fare, perché non è stato fatto niente? E cosa avrebbe dovuto indurre a pensare che questa volta sarebbe stato diverso?
La politica dovrebbe essere il regno della logica, ma sempre più fa rima con onirica e vale l’aforisma di Frank Zappa: “la politica è il ramo intrattenimento dell’industria”. Su una cosa non sussistono dubbi: sulla lotta continua contro Giorgia Meloni, sulla gogna perenne, sul fatto che i colpi bassi non si conteranno. E non è affatto detto che dagli alleati, assai presunti, le verrà l’aiuto sperato. Lei questo lo sa, sta già cercando di ricucire. Vaste programme, comunque.
Max Del Papa, qui.

Quindi siamo preparati: non la lasceranno vincere, e se dovesse comunque vincere, non la lasceranno governare. Ancora un po’ di cose qui e qui.
E poi c’è “Pagine ebraiche”, che sarebbe – che una volta era – l’organo ufficiale dell’Unione delle Comunità Ebraiche e poi un bel giorno, improvvisamente, è diventato la cassa di risonanza della propaganda, spesso becera fino alla volgarità, anti Trump, con occasionali ma non infrequenti puntate anti Orban, per riciclarsi poi come organo ufficiale dell’eroe Zelenzky con trombe e tamburi, e condanne e anatemi contro il Satana-Putin. E ora che inizia la campagna elettorale non può non lanciarsi col consueto ardore nella battaglia suonando mazzate contro il piccolo, anzi la piccola, Satana di casa nostra. Riporto il delirio odierno con qualche commento.

La destra e l’eredità fascista

Il rischio di una deriva sovranista che possa nuocere al Paese continua ad agitare la campagna elettorale [la LEGGENDA del cosiddetto rischio di una cosiddetta deriva sovranista FABBRICATA dalle sinistre agita la campagna elettorale: non è la stessa cosa. A parte questo, il primo articolo della nostra Costituzione ci informa che “la sovranità appartiene al popolo”: al popolo italiano, non all’Unione Europea, non alla NATO, NON a Biden e neppure a Draghi: che cosa c’è dunque che non va nel cosiddetto sovranismo?]. “Il futuro è l’Italia. Ed è tetro”, la sintesi del New York Times in un articolo su cui si discute ormai da giorni [ma pensassero un po’ al futuro degli Stati Uniti in mano alla famigerata banda dei quattro che li sta portando verso il baratro, invece di ficcare il loro nasaccio zozzo in casa degli altri!]. Tra le preoccupazioni esplicitate il fatto che a prendere il controllo della destra siano oggi figure “che si considerano esplicitamente eredi della tradizione fascista”. [Esplicitamente? Fra i dirigenti? Qualche esempio concreto, qualche nome invece delle solite ciance a vanvera da tiro il sasso e nascondo la mano? Stiamo forse giocando allo schiaffo del soldato?]
“Vecchia storia questa del ‘pericolo nero alle porte’, smentita dai fatti. Noi siamo europeisti, atlantisti e vicini a Israele, pur rivendicando un ruolo più centrale per Roma e dichiarando di voler essere alleati affidabili delle forze occidentali, ma mai servi” la reazione stizzita [si noti l’aggettivo: non infastidita, risentita, seccata, no: stizzita. Tipo zitella isterica] di Fabio Rampelli, uno dei fedelissimi di Giorgia Meloni, in una intervista con Repubblica. Rampelli sostiene che “la generazione che ha fondato Fratelli d’Italia” abbia scavato [“abbia”, congiuntivo: il modo della possibilità, della presa di distanza, del tu lo dici ma se sia vero io non ho la minima idea] “un solco invalicabile tra la destra e l’estremismo, compresa ogni forma di nostalgismo”. Anche Ignazio La Russa (Corriere) accusa: contro FdI, a suo dire, vi sarebbe [sarebbe”… non che ci sia davvero, figuriamoci] “un antifascismo strumentale”. La scrittrice Michela Marzano, sulla Stampa, attacca l’orizzonte valoriale della destra: “Se il nostro Paese si fonda sui valori costituzionali della dignità, dell’uguaglianza, della libertà e del lavoro, è a questi valori che ci si dovrebbe sempre richiamare per smetterla di umiliare le persone e costruire davvero, come scrive il filosofo ebreo Avishai Margalit, una società decente” [Questa invece non la posso commentare perché non ho la minima idea di che cosa esattamente stia parlando. E meno male che è una scrittrice]. Destra italiana che, si riporta in un’altra analisi [quale? Di chi? Pubblicata dove?], “ha sempre corteggiato” un leader autocrate come Orban [e figuriamoci se poteva mancare l’orco Orban! Quella di Orban per questa gente è un’ossessione peggio di quella per l’eroina per un eroinomane in crisi d’astinenza e senza soldi. Se Orban muore a questi tocca suicidarsi perché non hanno più una sola ragione per vivere]. È concreta quindi la possibilità che, con una vittoria di quello schieramento, l’Italia finisca di nuovo “sul fronte anti-Ue”. [Ma magari ci finisse, magari cazzo! Ma cos’è questa UE, un dogma intoccabile? Una divinità? Un filo elettrico scoperto che se lo tocchi muori?]
Altri opinionisti parlano di Meloni e della sua classe dirigente. Per Ernesto Galli della Loggia (Corriere) “considerare fascisti lei e il suo partito, pronti cioè a usare la violenza contro la sinistra e decisi a limitare le nostre libertà, appare alquanto inverosimile” [anche perché la violenza continuiamo a vederla usata dalla sinistra contro la destra, ma questo fa brutto dirlo, anzi fa brutto perfino dar segno di essersene accorti]. La pensa allo stesso modo Pierluigi Battista, intervistato dal Giornale. Il giornalista invita comunque la Meloni a prendere una posizione più netta. “Il tanto bistrattato Fini – ricorda – andò ad Auschwitz, alle Fosse Ardeatine, allo Yad Vashem” [Gianfranco Fini era il delfino di Giorgio Almirante, mussoliniano tutto d’un pezzo e mai pentito, che ha iniziato la carriera di giornalista in un giornale fascista, successivamente segretario di redazione della rivista “La difesa della razza”, autore di articoli antisemiti, aderente alla Repubblica di Salò, fondatore, dopo la guerra, del partito dichiaratamente neofascista “Movimento sociale”. Giorgia Meloni no: da che cosa dovrebbe prendere le distanze, lei? Che cosa dovrebbe dimostrare, lei? Sarebbe più credibile, o più affidabile, o più simpatica se facesse anche lei la sceneggiata di andare ad Auschwitz con telecamere al seguito a portata di faccetta (non più nera) contrita? Tra l’altro lei, per inciso, a differenza di quell’altro, non ha mai dichiarato che “Mussolini è stato il più grande statista del secolo”: e dunque, di che cosa stiamo parlando?]. Per Claudio Cerasa, direttore del Foglio, “il sogno di vedere una destra capace di trasformare il suo rapporto con Draghi in un’occasione per allontanare il suo istinto populista è un sogno tramontato” [Anche questa, come quella della scrittrice, ho qualche difficoltà a commentarla: rapporto con Draghi in che senso? Quale rapporto dal momento che il suo è stato, l’unico, se non sbaglio, partito a non entrare nel governo? Trasformarlo in che senso? Istinto populista a giudizio di chi? Sogno di chi? Coltivato a che titolo? Boh]. Contro le preoccupazioni riportate dal Nyt e da altri organi di informazione insorgono tutti i giornali di destra. “Torna la caccia al fascismo immaginario”, titola La Verità. Questo invece Il Tempo: “La sinistra agita lo spettro fascismo”. [Si tenga presente: i giornali di destra, mica roba seria]. Qui.

In conclusione: contro la Meloni non abbiamo in mano niente ma facciamo lo stesso questo articolo del cazzo gridando al lupo al lupo: non ho bisogno di ricordarvi come va a finire la favola, vero?
Questa testata, nata sinistra, aveva tuttavia agli esordi alcune ottime penne non allineate. Che oggi non ci sono più, ed è diventato un giornalaccio illeggibile.

Quanto a me, nonostante sia lontana anni luce dall’ideale anarchico, quando guardo a tutti gli ultimi governi mi viene, almeno per un momento, da pensare che quasi quasi

(che poi, a parte le considerazioni politiche, a sentirla così non vi fa venire i brividi?)

E per non perdere il vizio, regaliamoci un po’ di fuoco con questa magnifica artista

barbara

UNA SBIRCIATA DIETRO LE QUINTE

Finalmente gli audio esclusivi di Biden, Kerry e Poroshenko: una linea diretta criminale tra Kiev e Washington

Visto che nessuno si aspettava che Hillary Clinton perdesse le elezioni presidenziali del 2016, nessuno si era mai premurato di mettere a posto gli affarucci sporchi che erano al momento del voto in essere tra il Vice Presidente USA Joe Biden e l’Ucraina di Poroshenko, quando Barack Obama, ormai al suo secondo mandato, lasciò il posto alla Casa Bianca e cedette il potere a Donald Trump.
Oggi, dopo anni, quei legami mal(celati) e bollati come complottismo o propaganda russa da quattro soldi dai democratici, dai globalisti e da tutti i media della comunità internazionale, tornano prepotentemente protagonisti con ore di registrazioni audio di telefonate intercorse tra Biden e l’allora presidente ucraino Poroshenko, quello stesso presidente messo in carica proprio all’indomani della rivoluzione colorata del 2014 dal peggiore deep state americano.
Gli audio incriminati sono stati messi in onda dal canale Tv americano OAN in uno special in due puntate, e mostrano inequivocabilmente la lunga ed intricata storia che legava l’Ucraina alla famiglia Biden.
OAN dedica il primo dei due episodi al legame di corruzione esistente tra l’ex Vice Presidente Joe Biden, John Kerry e le istituzioni ucraine, esponendo con audio, documenti e video la quantità folli di denaro dei contribuenti americani che lasciavano gli Stati Uniti per essere trasferite sui conti (e nella villa) di Poroshenko & Co.
Nessuno poteva o doveva opporsi a questo tipo di schema. Chi lo faceva, doveva essere immediatamente allontanato e rimpiazzato con un pari grado compiacente.
Quando ad esempio un pubblico ministero, tale Shokin, volle far luce su Burisma e sul fatto che la compagnia pagava Hunter Biden migliaia di dollari al mese per non far assolutamente niente se non esserne il presidente, John Kerry su mandato di Joe Biden pagò Poroshenko 1 miliardo di dollari per ottenere un cambio di magistrato che si mostrasse compiacente nei confronti dell’establishment statunitense, del figlio e dei suoi amici, e ripristinasse lo status quo pre-Shokin.
Poroshenko dichiarò di essere consapevole che Shokin aveva solo fatto il  suo dovere e che non aveva commesso alcun reato, tuttavia, confermò di voler onorare l’accordo e proseguì con lo schema. I soldi che vennero girati a Poroshenko non erano ovviamente il frutto di un sudato lavoro di diplomazia volto ad aiutare la propria patria a crescere e prosperare, ma come disse Rudy Giuliani:
“(…)Poroshenko era milionario. Voleva divenire miliardario. Ecco perché era così corrotto. Era sempre geloso di chi aveva più soldi di lui” (…) “una conoscente mi disse che non si era mai mosso denaro in Ucraina di cui Poroshenko non avesse preso almeno una parte(…)”.
Hunter Biden non aveva esperienza, non aveva diplomi o lauree nel campo, perché mai Burisma lo avrebbe dovuto pagare per mantenerlo in quella così ambita e ben pagata posizione? Così come altri che come Hunter condividevano il lauto stipendio con mansioni assolutamente similari. Cosa dovevano coprire? Erano queste le domande che giustamente il magistrato Shokin si fece quando aprì le investigazioni, prima che le stesse furono chiuse e allo stesso tempo gli fu chiesto di allontanarsi volontariamente presentando con una lettera di dimissioni.
Shokin, dunque, il pubblico ministero che aveva temporaneamente (ed incautamente) bloccato gli asset della Burisma venne sostituito, e al contempo dipinto, in special modo al pubblico statunitense, come un magistrato terribilmente corrotto che non poteva continuare a lavorare su un caso in cui poteva essere coinvolto il Vice Presidente degli Stati Uniti e quindi che richiedeva assoluta onestà, rettitudine e soprattutto serietà.
E mentre quindi Poroshenko si impegnava a scegliere dal catalogo un nuovo burattino da mettere al posto di Shokin, non importa se capace, non importa se con esperienza, ma l’importante era che fosse abbastanza obbediente da fare quel che gli viene richiesto, Biden, che si definisce letteralmente “uomo di parola“, promette a Poroshenko che il miliardo di dollari accordato potrà raggiungere le sue tasche.
Ecco che quindi l’intero teorema dem che narrava dell’assoluta estraneità ai fatti di Biden e famiglia, sorretto da nulla se non dal silenzio obbligato dei media indipendenti censurati ed intimiditi, si smonta miseramente e si mostra in tutte le sue contraddizioni attraverso le inequivocabili parole di Joe Biden e degli altri che compaiono nell’audio.
E quindi proprio come è crollata la narrativa secondo cui nessuno della famiglia Biden ha mai avuto niente a che fare con l’Ucraina, non è mai esistito alcun laptop di proprietà del figlio di Joe, ora cade anche quella secondo cui  lo stesso Biden padre non era coinvolto direttamente ed attivamente nei (mal)affari di famiglia. 
Tutti erano coinvolti, tutti sapevano, tutti fremevano per non essere scoperti nei loro giri di affari all’arrivo di un presidente che non faceva parte del loro stesso giro
Questi legami così profondi, come profondo è lo stato che li ha negli anni creati, traspaiono anche dall’attuale conflitto perché non si può negare che una delle ragioni per cui gli Stati Uniti e in particolare Biden, nella doppia veste di Presidente USA e di figura di riferimento del patto atlantista, spinga tanto per allontanare  gli occhi russi dagli interessi maturati nell’area in anni di politica marcia e compromessa, è per non essere personalmente e direttamente compromesso.
La giornalista di OAN contatta Joe Biden tramite il suo staff al fine di avere un confronto diretto con il Presidente o almeno una sua dichiarazione in merito alle ore di audio in possesso della testata. Invece di ricevere una risposta dalla Casa Bianca o comunque da altra istituzione, la donna viene contattata da un giornalista del The Atlantic, una testata assimilabile alle voci più globaliste e liberal, un fact checker a tutti gli effetti, la quale afferma che tutto ciò di cui OAN è in possesso è sicuramente da riferirsi a manipolazione russa e propaganda del Cremlino.
In risposta al contatto mail, The Atlantic pubblica un articolo non sugli audio di Bidenbensì su OAN e sul fatto che l’emittente sarebbe niente meno che una pedina di Mosca il cui ruolo sarebbe quello di diffondere la disinformazione e la propaganda russa. Da quando The Atlantic lavorerebbe per il governo degli Stati Uniti?
Nel secondo episodio viene infine semplicemente mostrato il tragitto del miliardo di dollari dei contribuenti statunitensi, da Washington a Kiev fino alle tasche di Poroshenko, raccontando anche di chi era fattivamente coinvolto.
L’incredibile avidità di Poroshenko fa sì che tutto il denaro ricevuto dagli Stati Uniti venga pompato all’interno delle proprie compagnie, in maniera tale da farlo fruttare al meglio, costruendo e rinforzando un vero e proprio impero nei cui punti chiave posizionare amici e parenti per evitare tradimenti e problemi con la giustizia ed il sistema in generale.
Immaginate, dicevamo all’inizio, la compiacentissima Hillary Clinton che perde le elezioni e un ignaro Donald Trump che si siede alla Casa Bianca al posto di Barack Obama. Letteralmente un incubo divenuto realtà per Joe che deve coprire non solo i suoi affari ma anche quelli del figlio per il quale ha rubato soldi pubblici e per il quale ha interferito in maniera pesante nel governo ucraino .
Poroshenko viene avvisato da Biden di tenere la bocca chiusa e mai, nemmeno per sbaglio, chiedere soldi direttamente a Trump. Avrebbero provveduto in maniera diversa, destinando sempre e comunque fondi pubblici all’Ucraina.
Chanel Rion, la giornalista di OAN, ammette che le ore di registrazione di cui l’emittente è in possesso, circa 10, sono così tante e aprono la strada a verità così intricate che sarebbe necessaria una investigazione che proseguisse oltre l’estate affinché le informazioni contenute nel resto dei nastri siano verificate e dettagliatamente contestualizzate. Cosa che OAN si impegna a fare per andare oltre ciò che la Rion ritiene essere solo il coperchio di un vero e proprio vaso di Pandora.
I crimini che si prefigurano dal materiale per ora visionati sono diversi, non uno meno grave dell’altro. Alto tradimento, corruzione, frode, interferenza in governo straniero, etc.
Ve n’è per ogni gusto. Seguiremo l’investigazione ed il dossier di OAN con un augurio: che vi sia almeno un magistrato tra Kiev e Washington disposto a fare il suo dovere e far chiarezza una volta per tutte sulla faccenda.
Al contempo dovrà togliere di mezzo una volta per tutte lo spauracchio della propaganda russa, senza il quale, diciamolo pure, il castello di carte dei dem è destinato a vita molto breve.
MARTINA GIUNTOLI, qui.

Non che in linea di massima non si sapesse, ma saperlo anche nei dettagli è sicuramente interessante, e rende ancora più chiaro il motivo per cui nessun broglio era di troppo per impedire a Trump di essere eletto.
E ora diamo un’altra sbirciata dietro altre quinte.

“Andiamo a salvare bimbi ucraini”. Ma sono un gruppo di pedofili

Sono partiti dal Regno Unito in nome del volontariato e dell’aiuto umanitario per tutti quei bambini rifugiati in Polonia dopo l’attacco russo in Ucraina ma, erano – e sono tutt’ora – pregiudicati inglesi mascherati da benefattori. Si scopre, infatti, come titolano tutti i principali giornali britannici, che i protagonisti sono 10 uomini – già noti alle forze dell’ordine per reati sessuali – che, con la scusa dei bambini sfollati dalla guerra sono arrivati al confine polacco per altri scopi, decisamente tremendi.
“I pedofili britannici si sono recati in Polonia sostenendo di fornire assistenza umanitaria ai rifugiati in fuga dall’Ucraina” si legge in una nota de La National Crime Agency. Il grande esodo dopo l’invasione russa in Ucraina ha infatti riguardato per la maggior parte donne e bambini, in quanto i padri e mariti sono dovuti rimanere in patria a combattere, e fin dall’inizio gli enti di beneficenza per i rifugiati avevano avvertito che questi potevano essere presi di mira da uomini predatori.
Si apprende dal The Guardian che “5000 bambini non accompagnati sono stati sfollati dall’Ucraina e assicurarsi che siano al sicuro è assolutamente fondamentale”. Come sarebbe fondamentale – aggiungiamo noi – capire come questi pregiudicati abbiano avuto la possibilità di uscire dal Regno Unito senza nessun controllo e recarsi in Polonia. “Gli autori di reato avrebbero dovuto informare la polizia britannica della loro intenzione di viaggiare – si legge ancora sul quotidiano inglese – e dichiarare eventuali condanne all’arrivo”. “Scopriamo, ovviamente, che non l’hanno fatto” riporta un portavoce a Reuters.
Già a marzo l’Onu aveva affrontato il problema dei bambini senza genitori scappati dal conflitto, esprimendo la preoccupazione per lo sfruttamento di essi da parte di sospetti protettori e trafficanti di sesso. A seguito del richiamo nelle Nazioni Unite, il Ministro degli Esteri inglese, Liz Truss, ad aprile aveva annunciato che avrebbe inviato investigatori in Ucraina proprio per raccogliere le prove di eventuali crimini di guerra, compresa la violenza sessuale.
Curioso come, i dieci uomini che si sono intrufolati nelle aree umanitarie, con il pretesto del volontariato, nelle prime sei settimane di guerra – quindi prima delle dichiarazioni e presunte azioni istituzionali inglesi – vengano scoperti solo in questi giorni.
Al momento non si sa dove siano queste persone. Il The Guardian racconta infatti che, dopo svariato tempo, durante un colloquio con l’immigrazione polacca, le forze dell’ordine polacche hanno chiesto agli autori dei reati di andarsene. I malviventi, come molti altri – probabilmente – si trovano quindi a piede libero nonostante le presunte indagini della Corte internazionale de L’Aja che, non ci è dato sapere, a che punto siano.
Bianca Leonardi, 23 luglio 2022, qui.

E ancora una sbirciatina dietro le quinte della salute di Putin, che come tutti sappiamo ha praticamente un piede nella fossa

https://t.me/letteradamosca/8109

Ancora una dietro le quinte del missile russo sul porto di Odessa che secondo i nazisti avrebbe centrato un deposito di grano; le immagini dell’incendio sembrerebbero invece suggerire che abbiano ragione i russi, secondo cui sarebbero invece state colpite delle imbarcazioni militari

https://t.me/letteradamosca/8123

Dal grano bruciato infatti il fumo esce chiaro

Non c’è invece bisogno di andar dietro le quinte, dato che è tutto evidente sulla scena, per vedere i danni provocati IN UCRAINA dalle armi NATO

E infine una sbirciata a Bojo che, non più impegnato a fare il primo ministro, si diletta a tirare bombe insieme agli istruttori degli ucraini:

https://t.me/letteradamosca/8124

E concludiamo con l’ennesimo omaggio russo al grande cinema italiano e alla grande musica italiana

barbara

VI RICORDATE LA GUERRA DEI SEI GIORNI?

Per la precisione, vi ricordate come è cominciata? Tralascio tutte le premesse, gli anni di feroci attentati terroristici a cui Israele aveva accuratamente evitato di rispondere in maniera troppo forte per non rischiare di scatenare una guerra (eh sì, non sempre le narrative corrispondono alla realtà) e vengo unicamente agli ultimi eventi. È dunque successo che ad un certo momento l’Egitto, che aveva come consiglieri e consulenti una miriade di criminali nazisti rifugiatisi lì come in altri Paesi arabi per sfuggire alla giustizia come responsabili di crimini di guerra e crimini contro l’umanità (in aggiunta ai circa 70.000 fatti arrivare in Sudamerica da Vaticano e Croce Rossa), ha avuto la brillante idea di chiudere alle navi israeliane gli stretti di Tiran. Ora, la chiusura di un passaggio internazionalmente riconosciuto è, a tutti gli effetti, un atto di guerra, e Israele sarebbe stato pienamente legittimato a dichiarare immediatamente guerra all’Egitto, ma ha preferito non farlo, perché non sempre le narrative corrispondono alla realtà, e non sempre gli stati raccontati come guerrafondai lo sono realmente e, soprattutto, non sempre gli stati realmente guerrafondai sono quelli raccontati come tali. La guerra, però, aveva tutta l’intenzione di farla – non necessariamente dichiararla – l’Egitto, che aveva però un ostacolo: i Caschi Blu dell’Onu schierati nel Sinai allo scopo, appunto, di evitare un contatto diretto fra Egitto e Israele. Ma gli ostacoli sono fatti apposta per essere rimossi, quando si è persone di carattere: detto fatto, Nasser intima all’Onu di levarglieli di mezzo perché deve andare a distruggere Israele e ributtare a mare i sionisti e l’Onu, nella persona del segretario generale U Thant, obbedisce istantaneamente, e 48 ore dopo dei Caschi Blu nel Sinai non rimane più neanche l’ombra. Il resto è storia nota, e le conseguenze di quella sciagurata decisione (di quellE sciaguratE decisionI, dell’Egitto e dell’Onu), in termini di morte e distruzione e molto altro ancora, le stiamo vedendo purtroppo ancora oggi, cinquantacinque anni dopo.
E veniamo all’attualità, in cui vediamo un bel giorno la Lituania, patria dei più spietati, insieme agli ucraini, collaborazionisti dei nazisti negli stermini di massa degli ebrei, chiudere alla Russia il passaggio dal territorio metropolitano a quello di un’enclave separata, ossia a compiere un vero e proprio atto di guerra, oltre a una trappola micidiale. La Russia avrebbe potuto, legittimamente, dichiarare guerra alla Lituania, e qui sta la trappola perché, essendo la Lituania un Paese NATO, la NATO sarebbe intervenuta in sua difesa, e trovandosi contro la NATO tutta intera, Putin non avrebbe avuto alternative, per uscirne, di ricorrere al nucleare, scatenando analoga risposta dalla controparte. Stavolta per fortuna le cose sono andate diversamente dal 1967, e come la catastrofe del blocco egiziano di Tiran ha avuto per padrini due demoni, Nasser e l’Onu, così la salvezza dal blocco lituano di Kaliningrad, ha avuto due angeli custodi, Putin, che la guerra non l’ha fatta ma si è limitato a mettere in guardia da quello che sarebbe stato costretto a fare se la situazione non si fosse sbloccata (più o meno come a suo tempo Golda Meir,
qui alla fine del discorso di Begin, ma se avete tre minuti leggete anche quello, che ne vale la pena) e la ragionevole, per una volta almeno nel corso della sua storia, Unione Europea, bastarda sì ma non quanto l’Onu, che ha intimato ai lituani di smetterla di fare i coglioni. Confronti e parallelismi fateli voi.
E ora, dopo le considerazioni mie, vediamone qualcuna d’autore.

Il fallito blocco di Kaliningrad da parte della Lituania è una sconfitta per gli USA

Il chiarimento della Commissione Europea, secondo cui le sue sanzioni antirusse non dovrebbero essere interpretate dalla Lituania come un via libera al blocco di Kaliningrad, suggerisce fortemente che il blocco non è a suo agio con l’influenza destabilizzante che gli Stati Uniti sono sospettati di esercitare sul Paese baltico. L’interpretazione unilaterale di Vilnius di queste restrizioni preventive come pretesto per tagliare i collegamenti stradali e ferroviari con l’exclave russa è stata più una provocazione politica orchestrata da Washington e finalizzata a manipolare le menti degli occidentali che un tentativo di peggiorare gli standard di vita della popolazione della regione, come l’autore ha spiegato a suo tempo qui. La decisione di assecondare Bruxelles in questo senso è quindi una sconfitta per l’egemone unipolare in declino, per di più inaspettata.
Gli Stati Uniti sono riusciti a riaffermare con successo la loro egemonia sull’UE con un pretesto antirusso all’inizio dell’operazione militare speciale di Mosca in Ucraina, inducendo persino i suoi vassalli europei a sanzionare in modo controproducente il loro principale fornitore di risorse grezze e innescando così una crisi economica assolutamente evitabile che ha portato l’euro alla parità con il dollaro per la prima volta in due decenni. Se alcune aziende europee finiranno per fallire nel prossimo futuro, i loro concorrenti nordamericani e britannici ne beneficeranno. Tutto sommato, gli Stati Uniti hanno un controllo quasi totale sull’UE al momento, ma alla fine hanno oltrepassato il limite convincendo la Lituania a bloccare Kaliningrad, provocando così una grave crisi tra la Russia e il blocco.
Questo è stato troppo per i “Tre Grandi” (Francia, Germania e Italia), che sono prontamente intervenuti attraverso le istituzioni europee per riaffermare la loro egemonia molto più diretta sul Paese baltico, chiarendo che le sue sanzioni non possono essere sfruttate per tagliare il transito ferroviario di prodotti civili verso l’exclave russa. Anche se la Lituania è uno Stato vassallo degli USA, è molto più europeo quando si trova a dover fare i conti, come è successo di recente. Vilnius non poteva sfidare la Commissione Europea, quindi si è conformata ai suoi chiarimenti politici, andando contro la volontà di Washington. L’unica ragione per cui ciò è accaduto è che i “Tre Grandi” hanno ritenuto inaccettabile provocare la Russia in modo così sfacciato, il che a sua volta dimostra la loro posizione relativamente più pragmatica nei confronti del conflitto ucraino.
Tuttavia, nessuno deve cadere nella falsa ipotesi che questo sviluppo implichi una spaccatura transatlantica tra l’UE e gli USA, poiché non si sta verificando nulla di simile. Piuttosto, è successo che l’UE ha inaspettatamente reagito contro gli Stati Uniti dopo che questi ultimi hanno oltrepassato il limite provocando una grave crisi tra la Russia e il blocco attraverso lo sfruttamento della Lituania a tal fine. Questo dimostra che i più grandi vassalli europei degli Stati Uniti accetteranno praticamente tutto ciò che il loro padrone chiederà loro, tranne se questo rischia di scatenare un conflitto diretto con la Russia nel peggiore dei casi, come alcuni temevano che il blocco di Kaliningrad orchestrato dagli Stati Uniti minacciasse di fare la Lituania. In questi casi, i “Tre Grandi” hanno dimostrato di avere la volontà politica di intervenire con decisione contro la volontà di Washington.
Sono cinque gli elementi che si possono trarre da questo incidente. In primo luogo, gli Stati Uniti sfrutteranno i loro vassalli più piccoli e russofobi dell’UE per provocare una crisi tra la Russia e il blocco. In secondo luogo, se i responsabili politici dei “Tre Grandi” ritengono che la crisi rischi un conflitto diretto con la Russia nel peggiore dei casi, allora interverranno con decisione per evitarlo. In terzo luogo, questo intervento assume la forma di riaffermare la propria egemonia su qualunque vassallo statunitense sia stato sfruttato per provocare la crisi. In quarto luogo, non ci si aspetta che gli Stati Uniti litighino con l’UE ogni volta che ciò accade, perché così facendo rischiano di spaccare l’unità del blocco e quindi di indebolire la piattaforma più ampia che è stata sfruttata per “contenere” la Russia. Infine, queste inaspettate differenze tra UE e USA non devono essere interpretate come una frattura tra loro.
(Articolo pubblicato in inglese su One World)
Andrew Korybko, 17 Luglio 2022, qui.

Poi ci sono le centrali nucleari, prima quelle bombardate dai russi che non era vero niente ma lo raccontavano tutti lo stesso, adesso quelle bombardate dagli ucraini per davvero, che metà non lo dicono e l’altra metà lo dice però “ma lì dentro ci stanno i russi!”, ecchecc. E – a parte che non è vero – non è un bijou questa cosa che se i russi bombardano un quartier generale installato in un edificio civile sono criminali di guerra ma se gli ucraini bombardano addirittura una centrale nucleare una scusa si trova sempre, un po’ come quello che citava sempre Enzo Biagi, che aveva sì messo incinta la fidanzata, ma appena appena. Comunque leggiamo.

L’Ucraina ha bombardato la centrale nucleare di Zaporozhyze

L‘Ucraina ha preso di mira le centrali nucleari situate sui territori non più sotto il proprio controllo. Il 18 luglio le forze ucraine (APU) hanno effettuato 4 attacchi con droni sulla centrale nucleare di Zaporozhyze a Energodar.

A seguito incidente 11 tecnici sono rimasti feriti, di cui 4 gravemente.
La notizia è stata ripresa da parecchie pubblicazioni russe, tra cui Izvestia (uno dei quotidiani di più antica fondazione in Russia, nonché uno dei più diffusi e famosi):
Il 20 luglio, gli UAV delle forze armate ucraine (AFU) hanno attaccato quattro volte la centrale nucleare di Zaporozhye (NPP). Lo ha annunciato il 20 luglio il servizio stampa dell’amministrazione della città di Energodar, dove ha sede questa impresa.
“Quattro volte UAV ucraini hanno attaccato oggi la centrale nucleare di Zaporozhye. L’ultimo attacco è stato registrato alle 16:01 ora di Mosca “, RIA Novosti cita il comunicato stampa delle autorità locali. (fonte)

Altre fonti confermano l’attacco:

… scoppiato dopo un attacco di droni ucraini alla centrale nucleare di Zaporozhye. Questo è stato affermato nell’amministrazione militare-civile. Ricordiamo che l’incendio è scoppiato mercoledì sera, subito dopo l’attacco delle Forze armate ucraine.
A seguito dell’impatto, 11 dipendenti della centrale nucleare sono rimasti feriti. Quattro operai sono in condizioni critiche. È noto che sono stati utilizzati droni kamikaze. L’ultimo attacco è avvenuto alle 16:01 ora di Mosca. In totale, le forze di sicurezza ucraine hanno effettuato quattro attacchi. La parte del reattore della stazione non è stata danneggiata. – https://www.osnmedia.ru/proisshestviya/pozhar-na-zaporozhskoj-aes-potushen/

Il governo ucraino ha intenzione di provocare un disastro nucleare?
No, anche se lo volesse non potrebbe riuscirci. Vediamo perché dalla fonte Cont.ws:
La centrale nucleare di Energodar, situata sulle rive del bacino idrico di Kakhovka, è la più grande centrale elettrica d’Europa. Oggi, il territorio della centrale nucleare è stato attaccato da droni kamikaze ucraini. Secondo le prime informazioni, 11 persone sono rimaste ferite. Naturalmente, la centrale nucleare è un’infrastruttura molto gustosa che è passata sotto il controllo della Russia; gli ex specialisti ucraini ci lavorano ancora. La disabilitazione della stazione è sicuramente uno degli obiettivi principali di Kiev. Ma è noto da tempo che qualsiasi centrale nucleare sovietica è stata progettata per resistere al colpo diretto di una bomba atomica. Pertanto, oggi l’Ucraina non dispone di armi in grado di renderla inabile.
 La domanda allora sorge spontanea: perché allora è stato sferrato questo attacco?
Tutto è molto semplice: le autorità ucraine stanno cercando di intimidire, instillare panico e persino uccidere i loro cittadini rimasti nei territori liberati per destabilizzare la situazione e quindi interrompere il funzionamento di infrastrutture civili critiche. Probabilmente la stessa cosa sarà ripetuta in futuro. L’obiettivo è disseminare panico in masse sempre più grandi di persone. 
Zaporozhye NPP alimenta ancora un quinto dei territori dell’ex Ucraina. E, secondo i dati disponibili, già quest’anno hanno in programma di trasferire la stazione alla rete elettrica russa, quindi creare un anello energetico attorno ai territori liberati del Mar d’Azov e della Crimea.
fine citazione
Secondo il ​​servizio stampa del municipio di Energodar, non è la prima volta che l’esercito ucraino attacca una centrale nucleare. Il 12 luglio, sono stati sparati dalle forze ucraine  diversi proiettili da 120 mm contro un edificio vicino alla centrale elettrica, danneggiando il tetto e le finestre.
Sembra molto chiaro che queste pratiche andrebbero censurate da parte occidentale, perché sono vere e proprie azioni di terrorismo contro installazioni civili sensibili. Gli attacchi sulle centrali nucleari sono vietati dagli organismi internazionali.
Sebbene il reattore è blindato e messo in sicurezza da sistemi passivi di protezione, è pur vero che le condutture e tutta la linea di produzione potrebbe tramutarsi in una bomba sporca con fuoriuscita di radioattività. Ci sono molte variabili impreviste in una centrale nucleare anche senza il bisogno di bombardamenti, specialmente quando trattasi di centrali con decine di anni di servizio.
by Patrizio Ricci, WPNews,  21 Luglio 2022, qui, con video e foto.

Poi volendo ci sarebbe anche quella cosa buffa dell’oro, che a febbraio il deposito della Banca Centrale ammontava a 27 tonnellate e da allora ne hanno vendute 138 tonnellate – roba tipo pani e pesci insomma. E infine c’è la Lettonia.

Lettera da Mosca

RUSSI DI LETTONIA, ATTENTI ! – I russi con doppia cittadinanza che vivono in Lettonia e che sostengono le azioni della Russia in Ucraina potrebbero essere privati ​​del passaporto lettone. Lo ha detto il presidente Egils Levits in un’intervista Tv. Secondo Levits, nella situazione attuale, una posizione neutrale è impossibile. “Tra i russi lettoni c’è una parte chiaramente filoucraina, e c’è ancora chi non ha ancora capito cosa sta succedendo, e si sta progressivamente muovendo nella giusta direzione. Poi c’è una parte – una minoranza – che sostiene la posizione russa. E questo significa che sono al di fuori della democrazia”.
Il Presidente ha aggiunto che questi russi lettoni potrebbero essere privati del passaporto lettone. I dati sul supporto dell’operazione speciale da parte di una persona saranno raccolti dalle agenzie di sicurezza dello Stato. Il Parlamento lettone ha approvato emendamenti alla legge sulla cittadinanza, che prevedono la privazione della cittadinanza delle persone che sostengono l’aggressione militare di alcuni Stati contro altri, nonché il genocidio e i crimini di guerra. Per “supporto” la legge intende contributi finanziari o materiali, di propaganda, tecnologici o di altro tipo fornito a individui e Paesi che hanno “commesso crimini contro la pace”.

Cioè, chi non la pensa come vuole il governo è fuori dalla democrazia, ossia fuori legge. Diventerà apolide. Persone nate lì da genitori nati lì da nonni nati lì, sempre vissute lì, che non hanno un altro posto in cui andare perché la loro casa è quella e nessun’altra, diventeranno stranieri in patria (tipo quelli che si chiamavano Levi o Coen? Anche se fino al giorno prima Trenta secoli di storia ci permett[eva]no di guardare con sovrana pietà talune dottrine di oltr’Alpe, sostenute dalla progenie di gente che ignorava la scrittura, con la quale tramandare i documenti della propria vita, nel tempo in cui Roma aveva Cesare, Virgilio e Augusto. (Acclamazioni altissime) Figuriamoci quest’altri che di secoli di storia non ne hanno né trenta né venti né dieci e si mettono a scimmiottare l’Inquisizione per sapere che cosa pensa la gente). Cosa che potrebbe anche, se non essere legittima, avere almeno qualche attenuante SE la Lettonia fosse in guerra con la Russia, ma non lo è, quindi è proprio solo odio etnico – vogliamo chiamarlo razzismo? – allo stato puro, accompagnato da pesante ritardo mentale. E il dittatore erede di Hitler e Stalin sarebbe Putin, rendiamoci conto. Di questa gente ho paura io, altro che di Putin.
E dopo tanta pesantezza, proviamo a risollevarci per un momento con questi due corpi letteralmente senza peso.

barbara

HAI DETTO 24 FEBBRAIO?

Ti sbagli, c’è un errore. O meglio: c’è un gigantesco imbroglio.

UCRAINA – Ecco (dai rapporti OSCE) cosa è successo al 16 febbraio 2022 (una settimana prima dell’invasione russa)

Fonte: Missione speciale di monitoraggio dell’OSCE in Ucraina

Riporto di seguito dalla pubblicazione di geopolitica Kanekoa, un interessante articolo corredato dalla documentazione OSCE in Donbass, che testimonia come “l’Ucraina ha iniziato a bombardare il popolo di lingua russa del Donbas il 16 febbraio 2022, mentre Joe Biden è andato in televisione e ha detto al popolo americano che la Russia stava per invadere l’Ucraina”.

A mio avviso, è impossibile non ravvisare in tutto questo se non una deliberata intenzione di innalzare il livello di confronto e far precipitare una situazione già deteriorata.
Ma ecco l’articolo in questiono tradotto in italiano, nelle sue parti più significative:
La missione di osservatore dell’OSCE fornisce mappe nei rapporti giornalieri che documentano l’ubicazione delle violazioni del cessate il fuoco e delle esplosioni lungo la linea di contatto tra l’esercito ucraino e le repubbliche del Donbas.
Queste mappe mostrano chiaramente che l’Ucraina ha iniziato attacchi di artiglieria contro le repubbliche del Donbas il 16 febbraio 2022.
In altre parole, l’Ucraina ha iniziato a bombardare le repubbliche indipendenti di Donetsk e Luhansk nove giorni prima che la Russia annunciasse la sua “operazione militare speciale” in Ucraina.
Mentre i media corporativi occidentali sono rimasti completamente in silenzio, le esplosioni documentate dall’OSCE sono aumentate da 76 il 15 febbraio, a 316 il 16 febbraio, a 654 il 17 febbraio ea 1.413 il 18 febbraio.
Se si osservano attentamente le mappe quotidiane di queste esplosioni [cliccare sull’immagine per ingrandire], è chiaro che la stragrande maggioranza delle esplosioni si è verificata sul lato separatista russo della linea del cessate il fuoco.

14 febbraio : 174 violazioni del cessate il fuoco, 41 esplosioni
15 febbraio : 153 violazioni del cessate il fuoco, 76 esplosioni
16 febbraio : 509 violazioni del cessate il fuoco, 316 esplosioni
17 febbraio : 870 violazioni del cessate il fuoco, 654 esplosioni
18 febbraio : 1.566 violazioni del cessate il fuoco, 1.413 esplosioni
19-20 febbraio : 3.231 violazioni del cessate il fuoco, 2.026 esplosioni
21 febbraio : 1.927 violazioni del cessate il fuoco, 1.481 esplosioni
21 febbraio : la Russia riconosce l’indipendenza di Donetsk e Luhansk
22 febbraio : 1.710 violazioni del cessate il fuoco, 1.420 esplosioni
24 febbraio: la Russia lancia “operazione militare speciale” [o invasione che dir si voglia].

Jacques Baud, un ex analista dell’intelligence della NATO, ha scritto sui rapporti dell’OSCE: “Il 17 febbraio, il presidente Joe Biden  ha annunciato  che la Russia avrebbe attaccato l’Ucraina nei prossimi giorni. Come ha fatto a saperlo? È un mistero. Ma dal 16, i bombardamenti di artiglieria contro la popolazione del Donbas sono aumentati drammaticamente, come mostrano i rapporti quotidiani degli osservatori dell’OSCE”.
Mentre i media occidentali hanno trascorso l’ultimo anno a riferire sull’accumulo di truppe russe al confine ucraino, non hanno informato il pubblico sul fatto che l’Ucraina ha accumulato “metà del suo esercito o 125.000 soldati ” lungo la zona di conflitto del Donbas durante lo stesso periodo di tempo.
L’Ucraina ha iniziato a riposizionare le sue forze lungo il Donbas già il 24 marzo 2021, quando Volodymyr Zelensky  ha emesso un decreto  per la  riconquista della Crimea e ha iniziato a dispiegare le sue forze nel sud del paese.
È improbabile che Zelensky faccia un decreto così aggressivo senza prima aver ricevuto l’approvazione degli Stati Uniti e della NATO.
Nell’aprile 2021, il governo ucraino ha annunciato pubblicamente che avrebbe cercato armi nucleari se non avesse ottenuto l’adesione alla NATO.
Ciò significava inoltre che l’Ucraina intendeva attraversare la linea di Vladimir Putin nella sabbia unendosi alla NATO o piazzando armi nucleari alle porte della Russia.
Nello stesso mese, il ministro della Difesa russo Sergey Shoygu ha accusato gli Stati Uniti e la NATO di spostare truppe ai confini della Russia.
“In Polonia e negli stati baltici, le forze statunitensi vengono rafforzate … l’intensità della ricognizione aerea è stata raddoppiata rispetto allo scorso anno e l’intensità della ricognizione navale è aumentata di una volta e mezza”, ha affermato.
Il ministro ha accusato gli Usa ei suoi alleati di svolgere attività militari attive “con un chiaro orientamento anti-russo”.
“Nella primavera di quest’anno, le forze armate congiunte della NATO hanno iniziato la più grande esercitazione degli ultimi 30 anni, Defender Europe 2021”, ha affermato.
Mentre entrambe le parti accusano l’altra parte di essere l’aggressore, le mappe dell’OSCE mostrano chiaramente che la parte ucraina, sostenuta dagli Stati Uniti e dalle forze della NATO, ha iniziato a bombardare la parte russa il 16 febbraio 2022.
Questo bombardamento è corroborato dal videogiornalismo sul campo di un giornalista indipendente di nome Patrick Lancaster (vedi qui: https://youtu.be/icgYDrUfpmQ ) che ha intervistato i civili nella zona di guerra dell’Ucraina orientale negli ultimi otto anni. (…)
L’Ucraina ha iniziato a bombardare il popolo di lingua russa del Donbas il 16 febbraio 2022, mentre Joe Biden è andato in televisione e ha detto al popolo americano che la Russia stava per invadere l’Ucraina.

(Tutto l’articolo è reperibile per intero qui: https://kanekoa.substack.com/p/osce-reports-reveal-ukraine-started )

Altri video:

https://youtu.be/cFl2IDsHsYk
https://youtu.be/aSimLXmcmWw

Patrizio Ricci, qui, con mappe e grafici.

E, come infinite volte documentato in questo blog, continuano, continuano, continuano…

“Proteggete la vita dei bambini del Donbass”: giornalista tedesca esorta gli europei a protestare contro l’invio di armi all’Ucraina
La giornalista freelance tedesca Alina Lipp, che vive nella città di Donetsk da oltre un anno e mezzo, ha esortato gli europei a opporsi all’invio di armi all’Ucraina da parte dell’Occidente, con le quali i civili del Donbass vengono uccisi “ogni giorno”.
“Perché l’Occidente invia armi qui? Perché finanzia queste uccisioni di civili?”, ha chiesto Lipp. “Popoli d’Europa! Per favore, esprimetevi contro l’invio di queste armi. Proteggete le vite dei bambini nel Donbass”, ha esortato.
Lipp, che sta affrontando un’indagine penale nel suo Paese per il suo “sostegno” alla “guerra aggressiva illegale” di Mosca contro Kiev, ha anche denunciato che i bombardamenti ucraini colpiscono i civili. “Qui siamo sotto tiro ogni giorno. I civili vengono uccisi ogni giorno”, ha detto. “E i bombardamenti non sono affatto diretti verso obiettivi militari”. 

L’appello della giornalista tedesca dal Donbass arriva proprio nella giornata in cui il presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, ha nuovamente ripetuto la colossale bugia che le armi inviate al regime di Kiev servono all’Ucraina per difendersi dall’aggressione russa. 
Le armi inviate a Kiev provocano ulteriori morti, spargimento di sangue, distruzioni, vittime civili. L’Ucraina continua a bombardare, come da otto anni a questa parte, le popolazioni civili residenti nel Donbass. 
La Redazione de l’AntiDiplomatico, 20 Luglio 2022 12:32, qui.

Poi ci sono i coglioni di casa nostra in grande festa perché “l’Ucraina è in grande riscossa ed è riuscita a fermare i russi”: ecco, no, non è esattamente questo che sta succedendo. E lo sapreste anche voi se non foste così coglioni da castrarvi tutto ciò che viene dalla Russia, dalle informazioni alle dichiarazioni perché siete troppo vigliacchi per avere il coraggio di guardare in faccia la realtà.

La guerra per procura ha trasformato l’Ucraina in uno Stato fantoccio

Le forze della Nato sono ben presenti in Ucraina e stanno supportando attivamente, anche se nel segreto, l’esercito di Kiev. Così un articolo del New York Times, che dettaglia come nel territorio ucraino vi siano “soldati delle forze speciali e personale dell’intelligence” anche se lavorano “non in uniforme e molti di essi operano sotto varie coperture, tra le quali affiliazioni, a volte vaghe, con ambasciate straniere e ONG”.
Questa la sintesi dell’articolo del NYT commentato da Philip Giraldi in una nota per il Ron Paul Institute (titolo: “La guerra segreta di Biden in Ucraina“), nella quale si legga: “Sempre secondo il Times, anche se gli Usa e altri Stati della Nato non ammettono la presenza dei loro soldati paramilitari in ruoli operativi in ​​Ucraina, la Russia e altri servizi di intelligence nel mondo ne sono consapevoli”.
Insomma, il segreto di Pulcinella, che Giraldi commenta con le parole del tenente colonnello in pensione Karen Kwiatkowski, ex analista del Dipartimento della Difesa Usa: il dispiegamento di agenti e soldati non in uniforme, che possono essere disconosciuti in qualsiasi momento, “indica che siamo nelle fasi iniziali di una lunga guerra sostenuta dagli Stati Uniti, inoltre [tale presenza straniera, ndr] è utile per manipolare la politica a lungo termine del paese bersaglio”, cioè a fare dell’Ucraina uno Stato fantoccio.
“Questo è il futuro che gli ‘strateghi’ neoconservatori di Washington e i loro alleati britannici ed europei immaginano per l’Ucraina. Piuttosto che lavorare per una conclusione negoziata, con un nuovo ruolo per l’Ucraina come paese neutrale e produttivo, indipendente dalle influenze politiche, russe e statunitensi, il governo degli Stati Uniti e la CIA [e la Gran Bretagna, ndrvedono l’Ucraina come una satrapia tanto sacrificabile quanto utile per la loro sfida contro la Federazione Russa“.
“L’ex analista della CIA Larry Johnson – continua Giraldi – parla di tale attività in termini duri, aggiungendo che la CIA non ha vinto una guerra semi-clandestina contro forze ribelli in quarant’anni. Inoltre, osserva che l’Ucraina è diventato il terminale di una guerra per procura [cioè non è più uno Stato indipendente, particolare sul quale c’è molto da riflettere… ndr]. L’Occidente sta cercando di distruggere la Russia… è così semplice. E un conto è se la Russia fosse il regime più malvagio, oppressivo e autoritario del mondo. Ciò non è nemmeno vicino alla realtà, anche se l’Occidente continua a cercare di descrivere la Russia in questo modo. Il fatto è che l’Occidente vuole le risorse della Russia e intende controllarla”. Ma non accadrà, conclude l’analista CIA.

Questa la conclusione dell’articolo di Giraldi, che poi si interpella sul perché il NYT abbia pubblicato un articolo tanto sorprendente e perché l’abbia fatto in questo momento: “Finora i media mainstream hanno avuto il ruolo di cheerleader del sostegno aggressivo degli Stati Uniti all’Ucraina e a Zelensky, ma adesso iniziano a fare un passo indietro, così come è avvenuto anche per il Washington Post e altri mezzi di comunicazione. Forse si stanno convincendo che il gioco di Washington e dai suoi alleati europei difficilmente avrà successo senza che le loro economie paghino un caro prezzo”.
Larry Johnson la mette così: “Penso che lo scopo di questo articolo […] sia solo quello di gettare le basi per spiegare perché non possiamo né dobbiamo inviare personale militare statunitense o agenti della CIA in Ucraina; perché […] sta diventando troppo rischioso a causa del successo della Russia sul campo di battaglia”. Si potrebbe anche aggiungere che è anche molto pericoloso. Un passo falso o una false flag intenzionale di una delle parti potrebbe facilmente trasformare il conflitto in guerra nucleare”.
Concludiamo con due osservazioni ironiche, ché l’ironia aiuta a stemperare la tragedia della guerra. La prima riguarda un articolo del Wall Street Journal che lamenta come gli ucraini abbiano scoperto che maneggiare le armi Nato è più complicato di quanto immaginavano e il loro utilizzo presenta tante criticità, a iniziare dalla mancanza di pezzi di ricambio e di munizioni.
Insomma, sono davvero tanti i problemi logistici, che i più interessati al tema possono leggere nell’articolo citato, il cui titolo appare più che significativo:  “L’Ucraina affronta diverse difficoltà nel portare le armi occidentali in prima linea“.
L’altra osservazione riguarda le dichiarazioni rese ieri da Zelensky, il quale, nonostante la perdita di territori e le tante difficoltà, ha rilanciato con forza la magia delle armi Nato. Tali armamenti, ha detto, stanno iniziando a fare la “differenza” sul campo di battaglia, aggiungendo soddisfatto: “Siamo riusciti a stabilizzare la situazione” (Ansa).
Ripresa con enfasi da tutti i media d’Occidente, la versione di Zelensky serve a rilanciare la propaganda e, ovviamente, ad allontanare la diplomazia, non necessaria dal momento che è arrivato il momento della riscossa.
Peccato che solo pochi giorni fa, dopo aver annunciato il successo della campagna russa nella regione di Lugansk, ormai sotto il controllo russo, Putin abbia dichiarato una pausa delle operazioni per i militari impegnati in tale regione, per ripristinare la macchina bellica e concedere loro un po’ di riposo (BBC). Essendo le forze russe concentrate in tale regione, è ovvio che ciò determina un forte rallentamento della campagna anche altrove.
Insomma, Zelensky si è rivenduto questa pausa come un successo del suo esercito e delle magiche armi Nato.
La propaganda è parte essenziale della guerra, e ci sta che il presidente ucraino ne usi e abusi. Ma se la propaganda prende il posto della realtà e diventa la base sulla quale prendere decisioni cruciali, come aprire un negoziato o meno, il disastro è assicurato. Purtroppo, è il caso ucraino.

E c’è chi si scandalizza e inorridisce per le dichiarazioni di Putin che “non ci fermeremo al Donbass”. Ma veramente vi sempre così strano? Veramente vi sembra così scandaloso? Se l’obiettivo del comico e dei suoi pupari fosse quello di riprendersi il Donbass sarebbe perfettamente ovvio che quello della Russia fosse di tenerlo, come era all’inizio, ma essendo l’obiettivo dichiarato della controparte quello di sconfiggere e disintegrare la Russia, mi pare perfettamente logico che la Russia provveda a ricalibrare il tiro: solo dei ritardati in malafede possono non vederne la logica. E, soprattutto, i responsabili.
E a questo punto direi che ci sta più che bene un bell’inno sulla Piazza Rossa (Krasnaja Plosciad: quella che mi sono distratta e sono scesa dalla metropolitana una fermata prima e mi sono persa, che avventura ragazzi!)

barbara

SPIGOLATURE 5

Titoli urlati: 1000 sindaci vogliono che Draghi resti

A parte questo, il compito istituzionale dei sindaci è far funzionare i propri comuni: a quale titolo mettono il becco sulla Presidenza del Consiglio? E, a proposito del Consiglio dei Ministri:

E se questo consiglio non piace loro, dato che con tutti i problemi che hanno soffriranno sicuramente di ansia, ne ho un altro:

Un problema comune a tutti noi è invece il riscaldamento climatico, questo innegabile riscaldamento climatico che qualche folle si ostina a negare,  e di cui abbiamo l’inconfutabile prova in questi giorni, con questo caldo africano con temperature mai viste prima

e la conseguente siccità

Alle immagini aggiungo una condivisibile considerazione

Giovanni Bernardini

Due immagini: un giornale del 19 luglio 1964 in cui si parla di ondata record di calore ed una petizione di oggi, in cui si invita la gente a firmare contro i fiumi in secca.
Interessante ed estremamente significativo uno dei commenti a questa seconda immagine:
“Il pianeta ci sta’ restituendo tutto il male, che da decenni gli stiamo arrecando !! “
Non si sa se ridere o se piangere. Il “pianeta” trasformato in una persona vendicativa e, diciamolo pure, un po’ stronza. Noi gli facciamo del male e lui cosa ti combina? Ci ricambia con una bella siccità.
Dove oggi ci sono le Dolomiti un tempo c’era il mare. In certi periodi i ghiacci arrivavano sin quasi ai tropici, Fra qualche milione di anni il sole collasserà e il “pianeta” sarà distrutto o diventerà una landa priva di qualsiasi forma di vita. E di tutto questo “il pianeta” se ne fregherà altamente, perché per “lui” che ci sia caldo o freddo, che esista o non esista la vita è qualcosa di assolutamente indifferente.
Non per certi adepti della nuova religione pseudo ambientalista. Loro pregano per i ghiacciai, firmano petizioni contro la siccità, e chiedono scusa al “pianeta” per il male che gli facciamo.
E sperano che diventi un po’ meno suscettibile.
Penoso…

E a proposito delle cose che i folli si rifiutano di credere, aggiungo l’efficacia dell’omeopatia

Sono invece rimasti ormai in pochi a credere che

E ora vi porto a visitare un Paese molto intelligente:

E guardate la reazione dei crucchi quando Trump li avverte che si stanno legando mani e piedi alla Russia e che non andrà a finire bene:

D’altra parte lo sappiamo che i crucchi sono quelli che regolarmente cominciano le guerre e regolarmente le perdono. Perché? Perché sono crucchi! Dall’altra parte in compenso abbiamo un Biden che in Israele ancora una volta porge la mano all’aria e a Yad Vashem invece che di “horror of Holocaust” parla di “Honor of Holocaust”.

E vogliamo parlare dei contorcimenti mentali in fatto di sesso, genere, percezione e altre analoghe cazzate?

Fino all’orrore supremo

Non che questo sia granché da meno

Fulvio Del Deo

Dal canale di Maria Zakharova

Rachel (Richard) Levine – Ammiraglio, Assistente Segretario di Stato per la Salute transgender, MSNBC 18 luglio 2022
Corrispondente: Lei ha recentemente chiesto che le leggi siano scritte e che le dichiarazioni pubbliche siano fatte sulla base di prove scientifiche e un senso di compassione, non di speculazioni. Di recente hai interagito con giovani transgender della Florida, ci racconti di cosa hai parlato con loro?
R. Levin: I giovani transgender sono molto vulnerabili. Sono perseguitati e vittime di bullismo nelle scuole in cui vivono. Ora sono oggetto di attacchi motivati politicamente a causa delle azioni di alcuni stati dirette contro di loro. Queste azioni non sono basate sulla scienza, sono motivate politicamente.
Pertanto, dobbiamo aumentare la capacità di utilizzare i bloccanti della pubertà per questi bambini e di operarli in base al sesso approvato.

Non è nemmeno più eugenetica. Questo è vero fascismo liberale. Qualcuno “affermerà” il sesso del bambino, bloccherà la pubertà naturale e quindi eseguirà un’operazione mutilante.
E sempre in tema di politicamente corretto

Questa potrebbe sembrare satirica, ma è tragicamente autentica

E questa la naturale conclusione di tutta la baracca

Chiudo la rassegna con gli effetti collaterali del ringiovanimento

che comunque, effetti collaterali a parte, è se non altro un filtro di qualità decisamente migliore (e usato con maggiore accortezza) di quelli usati dalle oche narcisiste

e con una comprensibile domanda

E visto che il tema più gettonato resta sempre quello dei cambiamenti climatici, vi propongo le quattro stagioni (no, non la pizza), che come cambia il clima da una stagione all’altra, ragazzi, roba da paura.

barbara

uzova zhulin

DOBBIAMO ACCETTARE SERENAMENTE DI SOFFRIRE

perché abbiamo il dovere morale di difendere la democrazia. L’articolo è lunghissimo, ma d’altra parte quando le cose da denunciare sono molte, non si può cavarsela con due paginette. Magari leggetelo a rate, ma leggetelo per favore.

Sparizioni, imprigionamenti ed esecuzioni extragiudiziali in Ucraina da parte dei servizi di sicurezza di Kiev

Rilancio dallo scrittore Enrico Vigna un report da lui approntato intitolato “Retate e rappresaglie in Ucraina. Una macchina di terrore di stato contro qualsiasi dissenso o di sostegno a soluzioni di pace”.
Il resoconto sfrutta fonti Open – anche occidentali come ABC, BBC, e NBC – per porre l’accento sulla campagna repressiva messa in atto dal governo Zeensky. Le vicende descritte in realtà sono ampiamente note ‘agli addetti ai lavori’, sia perché sono state pubblicizzate dalle fonti indicate a margine, sia perché esiste una buona quantità di documentazione a riguardo:

Retate e rappresaglie in Ucraina. Una macchina di terrore di stato contro qualsiasi dissenso o di sostegno a soluzioni di pace.

Enrico Vigna, luglio 2022

“Caccia all’uomo” dispiegata in Ucraina, con metodi terroristici e persecutori, contro antifascisti, giornalisti, democratici, donne e attivisti per la pace, padri ortodossi, comunisti, socialisti o chiunque non sia assoggettato alla giunta golpista.

Il 24 febbraio la SBU ha ufficialmente dato ordine, in tutte le città dell’Ucraina di arrestare e colpire qualsiasi tipo di oppositori che esprimano critiche alle politiche di Kiev, o che chiedono il rilancio dei principi degli accordi di Minsk, come unica possibilità di trovare e sostenere una soluzione negoziale del conflitto militare nel Donbass e proposte di cooperazione paritaria con la Russia, contro le politiche russofobe della giunta di Kiev e delle forze neonaziste. Nell’Ucraina golpista, sotto la direzione dei servizi di intelligence statunitensi, sono state stilate “liste” di cittadini e cittadine ucraini inaffidabili o sospettati di dissentire dalle scelte di Kiev. Elenchi con indirizzi e numeri di telefono, sono stati compilati in tutte le città e il dipartimento di controspionaggio della SBU e la direzione principale dell’intelligence del ministero della Difesa, sono i responsabili di questo lavoro. Sono state date istruzioni per sequestrare o colpire chiunque, sia anche solo sospettato di simpatia per la Russia, di propagandare idee comuniste, socialiste o antifasciste, di sostenere relazioni costruttive o proponga forme di cooperazione o amicizia con la Russia.
Si colpisce in modo indiscriminato e si stanno riempiendo centri di detenzione e tortura non conosciuti. L’indicazione, come è già avvenuto e viene documentato in questo dossier, è quella che, se ci sono resistenze, di sparare e uccidere senza indugi, come è già accaduto.
Il numero degli accusati di “violazione dell’integrità territoriale” è aumentato: da 5351 a 5962, cioè di 611 casi (l’articolo 110 perseguita principalmente blogger, giornalisti non ufficiali e chiunque abbia espresso un’opinione diversa dalla propaganda di stato). Cioè, ogni giorno 87 ucraini vengono accusati ai sensi di questo articolo. Il numero delle repressioni aumenta quotidianamente in modo rilevante.
Anche il numero delle persone accusate di “alto tradimento” (articolo 111 del codice penale) è aumentato da 1075 a 1117. Cioè, nelle ultime settimane, una media di 6 cittadini al giorno sono stati accusati di “alto tradimento”. Il “tradimento” (art. 111 cp) è l’accusa politica più grave. Un cittadino accusato può finire in carcere per 15 anni o per tutta la vita.
Tutto questo sanguinoso lavoro è coordinato dal generale A. Poklad, capo del controspionaggio della SBUin stretta collaborazione con le agenzie di intelligence statunitensi e britanniche. E per liberarsi da accuse di rappresaglie extragiudiziali, nei documenti riservati, ai vari rami locali della SBU si raccomandava di incaricare la Difesa Territoriale locale, composta dalle forze neonaziste e criminali comuni, di fare il lavoro più sporco. Ad esempio, sono loro, i “vendicatori del popolo” o “tribunali del popolo” che sequestrano e torturano, organizzano rappresaglie contro “traditori e rinnegati” dell’Ucraina, e che poi rivendicano e pubblicizzano sui social orgogliosamente. Veri e propri “squadroni della morte” di memoria sudamericana, già in funzione dal dopo Maidan.
La sua attuazione ha significato in questi mesi, un’ondata di migliaia di arresti, sequestri e rapimenti di politici di opposizione, giornalisti, attivisti per la pace, antifascisti, comunisti, socialisti, persino Padri ortodossi e personaggi pubblici dei Media ucraini, che ha investito il Paese.
Inoltre, nei confronti di persone non troppo note, i “guardiani dell’ordine” neonazisti non si preoccupano nemmeno di avviare procedimenti penali. Nell’Ucraina golpista, una persona può essere uccisa e dichiarata “scomparsa”, oppure legata a un palo col nastro isolante, oppure torturata e picchiata a morte come “bandito” o perché non ha gridato “Slava Ucraina”, motto degli ucronazisti dei tempi del Terzo Reich e oggi rappresentazione identitaria dei Battaglioni come Azov e similari, oppure per non aver pronunciato correttamente la parola “polyanytsya”.
Denunciando questa situazione, prima di scappare dal paese e poi essere arrestato in Spagna negli scorsi mesi, il deputato e leader del suo partito democratico, Anatoly Shariy aveva messo in guardia : “Non solo attivisti e fautori cadranno sotto questa daga di terrore, ma in generale, verranno colpiti anche tutti coloro che saranno denunciati dai vicini per i motivi più diversi, tutti quelli che una volta hanno espresso qualche opinione, tutti quelli che non hanno sostenuto
abbastanza le autorità, ecc. .”.
L’ufficio del procuratore generale dell’Ucraina ha recentemente riferito sui risultati del suo lavoro. Dal 24 febbraio di quest’anno dall’inizio delle operazioni militari russe per smilitarizzare e denazificare l’Ucraina, le autorità di Kiev hanno aperto 7.283 procedimenti penali ufficiali (ci sono alcune migliaia di “scomparsi” non riconosciuti dalla SBU…) contro civili. Di questi, 1.653 casi si riferiscono a “violazione dell’integrità territoriale”, 453 per “alto tradimento”, 43 per “guerra aggressiva”, 56 per “sabotaggio”. Sotto tutte queste accuse di alto profilo, si celano atti di repressione politica da parte delle autorità contro qualsiasi forma di dissenso politico, informativo, civile o religioso.
Inoltre è stato anche legalizzata con la legge 7194, la confisca dei beni per chiunque sia sospettato di essere fautore della Russia.
Così la Rada ha legalizzato la rapina alla popolazione a livello istituzionale. Come si sa, in questi 8 anni, i militanti della Difesa territoriale ucraina e i battaglioni neonazisti erano già usi a saccheggiare e portare via con la forza, beni e proprietà di chiunque fosse indicato come “separatista”.
Nel regime golpista di Kiev si può essere considerati “traditori” e “sabotatori”, anche soltanto per la richiesta di trovare soluzioni negoziali o di dialogo con la Russia. Come nel caso che tratterò dopo, del noto blogger ucraino di Leopoli, Gleb Lyashenko, imputato di “alto tradimento”, la cui spaventosa colpa, è racchiusa nel fatto che, dopo l’inizio dell’operazione speciale russa, ha invitato le parti in conflitto alla pace e aveva scritto, sulla sua pagina social: “…Il presidente Zelensky può continuare a prendere il gatto per la coda, ma tutta la responsabilità della distruzione delle città ucraine è sulla sua coscienza personale. Ogni civile ucciso accidentalmente, ogni soldato ucraino ucciso è responsabilità personale di Zelensky”Dopo l’accusa non è stata fornita alcuna prova di suoi eventuali legami con la Russia, quindi esprimere un’opinione diversa in Ucraina, significa, dal punto di vista dell’attuale legge, essere accusati di “alto tradimento”. D’altronde nell’Ucraina golpista le leggi stabiliscono che, per finire in prigione per 15 anni, basta mancare di rispetto alle autorità vigenti.
Gli attivisti per i diritti umani denunciano quotidianamente gravi maltrattamenti, discriminazioni e intimidazioni violente nei confronti dei cittadini in Ucraina. Amnesty International (AI) riferisce nel suo ultimo rapporto del 29 marzo che l’ufficio del procuratore generale ucraino ha ricevuto un totale di 79 nuovi casi di presunta tortura e 1.918 casi di presunti abusi da parte delle forze dell’ordine per il 2021. Nella maggior parte dei casi, “l’impunità continua a prevalere”. Inoltre, AI ha criticato i poteri di vasta portata del servizio di intelligence interno ucraino SBU nell’arresto e nell’interrogatorio di persone e nell’uso della forza letale, nonché nella sorveglianza della popolazione.
Già a marzo 2021, la Corte europea dei diritti dell’uomo si era pronunciata a favore dei querelanti contro l’Ucraina in 115 casi, stabilendo che le loro condizioni di detenzione costituivano tortura o altri maltrattamenti. Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti ha segnalato numerose violazioni della Convenzione europea contro la tortura nelle carceri ucraine nel 2020.
Nel 2018, anche il “think tank” ATLANTIC Council, che è vicino all’esercito americano, aveva espresso grande preoccupazione per il fatto che il governo ucraino stesse sostenendo finanziariamente gruppi militanti neonazisti come C14, usandoli come polizia ausiliaria armata, e che l’SBU stesse anche cooperando operativamente con le organizzazioni nazifasciste.
Le notizie di atrocità contro i prigionieri di guerra russi si stanno accumulando. Sempre più spesso, tuttavia, anche i civili ucraini stanno diventando vittime di atti di violenza. Ad esempio, con l’accusa di collaborare con gli invasori russi o di mantenere “collegamenti con Mosca”, come dice il gergo del governo di Zelensky. I nazifascisti, per lo più membri delle forze armate, apparentemente vedono la legge marziale come una carta bianca per torturare e uccidere le persone.
Quotidianamente vengono perseguiti, arrestati e fatti sparire migliaia di persone, con la motivazione di attività antinazionali o di opposizione al regime golpista.
In questo modo sono stati arrestati o sequestrati, centinaia di giornalisti o blogger indipendenti che cercavano di portare informazioni obiettive su ciò che sta accadendo, pur essendo cittadini ucraini, o deputati che hanno proposto tavoli di negoziazione o di dialogo per fermare la conflittualità militare, o esponenti dei diritti umani, esponenti antifascisti, militanti comunisti e socialisti, Padri ortodossi che difendono i templi da saccheggi o distruzioni, da parte delle bande neonaziste legalizzate nella Guardia Nazionale ucraina.
La cosa gravissima è che in tantissimi casi, dopo l’arresto vengono fatti sparire e nessun familiare o avvocato ha loro notizie o può comunicare e verificare se sono stati torturati o picchiati, come dichiarato da un membro dell’Human Right Council, in riferimento alla scomparsa dello scrittore e giornalista Yan Taksyur e di Elena Berezhnaya la più nota attivista ucraina per i diritti umani e antifascista, ambedue sequestrati dai Servizi speciali dell’USB nelle loro case e scomparsi da mesi.
Un paese, l’Ucraina di questi 8 anni, che ha partorito un comico come presidente, ovviamente uno stolto strumento di ben altri poteri che tirano i fili per alte strategie geopolitiche, il quale viene osannato e omaggiato in tutte le capitali occidentali, con ruoli coreografati e sceneggiati con cura mediatica di altissimo livello comunicativo. In una di queste comparsate mediatiche al Congresso degli Stati Uniti il 16 marzo scorso, Zelensky aveva dichiarato: “..In questo momento si decide il destino del nostro Paese. Il destino del nostro popolo, se gli ucraini saranno liberi, se saranno in grado di preservare la loro democrazia…”. Dopo parole così profonde e toccanti, tutti i media corporativi statunitensi e occidentali hanno posto il presidente ucraino golpista, su un piedistallo della democrazia e della “superiore civiltà occidentale”, arrivando a proporre una campagna per la sua candidatura al Premio Nobel per la pace.
Come solitamente accade nelle “democrature” occidentali, i media assoggettati al sistema, hanno dimenticato o silenziato, quanto stanno compiendo Zelensky e gli alti funzionari della sua amministrazione, con una campagna di rapimenti, torture e assassinii quotidiani di parlamentari ucraini , di sindaci e altri funzionari ucraini uccisi dallo scoppio della guerra, molti, secondo quanto riferito dagli stessi funzionari statali ucraini, solo per aver cercato e gettato le basi di dialoghi per fermare la conflittualità militare, oppure colloqui per la riduzione dell’escalation bellica con la Russia.
Mentre il candidato premio Nobel occidentale per la pace, si esibisce nei teatrini occidentali, il consigliere del ministero degli Interni Anton Geraschenko, suo stretto collaboratore e fondatore della famigerata e criminale “lista nera” pubblica, di Myrotvorets dei “nemici dello stato”, dove si legalizza la persecuzione o l’assassinio di ucraini accusati di simpatie russe o “antinazionali”, commentava con queste parole: “C’è un traditore in meno in Ucraina”, l’omicidio di Volodymyr Struk, sindaco ucraino eletto di Kremennaya ed ex deputato, accusato di “collaborare” con la Russia, in realtà cercava vie negoziali per ritrovare la pace per il popolo ucraino. Rapito da uomini in uniforme militare, giustiziato con un colpo al cuore dopo essere stato torturato. Il 3 marzo sono apparse le immagini del corpo orrendamente torturato di Struk. Ad oggi risultano scomparsi o sequestrati undici sindaci di diverse città ucraine.
Il 12 aprile, Zelensky ha annunciato l’arresto del suo principale rivale politico, Viktor Medvedchuk,
 da parte dei servizi di sicurezza della SBU ucraina. Il fondatore del secondo partito più grande in Ucraina, l’ormai illegale Patriots for Life, Medvedchuk era il rappresentante de facto della popolazione russofona e antifascista del paese a livello istituzionale.
Vengono sistematicamente arrestati oppositori politici, rappresentanti della Chiesa ortodossa che in tutti questi otto anni hanno lottato per la pace e chiunque abbia opinioni critiche.
I servizi di sicurezza della SBU ucraina sono utilizzati come braccio esecutivo della campagna di repressione ufficialmente autorizzata. Con l’addestramento della CIA e lo stretto coordinamento con i paramilitari neonazisti ucraini incorporati nella Guardia Nazionale dell’esercito, la SBU ha passato le ultime settimane a riempire la sua rete di luoghi di tortura, riempiendola di dissenzienti politici.
Sul campo di battaglia, nel frattempo, sono stati compiuti atti di atrocità contro i soldati russi catturati, mostrando con orgoglio gli atti sadici sui social media pubblici.
Come denunciato dalla giornalista tedesca dello Junge Welt, Von Susann Witt-Stahl, il 2 aprile 2022: “Ore di pestaggi e umiliazioni. I servizi segreti ucraini e i neonazisti maltrattano e rapiscono attivisti di sinistra a Dnipro. La guerra viene usata per rapire, imprigionare e persino uccidere membri dell’opposizione che esprimono critiche nei confronti del governo…”.
Il servizio di sicurezza ucraino SBU, rifondato dopo il golpe di EuroMaidan del 2014, e imbottito di militanti neonazisti, è stato il principale responsabile delle continue campagne di repressione politica interna del governo golpista. Osservatori filo-occidentali, tra cui l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite (ONU OHCR) e Human Rights Watch, hanno accusato la SBU di torturare sistematicamente oppositori politici e dissidenti ucraini nella quasi totale impunità.
L’ OHCR delle Nazioni Unite ha rilevato che “la detenzione arbitraria, le sparizioni forzate, la tortura e il maltrattamento di detenuti legati al conflitto sono pratiche comuni della SBU… Un ex ufficiale della SBU di Kharkiv ha spiegato: Per la SBU, la legge praticamente non esiste in quanto tutto ciò che è illegale può essere classificato o giustificato facendo riferimento alle necessità dello Stato”. Yevhen Karas, il fondatore della famigerata unità neonazista C14, ha descritto in dettaglio lo stretto rapporto che la sua banda e altre fazioni di estrema destra hanno intrattenuto con la SBU: ”… i guerrieri della nazione sono stati direttamente coinvolti in rapimenti e liquidazioni, la SBU informa non solo noi, ma anche Azov, il Settore Destro, e così via”, si vantava Karas in un’intervista del 2017.
Il giornalista statunitense Dan Cohen ha intervistato un uomo d’affari ucraino di nome Igor, che era stato arrestato dalla SBU per i suoi legami finanziari con società russe e detenuto lo scorso marzo nel famigerato quartier generale del servizio di sicurezza nel centro di Kiev. Igor ha detto di aver sentito per caso i prigionieri di guerra russi picchiati con tubi, da volontari della Difesa Territoriale allenati da ufficiali della SBU. Presi a pugni al suono dell’inno nazionale ucraino, i prigionieri russi furono brutalizzati fino al loro svenimento. Poi venne il turno di Igor. “Hanno usato un accendino per scaldare un ago, poi me lo hanno messo sotto le unghie. Il peggio è stato quando mi hanno messo un sacchetto di plastica in testa e mi hanno soffocato, e quando mi hanno puntato alla testa la bocca di un fucile Kalashnikov e mi hanno costretto a rispondere alle loro domande”, ha detto a Cohen.
In queste situazioni vi è il ruolo di addestramento e gestione da parte della CIA, come testimoniato da Vassily Prozorov, un ex ufficiale della SBU che ha disertato ed è fuggito dopo il colpo di stato di Euromaidan, che ha descritto in dettaglio la sistematica dipendenza dei servizi di sicurezza ucraini dalla CIA dal 2014. “I funzionari della CIA sono presenti a Kiev dal 2014. Risiedono in appartamenti clandestini e case di periferia. Tuttavia, si recano spesso all’ufficio centrale della SBU per tenere riunioni specifiche o pianificare operazioni segrete”.
Valentyn Nalyvaichenko, il primo capo della SBU dopo il golpe del 2014, ha stretto forti legami con Washington, quando ha servito come console generale presso l’ambasciata ucraina negli Stati Uniti, durante l’amministrazione di G. W. Bush. Secondo il suo predecessore, Alexander Yakimenko, fu durante quel periodo, che Nalyvaichenko fu reclutato dalla CIA.
Nel 2021, Zelensky ha nominato una delle figure più famose dell’intelligence ucraina, Oleksander Poklad, a capo della divisione di controspionaggio della SBU. Poklad è soprannominato “Lo strangolatore”, in riferimento alla sua reputazione di usare torture e sordidi espedienti per incastrare i rivali politici dei suoi capi, con l’accusa di tradimento. Lo scorso aprile, è emersa una chiara illustrazione della brutalità della SBU sotto forma di un video, che mostra i suoi agenti mentre picchiano un gruppo di uomini accusati di essere oppositori di Kiev nella città di Dnipropetrovsk.
Mentre i media occidentali sono concentrati esclusivamente sulla ricerca di violazioni dei diritti umani in Russia, gli account dei social media filo ucraini e neonazisti espongono con orgoglio, crimini di guerra sadici, dalle esecuzioni sul campo alla tortura dei soldati prigionieri.
A marzo, un canale Telegram filo-ucraino chiamato White Lives Matter ha pubblicato un video di un soldato ucraino che chiamava la fidanzata di un prigioniero di guerra russo, con lui accanto e la atterriva con la promessa di castrare il prigioniero suo fidanzato.
L’uso da parte dei soldati ucraini dei cellulari dei soldati russi morti per terrorizzare e ingiuriare i loro parenti, è ormai una pratica comune. In effetti, il governo ucraino, come riferito dal Washington Post e dal New York Times, ha iniziato a utilizzare la tecnologia notoriamente invasiva di riconoscimento facciale di Clearview AI, la società tecnologica statunitense, per identificare le vittime russe e terrorizzare i loro parenti sui social media.
Ad aprile, un canale Telegram filo-ucraino chiamato fuckrussia2022 ha pubblicato un video che ritrae un soldato russo con uno degli occhi bendati, dicendo che gli era stato asportato durante la tortura e lo deride, definendolo un maiale “con un occhio solo”.
Forse è lo stesso soldato apparso nei giorni successivi in un’immagine raccapricciante, dove vi è la foto di un soldato russo torturato a cui è stato cavato un occhio prima di essere ucciso.
Ad aprile è emerso anche un video che mostra soldati ucraini che sparano alle gambe di prigionieri di guerra russi indifesi fuori dalla città di Kharkov. Un video separato, pubblicato dai soldati della Legione georgiana ucraina, fondata dagli Stati Uniti, mostrava i combattenti che eseguivano esecuzioni sul campo di prigionieri russi feriti vicino a un villaggio fuori Kiev.
Mamula Mamulashvili, il comandante di questa Legione georgiana, si è vantato ad aprile che la sua unità commette apertamente crimini di guerra: “… Sì, a volte leghiamo loro mani e piedi e li giustiziamo. Parlo a nome della Legione georgiana, non faremo mai prigionieri i soldati russi.
Nessuno di loro sarà fatto prigioniero”, come riportato da sito The grayzone. Allo stesso modo, Gennadiy Druzenko, il capo del servizio medico militare ucraino, ha dichiarato in un’intervista con Ucraina 24, di aver “emesso un ordine di castrare tutti gli uomini russi perché erano subumani e peggiori degli scarafaggi”.
Il 16 giugno, l’ufficio della Procura Generale di Kiev ha rilasciato nuove informazioni sui casi penali politici “ufficiali” su cui stanno indagando le forze dell’ordine ucraine, a partire dal 24 febbraio 2022.
È aumentato da 24.346 a 26.388, aumentato di 1864 casi rispetto al report precedente. Questo significa che l’ufficio del pubblico ministero ha aperto una media di 306 procedimenti penali al giorno. Nel periodo precedente le forze di sicurezza avevano aperto una media di 266 procedimenti penali per motivi politici al giorno.
Nelle condizioni create dal regime di Kiev per gli abitanti dell’Ucraina nelle sue varie componenti, è giusto ricordare l’eterna verità espressa all’epoca, dal pastore Martin Niemoller, uno dei più famosi oppositori del nazismo in Germania, presidente del Consiglio Mondiale delle Chiese, vincitore del Premio Internazionale Lenin “Per il rafforzamento della pace tra le nazioni”. Niemoller disse: “Quando i nazisti hanno sequestrato i comunisti, sono rimasto in silenzio: non ero comunista. Quando hanno imprigionato i socialdemocratici, sono rimasto in silenzio: non ero socialdemocratico. Quando hanno preso i membri del sindacato, sono rimasto in silenzio: non ero un membro del sindacato. Quando sono venuti per me, non c’era nessuno che intervenne per me“. E questo sta accadendo agli abitanti dell’Ucraina se non si rivoltano.
La NOSTRA Ucraina: Donne e uomini, indipendenti, affrancati e antifascisti. Da difendere, liberare, restare al loro fianco o onorarne la memoria. Assassinati dai banderisti di Kiev L’elenco di coloro che sono stati imprigionati o rapiti dai servizi di sicurezza ucraini dallo scoppio del conflitto militare, cresce di giorno in giorno ed è impossibile tenerlo aggiornato, da un lato è troppo ampio per essere riprodotto qui, dall’altro è tragicamente in aggiornamento continuo. Questo dossier… è già purtroppo vecchio.
Vorrei ricordare che dall’inizio dell’operazione militare speciale in Ucraina, 13 sindaci sono stati rapiti e scomparsi. Due di loro sono stati ritrovati morti e per gli altri ci sono poche speranze.
Il sindaco della città di Kremennaya, l’ex deputato Vladimir Struk, pochi giorni prima della sua morte, aveva esortato i suoi colleghi a negoziare con i funzionari filo-russi per trovare accordi e impedire derive militari pericolose per la popolazione. È stato rapito da sconosciuti in mimetica, dopo di che il suo corpo è stato trovato assassinato con una ferita da arma da fuoco nella zona del cuore, dopo essere stato brutalmente torturato. I neoazisti hanno rivendicarono pubblicamente la responsabilità dell’omicidio, e il consigliere del capo del ministero degli Affari interni, Anton Gerashchenko, a sua volta, sulla sua pagina Telegram, ha definito l’assassinato Struk un “traditore” e ha spiegato che è stato condannato da una cosiddetta “Corte del tribunale del popolo ucraino”.
Molto strano, perché Struk era stato regolarmente votato ed eletto più volte dal suo popolo… ucraino.
Il 7 marzo il sindaco di Gostomel, Yuri Prylipko, è stato trovato assassinato. Secondo quanto riferito , Prylipko aveva avviato negoziati con l’esercito russo per organizzare un corridoio umanitario per l’evacuazione dei residenti della sua città, una linea rossa per gli ultranazionalisti ucraini che erano stati a lungo in conflitto con il sindaco. Sulla stampa e sui social network dell’Ucraina, avevano scritto che il capo della comunità di Gostomel, era stato ucciso insieme ad altre due persone, dai soldati russi mentre distribuiva cibo ai suoi cittadini.
“Il presidente della comunità di Gostomel, Yuri Ilyich Prilipko, è morto distribuendo pane agli affamati e medicine ai malati, confortando coloro che si scaldavano e aiutando i disperati. Per questo, lui, insieme a Ruslan Karpenko e Ivan Zore, sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco dagli occupanti”, affermava in un post il sito Telegram Vesti.
Nonostante i tentativi di falsificare gli avvenimenti e disinformare la popolazione, la verità è emersa grazie ai parenti di Prilipko, che si sono affrettati a confutare la notizia diffusa da Kiev, secondo cui il loro parente sarebbe stato ucciso dagli “occupanti” russi. Il genero e in seguito il suo vice Rostislav Skuratovsky, si sono affrettati a denunciare l’inaffidabilità di queste dichiarazioni.
Intervistati da 5-T, hanno ricordato che era noto a tutti che Prilipko e il suo consiglio di paese, erano stati continuamente in conflitto con i nazionalisti e che questi avevano ripetutamente minacciato il sindaco ed i suoi collaboratori.
A Kiev il 5 marzo, è stato ucciso Denis Kireev. Quel giorno, i media ucraini, citando il vice presidente della Rada, Oleksandr Dubinsky, hanno scritto che il Kireev era sospettato di tradimento, ucciso da membri del Servizio di Sicurezza dell’Ucraina, vicino all’edificio del tribunale distrettuale Pechersky di Kiev. Kireev, che era stato un membro della delegazione ucraina nei negoziati di pace con la Russia, aveva espresso una posizione di ricerca negoziale realistica e di cercare un compromesso con la Russia e non trascinare l’Ucraina in un ruolo di strumento di politiche e interessi statunitensi, letali per il popolo ucraino. L’ONU ha chiesto, senza alcun esito, un’indagine sull’omicidio di Kireev.
In questi ultimi otto anni, diversi giornalisti e dissidenti ucraini, erano già stati assassinati dagli squadroni della morte approntati dalla giunta ucraina, dopo che i loro nomi erano comparsi nell’elenco dei traditori. Il caso più conosciuto è quello del noto giornalista ucraino Oles Buzina ucciso il 16 aprile 2015 davanti alla sua abitazione a Kiev, ucciso da due uomini in pieno giorno.
I Desaparecidos dell’Ucraina popolare antifascista, democratica e indipendente

ARRESTATI e SCOMPARSI

Il 24 marzo, Gennady Matsegora, sindaco di Kupyansk, nell’Ucraina nord-orientale, ha rilasciato un video (sotto) in cui si appellava al presidente Zelensky e alla sua amministrazione per il rilascio di sua figlia, che era tenuta in ostaggio per ricattarlo, dagli agenti dell’intelligence ucraina SBU, che lo accusano di tradimento per aver negoziato con le forze russe la salvaguardia della cittadina.
Ora è stato arrestato ed è scomparso.

La più nota attivista ucraina per i diritti umani e sociali, Elena Berezhnaya, è stata arrestata e sequestrata a Kiev il 16 marzo scorso.
Elena Berezhnaya, fondatrice e direttrice dell’Istituto di politica giuridica e protezione sociale ucraino, la più nota attivista ucraina per i diritti umani, dal 16 marzo è stata sequestrata, dopo essere stata arrestata dalla polizia nel suo appartamento e portata al dipartimento di polizia del distretto di Goloseevsky, dopo un giorno l’hanno poi portata alla SBU, i Servizi di Sicurezza ucraini, e da allora nessuno sa più niente di lei.
Sei ufficiali della SBU, oppure sei loro armati neonazisti della Difesa Terrritoriale hanno rapito il noto politologo ed esperto militare, Yuri Dudkin a Kiev. L’unica “colpa” di Dudkin è che si è spesso presentato come un membro della squadra di Viktor Medvedchuk (anch’esso arrestato e picchiato),
che era fino a due mesi fa, l’unico partito di opposizione alla Rada, ora anch’esso fuorilegge. È stato duramente picchiato e costretto a fare una dichiarazione anti-russa davanti a una videocamera. Da quel momento il destino del politologo sequestrato è sconosciuto.

Anche il politologo e presentatore televisivo ucraino Dmitry Dzhangirov membro del movimento “Novyi Sotcialism/Nuovo socialismo”, è caduto nelle grinfie dei neonazisti ucraini. Volutamente non voleva lasciare Kiev, invitando la leadership del Paese al buon senso e a trovare soluzioni negoziali. Ora è tenuto in ostaggio (presumibilmente nel centro di detenzione preventiva della SBU), esprimendo “pentimento” in un video e condannando le azioni della Russia. Anch’egli è stato sottoposto a violenze e ricatti, e la famiglia non ha mai potuto incontrarlo o conoscere dove è detenuto. Sulla pagina Facebook di Dzhanguirov è comparso un video, in cui probabilmente sotto tortura dice cose che non affermerebbe mai.

Sequestrato anche il tenente colonnello della SBU in pensione Vladimir (Vlad) Mulyk, ufficiali della SBU lo hanno arrestato a Boryspil (nella regione di Kiev). Negli ultimi 7 anni, Mulyk era invitato come esperto militare sui canali televisivi ucraini e russi. Di cosa sia accusato e i reati a lui  imputati, così come dove è sequestrato Mulyk, sono sconosciuti.

I neonazisti hanno rapito anche il famoso scrittore, giornalista e presentatore televisivo 70enne Jan Taksyur. Persone armate hanno fatto irruzione nel suo appartamento di Kiev, presentandosi come ufficiali della SBU e lo hanno portato via in un luogo sconosciuto. “… Il 10 marzo, agenti della SBU con le mitragliatrici sono venuti nell’appartamento dei miei genitori, hanno rubato quasi tutti i soldi e portato via mio padre senza mostrare mandati o notificazioni. Ora non sappiamo dove sia detenuto, mia madre è andata all’ufficio della SBU, dicono che non ne sanno nulla. Non sappiamo dove sia mio padre, non sappiamo di cosa sia accusato. I suoi amici ora stanno cercando un avvocato per sapere dov’è, e conoscere sue condizioni fisiche”, ha detto ai media suo figlio Ilya Taksyur. Tuttora il destino di Tksyur è sconosciuto.

Nello stesso giorno, sconosciuti sono entrati nell’appartamento dello storico e pubblicista di Kiev Alexander Karevin. È uno studioso di scienze teologiche, che ha più volte criticato le azioni delle autorità ucraine. Nel programma di Jan Taksyur “Il diritto alla fede”, Karevin ha difeso i canoni dell’Ortodossia e ha dichiarato l’inammissibilità di uno scisma. Il suo destino è sconosciuto.

Il famoso sportivo di Kharkov, noto atleta ucraino che è stato campione nazionale di apnea, ed ex prigioniero politico nel 2014, Spartak Golovachev, risulta scomparso. Ricercato dalla SBU, negli ultimi anni era attivo in missioni umanitarie verso Slavyansk.

Il 4 marzo è scomparso Vladimir Ivanov, un attivista di sinistra della città di Zaporozhie. Non si sa dove si trovi e il suo account Telegram contiene post che chiaramente non sono suoi.
Il deputato del Partito Socialdemocratico Ucraino, Nestor Shufrich è stato arrestato dal battaglione Teroborona con l’accusa di aver cercato di fotografare un checkpoint. Preso dalla SBU non si hanno più notizie, è scomparso.
Il 10 marzo a Kiev, Dmitry Skvortsov, un attivista pacifista della Chiesa ortodossa ucraina, è stato arrestato, è riuscito solo a scrivere su Internet: “La SBU sta entrando in casa”. Di lui non ci sono più notizie. Scomparso.
A marzo, un canale Telegram filo-ucraino chiamato White Lives Matter ha pubblicato un video di un soldato ucraino che chiamava i familiari di un prigioniero di guerra russo e li irrideva con la promessa di castrare il prigioniero.

ARRESTATI e TORTURATI

Il 3 marzo nella città di Dnipro, ufficiali della SBU accompagnati da neonazisti di Azov, cinque in tutto, hanno fatto irruzione nella casa dei coniugi Matjuschenko, attivisti dell’organizzazione Livizja (Sinistra). La moglie Maria ha dichiarato che un membro dell’Azov “mi ha sputato in faccia e poi mi ha tagliato i capelli con un coltello”, mentre gli agenti della sicurezza dello stato torturavano per oltre due ore suo marito Alexander Matjuschenko, poi con la canna di una pistola alla testa lo costringevano a gridare ripetutamente il saluto nazionalista: “Slava Ucraina!” “Poi ci hanno messo dei sacchetti in testa, ci hanno legato le mani con del nastro adesivo e ci hanno portato all’edificio della SBU in macchina. Lì hanno continuato a interrogarci e hanno minacciato di tagliarci le orecchie”, ha detto la moglie di Matjuschenko al giornale tedesco Junge Welt.

I membri dell’Azov e gli agenti della SBU hanno registrato con i telefonini gli atti di tortura e pubblicato poi online le immagini del volto insanguinato di Matjuschenko.
Matjuschenko è stato incarcerato con la motivazione che stava “conducendo una guerra aggressiva o un’operazione militare”. Nonostante abbia diverse costole rotte dal pestaggio, gli è stata negata la possibilità di curasi con medici di fiducia. Nel frattempo, dozzine di altri esponenti di sinistra sono stati incarcerati con accuse simili a Dnipro e molti denunciano che: “La guerra viene usata per rapire, imprigionare, persino uccidere membri dell’opposizione, che sono anche solo critici nei confronti del governo”, ha detto a JW un attivista. “Dobbiamo tutti temere per la nostra libertà e per le nostre vite”.
Qui sotto una immagine dei filmati delle torture ad Alexander Matjuschenko, registrata dai membri di Azov e pubblicati sul canale Telegram della città di Dnipro.

Matyushenko è un noto antifascista e membro di Livitsya (Sinistra), un’associazione fondata da attivisti di vari movimenti sociali del Dnipro. Il movimento si è sempre impegnato con proteste contro i tagli sociali, i bassi salari, la restrizione della democrazia e l’ uniformazione dei media. Già in passato, Alexander era stato ripetutamente sottoposto a tentativi intimidatori da parte dei fascisti, ma anche della polizia, ha dichiarato la moglie. Matyushenko, è stato poi portato in un centro di detenzione, dove un medico alla fine ha curato le sue ferite: numerose fratture costali, lividi, lacerazioni agli occhi e al viso.

Ancora prigionieri i fratelli Mikhail e Aleksander Kononovich. I due giovani ucraini, nativi di Volyn, erano stati arrestati il 6 marzo dalla SBU. Sono accusati di diffondere opinioni filo-russe e filo-bielorusse e per la loro appartenenza all’Unione della Gioventù Comunista Leninista dell’Ucraina, un’organizzazione messa fuorilegge e dichiarata illegale e terroristica, dopo EuroMaidan. Mikhail ne è il primo segretario. Sono detenuti in un carcere di massima sicurezza, ma della loro condizione si sa poco, se non che sono stati torturati pesantemente per fargli dire i nomi dei loro compagni. I due ragazzi incriminati, infatti, sin dal 2014 sono stati alla testa delle mobilitazioni giovanili e studentesche che tentarono di aprire gli occhi al popolo ucraino sulla vera natura di EuroMaidan. Battaglie che in questi 8 anni sono state attaccate e poi represse nel sangue da Pravi Sektor, Azov e dalle altre organizzazioni di estrema destra, mentre l’Occidente si tappava occhi e orecchie. Noti oppositori del regime di Kiev, sono stati spesso aggrediti e picchiati, e arrestati più volte e anche i loro familiari e amici hanno subito minacce e intimidazioni.

L’SBU ha rapito e picchiato il campione dell’Ucraina di “Sambo” Maxim Ryndovsky .
Il tre volte campione mondiale ed europeo, e tre volte campione dell’Ucraina nel “Sambo da combattimento“ (un arte marziale di difesa personale senz’armi), Maxim Ryndovsky è stato sequestrato dai nazisti di Kiev il 6 marzo. In rete è apparso un video del pestaggio del tre volte campione dell’Ucraina, dal video si sente i torturatori che lo stanno picchiando, accusarlo di aver “bevuto e abbracciato coloro che stanno combattendo contro l’Ucraina“. Secondo le informazioni in rete, sarebbero appartenenti del 5° dipartimento di controspionaggio della SBU, ad aver rapito il campione, picchiato e filmato le torture, per terrorizzare l’intera popolazione e coloro che non sono allineati con la giunta di Kiev. La SBU poi ha smentito dichiarando che era stata una operazione delle Unità di Difesa Territoriali. Per levarsi le responsabilità, hanno detto che ci sono gruppi di “vendicatori del popolo”, che compiono rappresaglie extragiudiziali.
Osservando il filmato, si può vedere che Ryndovsky è stato brutalizzato e picchiato e c’è una pozza di sangue sul pavimento accanto a lui. (https://vk.com/video-89049368_456260628)

Il 12 marzo, si è saputo dell’arresto del noto politico antifascista ucraino Vasily Volga, dirigente dell’Unione delle Forze di sinistra che aveva da sempre sostenuto lo status neutrale dell’Ucraina, la cacciata dai posti di comando e di governo delle forze neonaziste e fasciste, la loro messa fuorilegge, e la conservazione dello status di la seconda lingua di stato per la lingua russa. Su chi esattamente lo ha arrestato o semplicemente sequestrato, non c’è alcuna informazione. Neanche i familiari hanno avuto alcuna comunicazione con lui. La famiglia ha denunciato che durante il sequestro è stato gravemente picchiato e ferito. Si è poi venuto a sapere che è stato torturato in modo terribile ed è in gravi condizioni. E’per questo che non si è permesso a nessuno di incontrarlo.
La sua famiglia è stata minacciata se divulga notizie. Solo pochi giorni addietro, dopo che la Russia ha posto il caso all’ONU, Volga ha ricevuto la visita di un medico, che ha solo dichiarato di averlo curato, senza altre informazioni.

Anche i comuni cittadini ucraini sono stati sottoposti a torture e brutalizzazioni dal febbraio scorso.
Innumerevoli video sono apparsi sui social che mostrano civili legati ai lampioni, spesso con i genitali scoperti o con la faccia dipinta di verde, donne denudate. Atti perpetrati da volontari neonazisti della Difesa Territoriale incaricati di far rispettare la legge e l’ordine, questi atti di umiliazione e tortura hanno preso di mira tutti, dagli accusati di simpatizzare per la Russia, agli antifascisti, ai rom o parenti di arrestati. Qui sotto alcuni esempi tratti da twitter: #BREAKING:Street View di Kiev: un’altra donna è legata a un post come questo. La sua faccia non era dipinta di verde, ma i suoi pantaloni erano stati tolti.
#RussiaUcrainaGuerra #Ucraina #Ucraini #Zelensky pic.twitter.com/525fCVrxgx
— Voce della giustizia delle Nazioni Unite (@TheUN_voice) 3 aprile 2022

Il 4 marzo nella città di Lutsk, l’SBU ha arrestato Oleg Smetanin, violinista della filarmonica regionale di Volyn, accusato di aver dato alla Russia informazioni sull’aeroporto di Lutsk.
Proveniente da una famiglia di musicisti, è cresciuto a Lutsk in un micro distretto un tempo abitato dall’esercito sovietico. Si vantava che suo nonno fosse uno scienziato missilistico sovietico e sua madre voleva diventare una pilota. Egli scelse la professione musicale. Smetanin si era diplomato alla Lutsk Music School n. 2, in seguito alla Volyn State School of Culture and Arts intitolata a Igor Stravinsky e all’Accademia nazionale di musica di Leopoli intitolata a Mykola Lysenko. Dopodichè ha iniziato a fare numerosi concerti in Russia e in Europa. In un video girato dalla SBU, dove si può rilevare che è stato picchiato, dichiara di essere stato una spia russa e di chiedere scusa al popolo ucraino. Di lui non si hanno notizie di dove è detenuto.

L’11 marzo a Odessa, l’SBU ha arrestato Elena Viacheslavova, la figlia di Mikhail Viacheslavov, bruciato vivo dai nazisti ucraini il 2 maggio 2014, nella Casa dei sindacati di Odessa.
Sul sito dei giornalisti dell’opposizione ucraina “La Voce della Verità”, si denuncia che:” L’unica colpa di questa donna è che è la figlia di Mikhail Vyacheslavov, ucciso il 2 maggio alla Casa dei Sindacati nel 2014 e ha sempre partecipato a manifestazioni in memoria del 2 maggio sul campo Kulikovo a Odessa, e che, nei suoi social network, da credente, esprimeva fiducia che gli assassini prima o poi sarebbero andati all’inferno. Per questo sono venuti da lei… ”.
Dopo maltrattamenti e pressioni la SBU ha costretto la Vyacheslavova di registrare in video un appello con … scuse all’Ucraina: “Io, Vyacheslavova Elena, condanno l’aggressione russa, Odessa è una città ucraina, mi scuso per le mie dichiarazioni sui social network e gloria all’Ucraina!”, la si vede con uno sguardo intimorito e afflitto mentre parla sottovoce alla telecamera, con le mani legate dietro la schiena. Credere alla enunciazione di questo slogan nazionalista è impossibile, ricordando che ella è la figlia di Mikhail Vyacheslavov, è stato bruciato vivo dai nazisti il 2 maggio 2014  alla Casa dei sindacati.

Il 15 marzo l’SBU ha arrestato e picchiato Artem Khazan, un rappresentante del partito Shariy nella città di Alessandria della regione di Kirovograd. Il giorno dopo sui social network è apparso un video in cui Khazan, chiaramente sottoposto a maltrattamenti, calunniava il presidente del partito Anatoli Shariy e invitava alla collaborazione con la polizia. “Ero il capo del partito politico “Shariy” nella regione di Kirovograd. Il partito aveva il compito di fare propaganda anti-ucraina su Internet. Dopo l’attacco della Russia alla mia Patria, ho capito appieno il mio errore. Ora considero lo Shariy un ramo della propaganda russa. Da ora rifiuto completamente qualsiasi cooperazione con esso e il suo programma politico”, ha affermato Khazan nel video.
Non si sa dove si trovi attualmente Artem Khazan.

FONTI:
Washington Post
Fondazione per la lotta alla repressione, Ucraina
Al Jazeera Ukraine
Mintpressnews
New York Times
5 – TV
ABC
SOZH Info
Ukraina.ru
Junge Welt
NBC
BBC
Telegram ucraino White Lives Matter
Voce della Verità, Ucraina

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Enrico Vigna: scrittore, è presidente dell’Associazione SOS Yugoslavia – SOS Kosovo Metohija, di cui è responsabile dei Progetti di solidarietà del Kosovo; è portavoce del Forum Belgrado per un mondo di eguali e delegato del Consiglio Mondiale della Pace; è stato portavoce per l’Italia settentrionale del Tribunale R. Clark, per i Crimini di guerra nella ex Jugoslavia. Tra i suoi libri: Dalla guerra all’assedio e Kosovo liberato (La Città del Sole); Pagine di storia rimosse (Ed. Arterigere). Tra i suoi documentari: Viaggio nell’Apartheid in Europa; I Dannati del Kosovo; I Guardiani del silenzio; Ci vinceranno, ma non ci convinceranno.

Patrizio Ricci, qui.

Su, forza, venite a raccontarci di doveri morali, di miliardi di dollari di armi necessarie per difendere la democrazia e tutto il resto del ciarpame della vostra immonda propaganda del cazzo.

barbara