COMMEMORAZIONI A CONFRONTO

I russi commemorano la prima tappa della sconfitta del nazismo con la fine dell’assedio di Leningrado, durato 900 giorni e costato, oltre ai militari e civili morti direttamente a causa dei combattimenti (oltre un milione), oltre 630.000 morti per fame.

https://t.me/letteradamosca/12327

E i nazisti ucraini, con le autorità civili, militari e religiose, celebrano il compleanno del criminale nazista Bandera, sterminatore di ebrei e di russi

Ognuno, si sa, si fabbrica gli eroi a propria immagine e somiglianza. E giusto per andare sul sicuro, dalla cerimonia del 27 gennaio che ricorda la liberazione di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa, la Russia è stata esclusa: così si fa!
Io voglio invece ricordare i figli e nipoti dei nazisti che hanno sentito il dovere di assumersi la responsabilità di colpe non loro

e celebrare la patria che gli ebrei sopravvissuti hanno costruito.

barbara

SE CI TENETE A ESSERE DEI VERI AMBIENTALISTI

fate attenzione a come scopate: l’ha detto il professore! E non prendetela sottogamba: è in gioco la sopravvivenza del pianeta (qualunque cosa voglia dire).

L’ultima scemenza ecologista: il sesso “sostenibile”

La proposta ambientalista: diventare un po’ tutti ‘ecosessuali’. “Fate l’amore con la terra”

A dire il vero, non si capisce una mazza di cosa sia davvero questo “sesso ecologico“. Non lo si comprende dalla recensione oggi scodellata dal Fatto Quotidiano, ma a questo punto – a giudicare dagli stralci citati dalla collega – è facile immaginare che pure il libro di Dominic Pettman [che sarebbe l’uomo che fa petting la domenica – che a farlo troppo spesso si inquina?], professore alla New School di New York, sia pressoché incomprensibile. La sintesi proviamo a farla noi: in nome dell’ecologia, del green, del pianeta da salvare e tutto il resto, oltre a viaggiare meno, consumare meno, scaldarsi meno, bisogna pure trombare di meno. E ci sia perdonato il termine scurrile.
Lo hanno titolato “Ecologia erotica“, anche se versione migliore sarebbe stata “sesso green”, ed è un trattato che si interroga sull’impronta carbonica della nostra libido e su come “i nostri desideri accelerano la crisi climatica”. Tipo: compri un vibratore? Inquini. Guardi una pubblicità su un sex club? Inquini. Ti guardi un filmino porno online? Inquini. E a poco serve, su questo siamo d’accordo, che Pornhub si lavi la coscienza piantando un albero ogni 100 video hot o che vengano prodotti sex toys biodegradabili (in fondo, esistono già le zucchine).
Non contenti di averci rovinato il tempo libero e l’economia, gli ambientalisti si infilano pure sotto le lenzuola. “Abbiamo perso la libido vera”, dicono. E di chi poteva essere la colpa se non dell’individualismo capitalista, delle “personificazioni del profitto che ‘ci rompono le palle, ci seccano le grandi e le piccole labbra’” e, ovviamente, di Donald Trump? Direte: che c’azzecca? Boh. Però per l’autore pare sia The Donald la “sgradevole icona di questa vecchia epoca di avidità famelica” che emana un “cocktail tossico di narcisismo, aggressività, ignoranza armata, privilegio, sadismo e arrapamento adolescenziale fallocentrico”. Bah.
E allora ci dicano: come allontanarsi dal modello Trump e come fare per ricreare una “libido ecologica“? Ovviamente con un po’ di legami “queer”, di esperimenti di “poliamore” e di “incontri informali”. Ma occhio a non desiderare troppo, altrimenti l’ambiente ne risente. “Il punto è superare l’alternativa tra essere asceti frustrati o libertini disincantati, cercando invece di coltivare desideri organici e sostenibili che rendano omaggio alla matrice ambientale che li ha generati”. Che cosa vuol dire? Orge e bunga bunga? No, ovviamente, ma “forme di socialità sensuale meno esclusive e più insolite”. E cioè? Boh.
Il resto ci tocca citarlo, perché è al limite dell’incomprensibile. “Contro questa visione, contro questa ‘economia libidinale’ – scrive il Fatto – Pettman rilancia e propone una ‘ecologia libidinale’, un vero e proprio Green Deal erotico. In cui la Natura (…) torni a essere fusa con Eros, come lo era in Lucrezio. Si tratta insomma di avere un rapporto organico con il nostro ambiente e di diventare un po’ tutti ‘ecosessuali’, coloro che promuovono il sesso nella natura e con gli elementi della natura: ‘Abbracciamo gli alberi senza vergogna, godiamo delle cascate, facciamo l’amore con la terra, celebriamo il nostro punto. E, siamo polimorfi e poli/polline amorosi’”. Quindi ecosessualismo, eiaculazioni con le cascate, sesso con la terra, “poli/polline amorosi”. Letto così, è proprio un Manifesto del cazzo.
Giuseppe De Lorenzo, 25 gennaio 2023, qui.

Poi uno nei commenti ha scritto:

Sesso green?
Camporella!

E io ho risposto:

Col valore aggiunto del guardone che prima o poi spunta e alla fine dello spettacolo fertilizza il terreno.

Il problema ovviamente non è uno sciroccato che scrive puttanate: il problema, è che di sciroccati simili è pieno il mondo e ognuno ha la sua ricca coda che lo segue peggio dei topi col pifferaio. Poi, dopo i topi, lo seguono i bambini, ed è qui che il problema si tramuta in tragedia.

barbara

E DOPO AVERE IGNORATO IL PRIMO GENOCIDIO ARMENO

e poi quello ebraico e quello cambogiano e quello ruandese, abbiamo scelto di ignorare e lasciare perpetrare impunemente anche il secondo genocidio armeno.

“Noi europei siamo come mucche che guardano passare i treni dove nel vagone ristorante si mangiano vitelli armeni”

I gemelli turchi strangolano l’enclave di 120.000 cristiani. La morte lenta dell’Armenia e l’aprassia dell’Europa, questo morto vivente. Intervista al ministro degli Esteri armeno dell’Artsakh

Il dittatore azero Aliyev ha ribattezzato l’Armenia... “Azerbaigian occidentale”. Anche la capitale armena, Yerevan, è una “città dell’Azerbaigian”. Il satrapo amico della UE non potrebbe essere più esplicito nelle sue intenzioni verso gli armeni, i figli prediletti di Noè. Dopo aver ereditato dal padre un paese ricco di gas e petrolio, una ex repubblica sovietica con 10 milioni di abitanti, il satrapo musulmano che seduce gli occidentali come l’emiro del Qatar ha deciso, con l’aiuto di Erdogan, il sultano turco, di mettere mano all’Armenia, il più antico territorio cristiano al mondo (vent’anni prima che Costantino imponesse la croce sui labari delle legioni romane), un paese senza risorse e con 3 milioni di abitanti e quasi altrettante chiese e monasteri annidati tra le sue montagne mozzafiato, testimonianza di pietra della lotta armena per affermare il proprio diritto ad esistere come popolo. “Gli armeni, vittime del primo genocidio moderno, affrontano l’estinzione in un territorio punteggiato da chiese e croci” scrive Sohrab Ahmari in un bel saggio su Compactmag. “Mentre la Russia, storica protettrice dell’Armenia, si allontana dalla scena, gli armeni lottano per la sopravvivenza”.
Con l’appoggio della Turchia, l’Azerbaijan da un mese ha deciso di asfissiare l’enclave armena del Nagorno Karabakh tagliandole l’unica via di collegamento che la tiene in vita con lo stato armeno. Un blocco che, dal 12 dicembre, ha intrappolato 120.000 persone. Anzi, 120.000 cristiani asfissiati da un esercito con la mezzaluna. Un mese di isolamento totale. E le anime belle che parlano del blocco israeliano di Gaza sotto controllo di Hamas e Jihad Islamica, tacciono. Tutto ciò che potrebbe provenire dal mondo esterno ora è precluso agli armeni, dal cibo alle medicine. Il freddo bestiale entra in case che non possono essere riscaldate, perché gli azeri hanno interrotto le forniture di gas. Come un supplizio cinese. Uno scenario di morte lenta che è una prefigurazione di ciò che Erdogan e Aliyev stanno preparando per l’Armenia tutta, o ciò che ne resta, dopo due millenni di gloria.
Il pan-turchismo intende riunire i popoli turchi (e musulmani) nello stesso stato. Anche se significa “genocidio” degli indigeni, colpevoli di aver abitato queste terre molto prima delle invasioni islamiche dall’Asia Centrale, che portarono alla caduta di Costantinopoli e dell’Impero Romano d’Oriente nel 1453. Di qui i sistematici massacri di tutti gli “indigeni” cristiani: gli armeni (1,5 milioni nel 1915, grande macchia rossa nella coscienza di un’Europa che per la prima volta confessava la predisposizione a chiudere gli occhi di fronte allo scomodo choc dell’Olocausto), gli assiri e gli aramei (500.000), i greci del Ponto (altrettanti).

Ne parlo per newsletter con Grigor Ghazaryan, professore di Filologia all’Università di Yerevan, in Armenia.

L’Artsakh armeno è perduto?

Diciamo che è in atto un genocidio per definizione. Ilham Aliyev ha dichiarato quanto segue durante la conferenza stampa: ‘Chi non vuole essere nostro cittadino, la strada non è chiusa, è aperta, può andarsene. O possono partire da soli, non li fermeremo, o con le macchine delle forze di pace russe, o con gli autobus. La strada è aperta’. Tradotto: gli armeni saranno costretti a cambiare identità, religione, lingua, convertirsi nella miscela della dittatura neo-ottomana. Altrimenti moriranno o dovranno abbandonare il paese natale.

L’Europa è complice?

Bisogna far capire alle strutture occidentali che l’Azerbaijan si dichiara così uno stato terroristico.

E se gli occidentali avessero capito bene e scelto?

Allora chi non ha gas per l’Europa, è destinato a scomparire.

La codardia europea è al di là di ogni comprensione. “Indifferenti come le mucche che, parafrasando Paul Claudel, guardano passare i treni dove, nel vagone ristorante, i viaggiatori mangiano vitello tonnato” scrive questa settimana su Le Point Franz-Olivier Giesbert, pezzo da novanta del giornalismo francese (è stato direttore dell’Obs e del Figaro). La diplomazia di Bruxelles, alimentata forzatamente con il gas azero e in ginocchio davanti alle minacce del sultano turco, sembra un morto vivente. La difesa russa degli Armenia, storici vicini e alleati, è crollata. L’America, lontana, non muoverà un dito per un piccolo paese cristiano nel Caucaso. Le buone vittime sono gli uiguri e i rohingya musulmani, al massimo gli iraniani che protestano contro gli ayatollah.
Il sito svedese di inchieste Blankspot.se ha raccontato come anche i pochi eurodeputati che stavano con l’Armenia abbiano cambiato opinione. L’eurodeputato tedesco Engin Eroglu (gruppo Renew, macroniani) aveva presentato risoluzioni critiche nei confronti della dittatura azera. All’apertura del Parlamento europeo, la scorsa estate, Eroglu aveva attaccato Ursula von der Leyen per il suo viaggio a Baku dove aveva baciato la pantofola al dittatore azero. Poi Eroglu va in Azerbaijan con una nutrita delegazione. E finiscono le critiche agli azeri. Il Qatargate lo hanno inventato gli azeri. “L’Azerbaigian sta comprando tutti, giornalisti, politici, storici compresi per dimostrare che l’Artsakh gli è sempre appartenuto” dice a Le Figaro il rappresentante della Chiesa apostolica armena in Vaticano, Khajag Barsamian. “Ankara da parte sua ha una vasta rete di agenti diplomatici ben collaudati e ha anche molti soldi. Con i soldi comprano compagnie internazionali, politici, eurodeputati per la loro propaganda”.
E i media? Nell’era degli algoritmi e delle statistiche, i media monitorano quali sono le loro pagine più popolari. E gli articoli che trattano (molto raramente) dell’Armenia non sono molto cliccati. Giù dunque il sipario. “Noi armeni siamo soli al mondo”, dicono alla direttrice della Revue Des Deux mondes, Valérie Toranian. La storia sembra ripetersi. Il ministro degli Esteri inglese Lord Curzon parlando alla Camera dei Comuni nel lontano 1921 liquidò così il genocidio armeno: “Consumato fra il disinteresse generale e sul quale non conviene dilungarsi”.

La città di Shushi, Nagorno-Karabakh, dove nel 1920 fino a 20.000 armeni furono massacrati da turchi e azeri. Un pogrom. Dopo il periodo sovietico, la città tornò in mano agli armeni nel 1992. Ma nella guerra del 2020 la città è finita sotto il controllo azero (cliccare sull’immagine per ingrandire)

Perché tanto odio?
La risposta è venuta dalla bocca di un grande Papa, Benedetto XVI, che nel suo discorso di Ratisbona ha evocato il dialogo tra uno degli ultimi imperatori cristiani di Costantinopoli e uno studioso musulmano persiano. Per il primo, imporre la fede con la violenza equivale a “non agire secondo ragione”, che è “contrario alla natura di Dio”. Per il musulmano, invece, Dio è “assolutamente trascendente”. Ha tutti i diritti. Anche quello di annientare un piccolo popolo che non ha mai fatto male a nessuno, soltanto perché cristiano.

Stepanakert al buio

Ne parlo per la newsletter con il ministro degli Esteri uscente dell’Artsakh, Davit Babayan, al telefono da Stepanakert, da un mese al buio e al freddo.

Qual è la situazione nell’Artsakh?

Terribile, tragica. Da un mese siamo sotto blocco e assedio. Tutto è tagliato fuori. I viveri. Le medicine. La strada è chiusa. Gli azeri hanno fermato il gas. E ora anche l’elettricità. La situazione continuerà, non ci sono prospettive.

Cosa vogliono gli azeri?

Soffocarci. Vogliono spingerci ad andarcene. Se Roma o altre città italiane fossero tagliate fuori dal resto del paese, quanti di voi resisterebbero? Ci sono persone forti e in Artsakh abbiamo una missione, è questione di dignità per noi. Ma stiamo affrontando un male.

Vogliono distruggere anche la vostra storia?

Sì, nell’Artsakh occupato, l’80 per cento del territorio, gli azeri distruggono e compiono un genocidio culturale: chiese medievali, monumenti, tombe, cappelle, iscrizioni, case, ogni iscrizione in armeno, tutto raso al suolo.

Cosa vuole dire all’Europa, così silente?

Salvate l’Artsakh per salvarvi voi stessi. Se un regime totalitario può soffocare un piccolo stato democratico cristiano, significa che è una sfida al mondo civilizzato. Siete complici di questa tragedia? Siete dei partner nella distruzione del popolo armeno? Turchi e azeri lo stanno facendo assieme.
Giulio Meotti

Silenti di fronte ai genocidi, silenti di fronte all’invasione dell’islam, silenti di fronte alla distruzione della nostra cultura, silenti di fronte alla cancellazione del diritto di parola, silenti di fronte all’annientamento della libertà. Se trovo il coglione che ha detto che la parola è d’argento e il silenzio è d’oro lo prendo a randellate.

barbara

LA GRAN PUTTANATA DELL’EMERGENZA CLIMATICA, PARTE TERZA

Clima, la grande bufala sulle colpe dell’uomo: non c’è prova scientifica

La verità scientifica sull’evoluzione del clima terrestre, quella che emerge dallo studio delle carote di ghiaccio e dei sedimenti marini, è incontrovertibile. Le conclusioni ricavate dagli studiosi possono talvolta differire tra loro marginalmente, ma non nella sostanza. Quindi, a meno che non si voglia deliberatamente travisare la verità scientifica, si deve riconoscere che il clima della Terra è costantemente in fase di cambiamento, che cambiamenti anche drammatici si sono verificati più volte nel lontano e nel recente passato e che non esiste alcuna evidenza scientifica del fatto che i suddetti cambiamenti dipendano dalle attività umane. Anzi: esiste evidenza del contrario. Chi oggi vuole convincerci che il clima sta cambiando per colpa dell’uomo e delle sue emissioni di CO2 lo fa senza produrre alcuna prova scientifica. Chi sfodera periodicamente grafici “a mazza da hockey” che mostrano una temperatura costante per duemila anni schizzare improvvisamente alle stelle nell’ultimo secolo lo fa elaborando i dati sulla base di algoritmi errati.

Bufale sul clima

I fautori dell’“origine antropica a tutti i costi” si concentrano oggi nell’IPCC, l’Intergovernmental Panel on Climate Change dell’ONU, un organismo che non è scientifico ma politico: lo si può capire facilmente dall’aggettivo “intergovernmental” e dal fatto che i membri del panel sono nominati dalla politica e non dalla comunità scientifica.
Dato il proprio mandato politico, l’IPCC ha affrontato fin dall’inizio il problema senza considerare tutte le variabili scientifiche che lo condizionano, a cominciare dall’irraggiamento solare. Sembra incredibile, ma in tutti i documenti elaborati finora dall’IPCC si dà per scontato che l’irraggiamento solare sia rimasto costante per centinaia di migliaia di anni, assunzione in netto contrasto con ogni evidenza scientifica. Del resto, l’IPCC dichiara di non fare ricerca, ma di “analizzare e valutare”, con metodi propri, i risultati delle ricerche fatte da altri, con la finalità dichiarata (e orientata) di “evidenziare i rischi associati ai cambiamenti climatici indotti dalle attività umane”.
Il fatto che i cambiamenti climatici siano “indotti dalle attività umane” non è quindi oggetto di discussione e dimostrazione, ma un assunto di base, un presupposto che motiva l’esistenza stessa dell’IPCC.

Carenze di metodo

Se istituisco un gruppo di lavoro e lo incarico di evidenziare i rischi del “cambiamento climatico di origine antropica”, se lo finanzio lautamente e se lo perpetuo nel tempo per tre decenni distribuendo incarichi di carattere diplomatico, stipendi esentasse e un’ampia visibilità internazionale, sarà ben difficile che quel gruppo di lavoro non trovi alcuna prova (reale o presunta) delle origini antropiche del cambiamento climatico. Diverso sarebbe se incaricassi quel gruppo di studiare “le origini” (e basta) del cambiamento climatico. In questo secondo caso il gruppo di lavoro potrebbe analizzare obiettivamente tutte le cause del cambiamento climatico, incluse, se ci sono, quelle antropiche.
Anche la tesi che l’IPCC, nel valutare le ricerche condotte da altri, non “condizioni” le ricerche stesse è palesemente fasulla: le “valutazioni” dell’IPCC, infatti, violano il normale processo scientifico, in quanto introducono una forzante ideologica presupponendo le origini antropiche dei fenomeni osservati, anche se chi ha svolto quelle ricerche non ha menzionato affatto (e talvolta ha escluso) l’origine antropica dei fenomeni stessi.
Altra circostanza non abbastanza conosciuta è che le tesi dell’IPCC sono elaborate all’interno di un contesto di tipo politico, con metodi di tipo politico che giungono fino alla revisione critica su base politica delle risultanze scientifiche.
Quest’ultima prassi è comunemente adottata, ad esempio, nella redazione dei “Summary for Policymakers”, pubblicazioni di sintesi dell’IPCC-pensiero che diventano il “vangelo climatico” sul quale i politici sono chiamati ad assumere le loro decisioni. Chi partecipa ad un processo del tipo descritto, anche se in origine è uno scienziato, assume una posizione che non è più scientifica, ma politica.
Considerato tutto ciò, c’è da chiedersi perché mai le dogmatiche tesi sul clima elaborate in seno all’IPCC dell’ONU dal 1990 in poi siano riuscite ad influenzare le politiche dell’Unione Europea e dei paesi membri tanto profondamente da condizionare negativamente l’economia del continente europeo e il tenore di vita di 450 milioni di cittadini. La risposta è che dietro queste scelte devono esserci altri interessi: sono quegli interessi che, negli ultimi decenni, sono riusciti a mobilitare la politica convincendola a sposare tesi che non hanno nulla di scientifico e che anzi contraddicono la scienza.

Pensiero unico sul clima

La confutazione delle bufale sui cambiamenti climatici e sulle loro cause ha sempre prodotto reazioni scomposte in seno all’universo ambientalista che ruota intorno all’IPCC. Ma che la verità scientifica sia diventata un nemico da combattere è una novità recente. Una novità che assume aspetti inquietanti.
A prendere posizione contro quelli che definisce “negazionisti del cambiamento climatico” è il colosso americano Google, che il 7 ottobre 2021, con la “risposta n. 11221321” di Google Ads“, ha deciso di chiudere la piattaforma ai contenuti promozionali che “contraddicono il consenso scientifico consolidato sull’esistenza e le cause dei cambiamenti climatici”. Nel mirino di Google “i contenuti che fanno riferimento al cambiamento climatico come a una bufala o a una truffa, affermazioni che negano che le tendenze a lungo termine mostrino che il clima globale si sta riscaldando e affermazioni che negano che le emissioni di gas serra o le attività umane contribuiscano al cambiamento climatico”.
Su quale base scientifica è stata assunta da Google questa drastica decisione? Ma naturalmente sulle tesi (politiche e non scientifiche) dell’IPCC: “Abbiamo consultato fonti autorevoli sull’argomento delle scienze climatiche – scrive Google – inclusi gli esperti che hanno contribuito ai report di valutazione del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite”.
Dobbiamo dunque attenderci che, nel prossimo futuro, dalla piattaforma Google spariscano le opinioni scientificamente fondate per lasciare spazio al “pensiero unico” di matrice IPCC-ambientalista. Ed ecco trovato un nuovo metodo, del tutto inedito, per perpetuare le tesi dogmatiche dell’IPCC sul clima.

Reazioni

Di fronte al dogmatismo e all’atteggiamento impositivo dell’ONU-IPCC, il sistema scientifico internazionale ha cominciato a reagire in modo fermo.
Nel 2019, su iniziativa dell’ingegnere e geofisico olandese Guus Berkhout e del chimico-fisico e giornalista scientifico olandese Marcel Crok, oltre 700 scienziati hanno sottoscritto e inviato ai leader mondiali una lettera aperta di richiamo alla realtà. Più recentemente, il 2 gennaio 2023, quando i sottoscrittori del manifesto erano saliti a 1.500 circa, lo stesso Guus Berkhout ha indirizzato una lettera aperta al Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres richiamandolo all’ordine sulla necessità di abbandonare una linea dogmatica e intransigente che non tiene conto della verità scientifica e che rischia di condannare i paesi industriali ad una recessione di durata pluridecennale, che produrrebbe immani sofferenze alla popolazione mondiale, tanto ingiustificate quanto inutili al fine di stabilire un impossibile e velleitario sistema di governo del clima terrestre.
Non credo che l’Onu possa fare marcia indietro su un disegno politico avviato tre decenni fa senza perdere la faccia di fronte al mondo. Ma forse i governi dei paesi europei potrebbero cominciare a rivedere le loro posizioni.
Aspettiamo e speriamo…
Ugo Spezia, 9 gennaio 2023, qui.

3. Fine (ma in realtà continua)

A questo punto direi che ci sta bene questa considerazione.

Giovanni Bernardini

CASE

Tizio compra una casa pagandola, poniamo, 100.000 euro. La compra rispettando tutte le leggi, i regolamenti e gli usi in essere, pagando tutte le tasse dovute.
Per comprare la casa Tizio ha contratto un mutuo con la sua banca ed ora paga regolarmente le rate.
Tutto OK, direbbe una persona normale. Le rate che Tizio paga alla banca riducono il suo reddito disponibile ma lui può godere del bene che con tanti sacrifici ha acquistato.
Invece NO.
A Bruxelles un branco di burocrati decide che la casa di Tizio non è “a norma energetica”. O Tizio fa ristrutturare il suo immobile, spendendo, diciamo, 40.000 euro o perde il diritto di poterlo vendere. La casa che Tizio ha intenzione di lasciare ai figli all’improvviso vale ZERO, a meno che Tizio non sborsi 40.000 euro.
E se non li ha? Semplice, può contrarre un altro mutuo con la banca, così il suo reddito disponibile diminuisce ancora.
Fantascienza? NO, realtà, la realtà di una UE sempre più in preda a deliri ideologici.
E’ chiaro che obbligare tutti a spendere cifre decisamente alte per ristrutturare case acquistate in maniera perfettamente legale viola in maniera clamorosa il principio della irretroattività della legge. Una legge vale dal momento in cui è approvata in poi, non può riferirsi ad eventi del passato.
Qualche Pierino può affermare che “si tratta di salvare il pianeta”, quindi tutto va bene.
Salvare il pianeta? Ma… scusate, la direttiva UE pretende che tutte le abitazioni debbano rientrare nella classe E entro il 2030. Però la nuova eroina verde, Greta Thunberg, ci ha assicurato che nel 2030 ci sarà la fine del mondo… e allora? La direttiva arriva tardi… quindi… lasciateci almeno morire in pace…
Salvare il pianeta? Ma… gli abitanti della UE sono 447 milioni, di questi diciamo una cinquantina di milioni sono interessati dalla direttiva. Nel “pianeta” siamo in 6 MILIARDI [in realtà 8 abbondanti]. Davvero la ristrutturazione di qualche milione di abitazioni “salverà il pianeta”? Non scherziamo…
Salvare il pianeta? Ma… da oltre 40 ANNI i vari governi, e la UE in testa, impongono sempre nuove norme, su tutto. E, malgrado questo diluvio, questa valanga di norme i media strombazzano ogni 5 minuti che la fine del mondo è dietro l’angolo. Forse qualcosa non va…
Salvare il pianeta? Ma… la direttiva dice che le case non ristrutturate continueranno ad “uccidere il pianeta”, solo… non potranno essere vendute. E allora? Di che razza di “salvataggio” si tratta? Se fossero coerenti i burocrati UE dovrebbero stabilire che le case non ristrutturate dovranno essere abbattute ed i loro proprietari costretti a vivere sotto i ponti, magari incarcerati e condannati all’ergastolo per “omicidio del pianeta”.
Sarcasmi a parte, la direttiva sulle abitazioni non “salva” un bel niente. Si tratta dell’ennesima misura burocratica, illiberale, non democratica che si cerca di imporre ai cittadini europei ed italiani in particolare.
Spero solo che l’Italia sappia opporsi adeguatamente.

Aggiungo, a proposito degli eventi estremi che imperversano ai nostri giorni, questa splendida foto

ricordando che le cascate del Niagara si trovano sul 43° parallelo, quello che attraversa Spagna Francia Italia (per la precisione poco a sud dell’isola di Capraia) Croazia, Mediterraneo e Adriatico. Così, giusto per.
E concludo con quest’altra foto che vale un Perù della “piccola Greta”, diventata nel frattempo culona, con la faccia bolsa di chi si nutre male, e sempre con l’espressione ebete.

barbara

DUE PAROLE SULL’ARRESTO DI MATTEO MESSINA DENARO

Un ricordo di circa mezzo secolo fa. Il conoscente otorino racconta che è arrivato al pronto soccorso un ragazzino siciliano con una pallottola infilata tra il naso e lo zigomo.

– Cosa ti è successo?
– Nenti sacciu.
– Ma qualcuno ti ha sparato!
– Nenti sacciu.
– Ma tu non hai visto?
– Nenti sacciu.
– Ragazzo! Tu hai una pallottola piantata in mezzo alla faccia! Ti hanno sparato da davanti! Come puoi continuare a dire che non sai niente?!
– Nenti sacciu.

E non c’è stato verso di tirargli fuori una sola parola. A proposito del fatto che MMD da trent’anni viveva in casa sua e nessuno ne sapeva niente.

barbara

LA GRAN PUTTANATA DELL’EMERGENZA CLIMATICA 2

Perché sembra che i sacerdoti dell’emergenza climatica dimentichino una cosa di non trascurabile importanza: TUTTE le civiltà si sono sviluppate nei periodi caldi o nelle zone calde.

Così il cambiamento climatico ha fatto sviluppare le civiltà

È interessante porre in relazione l’andamento delle temperature medie annuali nel periodo post-glaciale con alcune tappe significative dello sviluppo della civiltà umana. Esiste infatti una evidente correlazione tra i cambiamenti climatici, lo sviluppo e la scomparsa di molte civiltà.
I dati climatici mostrano che, dopo la fine dell’ultima glaciazione, intorno all’anno 6250 a.C. le temperature medie annuali iniziarono a crescere e continuarono a crescere per un lunghissimo periodo, rimanendo per oltre 3000 anni al di sopra della temperatura media post-glaciale. Durante questo periodo, noto ai paleo-climatologi come “optimum climatico post-glaciale”, il progressivo miglioramento del clima rese abitabili anche le latitudini nordiche e, al contrario, rese gradualmente meno facile la sopravvivenza alle latitudini più meridionali, soggette a un progressivo processo di inaridimento e desertificazione.
Grazie all’optimum climatico, nei territori nordici si svilupparono le popolazioni, di ceppo indoeuropeo, che affiancarono progressivamente e sostituiranno in gran parte quelle di ceppo non indoeuropeo che in epoca precedente avevano colonizzato le latitudini mediterranee e mediorientali.

Civiltà nordica

L’optimum climatico post-glaciale determinò l’impressionante sviluppo della civiltà del bronzo nordica, che irrompe nello scenario della civiltà umana in maniera improvvisa, nettamente più tardi delle civiltà mediterranee e mediorientali. In Danimarca, Svezia, Norvegia e Germania settentrionale si sviluppa una civiltà che appare fin dall’inizio del tutto autonoma rispetto alle civiltà già riconoscibili nei territori più meridionali. 
Così parlò dell’optimum climatico e della civiltà nordica Pia Laviosa Zambotti (1898-1965): “[È] l’epoca climatologicamente migliore che i paesi nordici abbiano mai conosciuto e che giustifica il quadro di elevata cultura allora raggiunto dalla Scandinavia (…) È nell’ambito di questo lungo e favorevolissimo periodo climatico che si sviluppa l’ascesa della cultura nordica con l’affermazione in linea progressiva delle civiltà di Maglemose, di Ertebölle, dei dolmen, delle tombe a corridoio e infine le ricche manifestazioni culturali dell’età del bronzo”.
La realtà dell’optimum climatico è confermata da numerosi studi, e in particolare dallo studio dei pollini presenti nelle stratificazioni di terreno studiate dai paleontologi. L’evidenza scientifica mostra complessivamente che i ghiacciai continentali si erano ridotti a un’estensione molto minore di quella attuale e che il Mare Artico era libero dai ghiacci. Alle alte latitudini, la temperatura media estiva era più elevata di diversi gradi centigradi rispetto a quella attuale. In particolare, nell’area scandinava si erano stabilite condizioni climatiche tali da permettere lo sviluppo delle foreste di latifoglie e addirittura la coltivazione della vite.

Tracollo climatico

Ma il periodo dell’optimum climatico ebbe improvvisamente fine intorno al 3000 a.C., quando le temperature medie annuali precipitarono di 1 °C nel breve volgere di pochi secoli. Questo periodo è noto ai climatologi come “tracollo climatico”. Scrisse in proposito Pia Laviosa Zambotti; “Quasi improvvisamente, la temperatura precipita: entriamo nella fase subatlantica con clima umido e freddo (…) Entriamo nel clima freddo del postglaciale, il quale, coincidendo nella fase massima con l’età del ferro, arginerà e condannerà all’abbandono tutte le più promettenti energie della cultura nordica”.
Stando ai dati climatici desumibili dalle carote di ghiaccio e dai sedimenti, il peggioramento del clima fu molto rapido: iniziò e si compì nell’arco temporale di pochi secoli, influendo in modo determinante sulla vita delle popolazioni, che furono costrette a spostarsi verso sud alla ricerca di condizioni climatiche meno estreme. Iniziò così la grande migrazione che portò le popolazioni di ceppo indoeuropeo a soppiantare gradualmente le popolazioni di origine non indoeuropea che popolavano l’Europa centro-meridionale, l’altopiano iranico e l’India.
Fu questa grande migrazione a diffondere in Europa le popolazioni indoeuropee che la occupano tuttora.

Civiltà cretese

Il tracollo climatico fu seguito da un nuovo periodo di riscaldamento del clima che si manifestò a partire dal 2700 a.C. e culminò intorno al 1300 a.C.. Durante questo periodo di riscaldamento (detto “periodo caldo minoico”) nacque e si sviluppò nel Mediterraneo la civiltà cretese, chiamata dal suo scopritore, l’archeologo britannico Arthur Evans, “civiltà minoica”.
Le evidenze archeologiche inducono a ritenere che questa civiltà si sia ulteriormente sviluppata in seguito all’innesto di una popolazione di ceppo indoeuropeo proveniente dall’esterno – che parlava un dialetto greco e acquisì in loco la scrittura nota come “Lineare B”, decifrata da Michel Ventris nel 1953 –  su un substrato antropico di ceppo non indoeuropeo preesistente, che parlava una lingua sconosciuta e utilizzava la scrittura nota come “Lineare A”, tuttora non decifrata.
La civiltà cretese fu dunque la prima civiltà indoeuropea a svilupparsi nel Mediterraneo, riuscendo a dare vita ad una rete commerciale marittima che raggiunse il Nord-Africa, la Fenicia (l’attuale Libano) e le coste del Mar Nero. Anche lo sviluppo di questa civiltà fu propiziato da un miglioramento del clima di cui si trova testimonianza nelle carote di ghiaccio e nei sedimenti marini.

Civiltà romana

Del resto, in un’epoca in cui l’uomo dipendeva totalmente dalla natura, è logico pensare che il clima dovesse avere un’influenza determinante sullo sviluppo delle attività umane e in definitiva della civiltà. Questa assunzione sembra confermata da quanto visto sullo sviluppo della civiltà nordica e sullo sviluppo della civiltà cretese. Ma altre conferme vengono dal confronto tra l’andamento della temperatura media annuale e lo sviluppo di civiltà molto diverse e molto distanti nel tempo, come quella romana e quella vichinga.
I dati ricavati dalle carote di ghiaccio e dai sedimenti marini mostrano che il periodo caldo minoico fu seguito da un periodo di raffreddamento del clima durante il quale le temperature medie annuali si mantennero comunque al di sopra della temperatura media post-glaciale. Intorno al 750 a.C. iniziò un nuovo periodo di riscaldamento che culminò intorno al 100 a.C. [quindi il riscaldamento era abbastanza vicino al picco quando, nel 218 a. C. Annibale attraversò le Alpi con gli elefanti, cosa assolutamente impossibile oggi] e che si esaurì intorno al 300 d.C., accompagnando la nascita e lo sviluppo della civiltà romana. Per questo motivo i climatologi chiamano questo periodo “periodo caldo romano”.
La civiltà romana emerge dalle popolazioni indoeuropee di ceppo latino e sabino che popolavano il Lazio centrale e che vivevano a stretto contatto con la popolazione non indoeuropea degli Etruschi. A partire dal VII secolo a.C. questa civiltà si stacca nettamente dal contesto locale, sotto la guida, secondo la tradizione, di quattro re latini e sabini e di tre re etruschi e, successivamente, con un proprio originale ordinamento di tipo repubblicano. Si deve probabilmente alle condizioni climatiche favorevoli se Roma riuscì ad imporsi e a dare vita, nell’arco di pochi secoli, all’impero che segnerà per sempre la storia del mondo.

Civiltà vichinga

Un ultimo esempio della stretta correlazione esistente tra le condizioni climatiche e lo sviluppo delle civiltà umane riguarda la nascita e la crescita della civiltà vichinga.
Come si è visto, il tracollo climatico verificatosi intorno al 3000 a.C. ebbe l’effetto di arrestare bruscamente lo sviluppo della civiltà nordica. Ma tra il 750 e il 1100 d.C. la temperatura tornò a livelli più elevati. I ghiacciai terrestri e marini tornarono a ritirarsi rendendo nuovamente abitabili le latitudini nordeuropee. Grazie alle nuove favorevoli condizioni climatiche, in queste aree, e in particolare sulle coste della Scandinavia e della Germania settentrionale, si sviluppò la civiltà vichinga, che ebbe i suoi caratteri salienti nella navigazione e nella pirateria.
Approfittando del fatto che il Baltico e l’Atlantico del nord erano tornati ad essere sgombri dai ghiacci, i Vichinghi riuscirono a raggiungere e a colonizzare l’Islanda e la Groenlandia, che all’epoca doveva essere libera dai ghiacci, visto che fu chiamata “Gruenland”, ovvero “terra verde”. I Vichinghi giunsero anche a fondare almeno una colonia nel continente americano, sulla costa settentrionale dell’isola di Terranova, terra che essi chiamarono Vinland, come riferiscono le saghe nordiche. I resti della colonia vichinga di Vinland furono scoperti e riportati alla luce tra il 1960 e il 1968 dagli studiosi norvegesi Helge e Anne Stine Ingstad, che dimostrarono così come l’America fosse stata raggiunta dai Vichinghi quattro secoli prima di Colombo.
Ugo Spezia, 7 gennaio 2023, qui.

2. continua

E non è un caso che le prime civiltà fiorite nel mondo siano queste

e qualcosa di utile ci dice anche questo elenco delle dieci città più antiche, ossia della loro latitudine:

Aleppo, 13.000
Gerico, 12.000
Matera, 10.000
Çatalhöyük (Turchia), 9.500
Atene, 7.000
Ur, (Mesopotamia), 6.000
Uruk (idem), 5000
Damasco, 4.500
Gerusalemme, 4000
Varanasi (India) 3.500 (qui)

Ma “loro” continueranno pervicacemente a negare che freddo = miseria fame morte e caldo = vita e benessere perché, come noto, se i fatti non concordano con l’ideologia, vanno cancellati i fatti. E per curiosità ho digitato “caldo” in google immagini e ho trovato centinaia di immagini di sofferenza estrema, più qualche ricetta in lingua spagnola (in spagnolo brodo si dice caldo): niente villeggianti in spiaggia, niente giochi in acqua, niente gioiosi tramonti estivi, in estate nessuno è felice e nessuno sta bene; poi ho digitato freddo e, accanto ad alcune immagini di sofferenza ho trovato anche meravigliosi paesaggi innevati, facce sorridenti, pupazzi di neve, bambini felici… E non si può neanche dire che Quos vult Iupiter perdere dementat prius, perché qua i dementi stanno mandando in rovina noi.

barbara

PROCEDE A RITMO SERRATO L’ANNIENTAMENTO DELL’INFANZIA

“A 10 anni i bambini non possono attraversare la strada soli, ma possono cambiare sesso”

Alcuni pediatri coraggiosi rivelano il più grande scandalo medico del nostro tempo. “Diciamo loro ‘mangia sano e non stare al tablet’, poi gli diamo bloccanti della pubertà come fossero caramelle”

Viviamo in un tempo e in una civiltà molto strane, indicibili persino, che con il loro passo leggero corrono verso una nuova barbarie.
Nelle stesse ore in cui il famosissimo Cambridge Dictionary aggiornava la sua definizione di “donna” per includere “chiunque si senta tale” (questa settimana J.K. Rowling dice che siamo arrivati a credere a un “gender dell’anima”, sorta di nuovo animismo), una maestra di ballo della prestigiosa università parigina Sciences Po, dove insegnava da otto anni, è stata messa alla porta per essersi rifiutata di abbandonare termini come “uomo-donna”.
Valérie Plazenet era stato chiesto di sostituirli con “leader-follower”, per superare le antiquate, cisgender e patriarcali distinzioni di genere. Tutto inizia all’apertura dell’anno accademico. Sciences Po ha deciso di non usare più i termini “uomo” e “donna”. “All’inizio pensavo che avessero messo le categorie in inglese in modo che fossero più comprensibili per gli studenti stranieri”. E contro la nuova nomenclatura, Valérie decide di dividere gli allievi secondo le vecchie categorie. Arrivano le lamentele degli studenti, che parlano di “osservazioni sessiste, degradanti, discriminatorie e razziste”. Valérie si rifiuta di sottomettersi a tali ingiunzioni. Spiega loro che la danza è “un’arte della complementarietà” e che la natura fisica e biologica è fatta perché gli uomini ballino i ruoli di uomini e le donne i ruoli delle donne. “Con grande rammarico, ma in accordo con il mio desiderio di preservare la mia arte, il mio insegnamento e la mia libertà di amare la disciplina, non sarò la vostra insegnante nella seconda metà del 2022”. Così, dopo otto anni di servizio a Sciences Po, la docente preferisce andare in pensione piuttosto che sottomettersi agli imperativi del gender.
Adesso The Free Press, il magazine digitale dell’ex giornalista del New York Times Bari Weiss inaugurato questa settimana, pubblica una inchiesta terrificante su come quegli imperativi stiano corrompendo la medicina.
L’American Academy of Pediatrics (AAP, il massimo organo americano deputato alla salute dei bambini) ha istituito un comitato su “Salute e benessere LGBT” per “i bambini con variazioni di genere”. Quattro dei sei membri del comitato – Jason Rafferty, Brittany Allen, Michelle Forcier e Ilana Sherer – lavorano in cliniche pediatriche che prescrivono bloccanti della pubertà a bambini di 10 anni. La decisione, che rappresenta la posizione ufficiale dell’AAP, è stata scritta da un singolo medico, Rafferty, e non è stata rivista da nessun altro all’interno dell’organizzazione. Un medico veterano dell’AAP dice a The Free Press: “L’AAP pensava che i trans fossero la prossima crociata per i diritti civili e si è lasciata ingannare”. La maggior parte dei paesi europei non incoraggia la transizione sociale o fisica fino a quando la disforia di genere di un bambino non persiste da un po’ di tempo, in parte perché la disforia scompare da sola nella maggior parte dei casi, in particolare una volta raggiunta la pubertà. Molti paesi europei, tra cui Gran Bretagna, Finlandia, Svezia e Paesi Bassi, stanno ora riducendo o eliminando completamente l’uso di bloccanti della pubertà nei bambini (l’ospedale di Stoccolma Karolinska non prescriverà più ormoni bloccanti della pubertà ai minori di 16 anni, perché questi trattamenti potrebbero avere “conseguenze negative irreversibili” e il Karolinska parla di rischi di infertilità, cancro, trombosi, malattie cardiovascolari). È solo grazie allo psichiatra David Bell, presidente della British Psychoanalityc Society, che la Tavistock Clinic di Londra ha dovuto chiudere. Bell ha sollevato le preoccupazioni di molti medici della clinica per il modo in cui si trattavano bambine e bambini. “Non potevo andare avanti così”, ha detto Bell al Guardian. “Non potevo più vivere sapendo del trattamento che veniva riservato ai bambini”.
Ma anche in America la questione è talmente strategica che metà degli stati ha già messo al bando a diverso titolo i trattamenti per il cambio di sesso dei bambini. “L’American Academy of Pediatrics afferma che i bambini sotto i 10 anni non possono attraversare la strada da soli”, dice a The Free Press un pediatra, “ma possono cambiare sesso”. Sulla maggior parte dei problemi – dalla dieta all’ora trascorsa davanti allo schermo dei tablet all’esercizio fisico – i pediatri incoraggiano regole di sicurezza precise ai bambini. Ma i bloccanti della pubertà sono distribuiti con grande facilità e il capo della clinica di genere del Boston Children’s Hospital, Jeremi Carswell, dice che sono “elargiti come caramelle” nella sua clinica.
Se non fosse una questione fondamentale di cultura e salute pubblica, sarebbe da riderne. Anche leggendo, dal Guardian, che le organizzazioni Lgbt che hanno rapporti con il governo dell’Inghilterra distribuiscono leganti per il seno alle bambine.
Il giornale israeliano Israel Hayom questa settimana parla con la dottoressa Miriam Grossman, psichiatra infantile e una delle poche in America che osa aprire bocca contro l’establishment medico: “Quello che sta accadendo negli ultimi anni è un’epidemia. Oggi, dall’età dell’asilo, i bambini imparano già che il loro corpo potrebbe non riflettere necessariamente il loro genere. I bambini dai cinque anni subiscono l’indottrinamento a scuola. Il risultato è un fenomeno sociale di ragazzi e ragazze che vogliono fare il cambiamento, a volte arrivano anche a farlo insieme come una tendenza di gruppo. Nel 2007 c’era un sola clinica in tutti gli Stati Uniti per minori. Oggi ce ne sono 300. E c’è una nuova lingua all’opera, che dieci anni fa non esisteva. Un giovane è venuto a trovarmi e ha detto che ha un nuovo amico e mi è proibito chiedere se quell’amico è un ragazzo o una ragazza. L’atto stesso di porre una domanda del genere è discriminazione. Vedi? Hanno indottrinato un’intera generazione. Quando i genitori scoprono che i loro figli hanno subito il lavaggio del cervello, è già troppo tardi per fare qualsiasi cosa. Di conseguenza, dico a chiunque legga: per favore, tenete d’occhio i vostri figli”.
La scrittrice inglese J.K. Rowling, al centro di un linciaggio planetario perché da femminista rigetta l’ideologia gender, ha affermato che è in corso uno “scandalo medico”. “Da quando ho parlato della teoria dell’identità di genere ho ricevuto migliaia di email, più di quante ne abbia mai ricevute su un singolo argomento. Molte provengono da professionisti che lavorano nel campo della medicina, dell’istruzione e dell’assistenza sociale. Tutti sono preoccupati per gli effetti sui giovani vulnerabili. La triste verità è che se e quando scoppierà lo scandalo, nessuno che attualmente tifa per questo movimento sarà in grado di affermare in modo credibile ‘non avremmo potuto saperlo'”.
Sapevamo, sapevamo, ma abbiamo scelto di sacrificare questi bambini sull’altare di un’ideologia che non ha precedenti nella storia umana. Come spiega la giornalista francese Eugenie Bastie in una conferenza questa settimana all’Académie des sciences morales et politiques di Parigi, “negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Europa, uomini e donne vengono espulsi dalle università, vedono soppresse le loro lezioni e talvolta, è successo, bruciano anche i loro libri, perché hanno osato affermare che esistono solo due sessi e non puoi passare dall’uno all’altro come se stessi cambiando camicia. A Mosca, Pechino, Bamako o Delhi, nella parte non occidentale del mondo, la gente la pensa sicuramente in modo molto diverso. L’umanità ha sempre cercato di costruire a partire da questo dato biologico che è la differenza tra i sessi. Noi siamo la prima civiltà che vuole decostruirla”.
Per questo devono portare avanti questo macabro esperimento sui bambini? Per rifare l’uomo nuovo?
Basta sfogliare il libro di Paul B. Preciado, Dysphoria mundi. Preciado, che sette anni fa si chiamava ancora Beatriz, è uno dei più importanti filosofi contemporanei nel campo degli studi di genere (ovviamente è stato elogiato da un rottame ideologico del giornalismo italiano come L’Espresso). A leggerlo si soccombe a una sincope. Il libro si apre con l’incendio di Notre-Dame, una visione meravigliosa per Preciado, una metafora della nostra civiltà che desidera veder scomparire. “Questa cattedrale si potrebbe chiamare capitalismo, patriarcato, riproduzione nazionale, ordine economico… oggi brucia”. Tutte le barriere devono scomparire.” Interiore esteriore. Sano tossico. Uomo donna. Bianco nero. Nazionale straniero. Culturale naturale. Umano animale. Pubblico privato. Digitale analogico. Vivo morto”. Il trans è il futuro. “Migliaia di giovani stanno iniziando a disidentificarsi con questo regime di potere e conoscenza”. E chiede Preciado, molto seriamente: “Come sarà il mondo non binario?”.
Qualcuno sarà ansioso di scoprirlo. Io, no. E spero neanche i miei figli.
Giulio Meotti

La cosa strana, all’interno di tutto questo, è che vedo in giro una miriade di articoli e articolesse con studi – non importa se documentati o no, ragionevoli o no, fondati o no – sui soldi che girano intorno a “BigPharma” o altro del genere, ma non mi sembra di averne visti sul giro di soldi che gravita su questa gigantesca macchina di programmata e sistematica distruzione dei nostri bambini.

barbara

LA GRAN PUTTANATA DELL’EMERGENZA CLIMATICA, PARTE PRIMA

e della sua pretesa origine antropica.

La verità sul clima? È sempre cambiato (e l’uomo non c’entra)

Il clima sulla Terra non è mai stato stabile e uguale a sé stesso, ma ha attraversato continue fasi di cambiamento. La temperatura media della Terra è aumentata e diminuita con il trascorrere del tempo e di questo continuo cambiamento abbiamo dimostrazioni scientifiche definitive nelle risultanze dei carotaggi effettuati nei ghiacciai e nei sedimenti oceanici.
I ghiacciai si sono formati progressivamente attraverso la deposizione di strati di neve. Ad ogni nevicata la neve ha trascinato con sé le sostanze che in quel momento erano presenti nell’atmosfera, intrappolando bolle d’aria aventi la composizione chimica e isotopica dell’atmosfera di allora. Queste bolle d’aria contengono anche impurità rappresentative del particolato sospeso nell’atmosfera. Le bolle d’aria intrappolate nel ghiaccio sono dunque vere e proprie “capsule del tempo” che consentono di ricavare una grande mole di informazioni sulla composizione dell’atmosfera e del particolato e, attraverso questi dati, sulle temperature medie che regnavano sulla Terra nelle diverse epoche.
Ad ogni stagione invernale, durante la quale la neve si depositava, faceva seguito una stagione estiva durante la quale parte della neve depositata si scioglieva. Ma la maggior parte della neve caduta durava fino all’inverno successivo, quando era ricoperta da nuove nevicate. Gli strati di neve si sono così accumulati gli uni sugli altri. Ogni strato ha ricoperto il precedente intrappolando per sempre le sostanze che componevano l’atmosfera. Ogni strato ha aumentato la pressione sugli strati caduti in precedenza comprimendoli progressivamente e trasformandoli in ghiaccio compatto. Con il trascorrere dei millenni, lo spessore del ghiacciaio è aumentato fino a raggiungere, in alcune aree, migliaia di metri. Ogni strato del ghiacciaio ha conservato intatte le informazioni relative alla composizione dell’atmosfera, informazioni che sono oggi disponibili per studiare l’evoluzione del clima.

Carote di ghiaccio

Con una trivella cilindrica chiamata carotatrice è possibile scavare in profondità nel ghiacciaio portando in superficie il ghiaccio che lo costituisce: si ottengono in tal modo cilindri di ghiaccio del diametro di circa dieci centimetri e di lunghezza teoricamente illimitata, grazie all’estrazione di carote successive, ciascuna delle quali, singolarmente, può essere lunga fino a circa 35 metri. Le carote sono poi tagliate in sezioni lunghe un metro che sono racchiuse in cilindri di metallo, a loro volta depositati, ordinati secondo la profondità di estrazione, in magazzini refrigerati in cui la temperatura è mantenuta a – 36 °C.
Ogni strato delle carote di ghiaccio contiene campioni dell’atmosfera che esisteva all’epoca in cui lo strato si è formato. Studiando la composizione delle minuscole bolle d’aria si riesce a ricostruire la temperatura media che regnava sulla Terra nel periodo in cui lo strato di ghiaccio si è formato.
I siti in cui si estraggono e si studiano le carote di ghiaccio si trovano in tutte le zone fredde.
Alcuni di essi si trovano in Groenlandia. Uno di questi siti, denominato GISP2, ha consentito di estrarre e studiare strati di ghiaccio formatisi tra il presente e circa 130 mila anni fa.
Altre ricerche sulle carote di ghiaccio sono state effettuate nell’ambito del progetto EPICA (European Project for Ice Coring in Antarctica), un consorzio di dieci paesi finanziato dall’Unione Europea che ha portato a termine tra il 1996 e il 2003 una perforazione nel ghiaccio antartico profonda tre chilometri il cui strato più antico risale a 740 mila anni fa.

Sedimenti oceanici

Informazioni sull’evoluzione del clima della Terra possono essere estratte anche dal carotaggio dei sedimenti oceanici. In questo caso si studia la stratificazione del materiale fine che si deposita con continuità sul fondo degli oceani fino a costituire strati dello spessore di migliaia di metri. All’interno di questi sedimenti si conservano limi di origine minerale e biologica che intrappolano i resti dei microorganismi che un tempo vivevano nelle acque degli oceani e sui fondali marini. Analizzando lo spessore e la composizione dei singoli strati e la composizione isotopica dell’ossigeno e del carbonio contenuti nei microrganismi, i ricercatori sono in grado di ricostruire in modo dettagliato i cambiamenti climatici avvenuti nel corso degli ultimi 66 milioni di anni.
La carota denominata “MD012443”, campionata nell’Atlantico in corrispondenza del Margine Iberico, ha consentito di ricostruire un profilo della temperatura media dell’oceano relativo agli ultimi 400 mila anni, profilo che è risultato praticamente identico a quello ricavato per il medesimo periodo dall’analisi delle carote di ghiaccio antartico estratte nell’ambito del progetto EPICA.

Evoluzione del clima

I dati derivanti dallo studio delle carote di ghiaccio e dei sedimenti marini consentono di avere informazioni sull’evoluzione del clima terrestre. In particolare, l’analisi delle carote di ghiaccio GISP 2 estratte in Groenlandia ha consentito di ricostruire l’andamento della temperatura media atmosferica dalla fine dell’ultima glaciazione, conclusasi circa diecimila anni fa, ad oggi.
Nel diagramma, l’andamento della temperatura media annuale è espresso come “anomalia termica”, ovvero come allontanamento della temperatura media annuale (linea blu) dalla temperatura media dell’intero periodo post-glaciale (linea rossa). In altri termini, il diagramma evidenzia di quanti gradi centigradi, nel corso del tempo, la temperatura media annuale si è allontanata, in più o in meno, dal valore medio post-glaciale, posto convenzionalmente pari a 0 °C.
La prima considerazione che possiamo esprimere è che, a partire dalla fine dell’ultima glaciazione, la temperatura media annuale ha oscillato intorno alla temperatura media con variazioni aventi un’ampiezza complessiva di 1,5 °C. Per quanto ampie possano essere state le variazioni climatiche che si sono verificate nel periodo post-glaciale, esse non hanno mai determinato temperature medie annuali al di fuori di questo ristretto intervallo. È una circostanza, questa, che può essere letta in modo allarmante o rassicurante. In chiave pessimistica, si può dire che una variazione limitata a 1,5°C può causare catastrofi climatiche; in chiave ottimistica si può affermare che, negli ultimi diecimila anni, anche la variazione climatica più estrema non ha comportato variazioni della temperatura media eccedenti di più di 1,5 °C la temperatura attuale.

“Mai così caldo”?

La seconda considerazione è che, come mostrano i dati, oggi non ci troviamo affatto in un periodo caratterizzato da temperature medie annuali particolarmente elevate. Anzi, è vero il contrario. Considerando l’andamento delle temperature negli ultimi 3.500 anni, periodo che coincide con l’intera epoca storica, notiamo che le temperature medie annuali sono diminuite complessivamente di circa 1 °C.
Le temperature medie annuali sono aumentate e diminuite più volte toccando un massimo intorno al 1300 a.C., un minimo intorno al 750 a.C., un nuovo massimo intorno al 100 a.C., un nuovo minimo intorno al 700 d.C. e un nuovo massimo intorno all’anno 1000 d.C..
Dall’anno 1000 in poi la temperatura media annuale è diminuita fino all’anno 1850 e solo successivamente a quella data ha ripreso a crescere, rimanendo tuttavia al di sotto della temperatura media post-glaciale.
Durante tutta l’epoca storica (dal 1500 a.C. ad oggi) il trend delle temperature medie annuali (linea azzurra tratteggiata nel grafico) evidenzia un netto calo, che colloca la temperatura attuale al di sotto della media post-glaciale di circa 0,3 °C.
La terza considerazione è che le temperature medie attuali sono certamente superiori a quelle degli anni intorno al 1850, ma restano ben al di sotto delle temperature più elevate raggiunte in passato. Questa circostanza fa giustizia di quanto si legge spesso a proposito delle temperature che non sarebbero mai state così calde.
Se dunque è vero che i cambiamenti climatici ci sono (ma ci sono sempre stati, anche prima dell’era industriale) essi non sono affatto liquidabili come un “riscaldamento globale”: quello attualmente in corso è un riscaldamento che sta ponendo fine ad un lungo periodo di raffreddamento (quello che i climatologi hanno chiamato “piccola età glaciale”) e che tende a far risalire la temperatura media annuale verso il valore medio post-glaciale, che non è stato ancora raggiunto.
Ugo Spezia, 7 gennaio 2023, qui, con i grafici.

1. continua

Fra i commenti ho trovato questo, magnifico, di tale NitFo

Il primo grafico non mente, è sempre colpa dell’uomo: l’ultima impennata fuori controllo delle temperature, addirittura +12 gradi, è avvenuta 150.000 anni fa. Guarda caso proprio quando l’uomo ha iniziato ad accendere sistematicamente fuochi davanti alle caverne, facendo impennare le emissioni di CO2. A quei tempi alcuni ecofessi volevano vietare l’accensione dei fuochi, starnazzando “non c’è più tempo!” e gettando succo di bacche per deturpare le pitture rupestri. Avrebbero condannato la razza umana a una non evoluzione e a grugnire per sempre nelle caverne.
Per fortuna, le persone a quei tempi erano molto più intelligenti di oggi.

E poi propongo questa riflessione, di puro buon senso

Giovanni Bernardini

ESTREMO

E’ mattina presto. Come tutti i diversamente giovani sono piuttosto mattiniero [facciamo quasi tutti, va’]. Sorseggio il caffè ed intanto guardo distrattamente la TV, in attesa del primo notiziario. Uno spot pubblicitario attira la mia attenzione. Ci invitano a comprare una stufa elettrica. “Vi tiene caldo anche durante i fenomeni climatici estremi”, sussurra una voce sensuale. E sul teleschermo appaiono le immagini della neve che cade, lenta lenta.
Ecco, una nevicata sarebbe un “fenomeno climatico estremo”!
Tutto è ormai “estremo”. Il freddo come il caldo. La pioggia come la siccità, la neve come la sua assenza.
Per non essere “estremo” il clima dovrebbe essere perfettamente a misura d’uomo. Dovrebbe nevicare solo sulle piste da sci, piovere, leggermente, solo sui campi coltivati ed il vento dovrebbe ridursi a piacevole brezza. Tutto ciò che non quadra con questa melassa climatica è qualificato “estremo” ed addebitato all’”umana follia” ed al “consumismo compulsivo”.
Nessuno è sfiorato dal dubbio che il concetto di “estremo” si riferisce a valori ed esigenze umane nei confronti delle quali la natura è assolutamente indifferente. Per NOI un uragano o un terremoto sono qualcosa di “estremo”, ma a ben vedere le cose si tratta di normalissimi fenomeni naturali. Spiacevoli, addirittura tragici per noi, è vero, ma chi lo ha detto che la natura debba sempre e comunque esser “piacevole” per noi?
Se il dibattito sui mutamenti climatici si liberasse della insopportabile melassa ideologica che oggi lo caratterizza si potrebbe cominciare ad affrontare seriamente i problemi. Sarebbe un gran bel passo avanti.

Il paragone che mi viene più ovvio, per la religione dell’emergenza climatica, è con la religione islamica: una religione fondamentalista, estremamente pericolosa, assolutista, che si manifesta con il lavaggio del cervello, che si realizza attraverso il martirio degli adepti e i sacrifici umani dei miscredenti, che usa come strumento per diffondersi il terrorismo, che a qualcuno costa moltissimo in termini economici, e a qualcun altro rende moltissimo al cubo. Se non ci ribelliamo in massa verremo sommersi, e in questo sì che il conto alla rovescia corre a velocità folle.

barbara

PENSIERINO DELLA SERA

(forse un pelino irriverente, ma a una vecchia signora un po’ di irriverenza si può perdonare, no?)

Pelè, Mihajlovic, Vialli: sembrerebbe essere il periodo dei calciatori. Pensa che figata se fosse anche il periodo dei papi!

Poi, a proposito di Vialli e dell’orrido personaggio di cui ho parlato ieri, vi propongo questo brevissimo video alquanto in tema

E dato che stiamo attraversando tempi difficili, vi offro anche qualche consiglio per imparare a risparmiare

barbara