e poi quello ebraico e quello cambogiano e quello ruandese, abbiamo scelto di ignorare e lasciare perpetrare impunemente anche il secondo genocidio armeno.
“Noi europei siamo come mucche che guardano passare i treni dove nel vagone ristorante si mangiano vitelli armeni”
I gemelli turchi strangolano l’enclave di 120.000 cristiani. La morte lenta dell’Armenia e l’aprassia dell’Europa, questo morto vivente. Intervista al ministro degli Esteri armeno dell’Artsakh
Il dittatore azero Aliyev ha ribattezzato l’Armenia... “Azerbaigian occidentale”. Anche la capitale armena, Yerevan, è una “città dell’Azerbaigian”. Il satrapo amico della UE non potrebbe essere più esplicito nelle sue intenzioni verso gli armeni, i figli prediletti di Noè. Dopo aver ereditato dal padre un paese ricco di gas e petrolio, una ex repubblica sovietica con 10 milioni di abitanti, il satrapo musulmano che seduce gli occidentali come l’emiro del Qatar ha deciso, con l’aiuto di Erdogan, il sultano turco, di mettere mano all’Armenia, il più antico territorio cristiano al mondo (vent’anni prima che Costantino imponesse la croce sui labari delle legioni romane), un paese senza risorse e con 3 milioni di abitanti e quasi altrettante chiese e monasteri annidati tra le sue montagne mozzafiato, testimonianza di pietra della lotta armena per affermare il proprio diritto ad esistere come popolo. “Gli armeni, vittime del primo genocidio moderno, affrontano l’estinzione in un territorio punteggiato da chiese e croci” scrive Sohrab Ahmari in un bel saggio su Compactmag. “Mentre la Russia, storica protettrice dell’Armenia, si allontana dalla scena, gli armeni lottano per la sopravvivenza”.
Con l’appoggio della Turchia, l’Azerbaijan da un mese ha deciso di asfissiare l’enclave armena del Nagorno Karabakh tagliandole l’unica via di collegamento che la tiene in vita con lo stato armeno. Un blocco che, dal 12 dicembre, ha intrappolato 120.000 persone. Anzi, 120.000 cristiani asfissiati da un esercito con la mezzaluna. Un mese di isolamento totale. E le anime belle che parlano del blocco israeliano di Gaza sotto controllo di Hamas e Jihad Islamica, tacciono. Tutto ciò che potrebbe provenire dal mondo esterno ora è precluso agli armeni, dal cibo alle medicine. Il freddo bestiale entra in case che non possono essere riscaldate, perché gli azeri hanno interrotto le forniture di gas. Come un supplizio cinese. Uno scenario di morte lenta che è una prefigurazione di ciò che Erdogan e Aliyev stanno preparando per l’Armenia tutta, o ciò che ne resta, dopo due millenni di gloria.
Il pan-turchismo intende riunire i popoli turchi (e musulmani) nello stesso stato. Anche se significa “genocidio” degli indigeni, colpevoli di aver abitato queste terre molto prima delle invasioni islamiche dall’Asia Centrale, che portarono alla caduta di Costantinopoli e dell’Impero Romano d’Oriente nel 1453. Di qui i sistematici massacri di tutti gli “indigeni” cristiani: gli armeni (1,5 milioni nel 1915, grande macchia rossa nella coscienza di un’Europa che per la prima volta confessava la predisposizione a chiudere gli occhi di fronte allo scomodo choc dell’Olocausto), gli assiri e gli aramei (500.000), i greci del Ponto (altrettanti).
Ne parlo per newsletter con Grigor Ghazaryan, professore di Filologia all’Università di Yerevan, in Armenia.
L’Artsakh armeno è perduto?
Diciamo che è in atto un genocidio per definizione. Ilham Aliyev ha dichiarato quanto segue durante la conferenza stampa: ‘Chi non vuole essere nostro cittadino, la strada non è chiusa, è aperta, può andarsene. O possono partire da soli, non li fermeremo, o con le macchine delle forze di pace russe, o con gli autobus. La strada è aperta’. Tradotto: gli armeni saranno costretti a cambiare identità, religione, lingua, convertirsi nella miscela della dittatura neo-ottomana. Altrimenti moriranno o dovranno abbandonare il paese natale.
L’Europa è complice?
Bisogna far capire alle strutture occidentali che l’Azerbaijan si dichiara così uno stato terroristico.
E se gli occidentali avessero capito bene e scelto?
Allora chi non ha gas per l’Europa, è destinato a scomparire.
La codardia europea è al di là di ogni comprensione. “Indifferenti come le mucche che, parafrasando Paul Claudel, guardano passare i treni dove, nel vagone ristorante, i viaggiatori mangiano vitello tonnato” scrive questa settimana su Le Point Franz-Olivier Giesbert, pezzo da novanta del giornalismo francese (è stato direttore dell’Obs e del Figaro). La diplomazia di Bruxelles, alimentata forzatamente con il gas azero e in ginocchio davanti alle minacce del sultano turco, sembra un morto vivente. La difesa russa degli Armenia, storici vicini e alleati, è crollata. L’America, lontana, non muoverà un dito per un piccolo paese cristiano nel Caucaso. Le buone vittime sono gli uiguri e i rohingya musulmani, al massimo gli iraniani che protestano contro gli ayatollah.
Il sito svedese di inchieste Blankspot.se ha raccontato come anche i pochi eurodeputati che stavano con l’Armenia abbiano cambiato opinione. L’eurodeputato tedesco Engin Eroglu (gruppo Renew, macroniani) aveva presentato risoluzioni critiche nei confronti della dittatura azera. All’apertura del Parlamento europeo, la scorsa estate, Eroglu aveva attaccato Ursula von der Leyen per il suo viaggio a Baku dove aveva baciato la pantofola al dittatore azero. Poi Eroglu va in Azerbaijan con una nutrita delegazione. E finiscono le critiche agli azeri. Il Qatargate lo hanno inventato gli azeri. “L’Azerbaigian sta comprando tutti, giornalisti, politici, storici compresi per dimostrare che l’Artsakh gli è sempre appartenuto” dice a Le Figaro il rappresentante della Chiesa apostolica armena in Vaticano, Khajag Barsamian. “Ankara da parte sua ha una vasta rete di agenti diplomatici ben collaudati e ha anche molti soldi. Con i soldi comprano compagnie internazionali, politici, eurodeputati per la loro propaganda”.
E i media? Nell’era degli algoritmi e delle statistiche, i media monitorano quali sono le loro pagine più popolari. E gli articoli che trattano (molto raramente) dell’Armenia non sono molto cliccati. Giù dunque il sipario. “Noi armeni siamo soli al mondo”, dicono alla direttrice della Revue Des Deux mondes, Valérie Toranian. La storia sembra ripetersi. Il ministro degli Esteri inglese Lord Curzon parlando alla Camera dei Comuni nel lontano 1921 liquidò così il genocidio armeno: “Consumato fra il disinteresse generale e sul quale non conviene dilungarsi”.

La città di Shushi, Nagorno-Karabakh, dove nel 1920 fino a 20.000 armeni furono massacrati da turchi e azeri. Un pogrom. Dopo il periodo sovietico, la città tornò in mano agli armeni nel 1992. Ma nella guerra del 2020 la città è finita sotto il controllo azero (cliccare sull’immagine per ingrandire)
Perché tanto odio?
La risposta è venuta dalla bocca di un grande Papa, Benedetto XVI, che nel suo discorso di Ratisbona ha evocato il dialogo tra uno degli ultimi imperatori cristiani di Costantinopoli e uno studioso musulmano persiano. Per il primo, imporre la fede con la violenza equivale a “non agire secondo ragione”, che è “contrario alla natura di Dio”. Per il musulmano, invece, Dio è “assolutamente trascendente”. Ha tutti i diritti. Anche quello di annientare un piccolo popolo che non ha mai fatto male a nessuno, soltanto perché cristiano.

Stepanakert al buio
Ne parlo per la newsletter con il ministro degli Esteri uscente dell’Artsakh, Davit Babayan, al telefono da Stepanakert, da un mese al buio e al freddo.
Qual è la situazione nell’Artsakh?
Terribile, tragica. Da un mese siamo sotto blocco e assedio. Tutto è tagliato fuori. I viveri. Le medicine. La strada è chiusa. Gli azeri hanno fermato il gas. E ora anche l’elettricità. La situazione continuerà, non ci sono prospettive.
Cosa vogliono gli azeri?
Soffocarci. Vogliono spingerci ad andarcene. Se Roma o altre città italiane fossero tagliate fuori dal resto del paese, quanti di voi resisterebbero? Ci sono persone forti e in Artsakh abbiamo una missione, è questione di dignità per noi. Ma stiamo affrontando un male.
Vogliono distruggere anche la vostra storia?
Sì, nell’Artsakh occupato, l’80 per cento del territorio, gli azeri distruggono e compiono un genocidio culturale: chiese medievali, monumenti, tombe, cappelle, iscrizioni, case, ogni iscrizione in armeno, tutto raso al suolo.
Cosa vuole dire all’Europa, così silente?
Salvate l’Artsakh per salvarvi voi stessi. Se un regime totalitario può soffocare un piccolo stato democratico cristiano, significa che è una sfida al mondo civilizzato. Siete complici di questa tragedia? Siete dei partner nella distruzione del popolo armeno? Turchi e azeri lo stanno facendo assieme.
Giulio Meotti
Silenti di fronte ai genocidi, silenti di fronte all’invasione dell’islam, silenti di fronte alla distruzione della nostra cultura, silenti di fronte alla cancellazione del diritto di parola, silenti di fronte all’annientamento della libertà. Se trovo il coglione che ha detto che la parola è d’argento e il silenzio è d’oro lo prendo a randellate.
barbara
Un nostro socio (quello di cui sono stato testimone di nozze) aveva conosciuto, credo ne sia stato l’unico studente quell’anno (!) una docente universitaria che del genocidio armeno aveva parlato, anche se non proprio a lezione. Oddio, se era l’unico studente, conoscendo il socio, più che una lezione è stata una conversazione. Lui di suo come parte del corso aveva studiato più le chiese armene, ma ha saputo anche del resto.
Pubblicamente, questa docente doveva dire che il Nagorno-Karabakh era sempre stato azero, ma non nascondeva privatamente come stesero veramente le cose.
Sì, il socio ha molteplici aspetti, non è solo un bravo tecnico…
Frecciatina a quel personaggio vestito di bianco che fu silente di fronte alla Shoah?
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Cioè mi stai dicendo che questa “docente” era una tale merda putrida immonda infame schifosa criminale da proclamare in cattedra cose che sapeva essere false?! Non ho parole per esprimere tutto il disprezzo che merita un simile essere.
“Silenti” è plurale: direi che dovrebbe essere abbastanza chiaro che non sto parlando di una persona. In effetti sto parlando del mondo intero. E no, non è una frecciatina: è un atto di accusa.
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Purtroppo sì. L’amico me l’ha detto almeno quattro volte: privatamente, forse per il fatto che lui era il solo studente (quantomeno frequentante) in quell’anno accademico, gli aveva detto che nella questione del Nagorno Karabakh avevano ragione gli armeni ma pubblicamente si uniformava al mainstream… Forse temeva di perdere la cattedra, lui non ricorda bene se fosse “associata” o solo “incaricata”. Oggi è in pensione.
Non sapevo cosa rispondere.
Diciamo che l’amico deve aver sentito diverse cose che gli hanno fatto perdere fiducia nel prossimo, visto che sua moglie, io, la mia fidanzata, il presidente della Sas e gli altri soci abbiamo dovuto tutti superare una specie di “fossato coi coccodrilli” che lui si è costruito attorno. Quando si può aprire alle confidenze… viene fuori diversa roba fra l’avvilente e l’inquietante.
Sì, tanto a me quanto alla mia fidanzata l’atteggiamento di quella docente ricorda quello del ballerino che si è gabbato per trans solo per essere accettato come ballerino maschio di Tribal Fusion. E ho già detto cosa avevamo pensato di quello.
Non vado oltre o la cena poi non la digerisco per la nausea…
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Beh no, non è la stessa cosa: il ballerino è un imbroglione ma, a parte forse un altro ballerino con pari merito a cui ha sottratto il posto, non ha danneggiato nessuno. Non è la stessa cosa di un docente che insegna cose false a centinaia di studenti, rendendoli automaticamente nemici delle vittime.
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Avanti, Barbara, sei stata insegnante, queste cose le sai. L’insegnante deve dire quello che i suoi superiori gli dicono di dire, sempre che voglia pagare le bollette!
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Proiettare sugli altri la propria putredine è il modo più rapido e sicuro per togliersi la maschera e mostrare la propria vera faccia. E adesso fuori dai piedi.
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