QUEL PROFONDO DISAGIO CHE LA SCUOLA HA INFLITTO A TUTTI NOI…

Sì, vero, che ve lo ricordate, e che a ripensarci ancora vi fa venire i brividi alla schiena.

Che palle la grande letteratura riscritta con i buoni sentimenti

Prima hanno fatto di Orwell una griffe antitrumpiana. Ora arriva “1984” dal punto di vista femminista, mentre nelle università inglesi in piena decadenza Omero e Dickens mettono a disagio

Quando la grande arte non può essere incasellata a dovere viene messa al bando. Al Maggio fiorentino hanno cambiato il finale della Carmen di Bizet, che si ribella e uccide don Josè in omaggio al MeToo (a Berlino dei funzionari alticci hanno appena pensato di cancellare Lo schiaccianoci di Ciaikovski). Il buio oltre la siepe, il capolavoro di Harper Lee, non viene più insegnato in una scuola del Regno Unito dopo che gli insegnanti hanno affermato che il libro promuove la narrativa del “salvatore bianco”. Il signore delle mosche di William Golding è stato rimosso dal curriculum di alcune scuole in Canada dopo che è stato considerato “incentrato sulle strutture di potere maschili e bianche”.
Con George Orwell hanno provato in ogni modo ad addomesticarlo.
“Nell’America di Trump, 1984 e gli altri romanzi distopici tornano in testa alle classifiche”, titolava La Repubblica. Lo scrittore inglese più famoso del Novecento è stato abilmente arruolato come una griffe della propaganda antitrumpiana. E non importa che 1984 fosse soltanto la più grande satira della propaganda sovietica.
Nick Slater, su Current Affairs, scrive che “Orwell è venerato come un simbolo… per alcuni è un ‘santo laico’”. In Italia ad esempio si è passati dal tempo in cui, come scriveva Roberto Calasso ne L’impronta dell’editore, “Orwell veniva citato con ribrezzo”, a uno in cui è citato a casaccio e ogni casa editrice ha il suo Orwell in catalogo.
George Orwell adorava Charles Dickens e la descrizione che ne fa nel 1939 è un suo autoritratto. “Un intelletto libero odiato con il medesimo tasso di odio da tutte le piccole, puzzolenti ortodossie che ancora si contendono la nostra anima”.
Ora le puzzolenti ortodossie sono al potere e anche Dickens è problematico. Nei giorni scorsi l’Università di Greenwich, in Inghilterra, ha messo un avviso agli studenti che si approcciano a 1984 di Orwell e all’Odissea di Omero che si tratta di “materiale che mette a disagio”. In altre università britanniche, come Aberdeen, simili avvertimenti sono stati posti su Robert Louis Stevenson, il Giulio Cesare di William Shakespeare e Dickens. Se non è piena decadenza questa non so cosa sia.
Ma addomesticare Orwell non è facile. Parliamo di un romanziere che dei colleghi scrittori che gli chiedevano di firmare inutili appelli antifascisti diceva: “Io non sono uno dei vostri finocchietti alla moda come Auden e Spender…”.
Così ora la fondazione George Orwell ha approvato una “rivisitazione femminista” del suo romanzo più famoso, che reinventa 1984 dal punto di vista dell’amante di Winston Smith, Julia. Si riscrive con i buoni sentimento il grande romanzo in favore di masse dormienti e di editori che vogliono fare due soldi, facili facili.
La neolingua della Commissione Europea che ci dice quali parole usare, la sorveglianza degli spiriti nelle università occidentali, l’interiorizzazione dei diktat da parte dell’opinione pubblica, la società come campo di rieducazione delle “fobie”, la polizia del pensiero e la proscrizione di parole nel mondo della cultura…Nella gara a tirare Orwell per la giacca ci sono molti motivi per pensare che a Eric Blair non sarebbe piaciuto questo 2021 del trionfo progressista.
Per scoprirlo, comunque, sempre meglio leggere l’originale 1984.
Giulio Meotti

Come non si stancava di ripetere il mio grande maestro Giuliano Baioni, non si fa letteratura coi buoni sentimenti, e dubito infatti che qualcuno riesca a citare qualche opera di vera letteratura nata da un’ideologia, sia essa comunista, fascista, ambientalista o a scopo edificante (e no, I fratelli Karamazov non è un romanzo edificante). Prepariamoci dunque a un’era priva di letteratura, e soprattutto a salvare tutti i nostri preziosi libri dalle fiamme dei pompieri, prima che arrivino a metterci le mani. Magari, per ogni evenienza, cominciamo a impararne qualche brano a memoria.

barbara

C’ERA UNA VOLTA

C’era una volta il ministero della sanità –
No, ho sbagliato tutto, ricomincio da capo.
C’era una volta un tempo felice. E in quel tempo felice c’era un’isola felice (vabbè, penisola, ma adesso non stiamo a sottilizzare). Quest’isola felice era una repubblica parlamentare (sentite quanto è bella questa parola: parlamentare! PAR LA MEN TO: c’era un parlamento! E questo parlamento faceva le leggi. E la gente obbediva alle leggi perché le aveva fatte il parlamento, composto dai suoi eletti. Ah, com’erano belli quei tempi – ma non divaghiamo). Il parlamento, dicevo. E i ministeri, che avevano il compito di far funzionare tutti i vari apparati dello stato. Ecco, adesso ci sono arrivata: fra questi ministeri c’era quello della SANITÀ. Qual era il suo compito? Occuparsi di tutto ciò che riguardava la sanità, ovvio: che gli ospedali funzionassero, che le attrezzature sanitarie avessero la dovuta manutenzione e venissero sostituite quando diventavano superate, che ci fosse personale sanitario a sufficienza, in modo che il cittadino avesse modo di mantenere o recuperare la propria SALUTE.
Quand’è che è avvenuto il mutamento (genetico, mi verrebbe da dire)? Non lo saprei dire. Come quando l’amore si trasforma lentamente in disamore, come quando la vecchiaia comincia a entrare nei muscoli e nelle ossa, come quando l’acqua in cui nuota la rana diventa troppo calda perché abbia la forza di saltare fuori, come quando ti accorgi che sei stato derubato della tua libertà e dei tuoi diritti, ma non sapresti indicare il momento esatto in cui ciò sia avvenuto. Sta di fatto che ad un certo momento è avvenuto e tu ne devi prendere atto: il ministero della sanità non c’è più: adesso al suo posto c’è il ministero della salute. Più o meno come gli orwelliani ministeri della pace, dell’amore, dell’abbondanza, della verità, una cosa così. Adesso non c’è più il cittadino che decide che cosa fare per la propria salute e lo stato gli fornisce i mezzi per farlo, no: adesso è lo stato in persona che si occupa direttamente della tua salute e ti dice che cosa puoi o non puoi fare, che cosa devi o non devi fare, quale malattia ti puoi curare e quale no, e se poi crepi perché hai avuto l’arroganza di volerti beccare la malattia di serie B, beh, cazzi tuoi, perché devi metterti ben chiaro in testa che se ti contagi è colpa tua, se ti ammali è colpa tua, se ti aggravi è colpa tua, se crepi è colpa tua, il che dovrebbe esserti evidentemente dalla cura che mette il ministero della SALUTE nell’occuparsi, al posto tuo, della tua salute. È vero che in compenso non ti fornisce più i mezzi per conseguirla, questa salute, ma insomma, dai, non puoi mica pretendere tutto, no?

Detta in modo chiaro, la tragedia – OK, una delle innumerevoli tragedie – della sanità in Italia è esattamente questa: l’avere trasformato un normale democratico, anche se non sempre efficientissimo, ministero della sanità nell’incubo di un orwelliano ministero della salute.

Poi magari, a voler proprio proprio pignoleggiare, ci sarebbe anche questo.

Leonardo Batistini

Abusivismo e Degrado Firenze

Ieri ero a cena fuori… A mezzanotte e venti polizia fuori dal ristorante per far uscire i pochi che erano ancora a cena. Vedi ovviamente il titolare in agitazione, ti senti un po’ come un mezzo criminale che sta facendo una rapina e non un semplice cliente che sta semplicemente finendo il dolce. Poi rifletti un attimo, e ti chiedi come sia possibile che il virus colpisca solo da mezzanotte… Trovare parcheggio in San Frediano non era stato facile quindi camminando per strada hai modo di capire che i vigili avevano intanto fatto il loro dovere con multe a raffica, perché coprifuoco o no qualcuno li ha mandati a far cassa. Arrivi all’auto e ti sorge un dubbio, ecco che passo dalla stazione e trovo i soliti africani senza mascherina a ragionare ed a spacciare come sempre… Alle Cascine non ne parliamo ad ogni ora del giorno e della notte. Zero polizia, per quello non ci sono abbastanza forze… A quel punto capisci bene che sei straniero a casa tua, ti fanno sentire un criminale se a mezzanotte sei ancora a cena, ti multano se non indossi la mascherina o lasci la macchina sul parcheggio per residenti. Però se arrivi in Italia a spese nostre e spacci fregandotene delle normative Covid non ti viene fatto niente. Ed ancora temo non si sia visto niente rispetto a ciò che ci aspetta!

Comunque è un fatto che l’Italia è uno stato diverso dagli altri

in cui possono succedere anche cose così

Ma tranquilli che adesso arriva Lui, l’Uomo della Provvidenza

che coi suoi micidiali decreti

sa bene come farci rigare dritti

E non cercate di fare i furbi con noi restando sani, perché noi vi staneremo ovunque.

E vi spezzeremo le reni, sappiatelo.

barbara

ANCORA UN PAIO DI COSE SULLA COMMISSIONE ORWELLIANA PER GLI PSICOREATI 2

Ho scelto altri tre articoli – scelta non facile, perché vedo in giro una vera sollevazione contro questo attentato alla libertà, costituzionalmente garantita, di pensiero e di parola* – che aiutano a chiarire vari aspetti della questione che potrebbero sfuggire a uno sguardo superficiale e frettoloso.

LE RAGIONI PER CUI…

Una commissione “contro l’odio”. Ci sono tanti tipi di odio. C’è chi odia gli ebrei, c’è chi odia i cinesi, c’è chi odia le donne, c’è chi odia i ricchi, c’è chi odia gli omosessuali, c’è chi odia il vicino di casa, c’è chi odia le persone di colore, c’è chi odia i musulmani, c’è chi odia i leghisti, c’è chi odia i piddini, c’è chi odia i cattolici, c’è chi odia il presidente della Repubblica… quanti odi ci sono in circolazione, e quante sono le parole per manifestarli?
E’ dunque necessaria, in Italia, paese dove certo si odia e si litiga, ma non meno che in altri, una commissione presieduta da un presunto gruppo di saggi che avrebbero il compito di indicare certi odi e non altri, come se non ci fossero già, in Italia, leggi che puniscono chi esercita la diffamazione, chi vilipende?
A che scopo istituirla proprio adesso?
Ebbene, c’è un passo del testo della mozione a cui la senatrice Liliana Segre ha prestato il proprio nome, che permette di rispondere chiaramente alla domanda.
“Il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa definisce gli hate speech come le forme di espressioni che diffondono, incitano, promuovono o giustificano l’odio razziale, la xenofobia, l’antisemitismo o più in generale l’intolleranza, ma anche i nazionalismi e gli etnocentrismi”.
E’ nelle parole finali che si cela la risposta. “Nazionalismo” e “etnocentrismo”, parole sataniche per la UE.
Dalla prima parola, caricata dai burocati europei di un significato eminentemente negativo, discenderebbero per li rami nefaste conseguenze per la convivenza civile e sociale, appunto il razzismo, la xenofobia, l’antisemitismo, ecc.
Oggi, il grande apparato mediatico progressista ha coniato un altro termine ancora più spregiativo di “nazionalista”, lo conosciamo tutti, “sovranista”.
Sei sei “sovranista” sei razzista, sei xenofobo, sei antisemita.
Questa commissione, che il centrodestra non ha votato, dietro la pretesa di volere tutelare minoranze e specifiche soggettività (che, in uno Stato di diritto sono già tutelate dalla legge), ha una precisa e chiara finalità politica indirizzata contro determinate prerogative difese a destra: confini sicuri, immigrazione controllata, tutela di tradizioni culturali depositate nei secoli, rispetto per la propria identità nazionale.
L’ideologia che la informa viene da Bruxelles, di cui essa è la diretta emanazione.
La senatrice Segre, ormai trasformata in un feticcio, e a cui va tutto il mio rispetto per la sua vicenda umana, viene usata ed è usata come portabandiera da agitare per demonizzare chi si oppone alla commisione che prende il suo nome.
Una operazione scaltra, infima, di bassa cucina, addobbata con i panni nobili della lotta all’odio.
Niram Ferretti, qui

* «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’Autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, sporgere denunzia all’Autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo di ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.» Articolo 21 della Costituzione Italiana.

“E’ nelle parole finali che si cela la risposta”: in cauda venenum, come ben sa chi si è trovato ad avere a che fare con gli scorpioni.
Proseguo con questo, che contiene un’informazione, estremamente importante, che non conoscevo.

È una trappola politica la mozione sul razzismo

La maggioranza non ha cercato l’accordo per linciare il centrodestra

di Franco Bechis

1 NOVEMBRE 2019

C’è una buona dose di malafede e di ideologia politica (sempre legittima se riconosciuta) nel linciaggio collettivo cui è stato sottoposto ieri il centrodestra per il semplice fatto di essersi astenuto in Senato sulla mozione di maggioranza a prima firma Liliana Segre per proporre «l’istituzione di una commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza». A parte il fatto banale per cui astenersi non è opporsi, al voto del Senato sulla stessa identica questione c’erano non una, ma quattro mozioni diverse. E tre sono state bocciate con il no di tutti quelli che oggi si indignano: una di Forza Italia, una della Lega e una di Fratelli di Italia. Tutte e tre avevano premesse un po’ diverse, ma poi portavano a costituire la stessa identica commissione con qualche avvertenza per altro di buon senso, perché in strumenti-bandiera di questo tipo che di solito contano come un fico secco c’è il rischio però di farsi prendere la mano e con la scusa dell’odio o del razzismo limitare severamente libertà di espressione più che consentite dalla nostra Costituzione.
Ora la libertà di pensiero e politica è così importante, che non si può accettare il linciaggio andato in scena ieri su media e agenzie. Così come è inaccettabile che qualche genio salti su in parlamento apostrofando con insulti stupidi più ancora che razzisti un deputato Pd come Emanuele Fiano che si accusa di essere ebreo. Bene, sono ebreo anche io fiero delle mie origini anche se sono stato educato e sono cresciuto da cattolico osservante. E quindi fischio e darei un bel scappellotto a chi in una giornata così ha avuto la bella idea di dire sciocchezze su Fiano. Ma quel linciaggio scientifico per l’astensione sulle mozioni è ben più grave di qualche scemata urlata anche in aula. Perché questo sì è atto illiberale che getta ombre pesanti su chi ha controfirmato e dato sostegno alla mozione della Segre. Gli slogan anche buonisti che debbono andare bene per tutti esistono nelle dittature, non nelle democrazie liberali, ed è dittatura imporre con tanta violenza il pensiero unico a chicchessia, poi linciandolo perché non vi aderisce. È anche segno di malafede, perché li avesse avuta buona non avrebbe imposto slogan da prendere o lasciare, ma avrebbe cercato un accordo con le minoranze ( si rispettano anche quelle parlamentari) per giungere a un testo condiviso, se questo era l’obiettivo politico. Non è accaduto così, perché c’era un intento muscolare che non vedeva protagonista ovviamente la senatrice a vita Segre, ma chi l’accompagnava. Non volevano una scelta condivisa, ma accusare di razzismo le minoranze impiccate a qualsiasi loro distinguo.
Bene, siccome a me degli uni e degli altri frega assai poco e personalmente di questo tipo di commissioni parlamentari ho la massima storica disistima, vado al sodo: «l’odio» è arma a doppio taglio, che può stralciare zizzania ma anche erba finita lì in mezzo e che semplicemente da fastidio perché non è la tua. Nessun paese del mondo ha definito con esattezza giuridica quello che chiamano «hate speech», perché è impossibile farlo senza mettere a rischio i principi di libertà su cui si fondano le regole e le costituzioni dei nostri paesi. Per questo andrei molto piano a normare questi temi, perché si rischiano danni seri alla libertà, assai più seri di quelli provocati da qualche idiota che dice cose senza senso. Cose è odio e razzismo da punire magari con pene assai elevate (questo sarebbe il lavoro della commissione)? Il codice penale oggi evidenzia già numerose fattispecie, perseguite con severità. Ma se ne vogliono aggiungere altre. E allora, mettiamo nel mirino i cittadini di un quartiere che stufi di essere depredati in casa e per strada ogni giorno chiedono con manifestazioni pubbliche o in gruppi sui social network di spostare da lì quel campo nomadi la cui presenza ha tanto cambiato la loro vita quotidiana? Temo di sì, ed è un rischio che non voglio correre. Perché non è l’odio in sé che si vuole perseguire, ma quello che una parte (oggi maggioranza in Parlamento) definisce odio ed è sicura che sia odio. Io ho visto linciare, tanto per dirne una, con frasi grondanti odio (non importa quanto condiviso) gli organizzatori dei vari family day o pro life, che si vorrebbe non avessero nemmeno diritto di parola ritenendo quella parola non lecita. Mi preoccupa quella commissione perché nasce a colpi di maggioranza con questo cappello ideologico immotivato: vorrei sapere ad esempio perché non hanno votato la mozione di Forza Italia a cui è difficile fare un appunto di qualsiasi tipo. E allora temo che ci sia dietro un’operazione ideologica che si ripara dietro lo schermo falso dell’antisemitismo per limitare libertà di pensiero e di movimento politico altrui: questo si può dire perché sacrosanto, su quello non ti azzardare o ti sbatto dentro. Questo metodo di decidere a maggioranza per eliminare i diritti della minoranza, accusandola pure di illecito pensiero diverso, è da regimi totalitari, non da democrazie liberali. Posso dirlo? Quel linciaggio di ieri è davvero un po’ fascista, nel senso deteriore del termine. Qui.

Sulla malafede di chi ha messo in piedi questa baracconata, sul suo scopo di chiudere la bocca al dissenso, sui metodi fascisti con cui lo scopo è stato perseguito, non ho mai avuto il minimo dubbio; ciò che apprendo ora, ossia l’esistenza di altre mozioni pressoché identiche, solo un po’ meno vaghe e con obiettivi non ampliabili a piacere, come lo sono in questa, che sono state inesorabilmente bocciate, rende la manovra ancora più grave.

E concludo questa seconda puntata con un’analisi dettagliata di alcuni punti della mozione.

Il centro sinistra non ha voluto l’unanimità sulla mozione Segre

Nessuno più di noi di Forza Italia, e per me è anche un fondamentale impegno personale, è stato costantemente e coerentemente contrario ad ogni forma di antisemitismo, razzismo e istigazione all’odio. Per questo in Senato abbiamo auspicato e ci siamo impegnati per l’approvazione unanime di una commissione per il contrasto di questi fenomeni. Purtroppo, questo non è avvenuto: la mozione a prima firma della senatrice Liliana Segre è stata approvata ma a maggioranza e con molte astensioni, tra cui la nostra, che spiegherò, mentre la mozione di Forza Italia, che avrebbe avuto il medesimo effetto ed era compatibile con essa è stata addirittura bocciata. Dunque, noi non abbiamo votato contro alcuna proposta per istituire la commissione, a differenza dello schieramento di centro sinistra.

Per ottenere l’auspicata unanimità la mozione, onorata dalla prima firma della senatrice Segre, avrebbe dovuto essere preparata coinvolgendo fin dall’inizio tutti i gruppi del Senato, invece è stata scritta e firmata nell’ambito dell’attuale maggioranza di governo, pur essendo stata depositata nel giugno scorso, e il testo ne risente ampiamente. In essa si parte dall’antisemitismo, ma poi si estende enormemente l’ambito dei fenomeni “da contrastare” con sanzioni penali o “sociali”.
Ad esempio, vengono inclusi nell’incitamento all’odio “ ‘argomenti’ quali la superiorità della propria razza, etnia, nazione o gruppo: e uno pensa alla criminale ideologia nazista che prevede lo sterminio di chi è inferiore. Ma se io dico che le nazioni come l’Italia – o Israele – dove vigono lo stato di diritto, la libertà di espressione, l’eguaglianza fra uomo e donna e la libertà religiosa sono superiori a quelle dove una religione è imposta dallo Stato con la violenza, la conversione ad altra religione è punita con la morte, la libertà non c’è, le donne sono segregate, legalmente picchiate e lapidate e i gay precipitati dai palazzi, devo essere perseguito, ed equiparato a Hitler?
Si cita anche l’incitamento “a commettere atti di discriminazione”: questa espressione include chi è contrario alle adozioni per le coppie omosessuali o all’imposizione delle teorie gender nelle scuole? Ancora, nella mozione si sostiene che “andrebbero perseguite penalmente espressioni dannose, offensive o sgradite”. Ma la legge deve essere oggettiva, non soggettiva.
Si apre così la strada a una limitazione arbitraria della libertà d’espressione! Abbiamo già sentito teorizzare che i simboli cristiani “offendono” i fedeli di talune altre religioni e dunque andrebbero nascosti. Noi non la pensiamo così! Qui, poi, si va oltre: anche se un tal gruppo – bontà sua – non si offende, basta che “non gradisca” un’espressione perché certe parole diventino reato! Che dire poi di chi afferma di ritenere la propria religione superiore alle altre? Bisogna obbligarlo a dire che le religioni sono tutte uguali, magari anche ai propri figli?
Del resto, un altro passaggio della mozione dice che è uno va “incriminato a titolo di pericolo presunto quando il pregiudizio razziale, etnico, nazionale o religioso si trasforma da pensiero intimo del singolo a pensiero da diffondere in qualunque modo”.
Si arriva, insomma, a specificare che il solo pensiero non va incriminato, ma la sua espressione sì! Non basta, si definisce lo hate speech, “un intenso ed estremo sentimento di avversione, rifiuto, ripugnanza, livore, astio e malanimo verso qualcuno”, che include “i nazionalismi e gli etnocentrismi, gli abusi e le molestie, gli epiteti, i pregiudizi, gli stereotipi”. Cose che vanno benissimo come definizione da dizionario, ma è tutt’altra cosa se delineano un reato. Definizioni troppo vaghe distruggono la certezza del diritto e danno luogo all’arbitrio.
Su queste scivolose basi, la mozione conclude dicendo che “la Commissione può segnalare agli organi di stampa ed ai gestori dei siti internet casi di fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza nei confronti di persone o gruppi sociali sulla base di alcune caratteristiche, quali l’etnia, la religione, la provenienza, l’orientamento sessuale, l’identità di genere o di altre particolari condizioni fisiche o psichiche, richiedendo la rimozione dal web dei relativi contenuti ovvero la loro deindicizzazione dai motori di ricerca”.
Insomma, una Commissione politica, che fin dall’inizio ha una origine di parte, eccetto la firma della stimatissima senatrice Segre, avrebbe il potere di escludere dal più potente mezzo di comunicazione di oggi, il web, chiunque cadesse o venisse fatto rientrare in queste definizioni vaghe e arbitrarie. Noi non vogliamo una cosa del genere, né per questa legislatura, in cui si è formata l’attuale maggioranza, né in un’altra, dove fossimo noi ad avere questo potere.
Insomma, in questa mozione, il contrasto all’antisemitismo è solo una piccola parte, usata per cercare di introdurre tutt’altro e noi non ci siamo stati. Su di essa, dopo che la nostra richiesta di un testo più essenziale e non divisivo è caduta nel nulla, ci siamo tuttavia rispettosamente astenuti, manifestando grande apprezzamento, stima e rispetto per la collega Liliana Segre.
La maggioranza invece ha bocciato la nostra mozione, e – attraverso il capogruppo di Italia Viva – ha avuto anche toni provocatori e accuse disoneste, arrivando a parlare di negazionismo a proposito di chi avrebbe osato non votare a favore.
Coloro che – nella maggioranza che comprende chi troppo a lungo ha tollerato le ingiurie all’eroica Brigata Ebraica il 25 aprile e chi pochi mesi fa prendeva per buoni i Protocolli dei Savi di Sion – tentano di far passare la nostra posizione come non sufficientemente severa sull’antisemitismo, mente spudoratamente. Li metteremo alla prova quando si tratterà di vedere le posizioni su Israele, bersaglio principale oggi dell’antisemitismo e rifugio per tanti ebrei che lasciano un’Europa sempre più ostile, sul boicottaggio dei suoi prodotti, sull’Iran che promette ogni settimana di distruggerlo, sulle votazioni alle Nazioni Unite. Solleciterò subito la risposta alla mia interrogazione del luglio scorso sui fondi della cooperazione internazionale che finiscono ad associazioni contigue al terrorismo palestinese o promuovono campagne di odio contro gli Ebrei in Israele.
Ultimo dettaglio: è falso che solo i senatori della maggioranza abbiano applaudito e si siano alzati in piedi. L’abbiamo fatto anche noi, quando tutti ci si è volti verso la collega Segre. Era normale che iniziasse chi aveva votato la mozione. Dovevamo forse applaudire la bocciatura della nostra mozione che chiedeva anch’essa la commissione?
Lucio Malan, Senatore di Forza italia, 1 novembre 2019 (qui)

Avete presente 1984? Il più ambizioso programma del partito, ormai quasi giunto in porto, è il rifacimento del vocabolario per eliminare ogni parola e ogni espressione mediante la quale si possa esprimere dissenso, in modo da togliere materialmente la possibilità di dissentire perché non ci saranno più le parole con cui farlo. Ecco, questa è la strada imboccata. Qui, diversamente che in Oceania, le parole non saranno cancellate, ma essendo vietate per legge, cadranno in disuso e alla fine nessuno le ricorderà più, così come oggi difficilmente qualcuno avrà l’idea di dire sagittabondo o sgarzigliona – che infatti word mi segnala come errate perché non le conosce. Praticamente l’obiettivo dei nostri amatissimi governanti (“amo il Grande Fratello”, dirà alla fine Winston Smith, dopo le inenarrabili torture culminate con la stanza 101) è di arrivare ad avere una satira così
polcorr
e testi critici così
word
continua

barbara

1984

Il libro di George Orwell, intendo. Lì c’è il famoso Grande Fratello che mette in atto tutte quelle deliranti strategie per controllare le menti dei sudditi, dal far sentire tutti costantemente sotto ferreo controllo al manomettere le foto pubbliche per far sparire le persone cadute in disgrazia (e questo effettivamente in Unione Sovietica – a cui il libro si ispira – si faceva regolarmente) a tante altre amenità. Una delle più folli è la cancellazione delle parole: si cancella dal vocabolario la parola “no” così la gente, non avendo più i mezzi espressivi per opporsi e ribellarsi, perde la capacità di sviluppare quei sentimenti e mettere in atto quelle azioni. Che stupida fantasia, vero? E invece no: qui da noi abbiamo dei geni che hanno genialmente partorito la geniale idea di cancellare la parola “razza” così nessuno avrà più la possibilità di essere razzista: ma come abbiamo fatto a non pensarci prima! (E ovviamente i geni più geni di tutti plaudono all’iniziativa). E visto che sono un genio anch’io, mica solo loro, proporrò di cancellare le parole guerra, morte, dolore, malattia, pedofilia, violenza, mafia, omicidio, terrorismo, dittatura, miseria, terremoto, incendio, disperazione… Anzi magari, già che ci sono, quasi quasi cancello anche la madre degli imbecilli così finalmente potremo vivere tutti felici e contenti.
Stretta la foglia, larga la via
dite la vostra che ho detto la mia.
1984
barbara