Lascio per un momento – solo un momento – le pur incalzanti notizie provenienti da Israele e dintorni, per occuparmi di un fatto di cronaca.
I fatti
Un neonato tra i sette e i dieci giorni viene abbandonato di sera in un vicolo nel centro di Brescia; un residente vede la carrozzina dalla finestra, va a controllare, vede il neonato e avverte le forze dell’ordine, che vengono a prendere il bambino e lo portano all’ospedale.
Le considerazioni
Il bambino è stato trovato “in ottime condizioni”, vale a dire che fino al momento dell’abbandono era stato nutrito, pulito, curato. Possiamo azzardare un’ipotesi? Possiamo immaginare che quel bambino fosse AMATO?
Il bambino è stato lasciato nella sua carrozzina, non gettato in un cassonetto: si voleva che vivesse.
È stato lasciato in pieno centro, non in qualche deserta periferia: si voleva che fosse trovato il più presto possibile.
Nella carrozzina c’erano una coperta, dei cambi, un biberon: si voleva che chi lo avesse trovato potesse far fronte immediatamente a qualunque necessità del bambino.
Le mie conclusioni
Una donna porta a termine una gravidanza, pur avendo la possibilità di fare altrimenti. Questa donna, una volta partorito, tiene con sé il bambino per una decina di giorni, lo cura, lo nutre, lo pulisce con un’attenzione che forse non è azzardato chiamare amore. La mia conclusione è: che razza di società di merda abbiamo se una donna si trova costretta ad abbandonare un figlio amato? (Ulteriore considerazione “razzista”: avrebbe potuto tenerlo con quei 35 euro al giorno che lo stato spende per gli invasori clandestini?).
(E per non farci mancare niente: lo sciacallaggio
Viene da Bresciatoday:
“Poteva andare male, malissimo: per fortuna i residenti se ne sono accorti.“ [non potevano non accorgersene, visto che è stato lasciato in un posto abitato in prima serata]
“sotto la pioggia di maggio“ [sembrerebbe che “di maggio” sia un’aggravante: sarebbe stata meglio la pioggia di gennaio?]
“Di chi è figlio non si sa ancora, si sa soltanto che è stato abbandonato.“ [abbandonato è ripetuto cinque volte nel corso del breve articolo, e sempre solo per fare scena, senza aggiungere alcunché alle informazioni]
“I primi due sono corsi a vedere: il piccolo singhiozzava, spaventato, forse aveva freddo.“ [nessun altro articolo riporta questo genere di dettagli; a parte questo, ammesso che sia vero che singhiozzava, che cosa ne sa l’insigne articolista del motivo? E davvero un bambino di una settimana può essere spaventato? Per non parlare dell’ultima aggiunta, messa lì per fare ancora più scena]
“qualcun altro che l’avrebbe sentito piangere, [bello questo tocco di pathos]
perfino qualcuno che è passato in zona in automobile“ [eh, ce lo immaginiamo il traffico che deve esserci su questa poderosa arteria della metropoli tentacolare:
Da fare concorrenza alla Cristoforo Colombo]
Sono troppo cattiva se dico che certi giornalisti, a cui le tragedie che accadono, comprese quelle che coinvolgono bambini, non sembrano sufficienti e hanno bisogno di decorarle, andrebbero presi come minimo – ma proprio minimo – a randellate sulle gengive?)
barbara