DUE PAROLE SULLO STATO DI EMERGENZA

Michele Ainis è uno dei Costituzionalisti più noti e apprezzati. Scrive per La Repubblica, è abituato a prendere posizioni nette. Partiamo dallo stato di emergenza.

«Chiariamo subito. Si può dichiarare lo Stato di emergenza. C’è il codice della protezione civile che lo prevede, e la Corte lo ha giudicato legittimo».

Conte sostiene proprio questo.

«Vedo che il presidente del Consiglio si difende dalle critiche con un dato in apparenza incontestabile: dal 2014 – dice – è stato dichiarato 154 volte e rinnovato 84 volte». [ho corretto, controllando le fonti, alcune sviste dell’articolo]

Sembrerebbe così. Perché allora lei dice «in apparenza»?

«Sei vai a controllare scopri che si tratta sempre di casi circoscritti e legati perlopiù a calamità naturali: frane, terremoti, esondazioni… »

E la differenza con il Covid quale sarebbe?

«È la prima volta che lo stato di emergenza riguarda tutta l’Italia. Non è circoscritto geograficamente. Questa è già una anomalia enorme».

E poi?

«Partendo da questo stato di emergenza si possono emanare delle ordinanze in deroga a qualsiasi legge dello Stato. E questo è abnorme».

Esempio.

«Se con un Dpcm dico: da domani tutti in giro con l’ombrello, domani tutti sono obbligati a girare con l’ombrello».

Da questo cosa consegue?

«Che la decisione sull’emergenza non può essere raccontata come una decisione marginale, o amministrativa: per me è la scelta più politica che si possa adottare».

Conte dice: «Il problema non va enfatizzato».

«Non puoi dare in messaggio così contraddittorio; non c’è problema, le misure sono più blande, però c’è sempre lo stato di emergenza».

Questo si ripercuote sul modo di governare?

«Ovvio. Conte non ha escluso di ricorrere ancora ai decreti del consiglio dei ministri».

E lei lo considera disdicevole?

«Sì, e provo a spiegarle perché. Premessa. Noi in questi anni abbiamo fatto strage delle parole. L’emergenza è diventata una parola abusatissima. E l’abuso dell’emergenza la conseguenza successiva. Ci siamo talmente abituati al decreto legge, al punto da dimenticarci che è anch’esso uno strumento di emergenza. E siccome non bastava siamo passati al governare con il Dpcm».

E lei come giudica questa scelta di Conte?

«Un abuso, intanto perché il confine del Dpcm è quello di un atto amministrativo, non di un atto normativo. La legge vale per tutti. Mentre un intervento amministrativo è un atto individuale e concreto».

Serve un esempio.

«Un sindaco, ad esempio, può espropriare un terreno per una emergenza ambientale. Però non può normare sull’esproprio».

Esatto. Una legge è l’unico strumento che può normale un atto generale.

«Durante l’emergenza Covid questo paletto è saltato. Si incideva sulle libertà individuali dalla circolazione al culto senza un voto del parlamento. È stata una grave violazione delle libertà costituzionali».

E come è potuto accadere?

«Con quello che io chiamo un trucco-Matrioska. Prima il governo ha scritto un delega in bianco e l’ha inserita dentro un decreto, il 6/2020. Poi in virtù di quella delega ha iniziato a governare con ordinanze che abbiamo appena visto – intervenendo su alcuni diritti fondamentali dei cittadini».

E non si poteva, secondo lei.

«Le libertà sono garantite con forza di legge. Derogarle con il Dpcm è stata una violazione costituzionale».

Perché non si può fare con uno strumento amministrativo?

«Esatto. Il decreto è votato dal Parlamento e vagliato dal Capo dello Stato. Quello strumento è privo di ogni controllo. Essendo uno strumento amministrativo, su qualsiasi provvedimento – metta una multa a uno che passeggiava – potrebbe pronunciarsi il Tar».

Davvero?

«Beh, se è un atto amministrativo può essere annullato dal Tar!».

Cosa la preoccupa di più?

«L’incubo di ogni costituzionalista: il precedente. L’emergenza sanitaria attiva illegittimamente il congegno-matrjoska per cui un decreto in bianco attiva il dpcm, che interviene sulle libertà costituzionali. E cosa accadrebbe se questo stesso meccanismo, in un qualsiasi domani venisse arrivato in nome di altre emergenze?».

Quali?

«Quelle che vuole lei. Magari in nome di una emergenza sociale, evocando l’ordine pubblico. Magari solo per degli scioperi duri, in questo autunno».

Mi pare un deja vú.

«È il percorso-tipo delle dittature. Ecco perché non ci piacciono le minimizzazioni, e gli abusi. Ecco perché il dito lo punto io, sui negazionisti pericolosi: quelli che negano lo Stato di diritto». (qui)

La cosa che trovo sconvolgente è che io queste cose le sto dicendo dal primo giorno; io: che non sono costituzionalista, che non ho studiato giurisprudenza, niente di niente, che tutto questo fosse un abuso l’ho sempre avuto chiarissimo, e mi chiedo: come è possibile che un sacco di gente, non solo non trovi niente da ridire su tutto questo, ma si attivi energicamente per dare ragione a Conte, non solo la prima volta, ma perfino adesso, con la proroga? A me, sinceramente, questa gente fa paura: come già ho avuto occasione di dire, sono quelli che il giorno in cui il pincopallino insediatosi su quello scranno ordinerà di denunciare il vicino che nasconde un ebreo in cantina, non esiteranno un momento a obbedire.

POST SCRIPTUM

  1. Non ho mai potuto soffrire Andrea Bocelli, che considero un pallone gonfiato.
  2. Non mi sono mai potuta capacitare che ci sia chi lo considera un cantante, o addirittura un tenore, come ho già detto qui.
  3. Dire “Conosco tanta gente e nessuno è finito in terapia intensiva” è una cazzata grande come un’astronave, e altrettanto lo è “la cosiddetta pandemia”: le terapie intensive intasate sono terapie intensive intasate, non cosiddette terapie intensive intasate, e morti sono morti, non cosiddetti morti.

Detto questo

  1. Ha detto anche altre cose, assolutamente sensate e condivisibili, ma sembra che nessuno se ne sia accorto.
  2. In un mondo in cui il solo accennare all’esistenza di problemi di vista, problemi di udito, problemi di deambulazione, quoziente di intelligenza, numero di cromosomi sembra peggio che bestemmiare in chiesa, pare che sbeffeggiare Bocelli puntando sulla cecità sia veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza. E come se non bastasse, sono anche convinti che a uscirne screditato, da battute come “non vede il virus perché è cecato” sia Bocelli.

barbara

SEA-WATCH E DINTORNI

Un paio di domandine facili facili.

1. Dice che dopo quattordici giorni in mare – dopo quattordici giorni che la signora capitana li trascina in giro per il mare – sono stremati: quanti giorni sarebbero occorsi per arrivare in Olanda, Paese di cui l’imbarcazione batte bandiera?

2. La signora capitana afferma che “deve salvarli”; rubo le parole a Toscano irriverente: salvarli da cosa, esattamente?

3. La Libia, si narra, è un autentico lager, sevizie, stupri, ruberie: come mai a nessuno degli efferati aguzzini in quei lager che fanno impallidire le SS e i loro campi di sterminio viene mai in mente di rubargli gli smartphone?

Abbiate pazienza, ma sono una bimba un po’ tarda e forse anche torda: se le cose non me le spiegano bene faccio un po’ fatica a capirle. Una che invece non mi sembra né tarda né torda è Giorgia Meloni:

PS: forse però il motivo per cui non li ha portati in Olanda c’è:
mappa nautica
barbara

RAMADAN SMASCHERATO

da uno strepitoso Sarkozy, all’epoca ministro dell’Interno.

E ora una riflessione con un interessante confronto.

WEINSTEIN E RAMADAN

L’università di Oxford ha risolto il rapporto di lavoro con Tariq Ramadan. Per gli inesperti, Ramadan è un islamologo e teologo di origine egiziana nato a Ginevra nel 1962, e ha perso il posto poiché due donne lo accusano di brutalità e stupro. Insomma, una specie di Harvey Weinstein del mondo accademico con la lieve attenuante, per Weinstein, che lui produceva film a Hollywood, non proprio un centro di spiritualità, e non era titolare di una cattedra nella facoltà di teologia di una delle più famose università del pianeta. Dopodiché solleva un po’ di perplessità che Ramadan venga allontanato su un’accusa tutta da dimostrare, ma non quanta ne sollevava l’idea che Ramadan ancora insegnasse a Oxford. Già noto per alcune posizioni ambigue su infibulazione e lapidazione, Ramadan fu mostrato in un video del 2009 in cui definiva l’omosessualità una malattia e uno squilibrio, in cui sosteneva che le donne «devono tenere lo sguardo fisso a terra per strada» e che se usano il profumo non seguono il volere di Allah. Parlando con «Panorama», giudicò uccidere i bambini ebrei «un atto moralmente condannabile ma contestualmente comprensibile». Si potrebbe andare avanti un po’, ma la faccenda è un’altra, e cioè che Ramadan ci diventa inaccettabile ora perché il sessuodramma scaturito da Weinstein è pienamente una questione occidentale, mentre la jihad e la sharia – la guerra e la legge di Allah – continuano a sembrarci fatti loro. Invece sono puntate contro tutti noi, e specialmente contro le donne.

Mattia Feltri, La Stampa, 8 novembre 2017

Aggiungerei che la dipendenza dal professore di una studentessa che deve fare l’esame e quella dal produttore dell’attrice che vuole fare un film, non sono lontanamente paragonabili; e faccio mie le parole di Laura Zambelli Del Rocino qui:

Sono un’attrice più o meno affermata, di solito meno che più, dopo 20 anni mi monta l’incazzatura da maturità e anziché vedermela con le frustrazioni trovo più nobile e liberatorio dissotterrare il caprone espiatorio che ha infranto i miei sogni. Chiamo la polizia? No, una testata qualunque (nessuna che aspetti altro) e “denuncio” una violenza subìta, non dallo zio, dal prete o dal fidanzato mollato – chissenefrega degli stupri veri alla vicina di casa, roba ritrita – ma ti accuso il produttore, il regista, il potente che mi avrebbe abusata, e non sfondando la porta di casa mia ma nella camera d’albergo sua. Perché i contratti di solito si firmano in camera da letto, lo sanno tutti che il terzo produttore più potente di Hollywood un ufficio non ce l’ha. Se Weinstein era il terzo, chi sono il primo e il secondo? Maiali pure loro? E col quinto produttore al mondo o col ventesimo mi faceva schifo lavorare?
[…]
Comincino le attrici tutte a dire no, alla centesima volta il produttore dovrà recitare da sé.

Ecco: la studentessa non ha un secondo quinto ventesimo professore con cui fare l’esame o a cui chiedere la tesi. Aggiungo ancora che le vittime di Ramadan, in qualche caso minorenni, che hanno (circostanziatamente, non in modo generico) denunciato abusi, stupri, violenze, pratiche sadomaso, sono state coperte di insulti e minacce, mentre la giornalista che ha raccolto le loro testimonianze è stata messa sotto scorta. Le sedicenti vittime di Weinstein no.

barbara

I COMPITI PER LE VACANZE

Ripropongo come post una parte di un commento da me lasciato dall’amico gatto Silvestro in un post sul figlio che non ha fatto i compiti per le vacanze, e ha mentito sostenendo di averli fatti.

«Dal dizionario Garzanti. Vacanza: sospensione temporanea del lavoro o dello studio, per riposarsi o per celebrare una ricorrenza; periodo di stacco dalle proprie ordinarie occupazioni […]|fare vacanza, non lavorare, non studiare.
I compiti per le vacanze sono un abuso. Non hanno neppure l’alibi di servire a non dimenticare le cose fatte durante l’anno, perché i compiti per le vacanze vengono sistematicamente fatti l’ultima settimana di vacanza, quindi non servono a tenersi in esercizio, servono solo a rovinare le vacanze con lo stramaledetto pensiero degli stramaledetti compiti da fare. (Per inciso, in Alto Adige è vietato per regolamento dare compiti e da studiare per qualsivoglia vacanza, è vietato dare compiti e da studiare per il fine settimana, è vietato fare compiti in classe e interrogare di lunedì, tranne il caso che non vi sia alcuna alternativa). Trascurare di fare i compiti delle vacanze è pertanto legittima difesa nei confronti di ciò che è chiaramente percepito come un abuso; mentire in proposito quando si è interrogati sulla questione è la logica conseguenza della necessità della legittima difesa; diventare ribelli e aggressivi una volta che si sia beccati in castagna è una reazione perfettamente normale, e soprattutto comune (sapessi quanti mariti ho visto diventare aggressivi di fronte a un banale “Dove sei stato?”). Io credo che sarebbe ora che si formasse un forte movimento di genitori che rivendicasse che “le vacanze sono un diritto e una necessità; durante le vacanze vogliamo goderci le vacanze insieme ai nostri figli e non romperci il cazzo con i vostri stramaledettissimi compiti per le vacanze”.»
Ai ragazzi che dovessero casualmente capitare in questo post dico: RIBELLATEVI! Rifiutatevi di fare i compiti delle vacanze. E al ritorno a scuola non inventate scuse del piffero, dite non li ho fatti perché ho il diritto di non farli.
E agli insegnanti che assegnano compiti per le vacanze, che considerano un diritto il decidere in totale libertà cosa fare e cosa non fare durante le “meritatissime ferie” e costringono i ragazzi a guastarsi ogni piacere e ogni divertimento col retropensiero dei maledetti compiti da fare, pensiero che si fa sempre più assillante e sempre più fastidioso man mano che la fine delle vacanze si avvicina, e si sa con sempre maggiore certezza che ormai è matematicamente impossibile riuscire a fare tutto, e anche a fare la metà, e anche a fare un quarto, a questi insegnanti dico, di tutto cuore: ANDATE AFFANCULO, MALEDETTI AGUZZINI!

barbara

CHE SE POI UNO SI METTE UN ATTIMO A RAGIONARE

Se l’unico motivo per cui li ha fatti fuori è che quelli erano tutti finocchi – perché ormai la lezione l’abbiamo imparata bene: altri motivi non ce ne sono – ne dobbiamo dedurre che anche a New York sono tutti finocchi. E anche a Londra, Madrid, Parigi, Mumbai, Boston, Kenia, Bali più tutti i posti che al momento non mi vengono in mente, per non parlare di Israele: tutti finocchi anche lì. Perché altri elementi comuni a tutte queste stragi, se si dovesse scartare l’ipotesi della finocchitudine, non si saprebbero davvero immaginare.
Obama searching
POST SCRIPTUM (sì, lo so, non c’entra niente di niente con la strage di Orlando e tutte le altre che ho nominato, ma voi lo sapete che io non sono una persona coerente): che gioia per gli occhi e per il cuore, che conforto, che delizia vedere delle innocenti creature che festeggiano la fine dell’asilo!

barbara