ACCORDI DI PACE

Si demain nous nous renforçons et que nous avons les moyens de prendre Haïfa par la force, allons-nous vraiment y renoncer simplement parce que nous avons un accord avec eux ?”, a déclaré M. Majali à Jordan TV

“Se domani ci rafforzassimo e avessimo i mezzi per prendere Haifa con la forza, rinunceremmo davvero solo perché abbiamo un accordo con loro?” ha dichiarato M. Majali alla televisione giordana. (qui)

E questa è la Giordania: figuriamoci se si facessero accordi coi palestinesi.  Ah no, che stupida, non abbiamo nessun bisogno di figurarcelo: abbiamo già visto Oslo.

barbara

DUE PAROLE SU SHIMON PERES

finalmente defunto. Le due parole, per la verità, le lascio dire a Deborah Fait, qui e qui.
Tanti anni fa, con Deborah, quando trovavamo in rete qualcuno disinformato ma forse recuperabile, partivamo all’assalto: lei faceva il poliziotto cattivo e io quello buono. Oggi ho l’impressione che i ruoli si siano ribaltati, e che lei appaia più indulgente di me nei confronti di quest’uomo che, con le sue idee deliranti, pari a quelle di Rabin, ha provocato migliaia di morti e un disastro di cui non si vede la fine. Non è sempre stato così, come ricorda anche Deborah: se fosse morto venticinque anni fa, sarebbe morto un grande; oggi è morto un uomo dalle mani sporche di sangue.

barbara

SIAMO TUTTI ISRAELIANI!

Vi propongo questo testo che ho ricevuto da Augusto Fonseca, che ne ha curato la traduzione e le note, che mi è piaciuto molto.

Noi tutti siamo Israeliani! Quelli che vivono all’estero, quelli che si trovano nei territori [Giudea e Samaria, conquistati dopo la guerra dei sei giorni] e quelli che sono a Tel-Aviv. Di destra o di sinistra, neri o bianchi, in bikini o in scuri caffettani, con in testa la kippàh o calvi e a capo scoperto, o calvi con la kippàh1.
Noi questo non riusciamo ancora a capirlo, ma il Tempo è un gran signore. Lui non mente. Su di noi pesa in tutto il mondo qualcosa come una condanna, la “condanna del silenzio“. Ci hanno condannati, ma noi a chi lo ha fatto rispondiamo con il gran bel gesto dell’ombrello (tiè’!), anche se tra di noi bellamente ci mandiamo a fare in culo l’un l’altro.
Quando nel 1992 io dissi a Šmulik, mio superiore, che l’arresto amministrativo degli Arabi era qualcosa d’immondo, lui non mi capiva, fin quando poi nel 1994 non finì lui stesso in carcere, proprio in forza di quella delibera. Gli abitanti di Sderòt nel 1994 non capivano com’era possibile per noi, coloni, vivere a Gaza, in Giudea e in Samaria. Adesso lo capiscono2. Gli abitanti di Aškelòn [Ascalona] e Beèr-Ševà nel 2005 non potevano capire come fosse possibile vivere a Sderòt. Adesso lo capiscono.
D’altro canto, in tutto il mondo si fanno dimostrazioni contro gli Israeliani, contro di noi. A nessuno, però, viene in mente di chiedersi come fanno a vivere, sotto la minaccia continua di attentati e lanci di razzi, milioni d’Israeliani! E s’impietosiscono nei confronti degli Arabi. Anch’io provo molta compassione nei loro riguardi. Se, però, non c’è nessuno disposto a capire noi, tanto meno qualcuno potrà comprendere loro. Gli Arabo-palestinesi non possono (non devono) sapere che gli Israeliani hanno fatto ridurre di cinque volte tra di loro la mortalità infantile; che il livello di vita in Giudea e in Samaria è di otto volte superiore a quello dell’Arabia Saudita, della Giordania e dell’Egitto. I socialisti israeliani, alla guida degli Arabi hanno fatto venire dei banditi, gentaglia che tappa la bocca, che saccheggia e violenta, che si fa scudo di donne e di bambini.
E, invece, noi e loro siamo tutti israeliani, discendiamo tutti da Giacobbe, ovvero da Israele, tutti uguali. Noi mandiamo i nostri ragazzi a combattere, ma raccomandiamo loro di fare grande attenzione. Non abbiamo nulla in contrario che i militari israeliani, prima di attaccare gli arsenali dei missili “Grad [Grandine]“, avvertano per telefono la popolazione civile, affinché scappi per salvarsi. Noi siamo israeliani. Non abbiamo bisogno di sangue innocente.
Siamo Israeliani.
Fuori dei confini d’Israele, la minaccia di morte per gli Ebrei è ancora più grave che all’interno del Paese, come ampiamente lo dimostra la strage di Bombay del novembre 20083. E noi, comunque, non abbiamo paura, a dispetto di quanto cercano di far credere tutti gli organi di comunicazione di massa. I nostri ragazzi, già un’ora dopo le esplosioni, riprendono a frequentare gli autobus e i centri commerciali. A noi, la “congiura del silenzio“ ci fa proprio un baffo! Ecco, per esempio, una battuta colta al volo tra due civettuole ragazzine di Kiryàt-Arbà:
“Sai, bisogna indossare sempre biancheria intima elegante. Non si sa mai, ci può essere qualche attentato terroristico e allora può capitare che venga a metterti in salvo qualche soldato giovane e carino!?!“.
Noi siamo Israeliani!
A dire il vero, questa cosa a noi stessi non risulta sempre chiara. Se teniamo presente, infatti, la realtà di Meà Šearìm [ebr.: “cento porte“; quartiere ebraico ultra-ortodosso di Gerusalemme] con tutti quei caffettani scuri e quei nugoli sciamanti di bambini, allora ci sembrerà che proveniamo da pianeti diversi. E, invece, noi siamo tutti Israeliani. Neppure i nostri ultra-ortodossi se ne stanno senza far nulla, perché si preoccupano di dare un’istruzione ai loro bambini. Il 95% degli Israeliani è come i bambini di Meà Šearìm e Kiryàt Sefér. Tutti noi, infatti, proveniamo da paesini della Russia o della Polonia, dello Yemen o del Marocco, dell’India o dell’Etiopia.
Noi siamo Israeliani.
A noi insegnano che, incontrando un terrorista, bisogna andargli incontro. Non si deve né scappare né tentare di venire a patti, ma soltanto attaccare. E il dito ha da esser fermo sul grilletto. Noi non spariamo indiscriminatamente, anche se siamo bene armati. Sopra di noi grava il giudizio di Dio, anche su coloro che in Lui non credono.
Noi siamo Israeliani. E non siamo qualcosa d’inventato, come ha fatto Jurij Andropov nel 1972, inventando il “popolo palestinese“!4
Noi siamo Israeliani. Discendenti da Israele, cioè da colui che lottò con l’Angelo e ne venne fuori vittorioso, com’è universalmente noto. La nostra Toràh è alla base del cristianesimo e dell’Islàm: non sarà mica per questa ragione che ci hanno condannati a morte “per mezzo del silenzio?!?“.
Noi siamo Israeliani. Non vogliamo ammazzare nessuno, vogliamo solo vivere in pace. Noi siamo disposti persino ad aiutare gli Arabi, e in modo assolutamente gratuito, affinché raggiungano condizioni di vita da XXI secolo, pervenendovi direttamente dall’XI, cioè da un’epoca primitiva e barbarica. In essa noi non ci faremo mai trascinare. Perché noi siamo Israeliani.
Il nostro grande saggio, Moshe Ben Maimòn già nel XII secolo aveva acquisito delle conoscenze ignote alla maggior parte dei popoli di tutto il mondo. Adesso se ne sono appropriati gli Arabi, che lo chiamano Ibn Majmùn, e i cristiani, che lo chiamano Maimònide5.
Noi siamo Israeliani. Dal nulla abbiamo costruito un Paese, che si trova oggi nel novero dei trenta più sviluppati nel mondo. Un Paese economicamente solvibile, nonostante le continue spese per motivi di guerra. Il 25% delle realizzazioni di questo Paese si deve a noi, Ebrei provenienti dalla Russia. Ma anche noi, e da tempo, siamo divenuti Israeliani.
Siamo Israeliani! E in grado di esistere autonomamente.
Ma adesso da noi si è verificata una situazione come quella della Polonia del 1939, quando “i migliori dei migliori erano governati dai peggiori tra i peggiori“ per usare una ben nota frase di Wiston Churchill.
Noi, però, non abbiamo alcuna scelta! Nonostante la venalità di chi detiene il potere, noi dobbiamo resistere fino alla fine, disdegnando quel malcostume. Ne va della propria vita. E noi a quel prezzo non ci stiamo. Io ai ragazzi vado dicendo che dell’opzione “prigioniero“ non se ne parla nemmeno. È come con i leoni in gabbia: mordere fino all’ultimo! L’opzione “prigioniero“ è negata anche a tutti gli Israeliani.
Tutti noi siamo Israeliani, anche coloro che non sono ebrei religiosi osservanti.
Siamo israeliani, ma non nel senso che a questa parola attribuisce il nostro venduto presidente, quando dice che, dopo aver fatto evacuare gli Ebrei da Gaza, gli Israeliani hanno vinto gli Ebrei. Sarà stato lui a vincere dentro di sé l’Ebreo, vendendosi al nemico (un medico arabo di Gaza all’emittente “Galats“ si è lasciato scappare la dichiarazione che i suoi rapporti con il “Fondo Peres”6 non hanno soluzione di continuità).
Noi siamo Israeliani, perché abbiamo scelto di vivere in Israele, e perché, in una certa misura, siamo legati a Israele o ai suoi discendenti.
NOI SIAMO ISRAELIANI!
IVAN NAVI*

______________

* Ivan Navi (1958 , Frunze, oggi Biškék , capitale del Kirghizistan). Immigrato in Israele nel 1991. Vive a Kiryàt-Arbà, non lontano da Hebron, dove svolge un’attività di vigilanza assimilabile a quella del custode scolastico in Italia. Scultore, pubblicista e cantautore russofono. Questo articolo, scritto nel 2009 e presente nel suo blog all’indirizzo: http://i-navi.livejournal.com/113569.html , a me è parso assai utile, in quanto offre un’originale immagine della realtà politica israeliana. Per questo motivo, ho ritenuto opportuno tradurlo (dall’originale russo) e presentarlo al pubblico italiano, corredato da alcune note per una migliore comprensione.

1   La kippàh è il copricapo tipico degli Ebrei religiosi osservanti. La calvizie (o pelata), invece, in un certo senso contraddistingue gli Ebrei laici o addirittura antireligiosi della Grande Tel-Aviv. Intanto, da una decina di anni si è fatto avanti un nuovo gruppo che cerca di conciliare le posizioni di quei due gruppi. Di qua, la qualifica dell’Autore “calvi con la kippàh“.
2 Dopo la vittoriosa “guerra dei sei giorni“ (1967), Israele estende i suoi confini nella striscia di Gaza e in Cisgiordania (Giudea e Samaria), dove impianta proprie colonie tra la popolazione araba. Se sul piano politico il fatto viene contestato da diverse istituzioni internazionali (una per tutte, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU), sul piano economico e sociale, nonostante una parziale presenza militare israeliana, risulta positiva l’influenza dei coloni sul tenore di vita della popolazione araba. Ma questo fatto non solo non è riconosciuto dai dirigenti politici arabo-palestinesi né dal mondo occidentale, ma, in seguito al trattato di Oslo, e ancor più dopo il ritiro dei militari e (forzatamente) dei coloni dagli insediamenti nella Striscia di Gaza e da un paio di centri della Cisgiordania, viene addirittura accolto con un incremento di atti terroristici e lanci di missili su centri urbani israeliani confinanti (Sderòt, Aškelòn [Ascalona], Beèr-Ševà). Se, quindi, gli abitanti di queste città, che non si azzardavano ad entrare nei territori in cui avvenivano attentati e si uccideva, non capivano come fosse possibile per i coloni vivere in quelle condizioni, adesso, che anche loro sono oggetto di bombardamenti, se ne rendono conto! Il fatto, comunque, dimostra l’intransigenza dei dirigenti arabo-palestinesi nei confronti degli Israeliani in relazione a qualsiasi accordo.
3 In: http://www.focusonisrael.org/2008/11/30/mumbai-gli-ebrei-trucidati-perche-ebrei (25 /06/2015)
4 “popolo palestinese“: l’espressione è frutto (velenoso), tra l’altro, di quell’intensa e continua propaganda del KGB, il quale sin dagli anni ’60 del secolo scorso ha operato con ogni mezzo (terrorismo compreso), al fine di seminare, principalmente in tutto il mondo islamico, un odio viscerale e mortifero contro lo Stato d’Israele e vanificare ogni influenza degli Stati Uniti nell’area mediorientale. Vedi: Ion Mihai Pacepa, in: https://it.wikipedia.org/wiki/Ion_Mihai_Pacepa (25.06. 2015). Inoltre, esposizione molto più ricca e dettagliata, in russo, in: http://mishmar.info/kto-izobrel-mirniie-process-i-palestinskiie-narod.html (25.06.2015). Cfr. anche: Giulio Meotti, Dizinformatia, in IL FOGLIO, 8 luglio 2013, http://www.ilfoglio.it/articoli/2013/07/08/disinformatia___1-v-95668-rubriche_c317.htm (25.06.2015)
5 Maimònide (ebr.: Mōsheh ben Maimōn; l’abbreviazione con cui è noto, RAMBAM, è una sigla di Rabbī Mōsheh ben Maimōn; arabo Abū ‘Imrān Mūsā b. Maimūn b. ‘Abd Allāh). – Filosofo, medico e giurista ebreo (Cordova 1135 – Il Cairo 1204). Il pensiero di Maimònide rappresenta il più alto livello raggiunto dalla speculazione ebraica medievale. Nella sua opera Dalāla al-ḥā’irīm ( “Guida per i perplessi“) egli tende a dimostrare (fondandosi su Aristotele) che non esiste un contrasto tra la filosofia razionale e gli insegnamenti della religione, i quali possono coesistere in un armonico equilibrio (http://www.treccani.it/enciclopedia/maimonide ) ( 25.06.2015).
6 Il “Fondo della Pace“ (creato da Yitzhak Rabin e Shimon Peres, destinatari, insieme con Yasser Arafat, del Nobel per la pace nel 1994) diviene poi “Fondo Shimon Peres“. Sorto per sostenere lo sviluppo dell’economia dell’Autorità Autonoma Palestinese, raccoglie denaro in tutto il mondo. Non è esente da sospetti e scandali finanziari.
Per un profilo del personaggio “Shimon Peres“, molto discutibile, si può utilmente consultare i seguenti indirizzi, in lingua russa: http://kuking.net/my/weblog_entry.php?e=10349&sid=1e0534e01f58a9774a2e4055e6a8fc52 (25/06/2015); http://botinok.co.il/node/70256 ; http://israill.boxmail.biz/cgibin/guide.pl?action=article&id_razdel=161335&id_article=216916 . (25.06.2015).

A queste vivide immagini della vita in Israele aggiungo solo una piccola postilla: ho trovato curiosa e divertente l’universalità della leggenda delle mutande da scegliere in considerazione di un possibile incidente.
Poi magari, per chi non fosse troppo addentro in queste questioni e non avesse chiaro il motivo per cui Shimon Peres viene definito personaggio discutibile, può essere utile rileggere questo.

barbara

LA BARRIERA DI SICUREZZA: UNA PREROGATIVA DI ISRAELE CONTENUTA GIÀ NEGLI ACCORDI DI OSLO

Un vecchio articolo che vale la pena di rileggere.

Aaron Lerner, 22 gennaio 2004

I documenti sul “processo” di Oslo non soltanto toglievano ai palestinesi qualsiasi pretesa a un qualsivoglia diritto universale a resistere in modo violento all'”occupazione”. L’accordo garantisce a Israele il diritto di erigere una barriera di separazione che avrebbe garantito sicurezza alle comunità israeliane situate oltre la Linea Verde.
“L’OLP si impegna al processo di pace in Medio Oriente e a una soluzione pacifica del conflitto fra le due parti e dichiara tutte le questioni in sospeso riguardo allo status definitivo saranno risolte con negoziati. … l’OLP rinuncia all’uso del terrorismo e altri atti di violenza e si assumerà la responsabilità su tutti gli elementi e il personale dell’OLP per assicurare il rispetto degli accordi, prevenirne le violazioni e punire i responsabili”.
Questo è quanto scrisse Arafat nella sua lettera del 9 settembre a Yitzhak Rabin, il primo ministro di Israele. E non fu facile far firmare queste dichiarazioni ad Arafat, in qualità di rappresentante del popolo palestinese, parole che abbandonano qualsiasi pretesa legale al diritto ad imporre continuamente il terrorismo e altri atti di violenza in quella che Arafat e i suoi sostenitori chiamano “lotta di liberazione”. Osservate le singole frasi. Arafat non rinuncia soltanto all’uso del “terrorismo” – una parola che gli arabi sostengono non possa mai essere applicata alle loro attività assassine – rinuncia anche all’uso di “altri atti di violenza”.
Arafat non voleva firmare queste dichiarazione, ma Rabin chiarì che erano imprescindibili.
Siamo di fronte a un Arafat dell’estate del 1993, in sostanza un vecchietto esiliato a Tunisi da Beirut che vedeva ogni giorno gli israeliani che accorciavano la loro lista di terroristi ricercati?
No. A differenza di quella che è diventata la storia in certi ambienti, non sono stati i “ragazzi delle pietre” che hanno tolto Arafat dal dimenticatoio della storia, è stato un gruppo di ideologi israeliani che cercavano un modo per facilitare il ritiro israeliano da Cisgiordania e Gaza.
Oslo è stata l’ancora di salvataggio di Arafat. Israele poteva prendere o lasciare. Arafat ha risposto più in fretta.
E non è finita qui.
“Israele continuerà ad essere responsabile per la sicurezza complessiva degli israeliani e degli insediamenti, allo scopo di salvaguardare la sicurezza interna e l’ordine pubblico, e avrà tutti i poteri per intraprendere le misure necessarie a tale scopo”:
Accordo ad Interim israelo-palestinese su Cisgiordania e Gaza, Washington, D.C., 28 settembre 1995, articolo XII, paragrafo 1.
“Niente in questo articolo potrà derogare dai poteri di sicurezza e dalle responsabilità di Israele in accordo con questa Intesa”.
Accordo ad Interim israelo-palestinese su Cisgiordania e Gaza, Washington, D.C., 28 settembre 1995, Annesso I, Articolo I, Ridispiegamento delle forze militari israeliane e trasferimento di responsabilità, paragrafo 7.
I palestinesi hanno accettato – per scritto – che Israele “avrà tutti i poteri per intraprendere le misure necessarie” non solo per proteggere gli israeliani dentro la Linea Verde, ma gli israeliani in generale. Non solo di proteggere le comunità israeliane entro la Linea Verde, ma anche gli “insediamenti”: scritto, nero su bianco. E così oggi, quando Israele ha deciso che l’erezione di una barriera di separazione con alcune parti oltre la linea verde è una “misura necessaria” è il massimo dell’assurdo che questa azione sia aggredita come se gli accordi di Oslo non avessero valore.
Che ironia: le stessi istituzioni e le stesse persone che fanno maggiori pressioni su Israele affinché baratti la sua sicurezza per avere altri pezzi di carta sono i primi a volgere le spalle ai pezzi di carta che Israele ha già pagato caro.

Traduzione: Valentina Piattelli .

E qui un paio di cose, anche relative alla cosiddetta Linea Verde, che può essere utile ricordare.
NOTA PER CHI NON HA LA POSSIBILITÀ DI SENTIRE: in coda al video i punti fondamentali compaiono scritti. 

barbara

QUANDO I FATTI SMENTISCONO LE PAROLE

“Nessun arabo considererà seriamente il processo di pace fintanto che continuerà a pensare che potrà ottenere di più con la violenza.”
Yitzhak Rabin

Peccato che abbia fatto l’esatto contrario: più gli arabi seminavano terrore distruzione e morte, e più continuava a dare terra terra e ancora terra, a proibire di diffondere le notizie sui terroristi che quotidianamente si infiltravano in Israele mescolandosi ai lavoratori pendolari e non rientravano poi la sera (per non intralciare il “processo di pace”), a chiudere occhi e orecchie sulle costanti violazioni degli accordi di Oslo da parte degli arabi (vedi parentesi precedente). Col suo delirante mantra “terra in cambio di pace” e l’altro altrettanto delirante “combattere il terrorismo come se non ci fosse il processo di pace e continuare il processo di pace come se non ci fosse il terrorismo” (di cui – c’è bisogno di dirlo? – è stata messa in atto unicamente la seconda parte), se non fosse stato fermato avrebbe portato all’annientamento di Israele. NATURALMENTE si dovevano cercare e trovare altri modi per fermarlo. NATURALMENTE chi per fermarlo ha scelto la pistola è un assassino e non ha giustificazioni. Però per favore smettiamo di raccontarci la storiella che è stato ucciso perché voleva la pace: è stato ucciso perché stava distruggendo Israele. Smettiamo di raccontarci la storiella che si stava andando verso la pace e l’assassinio di Rabin lo ha interrotto: la speranza di pace, la possibilità di arrivare a una pace, è stata disintegrata da Rabin firmando gli accordi di Oslo.
Per avere un’idea di che cosa ha regalato Rabin a Israele, vi propongo questo grafico
terror
e questo documento: non vi chiedo di leggerlo, mi accontento che lo guardiate.

Sep 24 93

Yigal Vaknin was stabbed to death in an orchard near the trailer home where he lived near the village of Basra. A squad of the HAMAS’ Iz a-Din al Kassam claimed responsibility for the attack.

Oct 9 93

Dror Forer and Aran Bachar were murdered by terrorists in Wadi Kelt in the Judean Desert. The Popular Front and the Islamic Jihad ‘Al-Aqsa Squads’ each publicly claimed responsibility.

Oct 24 93

Two IDF soldiers, Staff Sgt. (res.) Ehud Rot, age 35, and Sgt. Ilan Levi, age 23, were killed by a HAMAS Iz a-Din al Kassam squad. The two entered a Subaru with Israeli license plates outside a Jewish settlement in the Gaza Strip, whose passengers were apparently terrorists disguised as Israelis. Following a brief struggle, the soldiers were shot at close range and killed. HAMAS publicly claimed responsibility for the attack.

Oct 29 93 Chaim Mizrahi, resident of Beit-El, was kidnapped by three terrorists from a poultry farm near Ramallah. He was murdered and his body burned. Three Fatah members were convicted of the murder on July 27, 1994.
Nov 7 93 Efraim Ayubi of Kfar Darom, Rabbi Chaim Druckman’s personal driver, was shot to death by terrorists near Hebron. HAMAS publicly claimed responsibility for the murder.
Nov 9 93 Salman ‘Id el-Hawashla, age 38, an Israeli Bedouin of the Abu Rekaik tribe who was driving a car with Israeli plates, was killed by three armed men driving a truck hijacked from the Gaza municipality, in a deliberate head-on collision.
Nov 17 93 Sgt. 1st Cl. Chaim Darina, age 37, was stabbed by a Gazan terrorist while seated at the cafeteria at the Nahal Oz road block at the entrance to the Gaza Strip. The perpetrator was apprehended. The Islamic Jihad claimed responsibility for the murder.
Dec 1 93 Shalva Ozana, age 23, and Yitzhak Weinstock, age 19, were shot to death by terrorists from a moving vehicle, while parked on the side of the road to Ramallah because of engine trouble. Weinstock died of his wounds the following morning. Iz a-Din al Kassam claimed responbility for the attack, stating that it was carried out in retaliation for the killing by Israeli forces of Imad Akel, a wanted HAMAS leader in Gaza.
Dec 5 93 David Mashrati, a reserve soldier, was shot and killed by a terrorist attempting to board a bus on route 641 at the Holon junction. The Islamic Jihad Shekaki gorup claimed responsibility for the attack.
Dec 6 93 Mordechai Lapid and his son Shalom Lapid, age 19, were shot to death by terrorists near Hebron. HAMAS publicly claimed responsibility for the attack.
Dec 22 93 Eliahu Levin and Meir Mendelovitch were killed by shots fired at their car from a passing vehicle in the Ramallah area. HAMAS claimed responsibility.
Dec 23 93 Anatoly Kolisnikov, an Ashdod resident employed as a relief watchman at a construction site there, was stabbed to death while on duty.
Dec 31 93 Chaim Weizman and David Bizi were found murdered in a Ramle apartment. ID cards of two Gaza residents were found in the apartment, together with a leaflet of the Popular Front ‘Red Eagle’ group, claiming responsibility for the murder.
Dec 24 93 Lieut.Col. Meir Mintz, commander of the IDF special forces in the Gaza area, was shot and killed by terrorists in an ambush on his jeep at the T-junction in Gaza. The HAMAS Iz a-Din al Kassam squads publicly claimed responsibility for the attack.
Jan 12 94 Moshe Becker of Rishon Le-Zion was stabbed to death by three Palestinian employees while working in his orchard. The Popular Front claimed responsibility for the murder.
Jan 14 94 Grigory Ivanov was stabbed to death by a terrorist in the industrial zone at the Erez junction, near the Gaza Strip. HAMAS claimed responsibility for the attack.
Feb 9 94 Ilan Sudri, a taxi driver, was kidnapped and murdered while returning home from work. The Islamic Jihad Shekaki group sent a message to the news agencies claiming responsibility for the murder.
Feb 10 94 Naftali Sahar, a citrus grower, was murdered by blows to his head. His body was found in his orchard near Kibbutz Na’an.
Feb 13 94 Noam Cohen, age 28, member of the General Security Service, was shot and killed in an ambush on his car. Two of his colleagues who were also in the vehicle suffered moderate injuries. HAMAS claimed responsibility for the attack.
Feb 17 94 Yuval Golan, stabbed on December 29, 1993 by a terrorist near Adarim in the Hebron area, died of his wounds.
Feb 19 94 Zipora Sasson, resident of Ariel and five months pregnant, was killed on the trans-Samaria highway in an ambush by shots fired at her car. The terrorists were members of HAMAS.
Feb 25 94 Sam Eisenstadt, age 80, was assaulted with an axe in the center of Kfar Saba. He died of his wounds shortly afterwards.
Mar 23 94 Victor Lashchiver, employed as a guard at the Income Tax offices in East Jerusalem, was shot and killed near Damascus Gate on his way to work. The Popular Front claimed responsibility for the attack.
Mar 29 94 Yitzhak Rothenberg, age 70 of Petah Tikva, was attacked on a construction site by two residents of Khan Yunis by axe blows to the head. He died several days later of his wounds. The murderers, apprehended the next day, stated that they carried out the attack in order to clear themselves of suspected collaboration with the Israeli authorities.
Mar 31 94 Yosef Zandani, age 28 of Bnei Ayish, near Gedera, was found murdered in his apartment. Near the body was a leaflet of the DFLP “Red Star”, explaining that the murder was carried out in revenge for the shooting of one of its members by an Israeli citizen. The Israeli acted in self-defense.
Apr 6 94 Asher Attia, 48, of Afula, bus driver; Vered Mordechai, 13, of Afula; Maya Elharar, 17, of Afula; Ilana Schreiber, 45, a teacher from Kibbutz Nir David; Meirav Ben-Moshe, 16, of Afula; Ayala Vahaba, 40, a teacher from Afula; and Fadiya Shalabi, 25, of Iksal were killed in a car-bomb attack on a bus in the center of Afula. HAMAS claimed responsibility for the attack. Ahuva Cohen Onalla, 37, wounded in the attack, died of her wounds on April 25.
Apr 7 94 Yishai Gadassi, age 32 of Kvutzat Yavne, was shot and killed at a hitchhiking post at the Ashdod junction by a member of HAMAS. The terrorist was killed by bystanders at the scene.
Apr 13 94 Rahamim Mazgauker, 34, of Hadera; David Moyal, 26 of Ramat Gan, an Egged mechanic; Daga Perda, 44, who immigrated from Ethiopia in 1991; Bilha Butin, 49, of Hadera; and Sgt. Ari Perlmutter, 19, of Ir Ovot in the Arava were killed in a suicide bombing attack on a bus in the central bus station of Hadera. HAMAS claimed responsibility for the attack.
Apr 21 94 The body of officer cadet Shahar Simani, 20, of Ashkelon, was found stabbed to death near the roadside at the village of Beit Hanina, north of Jerusalem. He had been kidnapped while hitchhiking in the south.
May 17 94 Rafael Yairi (Klumfenbert), 36, of Kiryat Arba, and Margalit Ruth Shohat, 48, of Ma’ale Levona, were killed when their car was fired upon by by terrorists in a passing car near Beit Haggai, south of Hebron.
May 20 94 Staff Sgt. Moshe Bukra, 30, and Cpl. Erez Ben-Baruch, 24, were shot dead by HAMAS terrorists at a roadblock one kilometer south of the Erez checkpoint in the Gaza Strip.
Jul 7 94 Sarit Prigal, 17, was shot to death when terrorists opened fire from a passing car near the entrance to Kiryat Arba.
Jul 7 94 The body of Arye Frankenthal, 20, from Moshav Gimzo near Lod, who had left his base in the south the previous day, was found stabbed and shot near the Arab village of Kafr Akab, near Ramallah.
Jul 19 94 Lt. Guy Ovadia, 23, of Kibbutz Yotvata, was fatally wounded in an ambush near Rafiah. HAMAS took responsibility for the attack, saying it was “a response to the massacre at the Erez checkpoint”.
Jul 25 94 Border policeman Sgt.-Maj. Jacques Attias, 24, died of his wounds after being shot by Palestinian policemen during the riots at Erez checkpoint on July 17.
Aug 2 94 Yoram Sakuri, 30, of Kiryat Netafim in Samaria, died of stab wounds suffered when a terrorist broke into his home on July 1st.
Aug 14 94 Ron Soval, 18, of Lehavim, north of Beersheba, was shot to death in an ambush near Kissufim junction in the Gaza Strip. HAMAS claimed responsibility for the attack.
Aug 26 94 Shlomo Kapach, 22, of Holon and Gil Revah, 21, of Bat Yam, elevator technicians, were murdered at a Ramle building site. Israel has requested the extradition of the suspected killers from the Palestinian Authority.
Sep 4 94 Sgt. Victor Shichman, 24, was killed at the Morag junction in the southern Gaza Strip while on patrol, from shots fired from a vehicle bearing Palestinian license plates.
Sep    94 Natasha Ivanov, 32, of Ashdod was strangled to death. In March 2001, a Palestinian arrested for being in Israel illegally, admitted to carrying out the murder in order to gain acceptance into a terrorist organization.
Oct 9 94 Ma’ayan Levy, 19, an off-duty soldier from Moshav Beit Zayit and Samir Mugrabi, 35, from Kafr Akab, in north Jerusalem, were killed in a terrorist attack in the Nahalat Shiva section of downtown Jerusalem. HAMAS claimed responsibility for the attack.
Oct 14 94 Cpl. Nahshon Wachsman, 20, who had been abducted by HAMAS, was murdered by his captors. Capt. Nir Poraz, 23, was killed in the course of the unsuccessful IDF rescue operation to obtain his release.
Oct 19 94 In a suicide bombing attack on the No. 5 bus on Dizengoff Street in Tel-Aviv, 21 Israelis and one Dutch national were killed: Haviv Tishbi, 54, of Tel Aviv; Moshe Gardinger, 83, of Tel Aviv; Pnina Rapaport, 74, of Tel Aviv; Galit Rosen, 23, of Holon; Zippora Ariel, 64, of Tel Aviv; David Lida, 74, of Tel Aviv; Puah Yedgar, 56, of Givatayim; Dalia Ashkenazi, 62, of Tel; Aviv Esther Sharon, 21, of Lod; Ofra Ben-Naim, 33, of Lod; Tamar Karlibach-Sapir, 24, of Moshav Zafaria; Shira Meroz-Kot, 20, of Kibbutz Beit Hashita; Miriam Adaf, 54, of Sderot; Anat Rosen, 21, of Ra’anana; Salah Ovadia, 52, of Holon; Eliahu Wasserman, 66, of Bat Yam; Alexandra Sapirstein, 55, of Holon; Dr. Pierre Atlas, 56, of Kiryat Ono; Ella Volkov, 21, of Safed; Ayelet Langer-Alkobi, 26, of Kibbutz Yiron; Kochava Biton, 59, of Tel Aviv; Rinier Yurest, 23, of the Netherlands.
Nov 11 94 Capt. Yehazkel Sapir, 36, of Kfar Sava; Lt. Yotam Rahat, 31, of Tel-Aviv; and Capt. Elad Dror, 24, of Kibbutz Nachson were killed at the Netzarim junction in the Gaza Strip when a Palestinian riding a bicycle detonated explosives strapped to his body. Islamic Jihad said it carried out the attack to avenge the car bomb killing of Islamic Jihad leader Hani Abed on Nov 2.
Nov 19 94 Sgt.-Maj. Gil Dadon, 26, of Bat Yam, was killed at the army post at Netzarim junction by shots fired from a passing car. HAMAS claimed responsibility for the attack.
Nov 27 94 Rabbi Amiran Olami, 34, of Otniel was killed near Beit Hagai 10 kms south of Hebron by shots fired from a passing car.
Nov 30 94 Sgt. Liat Gabai, 19, of Afula, was axed to death in the center of Afula.
Jan 6 95 Ofra Felix, 20, of Beit El, a university student, was killed when terrorists opened fire on her car north of Beit El.
Jan 22 95 Two consecutive bombs exploded at the Beit Lid junction near Netanya, killing 18 soldiers and one civilian. The Islamic Jihad claimed responsibility for the attack. The soldiers killed were: Lt. David Ben-Zino, 20, of Ashdod; Lt. Adi Rosen, 20, of Moshav Bitzaron; Lt. Yuval Tuvya, 22, of Jerusalem; Sgt.-Maj. Anan Kadur, 24, of Daliat al-Carmel; Staff-Sgt. Damian Rosovski, 20, of Kadima; Staff-Sgt. Yehiel Sharvit, 21, of Haifa; Staff-Sgt. Yaron Blum, 20, of Jerusalem; Sgt. Maya Kopstein, 19, of Jerusalem; Sgt. Daniel Tzikuashvili, 19, of Jerusalem; Sgt. Avi Salto, 19, of Rishon Lezion; Sgt. Rafael Mizrahi, 19, of Ramat Gan; Sgt. Eran Gueta, 20, of Ashkelon; Cpl. Soli Mizrahi, 18, of Ramat Ramat Gan; Cpl. David Hasson, 18, of Ashkelon; Cpl. Amir Hirschenson, 18, of Jerusalem; Cpl. Gilad Gaon, 18, of Herzliya; Cpl. Ilie Dagan, 18, of Kochav Yair; Cpl. Eitan Peretz, 18, of Nahariya; and Shabtai Mahpud, 34, of Moshav Tnuvot. Lt. Eyal Levy, 20, of Ashdod, and Cpl. Yaniv Weiser, 18, of Givatayim, who were seriously wounded in the attacks, later died of their wounds.
Feb 6 95 Yevgeny Gromov, 32, of Ashkelon, a security guard, was killed when terrorists opened fire from a passing car on the Gaza bypass road between Jabalya and Gaza City, as he was escorting a gasoline truck to a Gaza Strip filling station.
Feb 13 95 Rafael Cohen, 35, of Jerusalem, a taxi driver, was fatally stabbed on the Jerusalem-Ma’aleh Adumim road.
Mar 19 95 Nahum Hoss, 32, of Hebron and Yehuda Fartush, 41, of Kiryat Arba, were killed when terrorists fired on an Egged bus near the entrance to Hebron.
Mar 29 95 Police Insp. Nitzan Cohen, 22, of Jerusalem and Sgt.-Maj. Jamal Suwitat from Makr village in Western Galilee were killed when a Palestinian driver rammed his truck into their jeep in a convoy east of the Netzarim junction in Gaza.
Apr 9 95 Staff-Sgt. Yuval Regev, 20, of Holon; Staff-Sgt. Meir Scheinwald, 20, of Safed; Sgt. Itai Diener, 19, of Rishon Lezion; Sgt. Zvi Narbat, 19, of Rishon Lezion; Sgt. Netta Sufrin, 20, of Rishon Lezion; Cpl. Tal Nir, 19, of Kibbutz Miflasim; Sgt. Avraham Arditi, 19, of Jerusalem; and Alisa Flatow, 20, of the United States were killed when a bus was hit by an explosives-laden van near Kfar Darom in the Gaza Strip. The Islamic Jihad claimed responsibility for the attack.
Jul 18 95 Ohad Bachrach, 18, of Beit El, and Ori Shahor, 20, of Ra’anana, were killed while hiking in Wadi Kelt.
Jul 24 95 Moshe Shkedi, 75, of Ramat Gan; Rahel Tamari, 65, of Tel Aviv; Zviya Cohen, 62, of Tel Aviv; Zahava Oren, 60, of Tel Aviv; Nehama Lubowitz, 61, of Tel Aviv; and Mordechai Tovia, 37, of Tel Aviv were killed in a suicide bomb attack on a bus in Ramat Gan.
Aug 21 95 Rivka Cohen, 26, of Jerusalem; Hannah Naeh, 56, of Jerusalem; Joan Davenney, 46, of Connecticut; and Police Chief Superintendent Noam Eisenman, 35, of Jerusalem were killed in a suicide bombing of a Jerusalem bus.
Sep 5 95 Daniel Frei, 28, of Ma’aleh Michmash, was stabbed to death when a terrorist broke into his home at night.
Jan 16 96 Sgt. Yaniv Shimel and Major Oz Tibon, both of Jerusalem, were killed when terrorists fired on their car on the Hebron-Jerusalem road.
Jan 30 96 Staff Sgt. Ehud Tal, 21, of Kibbutz Maoz Haim, was stabbed to death at the liaison office in an army camp south of Jenin.
Feb 25 96 In a suicide bombing of bus No. 18 near the Central Bus Station in Jerusalem, 26 were killed (17 civilians and 9 soldiers). The civilians: Daniel Biton, 42; Yitzhak Elbaz, 57, Boris Sharpolinsky, 64; Semion Trakashvili, 60; Yitzhak Yakhnis, 54; Peretz Gantz, 61; Anatoly and Jana Kushnirov, 36 and 37; Masuda Amar, 59; Swietlana Gelezniak, 32; Celine Zaguri, 19 – all of Jerusalem; Navon Shabo, 22, of Bnei Brak; Michael Yerigin, 16, of Kibbutz Maabarot; Matthew Eisenfeld, 25 and Sara Duker, 23, of the United States. Wael Kawasmeh, 23, of East Jerusalem, and Ira Yitzhak Weinstein, 53, of Maaleh Adumim, later died of their wounds. The soldiers: Sgt. Yonatan Barnea, 20; St-Sgt. Gavriel Krauss, 24; St.-Sgt. Gadi Shiloni, 22; Cpl. Moshe Reuven, 19; St.-Sgt. Maj. (res.) Arye Barashi, 39; Cpl. Iliya Nimotin, 19; Cpl. Merav Nahum, 19; Sgt. Sharon Hanuka, 19; Arik Gaby, 16 (student in pre-army boarding school) – all of Jerusalem. HAMAS claimed responsibility for the attack.
Feb 25 96 Sgt. Hofit Ayyash, 20, of Ashdod was killed in an explosion set off by a suicide bomber at a hitchhiking post oustide Ashkelon. HAMAS claimed responsibility for the attack.
Feb 26 96 Flora Yehiel, 28, of Kiryat Ata, was killed when a car was driven into a bus stop at the French Hill junction in Jerusalem.
Mar 3 96 In a suicide bombing of bus No. 18 on Jaffa Road in Jerusalem, 19 were killed (16 civilians and 3 soldiers). The civilians: Maya Birkan, 59; Naima Zargary, 66; Gavriel Shamashvili, 43; Shemtov Sheikh, 63; Anna Shingeloff, 36; Raya Daushvili, 55; George Yonan, 38 – all of Jerusalem; Sarina Angel, 45, of Beit Jalla; Gidi Taspanish, 23, a tourist from Ethiopia; Valerian Krasyon, 44, a tourist from Romania; Dominic Lunca, 29; Daniel Patenka, 33; Marian Grefan, 40; Mirze Gifa, 39; Dimitru Kokarascu, 43 – all Romanian workers. Imar Ambrose, 51, of Romania, died on March 9. The soldiers: Sgt. Yoni Levy, 21, of Jerusalem; Sgt. Haim Amedi, 19, of Jerusalem; Senior NCO Uzi Cohen, 54, border policeman of Jerusalem.
Mar 4 96 Outside Dizengoff Center in Tel-Aviv, a suicide bomber detonated a 20-kilogram nail bomb, killing 13 (12 civilians and 1 soldier): Bat-Hen Shahak, 15, of Tel Mond; Hadas Dror, 15, of Tel Mond; Kobi Zaharon, 13, of Tel Aviv; Inbar Atiya, 21, of Ramat-Efal; Dan Tversky, 58, of Tel Aviv; Dana Gutman, 14, of Moshav Mishmeret; Yovav Levy, 13, of Tel Aviv; Leah Mizrahi, 60, of Tel Aviv; Tali Gordon, 24, of Givatayim; Rahel Sela, 82, of Tel Aviv; Sylvia Bernstein, 73, of Hod Hasharon; Gail Belkin, 48, of Herzliya; St.-Sgt. Assaf Wachs, 21, of Holon.
May 14 96 David Baum, 17, a yeshiva high school student in Beit El, was killed when terrorists fired at students at a hitchhiking post at Beil El, near Ramallah.
Jun 9 96 Yaron (26) and Efrat (25) Unger, of Kiryat Arba, were killed when terrorists fired on their car near Beit Shemesh.
Jun 16 96 First-Sgt. Meir Alush, 40, an off-duty policeman, was shot and killed in a toy store in the village of Bidiya.
Jun 26 96 Staff Sgt. (Res.) Asher Berdugo, 22, of Kiryat Bialik; Sgt. Ashraf Shibli, 20, of Shibli; and Cpl. (Res.) Ya’acov Turgeman of Rishon Lezion were killed in an ambush along the Jordan River north of Jericho by terrorists who infiltrated from Jordan.
Jul 26 96 Uri Munk, 53, and his daughter-in-law, Rachel Munk, 24, of Moshav Mevo Betar, were killed in a drive-by shooting attack near Beit Shemesh. 30-year-old Ze’ev Munk, Rachel’s husband, was critically wounded and died in the hospital the following week.
Dec 11 96 Etta Tzur, 48, and her son Ephraim, 12, were killed when their car was shot at by terrorists near Surda, west of Beit El.
Mar 21 97 Michal Avrahami, 32, Yael Gilad, 32, and Anat Winter-Rosen, 32, were killed when a suicide bomber detonated a bomb on the terrace of a Tel Aviv cafe. 48 people were wounded.
Apr 10 97 The body of IDF Staff-Sgt. Sharon Edri, missing for seven months, was found buried near the West Bank village of Kfar Tzurif. Edri had been kidnapped and murdered by a Hamas terrorist cell in September 1996 while hitchiking to his home in Moshav Zanoah.
Apr 25 97 Hagit Zavitzky, 23, of Kfar Adumim and Liat Kastiel, 23, of Holon were found stabbed to death in Wadi Kelt.
Jul 30 97 16 people were killed and 178 wounded in two consecutive suicide bombings in the Mahane Yehuda market in Jerusalem: Lev Desyatnik, 60, of Jerusalem; Regina Giber, 76, of Jerusalem; Valentina Kovalenko, 67, of Jerusalem; Shmuel Malka, 44, of Mevaseret Zion; David Nasco, 44, of Mevaseret Zion; Muhi A-din Othman, 33, of Abu Ghosh; Simha Fremd, 92, of Jerusalem; Grisha Paskhovitz, 15, of Jerusalem; Leah Stern, 50, of Jerusalem; Rachel Tejgatrio, 80, of Jerusalem; Liliya Zelezniak, 47, of Jerusalem; Shalom (Golan) Zevulun, 52, of Jerusalem; Mark Rabinowitz, 80, of Jerusalem. Eli Adourian, 49, of Kfar Adumim, died of his wounds on August 11. Ilia Gazrach, 73, of Pisgat Ze’ev, died on August 29. Baruch Ostrovsky, 84, of Jerusalem died on October 3.
Sep 4 97 Five people were killed and 181 wounded in three suicide bombings on the Ben-Yehuda pedestrian mall in Jerusalem. The victims: Yael Botwin, 14; Sivan Zarka, 14; Smadar Elhanan, 14; Rami Kozashvili, 20; and Eliahu Markowitz, 40 – all of Jerusalem.
Nov 19 97 Gabriel Hirschberg, 26, was killed by automatic gunfire in the Old City of Jerusalem.
Jan 6 98 Yael Meivar, 25, died of gunshot wounds sustained in a terrorist attack on Dec 31, 1997 near the settlement of Alei Zahav in Samaria.
Feb 11 98 David Ktorza, 40, of Jerusalem, was stabbed to death near his home.
May 6 98 Haim Kerman, 28, was stabbed to death in the Old City of Jerusalem.
Aug 5 98 Harel Bin-Nun, 18, and Shlomo Liebman, 24, were shot and killed in an ambush by terrorists while on patrol at the Yizhar settlement in Samaria.
Aug 20 98 Rabbi Shlomo Ra’anan, 63, was stabbed to death in the bedroom of his caravan in Hebron.
Oct 9 98 IDF soldier Michal Adato, 19, was stabbed to death at Moshav Tomer in the Jordan Valley.
Oct 14 98 Itamar Doron, 24, was shot to death near Moshav Ora, outside Jerusalem.
Oct 26 98 Danny Vargas, 29, of Kiryat Arba was shot to death in Hebron.
Oct 29 98 Sergeant Alexey Neykov, 19, was killed when a terrorist drove an explosives-laden car into an Israeli army jeep escorting a bus with 40 elementary school students from the settlement of Kfar Darom in the Gaza Strip.
Jan 13 99 Sergeant Yehoshua Gavriel, 25, of Ashdod, was killed when terrorists opened fire at the Othniel junction near Hebron.
Aug 7 99 The body of an Israeli, shot in the head, was found in a burned vehicle.
Aug 30 99 Yehiel Finfeter, 25, of Kiryat Motzkin, and Sharon Steinmetz, 21, of Haifa, were murdered whlie hiking in the Megiddo region.

Si noti come la maggior parte degli episodi di terrorismo si concentrano nel periodo che va dalla firma degli accordi di Oslo alla morte di Rabin, molto più numerosi in quei due anni che nei quattro anni successivi, pur ancora gravidi anch’essi delle conseguenze della criminale tragedia di Oslo.

barbara

OTTO ANNI DI COMA

Poiché non è bello parlare male dei morti, soprattutto quando sono appena morti, ho deciso di pubblicarlo adesso, finché è ancora vivo.

Otto anni di coma. Quasi uno per ogni mille ebrei deportati da Gush Katif: qualcuno parla di punizione divina per il crimine commesso, e vista la coincidenza numerica viene quasi voglia di crederlo. Dieci anni fa ti amavo, Arik, ti veneravo come un eroe per tutto ciò che avevi fatto per il tuo popolo e per la tua terra; se fossi morto allora ti avrei pianto come una vedova. Certamente niente e nessuno potrà mai cancellare gli immensi meriti che hai acquisito. Ma, altrettanto, niente e nessuno potrà cancellare il crimine della deportazione di ottomila ebrei dalle loro case, dalle loro terre, dai campi che avevano dissodato e coltivato e fatto fiorire – quelle case, quelle terre, quei campi da cui erano stati cacciati nel 1948 all’inizio dell’illegale occupazione egiziana, e a cui erano potuti tornare nel 1967 – e mai avrebbero potuto immaginare che a cacciarli di nuovo sarebbe stato un loro correligionario, un loro compatriota.
Ti sei lasciato irretire da un losco figuro che, accecato dall’ideologia, ha scelto di credere alle cifre demografiche ammannite dai palestinesi, nonostante tutti sapessero che erano false quanto un biglietto da sette euro; ti ha terrorizzato con lo spettro del sorpasso demografico – che non è avvenuto né mai avverrà perché, appunto, quelle cifre e quelle proiezioni erano FALSE – e tu ci sei caduto come un pollo, da falco che eri. E ora hai le mani sporche di sangue, Arik, tu e il tuo suggeritore: il sangue dei Fogel, il sangue delle vittime delle migliaia di razzi sparati dopo la deportazione degli ebrei da Gush Katif, il dolore dei loro parenti e amici, i feriti, i mutilati, gli invalidi permanenti, il terrore dei bambini di Sderot, i soldati persi nelle operazioni per arginare il terrorismo rinvigorito dalla tua sciagurata iniziativa.
Prima è venuto Rabin, con il disastro di Oslo, poi tu, a completare l’opera con la deportazione da Gush Katif. Avete pagato entrambi, ma le devastazioni che avete provocato rimangono.
Riposa in pace, tu, se puoi; ma le ferite che hai aperto continuano e continueranno a sanguinare.

barbara

VENT’ANNI FA, DI QUESTI GIORNI

Vent’anni fa, di questi giorni, andava in scena l’orrenda farsa di Oslo, che ha portato un’incredibile impennata del terrorismo palestinese con migliaia di morti e decine di migliaia di feriti e invalidi da entrambe le parti, la distruzione della società palestinese, il lavaggio del cervello a partire dall’età dell’asilo (come ampiamente documentato in questo blog) e una spietata persecuzione delle comunità cristiane di Gaza e Cisgiordania, che ha portato alla loro quasi totale scomparsa. La drammatica impennata del terrorismo come diretta conseguenza degli accordi di Oslo risulta chiaramente da questa tabella
oslo1
Interessante poi osservare in quest’altra tabella
oslo2
l’andamento del terrorismo palestinese in funzione dei diversi governi israeliani, che dimostra meglio di qualunque discorso quanto sia vero che i pacifisti sono in assoluto i peggiori nemici della pace (e l’eventualità che qualcuno di loro possa essere in buona fede, lungi dall’essere un’attenuante è, al contrario, la peggiore delle aggravanti).
Vi propongo poi una terza tabella, che piacerà sicuramente a tutti coloro che si preoccupano costantemente di precisare quanti, fra i morti, sono civili (volendo, magari, si potrebbe far presente che non esiste la “divisa da terrorista”, dal momento che la finalità del terrorista è appunto quella di terrorizzare, facendo arrivare la morte da dove nessuno se l’aspetta, ma chi sta a badare a questi dettagli)
Summary
E infine andate a rileggere questo lucido documento di Khaled Abu Toameh, prezioso e coraggioso giornalista arabo israeliano.

barbara

IL RISCHIO DI UN NEGOZIATO OBBLIGATORIO

Un pezzo di Ugo Volli da leggere, stampare e imparare a memoria.

Cari amici,
Vale la pena di spendere ancora un po’ di tempo e di energia intellettuale a riflettere sulle trattative (o meglio sulle pre-trattative) che si dovrebbero aprire questa settimana a Washington. Sia perché intorno ad esse sta ripartendo una pericolosa mitologia, o meglio un pensiero desiderante (wishful thinking) da parte di coloro che magari preferirebbero davvero che tutti si volessero bene e non ci fossero problemi al mondo e quindi neppure in Medio Oriente e che si illudono che basti superare “la diffidenza reciproca” o “la cattiva volontà”, perché una soluzione debba saltare fuori subito.
Sia perché vi sono coloro che attendono davvero l’occasione di un indebolimento, magari di un mezzo suicidio israeliano per dare chances alla loro squadra del cuore (gli arabi) nella partita con Israele che stanno perdendo da 65 anni almeno.
Sia infine perché vi sono anche quelli già pronti a cercare di dare la colpa dell’eventuale, anzi probabile fallimento alla cattiveria israeliana, per rilanciare nuove sanzioni, boicottaggi e antisemitismi vari.
Il fatto su cui riflettere è che questa trattativa non la voleva nessuno, né gli israeliani (che hanno votato massicciamente sei mesi fa per partiti che avevano tutt’altre priorità, dando solo il 5 per cento al movimento di Tzipi Livni, il solo a insistere sul rilancio) e che in questo momento di confusione estrema del mondo arabo hanno tutte le ragioni per non fidarsi di trattati firmati da governi che il mese dopo possono essere travolti.
Non la voleva l’Anp, che da quattro anni e mezzo trova conveniente la linea del “chiagne e fotti”, del lamentarsi della non disponibilità di Israele e di cercare di danneggiarlo in tutti i modi e con tutti i pretesti. Anche l’Anp è naturalmente consapevole del disordine arabo una volta chiamato primavera e teme di essere rovesciata, com’è accaduto spesso, non per scelta di un “popolo” che per lo più pensa ad altro, ma di masse di militanti che nel suo caso ha educato accuratamente a protestare contro ogni accenno di “normalizzazione” e di dialogo con Israele; oltre naturalmente ad essere preoccupata della concorrenza di Hamas.
Dunque c’è stata una forzatura da parte di Kerry, molto lodata dalla politica occidentale e dalla stampa. Israele e Anp vanno a Washington non perché convinti di poter e voler trovare un compromesso, ma per non subire le conseguenze dell’ira americana contro la loro disobbedienza. Che gli Usa, impotenti in tutto, sconfitti in tutti i loro piani politici, disprezzati e presi in giro non solo da Putin ma anche dall’Equador, cerchino la rivincita imponendo la loro volontà a due realtà dell’ordine di grandezza rispettivamente della Lombardia e della Val d’Aosta, è significativo della piccolezza morale, oltre che politica di Obama e di chi lo circonda; ma non è questo il punto del mio discorso.
Il fatto è che la forzatura di Kerry è molto pericolosa, soprattutto se riuscirà a costringere i due contendenti a trattare per davvero e non si accontenterà delle rotture formali su temi vecchi (le costruzioni negli insediamenti, il rifiuto di riconoscere il carattere ebraico di Israele). Vi sono due precedenti che mostrano il pericolo della intraprendenza e ostinazione di Kerry, così ingiustamente lodate. Il primo è la trattativa voluta da Clinton allo scadere del suo mandato, ricostruita qui da Herb Keinon. Secondo quel che dice Keinon sulla base di fonti americane, sembra che Arafat non volesse andare a Camp David, avesse avvertito l’amministrazione americana della sua indisponibilità e subisse poi la convocazione di Clinton, motivata dalla ricerca di un successo finale per la sua amministrazione assai poco produttiva. Arafat avrebbe deciso di dare il via all’ondata terroristica nota come seconda intifada per tutelare la sua posizione nella cupola palestinese, messa in dubbio dalle trattative. Si può discutere su questa analisi, ma certamente il terrorismo palestinese in quegli anni fu fortemente correlato alle trattative più o meno imposte a un’organizzazione che ha oggi e allora aveva ancora di più un imprinting di violenza clandestina indiscriminata. Il rischio c’è ancora, fortissimo: ogni fase di trattativa ha presentato per i palestinesi la tentazione mai respinta di colpire il nemico che tendeva la mano e sembrava quindi più debole.
L’altro precedente parla di Israele e precisamente della tentazione della sua classe  politica, almeno di quella che si pensa volta a volta come “pacifista” di imporre al paese quel che essa considera giusto, senza badare alla volontà dei cittadini. È quel che una volta Peres (ah, il democratico, pacifista Peres…) ha espresso dicendo che “il guidatore di un autobus non deve chiedere ai passeggeri se girare il volante o no”. È accaduto a Sharon, nello sgombero di Gaza imposto con la forza agli interessati. È successo soprattutto con Oslo. Pochi si ricordano che l’accordo fu approvato alla Knesset con un solo voto di differenza, pur avendo coinvolto i partiti arabi (che allora come oggi volevano soprattutto la distruzione di Israele).
E anche con i partiti ideologicamente antisraeliani una decisione così importante non  aveva la maggioranza, finché un paio di parlamentari dell’opposizione furono letteralmente comprati per acconsentire a quello che, applauditissimo allora, appare oggi come il più grave errore strategico nella storia di Israele. Rabin e Peres si presero in casa quella banda di terroristi che stava a Tunisi carica di mille atti di terrorismo e li riconobbero come “unici rappresentanti del popolo palestinese, tagliando fuori così le forze tribali e i notabili locali che avevano interesse alla tranquillità e alla crescita della loro popolazione.
Inutile dire che i terroristi hanno continuato negli ultimi anni a fare i terroristi, con le armi quando hanno potuto, se no con la diplomazia,  la legge, l’educazione all’odio. Dalla scelta di Oslo sono derivati moltissimi mali per gli israeliani, ma anche per gli arabi, e sulle sue ambiguità, sul suo ingenuo utopismo dovuto agli uomini di estrema sinistra che circondavano Rabin allora, sull’illusione che non bisognasse badare troppo ai particolari né cercare di predisporre delle difese, perché “i dividendi della pace” sarebbero stati tali da eliminare ogni aggressione, derivano anche i nodi irrisolti che molto probabilmente non saranno sciolti neppure in queste pre-trattative. Perché a Fatah, all’Olp, all’Anp (che sono poi più o meno la stessa cosa), sono state fatte concessioni tali che oggi essi rivendicano il territorio di Giudea e Samaria come specialmente “palestinese”, e il mondo gli crede.
Per questa ragione Bennet ha chiesto, e Netanyahu sembra l’abbia concesso, un referendum, se mai si dovesse arrivare a un accordo. Perché non si ripeta il caso di una banda di utopisti professionisti che prenda il popolo come “passeggeri di un autobus” e lo porti a cascare in un nuovo burrone. Insomma, da questi incontri di Washington c’è molto da temere e poco da sperare. Perché la pace invece si costruisce sul terreno, con la collaborazione economica e la convivenza in Giudea e Samaria che non a caso i terroristi cercano di spezzare con la violenza e l’Unione Europea, ideologicamente antisraeliana (per non dire antisemita) cerca di boicottare economicamente.

Tre anni fa, in una circostanza esattamente identica a quella di oggi, Emanuel Segre Amar e io abbiamo scritto a quattro mani questa riflessione: dopo tre anni rimane valida fino all’ultima virgola.
E ricordate sempre che LA PACE COMINCIA QUI.

barbara