È cominciato il lunedì pomeriggio. Con la pioggia, dico. Prima leggera poi media poi forte poi nubifragio. Ogni mezz’ora andavo in camera a controllare e ogni volta dicevo bene, per il momento tiene – e poi mi sono resa conto che stavo facendo come quello che cade dal cinquantesimo piano e arrivato al quarantesimo dice per ora tutto bene, al trentesimo dice per ora tutto bene… Finché, verso mezzanotte, sono arrivata al piano terra: una bella pozzetta d’acqua per terra e una macchia di bagnato sulla coperta ai piedi del letto. Ho messo un asciugamano e un catino per terra sotto il gocciolamento, una busta di plastica grande sulla coperta e un piccolo asciugamano fra le due lenzuola, che mi assorbisse almeno un po’ di acqua nelle ore che mancavano prima che andassi a letto. Ci vado, come al solito, verso le sette di mattina, e dormo tutta rannicchiata per non finire coi piedi sul bagnato (in realtà io dormo sempre al 90% rannicchiata). Il giorno dopo, martedì, chiamo l’architetto, che mi dice chiamo la ditta e poi ti richiamo. Mi richiama di lì a una decina di minuti e dice che mi mandano due uomini (siccome diluviava, ovviamente non stavano lavorando), che infatti vengono, li porto in camera a vedere e poi vanno su in terrazza. Verso le sei e mezza non è più gocciolamento bensì vera e propria pioggia, e arriva da tutto il soffitto, e la richiamo. Dice avverto il tecnico, fra venti minuti siamo lì. Arrivano infatti, e lavoriamo una buona mezz’ora tutti e tre a portare fuori dalla camera tutto quello che si può e che è a rischio. Poi passano all’appartamento di fronte: i vecchi inquilini se ne sono andati e i nuovi non sono ancora entrati, per cui dopo la mia telefonata ha provveduto a chiamarli per dire che era meglio che venissero a vedere com’era la situazione da loro; è arrivato lui e ha trovato 3 centimetri di acqua, che è arrivata a bagnare il soffitto dell’appartamento di sotto. Poi, mentre erano ancora lì, si è improvvisamente allagato il passaggio tra la zona notte e quella giorno, li ho richiamati e sono venuti a precipizio a togliere quadri, spostare librerie, mettere catini, portare via altre cose dalla camera eccetera. Il tecnico, che credo sia anche il titolare della ditta, essendo chiaro che lì dentro non potevo dormire, mi aveva proposto di andare in albergo – tanto lui è coperto da assicurazione – ma ho rifiutato. Sicché ho messo per terra in soggiorno una vecchia trapunta (che non uso più da un quarto di secolo perché è molto rovinata ma che ho conservato perché io non butto mai via niente perché non si sa mai, e infatti tutto quello che secondo qualcuno avrei dovuto buttare, prima o poi è venuto utile, e così anche la trapunta, e non è la prima volta) e tre coperte grosse più altre tre sottili, tutte messe doppie più il grande telo da spiaggia giallo che si vede nella foto del primo post, e, per coprirmi, la meravigliosa copertina blu che ho rubato in aereo, e ho passato la notte lì, mettendo una prolunga per far arrivare lì la lampada che normalmente sta sul meraviglioso tavolinetto disegnato da me (come molte altre cose che ho in casa) e ci ho, diciamo così, dormito. Poi mercoledì sera, dopo avere terminato tutti i lavori della giornata, è venuta la ragazza che mi fa le pulizie a darmi una mano. Lei voleva portarmi in soggiorno la rete del letto per farmi dormire più comoda, ma dato che aveva praticamente smesso di piovere e anche quasi del tutto di sgocciolarmi in camera, ho deciso di togliere il materasso e portarlo in soggiorno ad asciugare di fronte al termosifone

e mettere sulla rete tutto l’armamentario che avevo sistemato in soggiorno, più una mezza dozzina di asciugamani da spiaggia di spugna, belli grandi – e nonostante tutto questo, quando ho provato a sedermi ho preso una gran culata perché mi mancavano, rispetto al materasso, una buona decina di centimetri, e non lo avevo calcolato, così come non avevo calcolato il fatto che era tutto molto più duro. Poi, mentre lei raccoglieva tutti gli stracci che prima erano stati per terra e che avevo momentaneamente buttato nella vasca da bagno, e io stavo tornando dal soggiorno dove avevo portato qualcosa, improvvisamente sentiamo un grande scroscio, come una cascata, provenire dalla camera. Corriamo a vedere, ed era questo:

interamente sopra il letto. Fosse capitato qualche ora più tardi, probabilmente non mi avrebbe ammazzata, ma certo tanto bene non ne sarei uscita: abbiamo riempito (sì, ok, lei ha riempito) due borse, e mentre lei riempiva la seconda io ho portato fuori la prima, parecchio più piccola, e avrà sicuramente pesato almeno tre chili (la casa è degli anni Settanta, e in questo mezzo secolo le pareti sono sempre state ridipinte una mano sopra l’altra, per cui adesso lo strato di intonaco è molto spesso). Dopodiché lei continuava a dire io là dentro non ci dormirei neanche morta, vuole che tiriamo via tutto e portiamo la rete in soggiorno? Il che era del tutto privo di senso: se tutto quello che era sopra il letto era già venuto giù, di che cosa dovevo preoccuparmi? Infatti poi ho dormito cinque ore buone quasi ininterrottamente. Ogni tanto un morbido plafff mi si infilava nei sogni, ma senza arrivare a svegliarmi del tutto. Perché ovviamente un po’ alla volta finirà per venire giù tutto o quasi, ma ormai di danni non ne può più fare.
Oggi pomeriggio, finito di asciugarsi il materasso, che ieri avevo girato per esporre al calore del termosifone anche l’altro lato, e il coprimaterasso, è tornata la ragazza e insieme abbiamo risistemato il letto. Rimangono un po’ di cose in giro, come queste collane messe ad asciugare insieme al loro contenitore

(riconosco che l’appoggio potrebbe apparire a qualcuno leggermente inappropriato, ma dato che serve perfettamente alla funzione non vedo motivo di formalizzarmi), gli scatoloni che erano sopra l’armadio, di cui il più grande contenente stoffe e stracci,

un po’ umidi, ma che fino a oggi pomeriggio non ho potuto stendere perché lo stendino era occupato dal coprimaterasso, oltre alle cose già dette, ma volete mettere la felicità di tornare a dormire su un materasso!
Poi per dopodomani è prevista pioggia per 24 ore.
barbara