COMINCIA FINALMENTE A SVEGLIARSI ANCHE L’ONU?

Report ONU accusa la parte ucraina di usare scudi umani

E’ stato pubblicato un rapporto delle Nazioni Unite secondo cui l’Ucraina usa i civili come scudi. Questo è esattamente ciò che hanno detto gli abitanti di Mariupol. Non dovrebbe meravigliare nessuno.
Rilancio di seguito la notizia come riportata da Rai News che ha ‘diluito’ la gravità tra parte ucraina e russa. Mentre la responsabilità ucraina nell’usare i civili come scudi umani nel report ONU è chiara e non dovrebbe consentire funambolismi.
Ciò che è rilevante è che il modus operanti messo in atto in questo ospizio di Lugansk, è stata la prassi a Mariupol ed in molte altre occasioni, come raccontano i testimoni.

Rai News ha riportato:
Un rapporto Onu accusa l’Ucraina: “Anche Kiev responsabile dei morti all’ospizio di Lugansk”
Pochi giorni prima dell’attacco dell’11 marzo, i soldati ucraini presero posizione all’interno della casa di cura, rendendo l’edificio un bersaglio.

Un rapporto Onu accusa l’Ucraina: “Anche Kiev responsabile dei morti all’ospizio di Lugansk” Ansa/UKRINFORM

Anche le forze armate ucraine hanno una responsabilità importante, forse uguale a quella russa, in quanto accadde, circa due settimane dopo l’inizio dell’invasione di Mosca, in una casa di cura nella regione di Lugansk, dove morirono decine di persone. È quanto ha stabilito un rapporto dell’Onu, secondo l’agenzia Associated Press. Nell’ospizio c’erano soprattutto anziani e disabili, che rimasero intrappolati all’interno, senza luce elettrica e acqua, quando i ribelli filorussi assalirono la struttura, vicino al villaggio di Stara Krasnyanka.
L’assalto provocò un incendio che intrappolò all’interno quanti erano allettati. Secondo le Nazioni Unite, almeno 22 dei 71 pazienti riuscirono a trarsi in salvo, “ma il numero esatto delle persone uccise rimane sconosciuto”. Subito dopo l’attacco, Kiev accusò Mosca di aver causato la morte di oltre 50 persone. Ora le Nazioni Unite correggono la versione, sostenendo che pochi giorni prima dell’attacco dell’11 marzo, i soldati ucraini presero posizione all’interno della casa di cura, rendendo l’edificio un bersaglio. Il rapporto dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite non arriva a sostenere che le parti abbiano commesso crimini di guerra, ma osserva che la battaglia nella casa di cura è un esempio di come possano essere usate le persone come “scudi umani” nelle aree di guerra.
fine citazione

Il report di RAI News è sbilanciato a favore della parte Ucraina. Pur evidenziando che l’esercito ucraino ha utilizzato gli anziani come scudi umani, afferma che questa responsabilità è condivisa tra le parti.
Ovviamente, se l’esercito ucraino non si fosse coscientemente installato all’interno della casa per anziani, questi ultimi non avrebbero corso alcun rischio.
E’ solo il primo riconoscimento da parte dell’ONU , ma le testimonianze video dei civili sono tantissime che riferiscono lo stesso contesto. E’ pratica comune delle forze ucraine utilizzare gli edifici residenziali facendosi scudo dei civili.
Questo avviene sopratutto in quella parte di territorio ucraino che corrisponde al Donbass, in fondo in molti casi si tratta di quegli stessi edifici che le forze stesse ucraine bombardavano. Mentre, in altri casi, si tratta di popolazioni non amichevoli con le forze governative di Kiev. Anche perché in genere è plausibile che  una bella fetta della popolazione fedele al governo ucraino, si è spostata ad ovest. Di conseguenza , il report ONU dimostra che anche nella conduzione delle ostilità l’esercito ucraino non si fa scrupolo di fare terra bruciata. Si tratta in fondo di territorio che sta perdendo e che quindi non vuole lasciare al nemico intatto. Se poi aggiungiamo che la popolazione non è stata amichevole, allora il quadro che emerge è abbastanza chiaro. Ovviamente, il nome più appropriato in questo caso sono rappresaglia e sterminio.
Quindi dire ‘è colpa di entrambi’ rivela una certa partigianeria, in questo caso inopportuna, perché non si sta parlando di chi sia l’aggressore o altro (evidentemente l’invasione del territorio ucraino, è russa), stiamo parlando invece del metodo di condurre la guerra e della preservazione dei civili e delle aree residenziali.
Al di là degli approfondimenti e delle analisi, comunque la notizia degli anziani deceduti in questa vicenda bellica è desolante. Dovrebbe bastare a indurre le parti a trovare una soluzione equa che tenga conto della realtà e delle rispettive responsabilità- Che non avvenga indica inequivocabilmente che coloro che che buttano benzina sul fuoco sono solo a parole interessati alla popolazione civile, quando – come vediamo – non conta nel raggiungimento dei target prefissati.
Patrizio Ricci, VPNews, 14 Luglio 2022, qui.

Va ricordato – e visto che non lo ricorda l’Onu lo ricordo io, che in base alle Convenzioni di Ginevra e dell’Aja sono protetti scuole, ospedali, luoghi di culto e monumenti storici, strutture civili e altri impianti che non sono usati a sostegno di attività militari. Ma ci sono delle eccezioni: una scuola, per esempio, diventa un obiettivo militare legittimo se vi sono acquartierati dei soldati. L’immunità dagli attacchi può essere persa se le persone o gli oggetti vengono usati per commettere atti che danneggiano una delle parti in conflitto.
Per il diritto internazionale umanitario, le parti in conflitto devono tenere le loro postazioni militari più lontano possibile dalle concentrazioni di civili. Anche l’uso di civili come scudi umani è considerato come crimine di guerra. L’articolo 51 del primo protocollo aggiuntivo del 1977 alle Convenzioni di Ginevra del 1949 dispone che “la presenza o gli spostamenti di popolazioni civili o di singoli individui non deve essere sfruttata per rendere immuni da operazioni militari certi punti e certe zone del territorio allo scopo di evitare che vengano attaccati obiettivi militari, o di proteggere, favorire o impedire operazioni militari.” Quindi nel caso in questione la Russia ha colpito un obiettivo militare legittimo e l’Ucraina ha commesso un crimine di guerra , e altro non resta da dire.
Stesso discorso per il bombardamento di Vinnitsa.

Il Ministero della Difesa della Federazione Russa sull’attacco missilistico alla casa degli ufficiali a Vinnitsa

Il 14 luglio, le forze aerospaziali russe hanno colpito obiettivi a Vinnitsa e nella regione con missili a lungo raggio ad alta precisione. Secondo le informazioni disponibili, gli obiettivi dell’attacco erano strutture militari adiacenti alla Camera degli ufficiali di Vinnitsa, dove è stata effettuata la formazione delle unità di difesa territoriale ucraina. Un altro obiettivo era un’unità militare nella città di Gaisin nella regione di Vinnitsa, dove le forze ucraine stavano ammassando ed erano immagazzinate attrezzature militari, compresi veicoli corazzati e artiglieria forniti dall’estero.
Questo è quanto rende noto il Ministero della Difesa della Federazione Russa sull’attacco missilistico alla casa degli ufficiali a Vinnitsa:
«Il 13 luglio, missili ad alta precisione Calibr hanno colpito la casa di guarnigione degli ufficiali a Vinnitsa dove in quel momento si stava svolgendo una riunione del comando dell’aeronautica ucraina con i rappresentanti dei fornitori di armi stranieri.
Durante l’incontro, si è discusso del trasferimento all’esercito ucraino del nuovo lotto di aerei, armi di distruzione e organizzazione della riparazione della flotta aerea ucraina. A seguito dell’attacco, i partecipanti alla riunione sono stati eliminati».
LA REDAZIONE DE L’ANTIDIPLOMATICO, qui.

Ma i nostri mass media allineati e appecoronati hanno scelto, nonostante tutti gli analoghi precedenti, di credere ciecamente alla versione ucraina.
Intanto l’esercito ucraino continua a martellare, come sta facendo da oltre otto anni, i civili del Donbass.

Attacco ucraino al centro di Donetsk provoca diverse vittime civili

Le forze armate ucraine hanno effettuato un attacco di artiglieria contro il centro della città di Donetsk, causando diverse vittime, ha riferito la Difesa territoriale della Repubblica Popolare di Donetsk.
Secondo le informazioni disponibili, 2 persone sono state uccise e 3 risultano ferite.
Il leader della Repubblica Popolare di Donetsk, Denis Pushilin, ha dichiarato sul suo canale Telegram che l’offensiva è stata condotta contro una stazione degli autobus della città.
Pushilin ha citato Ruslan Yakubov, capo della rappresentanza della Repubblica presso il Centro congiunto per il controllo e il coordinamento del regime di cessate il fuoco, secondo cui l’attacco è stato effettuato con un obice M777 da 155 mm.
Il leader della Repubblica ha sottolineato che “non ci sono strutture militari nelle vicinanze”, definendo l’evento un nuovo attacco “deliberato” ai cittadini civili della RPD.
Le truppe del regime di Kiev, imbottite di armi dai paesi del blocco occidentale, bombardano regolarmente Donetsk e gli insediamenti vicini. 
Usano principalmente artiglieria calibro NATO da 155 mm. A causa degli attacchi, i civili continuano a morire. 
LA REDAZIONE DE L’ANTIDIPLOMATICO, qui.

E qui (non per stomaci delicati) un video di Vittorio Rangeloni.

E intanto il mondo intero continua a essere praticamente nelle mani di uno che arrivato in Israele scende dall’aereo e chiede con aria smarrita “What am I doing now?” e non riesce ad arrivare al centro del tappeto rosso largo un metro nonostante il cospicuo aiuto fornitogli

e continua a precipitare sempre più velocemente verso il baratro.

Ad un passo della catastrofe, la UE continua a ripetersi ‘vogliamo darla vinta a Putin?’.

Secondo quanto riferito dai media, l’Ungheria ha dichiarato lo stato di emergenza nel settore energetico. A quanto pare, questo scenario si estenderà ad altri paesi europei. In generale, non ci sono altri che presto saranno nelle stesse condizioni.
Lo stato di emergenza comporta l’introduzione di una distribuzione razionata delle risorse energetiche, la creazione di limiti di consumo e l’assegnazione di destinatari prioritari. Bene, i blackout continui sono un classico in questa situazione.
Ora tocca alla propaganda, che cercherà di trarre beneVincenzoficio alla manipolazione ed alla minimizzazione dei rischi. Questo gioco in fondo non è particolarmente necessario e faticoso. Il cittadino europeo deve ricevere un’indicazione chiara e precisa di chi è responsabile dei suoi guai. Uno sfondo ideale per accelerare le transizioni energetiche, che in precedenza avrebbero richiesto molti sforzi, approvazioni tramite i parlamenti, dibattiti pubblici problematici. Ora sarà incommensurabilmente più facile.
A proposito, questa notizia che apparentemente sembrerebbe buona per l’Ucraina, in realtà non lo è: ora che l’Europa avrà tutto il diritto di confiscare i beni russi congelati a suo favore come risarcimento del danno economico causato, la domanda è cosa rimarrà dell’Ucraina visto che Putin in persona ha detto che il rischio atomica è sempre più vicino.
Ma intanto per i “falchi” europei anche questa è una buona notizia, visto che loro rispondono con il solito ora hanno n argomento: vuoi arrenderti a Putin?
Questa corrisponde all’apice dell’idiozia, ma è ripreso da un mucchio di persone che pensano di essere ‘angioletti buoni’.
Ma non lo sono ed a questo punto lo scenario prospettato dal prof Vincenzo Costa è realistico:

(…) la logica evoluzione del conflitto non può che seguire tre stadi:
1) a breve una carneficina tra russi e ucraini, con molti soldati occidentali dislocati li come “mercenari”;
2) un ingresso nel conflitto della NATO, perché se le parole hanno un senso gli ucraini per quanto supportati non possono vincere la guerra e ad ogni aumento di aggressività Ucraina corrisponderà un incremento della risposta russa, per cui se si vuole vincere la guerra la NATO deve intervenire in prima persona e non per interposta persona usando gli ucraini;
3) il passaggio a una guerra nucleare, dapprima con l’uso di atomiche tattiche che farebbero dell’Ucraina una terra fumante e poi, se non sì rinsavisce, con atomiche di ben altra portata. 
Per arrestare tutto questo sarebbe necessario un grande movimento per la pace, che chieda e imponga sicurezza per tutti, un nuovo ordine globale, multipolare e decentrato. 
Purtroppo di questo movimento non vi è traccia, tranne le parole di Papa Francesco, che ha detto una cosa chiara: questa guerra è una guerra tra potenti,  che decidono della vita di milioni di uomini e forse del pianeta e di tutti noi, per cui a fermarla devono essere i popoli, e anche la disobbedienza  è giustificata.
Ma anche la sua voce non arriva, distorta dai media, che alzano o abbassano il volume e amplificano ciò che interessa al potere e ai potenti. 
Lentamente forse si andrà nell’ordine delle tre possibilità prima enunciate. L’inverno può essere freddo ma anche molto caldo, e l’estensione della guerra è ormai nell’interesse di troppi attori.
Tenete conto che anche nel caso di una guerra nucleare nessun dei potenti morirebbe. 
Come gli oligarchi ucraini si sono spostati in Inghilterra e in UE, salvando le loro lussuose auto, allo stesso modo gli oligarchi occidentali hanno la possibilità di trasferirsi in Africa, America del Sud e in altri posti in cui un’eventuale guerra nucleare non avrebbe effetti diretti (li avrebbe ovviamente, ma non quelli che avremmo noi). 
E ovviamente neanche Putin e i suoi oligarchi pagherebbero le conseguenze di un conflitto devastante.
A essere in pericolo sono i popoli.
Proprio per questo non è la politica a poter fermare questa follia, non è la stampa degli Agnelli che con la guerra fa affari d’oro. 
Sono solo i popoli a poterlo fare. 
Per adesso sembra siano però occupati anche loro a fare altro, tra apericena, vacanze e saldi imperdibili nei negozi. (Vincenzo Costa)
Patrizio Ricci, VPNews, 13 Luglio 2022, qui.

In mezzo a questo sfracello, almeno una nota positiva: la Lituania, a quanto pare, è stata convinta a rinunciare ai suoi deliri da superpotenza che può permettersi di dettare le condizioni al mondo intero.

[…]
L’Unione europea ha finalmente convinto la riluttante Lituania a lasciar passare i treni tra l’enclave e la Russia.
Un uno – due in controtendenza rispetto alle dichiarazioni bellicose che si intrecciano sulla guerra. Cenni di distensione che sembrano allinearsi con gli scenari di taluni analisti che parlano di un cambiamento di clima sul conflitto.
Non siamo alla fine della guerra, né, sembra, all’inizio della sua fine. Ma sicuramente siamo alla fine del suo inizio. L’Occidente, cioè, ha ormai riconosciuto che tutte le sue previsioni di una vittoria a breve termine sulla Russia, prodotta da una valorosa resistenza militare ucraina (leggi Nato) e dall’effetto devastante delle sanzioni, sono state incenerite dalla realtà.
Una realtà che ha posto anche drammatiche criticità all’altra prospettiva, stavolta a lungo termine: quella di una guerra che avrebbe logorato il paese di Putin. Anche qui la realtà dice che questa guerra sta logorando più l’Europa e tanta altra parte di mondo che la Russia.
Finite queste illusorie geostrategie, l’Occidente deve rivedere i suoi piani. Resta, certo, anche se meno assertiva, la prospettiva di logorare la Russia (né può decadere prima dell’Endgame). Ma accanto a questa iniziano a essere prese in considerazione anche ipotesi di tutt’altro segno, cioè come uscire indenni da questa trappola per topi nella quale i neocon e i leader della Nato hanno cacciato il mondo.
Se solo si pensa che il fiume di armi diretto in Ucraina doveva servire, come ripetevano e ripetono tutti gli strateghi – televisivi e non -, a portare Kiev al tavolo del negoziato da una posizione di forza, si può notare come tale prospettiva stia logorandosi anch’essa, perché la posizione dell’Ucraina si sta indebolendo ogni giorno che passa.
Si tratta, quindi, di chiudere il conflitto senza consegnare la vittoria a Putin, cosa che col passar del tempo diventa sempre più difficile.
Né le dichiarazioni dei leader ucraini sulla prossima creazione di un esercito di un milione di uomini muta la questione. È un’iperbole propagandistica, dal momento che gli eserciti non si creano dal nulla, né si possono trasformare magicamente, e in pochi giorni, dei civili in truppe d’assalto. Roba da macelleria, carne da cannone.
C’è solo da attendere, purtroppo, che l’America esca dal tunnel, anche se non si vede come. Un semplice cessate il fuoco può offrire appigli al riguardo, perché può essere rivenduto come un momentaneo stallo, così come avvenne per la guerra coreana, con uno stallo poi diventato ultradecennale. Ma anche tale soluzione presenta criticità per Washington, da superare in qualche modo.
Però va anche registrato che l’alternativa folle propria dell’opzione apocalisse, da realizzarsi tramite escalation (sul punto rimandiamo a una nota di Responsible Stratecraft), pure propugnata con fervore dai neocon e dai loro compagni di merende, al momento sembra aver perso mordente. Bene. (Qui)

Va detto, comunque, che quei poveri russi sono veramente sfigati:

perché in effetti

Certo è, in ogni caso, che per salvarci, ormai, serve proprio qualcuno capace di fare le acrobazie.

barbara

STRAORDINARIA SCOPERTA IN CASA DI BARBARA

A quattro mesi scarsi dal mio settantesimo compleanno, ho scoperto che sono ancora capace di fare la candela. Che riesco a ciucciarmi l’alluce, invece, è cosa nota da sempre (e posso anche salire oltre, e posarmi il tallone sulla testa). Se lo sa la mia ortopedica, mi frusta a sangue. Io però alle sgridate di medici, infermieri, fisioterapisti rispondo regolarmente così: lei fa il medico/infermiere/fisioterapista da vent’anni? Trenta? Quaranta? Io è da settanta che faccio la paziente: il suo mestiere lo conosce lei, ma il mio corpo lo conosco io. E quindi procedo. Poi, volendo, ci sarebbero anche queste altre considerazioni, assolutamente sacrosante.

Filippo Facci

VIETATO VIVERE

Un mattino ti svegli e scopri che è vietato vivere, perché è così, è vero: «L’uomo moderno, in cambio di un po’ di sicurezza, ha rinunciato alla possibilità di essere felice» (Sigmund Freud) perché ormai ogni divieto sembra sacrosanto, ma poi diventa un insieme che diventa una galera, la nostra galera.
Lo sembra questa nostra vita in cui, appunto, un mattino ti svegli e scopri che a Roma e a Torino, siccome eravamo a corto di divieti, hanno deciso di bloccare le auto per via dello smog (sacrosanto, certo) e pazienza se salire su tram e metro diventerà una follia, fa niente se in pratica già non possiamo più uscire di casa e dobbiamo stare attenti pure a come ci stiamo, in casa, e a che cosa mangiamo, beviamo, fumiamo, diciamo, ascoltiamo, clicchiamo; fa niente se la capacità di imporre divieti è diventata la misura dell’amministrazione pubblica, fa niente.
Tanto ormai è tardi, viviamo come se vivere corrispondesse solo al rischio di morire, non ci siamo accorti che il bisogno di sicurezza genera sempre – sempre – anche delle forme di un autoritarismo e la tendenza a regolamentare ogni cosa.
Mentre un professorino di Foggia, ieri, spiegava che un Natale in solitudine è più spirituale (ma lo colpisse un fulmine, a Giuseppe Conte) abbiamo smesso di accettare che la prima causa di morte è la vita, che basta nascere per avere una probabilità su tre di avere un tumore (purtroppo è vero) mentre c’è una parte del mondo che non riesce a mangiare e c’è un’altra che non riesce a non farlo: e, in mezzo a tutto questo, non c’è nessuno che ammette che la prima causa di morte, nel Pianeta, sono l’alimentazione e la respirazione. Si muore perché si vive.
Così leggiamo libri e guardiamo programmi che parlano di cucina (che servono a ingrassare) e poi passiamo dal dietologo (perché dobbiamo dimagrire) e non passa giorno senza che un’alterata percezione del rischio venga trasformata in causa di morte da una politica medicalizzata (o sanità politicizzata, fate vobis) che ormai spadroneggia, e che tende a inglobare anche le dimensioni comportamentali dell’esistenza. Ormai il libero arbitrio viene visto come una minaccia da ridurre a malattia: ecco perché l’Organizzazione mondiale della sanità e cento altri organismi fanno campagne mediatiche e «scientifiche» su tutto, e decidono i prossimi nemici della nostra salute.
Ora c’è il coronavirus, certo. Ma sappiamo tutti che presto o tardi, per dire, negheranno la mutua agli obesi, metteranno etichette terrorizzanti per cibi e vini come per le sigarette, il peso dei bambini diverrà un voto sulla pagella (accade negli Usa) e ci saranno le chiese senza incenso passivo (accade in Canada) e saremo sempre più invasi da continue «valutazioni dei rischi» mentre pubblicheremo, sui nostri giornali, qualsiasi studio: anche se il giorno prima ce n’era un altro che diceva il contrario.
Ascolteremo qualsiasi medico o virologo o camice bianco come se l’idiozia non fosse equamente distribuita in tutte le categorie, e il nozionismo rendesse davvero più intelligenti. Il terrore di ammalarsi impera in una civiltà che tende a interpretare la natura umana solo in chiave biologica, e che ti spiega, persino, che i grandi uomini erano soprattutto dei grandi malati: depressi erano Ippocrate e Churchill e Montanelli, Leopardi aveva un problema di neurotrasmettitori, la sensibilità di Tchaikovskij era una somma di fobie omosessuali, Van Gogh del resto era epilettico, Paganini aveva la sindrome di Ehiers-Danlos, Rachmaninov quella di Marfan, e, peggio, la vicina di casa ha il coronavirus. E allora bisogna vietare. Giustamente.
Ma, a poco a poco, vietano tutto.
La vera minaccia alla nostra proviene da una declinazione distorta della libertà stessa: non abbiamo più margine individuale a fronte della proliferazione proprio dei diritti individuali: il diritto alla salute su tutto, ma questo dopo che un insieme di minoranze ha oppresso sempre nuove maggioranze per via dei diritti del cittadino, del consumatore, del bambino, dell’alunno, dell’anziano, del pedone, dell’automobilista, del ciclista, del turista, dello sportivo, del disabile, del militare, del teleutente, dell’ascoltatore, del lettore, dell’ambientalista, del cacciatore, di chi vuole essere armato e di chi esige che la gente sia disarmata, di chi vuole fumare e di chi non vuole il fumo altrui: sinché a un certo punto tutti i diritti hanno finito per elidersi a vicenda e il lockdown (mondiale?) da Coronavirus ci ha dato la mazzata finale.
Così resteremo a casa. Distanziati, se possibile. Senza troppi abbracci e smancerie contagiose. Anaffettivi.
Naturalmente senza fumare (perché il fumo passivo ammazza il figlio dell’inquilina del palazzo di fronte, e di recente hanno scritto che fa male anche ai cani) e bevendo acqua senza sodio (ma occhio all’arsenico e al cloro e ai solfati, oltre al celebre stronzio) ma senza prosciutto, salame, mortadella e bacon che sono pieni di grassi malsani e nitrati e nitriti (di cavallo?) e niente birra perché il luppolo fa male alla prostata, lo zucchero bianco è veleno al pari di burro, strutto, olio di palma e olio di colza, i sostituti dello zucchero fanno peggio, i biscotti contengono mediamente più grassi dei salumi, sul caffè e sui carboidrati si è letta ogni cosa, nel 2015 l’Organizzazione mondiale della sanità ha deciso che «la carne è cancerogena» (le salsicce sono accanto all’amianto nel gruppo 1, dove sono racchiusi gli agenti più pericolosi) come la Coca Cola e le bibite di ogni tipo, e i succhi, anche in versione dietetica, mentre la frutta alla fine contiene sempre tracce di pesticidi anche se hai lavato e sbucciato, e comunque fa ingrassare come quella secca, il gelato contiene additivi e coloranti e conservanti, in generale tutti i grassi causano malattie cardiache, il generale tutto il grano (non solo il glutine) contiene bromato di potassio, le merendine per bambini fanno ingrassare e danno squilibri ormonali, dei fritti neanche parliamo, il pesce assorbe le sostanze tossiche dei nostri mari, la pizza ha la farina 00 che ha troppo amido e amido e zuccheri e i bordi bruciati o carbonizzati che fanno venire i tumori, niente è peggio del sale che alza la pressione, forse solo il vino, almeno secondo il Chief Medical officer (2016) che ha stabilito che faccia male sempre, anche poco, e che ti abbassa l’aspettativa di vita. Ma chi la vuole, questa vita.
Chi la vuole, questa sanità che ingloba anche le dimensioni sociali e comportamentali, e dove qualsiasi coglione ti spiega che se ti ammali pesi economicamente sulla società.
Ridateci il compianto (davvero) e libertario Antonio Martino, ex ministro ed economista:
«L’impiego di argomentazioni scientifiche volte a distogliere la percezione del rischio, terrorizzare l’opinione pubblica e indurre le autorità politiche all’adozione di misure restrittive delle libertà individuali… rappresenta nient’altro, nella quasi totalità dei casi, che uno strumento nella lotta che gli statalisti di ultima generazione conducono ai danni delle nostre libertà».
Ridateci il Michele Ainis del 2004 col suo libro «Le libertà negate. Come gli italiani stanno perdendo i loro diritti», dove raccontava di uno Stato che, in fondo, ti chiede solo di rispettare delle regole: e fa niente se queste regole, lentamente, nel loro insieme, finiscono per imbrigliarci come le cordicelle che bloccavano Gulliver.
Ormai è vietato tutto. Fioccano le commissioni culturali e giornalistiche per edulcorare i testi che rischiano di offendere qualche sensibilità, fioccano le purghe del linguaggio, già vent’anni fa scrittori come Michel Houellebecq e Oriana Fallaci furono denunciati per aver istigato all’odio razziale, libri e film sono stati accusati a vario titolo di razzismo o pedofilia, parlare è diventata un’impresa (ne abbiamo scritto più volte) e attendiamo chiusi in casa, sfiduciosi, le prossime novità sul lockdown, sui nuovi divieti: non abbiamo mai avuto (mai, mai, neppure lontanamente) una classe politica così scandalosamente imbecille, proprio tarata mentale: ma c’è qualcosa che va oltre e, come si dice, ha piovuto sul bagnato. Un diluvio.
E ci sono tante persone normali, perbene, che sono diventate inconsapevoli fiancheggiatrici di un neosalutismo che ha i toni isterici e salvifici di chi non si limita a lottare contro un virus, come tanti che ce ne sono stati nella Storia: è anche piccolo traffico, piccolo commercio, sondaggino di opinione, esondazione ideologica, pubblicità progresso, fanatismo di chi stabilisce dall’alto il benessere di un popolo e rivitalizza il primato del collettivo sull’individuo, glorifica l’intervento statale, annuncia nuove ondate e nuovi lockdown, e intanto ci chiude in casa. Ma ne usciremo. Ne usciremo comunque.
(Libero, 14 novembre 2020)

Tornando a me, datemi il tempo di fare un po’ di esercizio, e vedrete che anch’io, fra un po’… (sì, sono tanto bruttini, ma guardate che roba ragazzi!)

barbara

PER INGANNARE IL TEMPO

In attesa dei risultati delle elezioni

Un pastore stava pascolando il suo gregge di pecore, in un pascolo decisamente lontano e isolato quando all’improvviso vede avvicinarsi  una BMW nuova fiammante che avanza lasciandosi dietro una nuvola di polvere.
Il guidatore, un giovane in un elegante abito Versace, scarpe Gucci, occhiali Ray Ban e cravatta Yves Saint Laurent rallenta, si sporge dal finestrino dell’auto e dice al pastore: “Se ti dico esattamente quante pecore hai nel tuo gregge, me ne regali una?”
Il pastore guarda l’uomo, evidentemente uno yuppie, poi si volta verso il suo gregge e risponde con calma: “Certo, perché no?”
A questo punto lo yuppie posteggia l’auto, tira fuori il suo computer portatile della Dell e lo collega al suo cellulare della AT&T. Si collega a internet, naviga in una pagina della NASA, seleziona un sistema di navigazione satellitare GPS per avere un’esatta posizione di dove si trova e invia questi dati a un altro satellite NASA che scansiona l’area e ne fa una foto in risoluzione ultradefinita.
Apre quindi un programma di foto digitale della Adobe Photoshop ed esporta l’immagine a un laboratorio di Amburgo in Germania che dopo pochi secondi gli spedisce un e-mail sul suo palmare Palm Pilot confermando che l’immagine è stata elaborata e i dati sono stati completamente memorizzati.
Tramite una connessione ODBC accede a un database MS-SQL e su un foglio di lavoro Excel con centinaia di formule complesse carica tutti i dati tramite e-mail con il suo Blackberry.
Dopo pochi minuti riceve una risposta e alla fine stampa una relazione completa di 150 pagine, a colori, sulla sua nuovissima stampante HP LaserJet iper-tecnologica e miniaturizzata, e rivolgendosi al pastore esclama:
“Tu possiedi esattamente 1586 pecore”.
“Esatto. Bene, immagino che puoi prenderti la tua pecora a questo punto” dice il pastore e guarda il giovane scegliere un animale che si appresta poi a mettere nel baule dell’auto.
Il pastore quindi aggiunge: “Hei, se indovino che mestiere fai, mi restituisci la pecora?”
Lo yuppie ci pensa su un attimo e dice: “Okay, perché no?”
“Sei un consulente” dice il pastore.
“Caspita, è vero – dice il giovane – come hai fatto a indovinare?”
“Beh non c’è molto da indovinare, mi pare piuttosto evidente – dice il pastore – sei comparso senza che nessuno ti cercasse, vuoi essere pagato per una risposta che io già conosco, a una domanda che nessuno ti ha fatto e non capisci un cazzo del mio lavoro.
Ora restituiscimi il cane!”

Sicuramente alcuni dati appariranno obsoleti, dato che questo testo mi è stato inviato quindici anni fa.
E dopo le acrobazie informatiche del consulente, beccatevi anche queste altre di altro genere.

barbara