GERUSALEMME, CITTÀ DI PACE

Questo pezzo, scritto da Julij Boríssovič Margólin all’indomani della guerra dei Sei Giorni e gentilmente inviatomi dal suo traduttore Augusto Fonseca, doveva essere pubblicato in occasione di Yom Yerushalaim. Altre urgenze incombevano in quel momento, e quindi rimedio ora.

Il 7 giugno 1967 le forze armate israeliane hanno occupato la Città Vecchia di Gerusalemme. Si potrebbe parlare di liberazione della Vecchìa Gerusalemme “intra muros”, cioè entro le mura fatte costruire 450 anni prima [da Solimano il Magnifico, ndt], e del ricongiungimento delle due parti della città (separate da un odio diabolico) come di un evento foriero di pace, a meno che di nuovo non prenda il sopravvento  la potenza delle tenebre.
La Città Vecchia è piena di luoghi sacri, essa costituisce il centro spirituale di tre religioni di importanza mondiale, anche se non tutte nella stessa misura. Capitale del cattolicesimo, infatti, è il Vaticano, residenza del papa di Roma; inoltre, per tutti i musulmani è la Mecca il luogo di attrazione. Solo gli Ebrei non hanno avuto alcun altro centro, per millenni, all’infuori di Gerusalemme. Questo vincolo si è alimentato unicamente nella pratica quotidiana della preghiera e del salmo “Se io ti dimentico, o Gerusalemme…”*. Ma ciò non ha mai particolarmente interessato nessuno né mai alcuno al mondo l’ha preso in considerazione. Il legame profondamente religioso degli Ebrei con Gerusalemme è ulteriormente rafforzato dal fatto che si tratta di un legame ancestrale con quella terra. In realtà, se Gerusalemme per i cristiani rappresenta una meta di pellegrinaggio e non la patria fisica (dopo aver visitato i luoghi sacri, i pellegrini se ne tornano a casa); e se per i maomettani  “El’-Kuds” [arabo: Gerusalemme, ndt] è una cittadina di provincia al confronto con le popolose capitali dei loro Paesi; soltanto per gli Ebrei, invece, Gerusalemme è anche la capitale della loro patria, il simbolo politico del loro Stato.
L’esigenza di internazionalizzazione di Gerusalemme si spiega e, in una certa misura, si giustifica con il suo significato religioso per il mondo cattolico. “In una certa misura”. Bisogna, infatti, distinguere tra una Gerusalemme  “ internazionale ” e una Gerusalemme “sovranazionale”. Status internazionale e sacralità sovranazionale sono due cose distinte. La sovranazionalità di Gerusalemme deve e può essere assicurata, mentre per la sua internazionalità non c’è alcun fondamento né alcuna possibilità. Prima di tutto non esiste un soggetto dotato di poteri internazionali. Le “Nazioni Unite” sono un contenitore senza contenuto. Ovunque se ne sia sentito il bisogno d’intervento, hanno sempre finito per compromettersi e si sono rivelate impotenti tutte le volte che la loro attività veniva bloccata dal veto dei sovietici, cioè piú di cento volte. L’ultima tragicommedia si è avuta con il ritiro dei propri reparti  (che avrebbero dovuto proteggere il confine israelo-egiziano), in seguito alla richiesta di una delle forze in campo, la quale aveva dichiarato che “avrebbe distrutto e cancellato dalla faccia della terra” uno Stato che non era di suo gradimento! E questa è una prova sufficiente per dimostrare che questa organizzazione nella sua attuale composizione non è in grado di garantire la sicurezza e il diritto ad esistere allo Stato d’Israele.

Si parla di una “Gerusalemme araba”. Il quotidiano parigino “Le monde” si è affrettato ad esprimere la propria posizione in merito, dichiarando che “non è pensabile  che grandi Stati si siano detti favorevoli all’annessione della Gerusalemme araba” da parte d’Israele.
Negli anni della seconda guerra mondiale mezzo milione di Ebrei hanno combattuto con coraggio e lealtà nelle file dell’Armata Rossa. Migliaia di Ebrei hanno combattuto nelle file partigiane in Polonia, in Jugoslavia, in Bulgaria e in Cecoslovacchia. Migliaia sono stati decorati con delle onorificenze. Ebbene, tutti quelli che hanno ricevuto decorazioni e risiedono in Israele, le restituiscono oggi ai governi dei rispettivi Paesi, in segno di protesta per la loro politica ostile ad Israele.
Nelle file dei combattenti contro Hitler, invece, come anche nelle file partigiane, non c’è stato neanche un Arabo. Al contrario; la guida spirituale del mondo arabo, il Gran Muftí di Gerusalemme, Amín al-Hussèini, per radio ogni giorno a gran voce esortava ad appoggiare la politica di Adolph Hitler. Ed anche la sommossa in Siria aveva motivazioni filonaziste. Ha qualche senso, allora, commentare questi fatti?
Coloro che ora parlano di “inaccettabile annessione israeliana” sono quegli stessi che non hanno mai usato simile linguaggio riguardo all’annessione di Königsberg [oggi Kaliningràd] da parte dell’Unione Sovietica, o di Stettino da parte della Polonia, dopo la seconda guerra mondiale.
Il termine “annessione” non si può applicare a Gerusalemme con la sua predominante popolazione ebraica: duecentomila a fronte di alcune decine di migliaia di Arabi nella zona occupata dalla Giordania nel 1948. Non è pensabile che Gerusalemme, adesso ricongiunta, venga messa sotto la protezione di un corpo nuovo di Indiani e Jugoslavi comandati da un altro U Thant (all’epoca segretario generale delle Nazioni Unite, ndt), oppure sotto la protezione di una grande potenza. Questo possono proporlo soltanto i nemici dichiarati di Israele.
È ora che a Gerusalemme si restituisca la sacralità, la si ripulisca dall’onta della profanazione nella quale è stata costretta per secoli. Gerusalemme è un luogo sacro per i fedeli di tutte le religioni e per molti popoli. Ma nell’ultimo mezzo secolo la Gerusalemme “araba” è divenuta il centro di un odio diabolico, un covo di banditi e di assassini. Lí  si è iniziato a predicare “la guerra per la distruzione”; lí svolgeva la sua attività di agente di Hitler il Gran Muftí di Gerusalemme, inizialmente sotto copertura e poi in modo del tutto scoperto; lí nei giorni del processo ad Adolf Eichmann (aprile 1961 – maggio 1962, ndt), a due passi dalla Via crucis, venivano organizzate clamorose manifestazioni in suo sostegno, era lui il loro eroe e il loro campione. È impensabile che Israele accetti di far rientrare proprio nella capitale del suo Stato dei criminali che si sono appena macchiati di devastazioni barbare e della distruzione di centinaia di case, le quali  nella parte israeliana della città hanno subíto incendi e spargimento di sangue. Chi oserebbe chiedere una cosa del genere, se non dei complici di criminali?
Per ben due volte, nel 1948 e nei giorni di giugno 1967, la Città Vecchia ha aperto il fuoco sulla Nuova Gerusalemme. Nel 1948, quando nelle piazze e per la strade esplodevano le bombe, la città, bloccata dalla parte della valle marittima, tagliata fuori dai rifornimenti e dall’acqua, si difese eroicamente senza il benché minimo intervento del mondo civile e cristiano. Nessuno dei Paesi, che in seguito pretesero l’internazionalizzazione della città, mosse un dito in soccorso. La stessa cosa si ripeté nei giorni di giugno 1967. Alla notizia che nelle due parti della città incombeva un grande pericolo, nessuno si fece sentire. Gli Stati erano “neutrali” e a difendere la città, di nuovo, restarono solo gli Ebrei. L’artiglieria giordana martellava sodo l’Università, il Museo, la residenza del Presidente e all’impazzata sparava sulle case di civili e sui templi, sulla Basilica  dell’Assunzione…
Insomma, la città appartiene a coloro che l’hanno difesa con la propria vita e l’hanno riscattata con il proprio sangue e non a chi le ha rivolto le spalle nel momento della minaccia di distruzione.
Gerusalemme è città non “internazionale”, ma sovrannazionale, e a mantenere, rispettare e proteggere questa sua sovranazionalità deve essere Israele e non l’ONU, terrorizzata dalla combriccola che siede a Mosca, e neanche gli Stati ex coloniali che ormai si sono fatti ben conoscere nel Medio Oriente!
Io sono certo che lo status di sovranazionalità dei luoghi sacri di Gerusalemme possa essere assicurato piú o meno sulla stessa base di quello del Vaticano all’interno della città di Roma. Credo che i templi cristiani, musulmani ed ebraici debbano godere di extraterritorialità sotto la direzione di un Consiglio delle tre religioni, con precise funzioni amministrative e senz’alcuna ambizione politica. La Gerusalemme dei templi può diventare Città di Pace con autonomia religiosa, senza l’intervento di organi governativi arabi o israeliani. La comune responsabilità per la “Città di Dio” sarebbe la migliore dimostrazione da parte della Chiesa, della Sinagoga e dell’Islam. E sono anche abbastanza convinto che questo sarebbe senz’altro accettato da quei gruppi di ebraismo ortodosso, che fino ad oggi non “riconoscono” alcuna laicità allo Stato d’Israele. A proposito, anche il loro quartiere, Mea Šearím, è stato oggetto dei bombardamenti arabi.
La situazione creatasi in seguito alla sconfitta del re Hussèin di Giordania, che governava sulla Città Vecchia, non consente di tornare allo stato precedente, come pretendono coloro che non hanno mosso un dito quando Israele aveva chiesto garanzie internazionali per i suoi confini, ma addirittura fornivano di buon grado armamenti a chi intendeva distruggerla. Occorre preparare delle basi per un solida pace e buon vicinato nel Medio Oriente. E se anche in questa circostanza Israele sarà lasciata sola di fronte all’odio diabolico di tipo nazista, infausta miscela di fanatismo arabo e di comunismo degli epigoni di Stalin, allora sprofonderanno le fondamenta della Democrazia Occidentale, prima che le fondamenta di Sion e degli antichi templi di Gerusalemme.

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*  “Se io ti dimentico, o Gerusalemme, dimentichi la mia destra le sue funzioni; resti la mia lingua attaccata al palato, se io non mi ricordo di te, se non metto Gerusalemme al di sopra d’ogni mia allegrezza” (Salmi: 137,5-6).

IN GIRO PER GERUSALEMMME

È una città di pietra bianca,
non è Mosca e non è Parigi.
Giovane è questo “patriarca”
Lì non cammini, vai per aria!
Del Mondo è lei la capitale,
non vista (ancora!) come tale!

Solo luce è nelle persone,
splende la mano del Signore
per tutti i pellegrini suoi
e i fedeli in loro dimore!
………………………………………………….
In giro per  Gerusalemme!
Da lei non fuggo, e non la venderò!
……………..mai e poi mai a tradirla io sarò!

 IVÀN NAVI  2015

L’articolo di JULIJ BORÍSSOVIČ MARGÓLIN (1900 – 1971), che qui propongo nella mia traduzione dall’originale in lingua russa, scritto a caldo dopo la guerra dei sei giorni  (5-10 giugno 1967), vinta da Israele contro Egitto, Siria e Giordania, mi è parso di grande importanza, perché in grado di far luce su alcuni aspetti cruciali del conflitto arabo-israeliano, ma anche per l’originale proposta di promuovere Gerusalemme a CITTÀ DELLA PACE MONDIALE. All’articolo faccio seguire, quasi naturale corollario, una visione poetica della città santa, città di luce e di pace, dal titolo ”In giro per Gerusalemme”, composta nel 2015 dal mio amico israeliano, russofono, blogger, poeta e scultore, Ivàn Navi.

E per concludere penso di poter riproporre questa bellissima canzone, scritta anch’essa nel 1967.

barbara

AI BEI TEMPI DELLE DUE GERUSALEMME

Quelle che le anime belle, gli amanti della pace, i difensori degli oppressi, i combattenti per la giustizia sono pronti a ricreare anche domani. Con un bel muro in mezzo, beninteso.

By: Anav Silverman, Tazpit News Agency

“Sembrava come se fosse venuto il Messia,” dice Avigail Shlesinger, 81 anni, a proposito del giorno in cui Gerusalemme venne liberata dal dominio della Legione Giordana, 46 anni fa.
Schlesinger, gerosolimitana di sesta generazione, ricorda com’era la vita nella città Santa durante il periodo in cui i giordani controllavano Gerusalemme est, dal 1949 al 1967. “Era un periodo pericoloso”, dice a Tazpit News Agency. “C’erano aree della città, come King George Street, in cui si sono dovute costruire delle barriere per fermare i proiettili che i soldati giordani ci sparavano addosso.”
“Ci sentivamo come se vivessimo sotto assedio. Era  pericoloso viaggiare su autobus e automobili perché proiettili vaganti potevano colpire in qualunque momento”, continua Schlesinger.
“Quando Gerusalemme è stata riunita, ricordo la sensazione che una città molto piccola fosse improvvisamente diventata grande.”
Durante il dominio giordano, agli ebrei era negato l’accesso alla città vecchia e ai siti sacri ebraici come il Monte del tempio e il muro del pianto, mentre ai cristiani era consentito solo un accesso limitato ai loro siti. I giordani hanno espulso tutti gli ebrei residenti nel quartiere ebraico della città vecchia e hanno distrutto 58 sinagoghe e yeshivot [scuole religiose]. Sul Monte degli Ulivi, 38.000 lapidi ebraiche sono state distrutte e utilizzate per lastricare strade, costruire recinti e installare latrine per l’esercito giordano.
Shlesinger ricorda che la yeshiva di suo nonno, Torat Chaim, fondata nel 1886 da Rabbi Yitzchak Winograd, è stata l’unica yeshiva della città vecchia a non essere bruciata dai Giordani. Un guardiano arabo ha protetto la yeshiva e salvaguardato 3.000 libri sacri e l’Arca della Torah fino a quando gli studenti di yeshiva sono ritornati, quando la città è stata riunificata.
Per tre millenni, fin dai tempi del re Davide, Gerusalemme è rimasta il centro della fede ebraica. E dopo la guerra dei sei giorni, per la prima volta dopo duemila anni, Gerusalemme è tornata sotto sovranità ebraica. In quel momento il governo israeliano ha stabilito che chiunque, indipendentemente dall’appartenenza religiosa, ha il diritto di visitare tutti i luoghi santi all’interno di Israele.
Il giorno di Gerusalemme, o Yom Yerushalayim in ebraico, celebra l’anniversario della riunificazione di Gerusalemme e si celebra il 28 di Iyar, che quest’anno cade l’8 maggio.
“Siamo andati dalle tenebre alla luce,” conclude Schlesinger. “Oggi apprezzo così tanto Gerusalemme  – non fosse altro che per il fatto di poter camminare tranquillamente per le strade e pregare al Kotel tutte le volte che voglio. I miei nipoti portano bandiere israeliane e marciano nelle parate del giorno di Gerusalemme. Il giorno di Gerusalemme, celebriamo il fatto che questa città è stata la sede di otto generazioni della nostra famiglia.” (qui, traduzione mia)

Avevo lì questo articolo da quattro anni e mezzo, in attesa che mi venisse l’ispirazione per tradurlo. Adesso è venuta. E ascoltiamo ancora una volta questo piccolo gioiello, scritta al tempo del “filo spinato”.

barbara

E POI HO VISTO 2

E poi ho visto Halutziot, anche questo in mezzo al deserto.
Halutziot 1
E ci hanno costruito strade e case e aiuole verdi.
Halutziot 2
Halutziot 3
E la sinagoga.
Halutziot 4
E il parco giochi per i bambini
Halutziot 5
Halutziot 6
(quel giorno quasi vuoto perché era Yom Yerushalaim, il giorno della liberazione di Gerusalemme, ed erano tutti lì a festeggiare). Che poi il deserto continua a sgusciare fuori da tutte le parti,
Halutziot 7
ma loro continuano imperterriti a coltivare anche nella sabbia
Halutziot 8
(requiem per sei milioni d’anime che non hanno mausoleo di marmo, e che malgrado la sabbia infame han fatto crescere sei milioni d’alberi).
E poi ho visto Felicita,
Felicita
che è riuscita a farmi piangere raccontando una storia che conosco a memoria (gran cosa la passione per le cose che si fanno).
E poi ho visto i bambini che vanno a prendere il loro primo libro di preghiere
bambini 1
bambini 2
(e, sì, anche le bambine naturalmente).
bambine
E poi ho visto uno spettacolare tramonto sul mare di Ashkelon
Ashkelon 1
Ashkelon 2
(sì, il Mediterraneo è storto, fatevene una ragione).
E poi ho visto tante belle pecorelle al pascolo
io
(sì, in mezzo al deserto anche loro).
E poi ho visto un sacco di altre cose, talmente tante che raccontarle tutte sarebbe davvero impossibile, e se volete vederle non dovete fare altro che andarci. Io comunque fra un po’ ci torno.

barbara