BARBARA

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Il nome l’ho scritto io, tutte le altre cose le hanno messe, una per ciascuno, i compagni del gruppo di teatro alla cena dell’altra domenica a casa della nostra maestra. Ingrandisco due dettagli affinché si possa leggere, perché ne vale la pena.
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Le pieghe sul cartoncino sono venute fuori perché quando siamo usciti diluviava e io non avevo l’ombrello e ho dovuto tenerlo sotto la giacca. Però è bellissimo lo stesso.

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NOMI

Toni Francesco Adriano Marcello Elena Massimo David Luca Sharon Ester Fiamma (Nirenstein) Sandra Giacomina Dana Odelia Giampaolo Marco Piero Fabrizio Maria Teresa Flavio Salvatore Rachel Giovanni Vittoria Letizia un altro Marco Adriana Eyal Davide Manuel Patrizia Alberto Simone Giulio (Meotti) Elio Carla Chicca Gheula Emanuele (Ottolenghi) Johnny Enrico Mirella Dario Roberto Ugo (Volli) Laura Giorgio Gaetano Giuseppe un altro Roberto Fabio Sigrid Angelica Donatella Angelo Giorgia Gian Antonio (Stella)

Questi – spero di non avere dimenticato qualcuno. Se sì me ne scuso con gli interessati e li prego di segnalarmelo, che provvederò a rimediare – sono i nomi delle persone conosciute via web, e principalmente tramite blog – che ho poi conosciuto anche di persona. Con la maggior parte di loro sono poi nate delle bellissime amicizie (con qualcuno anche qualcosa di più), da un discreto numero di loro sono stata generosamente ospitata a Milano, Torino, Imperia, Pavia, Roma, Ostia, Bari, Gerusalemme, Netania, Tel Aviv, Akko, Naharia. Altri non li ho (ancora) incontrati ma mi sono stati preziosi in diverse circostanze (poi c’è chi inorridisce a sentirmi dire che siete praticamente la mia famiglia e provvede a farmelo sapere nonché, per questo fatto, a mandarmi a cagare. Che dire? Niente, se non ricambiare cordialmente, che una buona cagata fa sempre un gran bene alla salute). E dunque, miei cari, grazie, e poi grazie, e poi ancora grazie a tutti voi.

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CHE UNO DICE MA SÌ DAI

Spendo un po’ di più ma almeno viaggio comoda e arrivo presto. E prenota i treni veloci. Poi succede che per una serie di ragioni devo essere accompagnata alla stazione parecchio in anticipo sull’orario del mio treno. Stupidamente non mi passa neanche per la testa di guardare se per caso c’è un treno che parte prima: ho il mio posto prenotato sull’intercity, perché mai dovrei prendere un altro treno? E dunque aspetto il mio intercity. Che arriva in ritardo. Talmente in ritardo che perdo la coincidenza con la Frecciarossa. Mi va ancora bene che di lì a cinque minuti c’è un altro treno, solo che è un regionale veloce, e impiega tre ore invece che un’ora e zero due. Tre ore in un’affollata seconda al posto di un’ora in una comoda e spaziosa prima (c’era una promozione). Durante le quali mi sono anche sorbita una lunga lezione di cucina impartita da una passeggera al telefono che ha fatto sghignazzare sgangheratamente me e tutte le vicine di posto (“no, lo zucchero va messo a metà cottura, se no viene cattivo” “quattro chili, ce ne vogliono quattro chili” “mi raccomando, lo zucchero a metà cottura” “io le mele ce le metto, tre mele su quattro chili cosa vuoi che facciano?” “non dimenticarti che lo zucchero va messo a metà cottura” “una goccia lucida, se non fa la goccia lucida non va bene, vuol dire che hai sbagliato qualcosa” “ricordati che lo zucchero va messo a metà cottura”). E poi il treno ha cominciato a fermarsi in aperta campagna e ad accumulare ritardo, facendomi temere di perdere anche l’altra coincidenza, poi invece ce l’ho fatta, ma in conclusione per meno di quattrocento chilometri sono rimasta in viaggio nove ore e mezza.
Meno male che sono giovane e forte, va’.
E che ho visto una bella botta di amici.


(ach, voi poveri giovani che non avete conosciuto voci come questa!)

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