CIÒ CHE I VAMPIRI NON POTRANNO MAI CAPIRE

Non prima, perché quando sono in crisi d’astinenza non capiscono niente, e non dopo perché, una volta ottenuta la loro dose quotidiana di sangue, si adagiano appagati e non si interessano più a niente.

In difesa del “superfluo”: perché è pericoloso lasciare che il governo decida cosa è “essenziale” e cosa no

La richiesta di rinuncia al “superfluo” sembra ragionevole, perché si innesta su una narrazione moralistica della vita a cui siamo stati da sempre sottoposti. Ma ciò che sfugge è che il nostro “superfluo” è l’”essenziale” di altri: per il ristoratore, i suoi camerieri, gli insegnanti di fitness, gli albergatori o gli attori, quel nostro “superfluo” è la vita

Certo, che “brutto”, che “sconveniente” sentire la mancanza dell’aperitivo o della sessione in palestra. E come appaiono “sensati”, “ragionevoli”, “morali” gli appelli a rinunciare al “vizio” e agli “sfizi” in questa fase così seria dell’emergenza Covid.
Per quanto il sostanziale divieto delle “attività non essenziali” rappresenti una discriminazione drammatica tra i cittadini, che aggrava il divario di status tra “garantiti” e “non garantiti”, ci sono buone possibilità che venga digerito senza proteste eccessive. L’argomentazione portata dal governo appare, almeno superficialmente, alta e incontrovertibile: come si può mettere questo o quel “capriccio” davanti alla “salute”?
Il fatto è che la richiesta della rinuncia al “superfluo” è tutto sommato “agevole” perché si innesta su una narrazione moralistica della vita a cui siamo stati da sempre sottoposti – e che quindi in larga misura, anche inconsciamente, abbiamo recepito.
L’anatema nei confronti del “consumo” e del “lusso” è stato, per molti versi, un punto di incontro tra la cultura socialista, quella ambientalista e quella cattolica e qualsiasi intellettuale che si rispetti ha da sempre stigmatizzato gli usi e i costumi decadenti della società moderna.
Certo, abbiamo continuato a consumare e a desiderare quanto andava oltre l’essenziale, ma in ogni occasione ci è stato spiegato che per lo meno dovevamo farlo provando “senso di colpa”.
Insomma, da ben prima del coronavirus, ci sono biblioteche piene di libri e prolifici filoni di “opinionismo” che ci spiegano come il mondo sarebbe migliore se solo recuperassimo gli stili di vita più morigerati di un imprecisato passato, in cui certo non si spendevano soldi in costosi divertimenti.
La tipica argomentazione dei “bacchettoni” è che quanto di più cerchiamo per noi, quanto più togliamo agli altri – e dunque la via maestra per l’equità sociale passa dall’accontentarci di poco.
In realtà, però, le cose vanno non solo in maniera diversa, ma addirittura opposta. Il nostro “superfluo” non solo non toglie niente agli altri, ma anzi, è l’”essenziale” di altri. Perché tutto sommato noi possiamo anche rinunciare ad andare al ristorante, in palestra, sulle piste da sci o a teatro – e magari questo ci aiuta a sentirci più “morali”.
Ma per il ristoratore, i suoi camerieri, gli insegnanti di fitness, gli albergatori di montagna o gli attori – e per moltissime persone anche meno visibili che lavorano come indotto delle attività “di prima linea” vietate – quel nostro “superfluo” è la vita. È la possibilità di portare a casa la pagnotta per sé e per i propri figli.
In qualche modo la “ricerca del superfluo” da parte di chi può permetterselo è un potente veicolo di ridistribuzione della ricchezza, in quanto conferisce ad una platea più ampia di persone l’accesso al lavoro e quindi al guadagno.
Un mondo “senza superfluo” è un mondo a bassissima domanda e quindi con pochissime possibilità di impiego. È, in definitiva, un mondo incapace di produrre livelli minimi di ricchezza per parte importante della sua popolazione – o comunque destinato a regredire verso un’economia sostanzialmente di sussistenza.
Per di più, il venir meno di interi settori dell’economia va a ridurre la nostra capacità di finanziare individualmente e collettivamente anche i settori considerati “primari”, a cominciare da quello della sanità.
Per quanto a molti non risulti chiaro, meno aperitivi e meno discoteche vuol dire meno medici, meno infermieri, meno macchinari sanitari, meno soldi alla ricerca contro il cancro, meno possibilità per tante persone di pagarsi un esame medico che potrebbe risultare decisivo.
La verità è che in un’economia interdipendente e complessa come quella in cui ci muoviamo, semplicemente non esiste il “superfluo”. Non esistono attività “non essenziali”. Se non lo comprenderemo alla svelta – se non comprendiamo le dinamiche di causa-effetto che sono alla base della creazione di ricchezza – ci sveglieremo presto fuori dal “primo mondo”, senza nemmeno esserci resi conto di cosa è accaduto.

Marco Faraci, 27 Ott 2020, qui.

Un governo sfiduciato dal Paese

Ora anche la sinistra ha capito che l’esecutivo Conte è inadeguato. Stiamo in piedi solo grazie alla Bce, ma fino a quando?

Tra i tanti che hanno sbagliato a fare delle previsioni, ci siamo anche noi. La nostra copertina di giugno “Fase 4. Avanti un altro” si è rivelata un wishful thinking, un pio desiderio, un’illusione e niente più. D’altronde, eravamo noi stessi i primi a sapere che questo esecutivo ce lo saremmo tenuti a lungo, più per mancanza d’alternative che per suoi meriti. Però, ora come allora, la domanda che ponemmo rimane attuale: «Per gestire la più grande crisi dal Dopoguerra serve un governo all’altezza del compito. Ce l’abbiamo?».
L’interrogativo inizia a fare capolino anche nelle analisi degli osservatori di sinistra. E non stiamo parlando solo di Walter Veltroni che si arrabbia per le chiusure di cinema e teatri o di Matteo Renzi che gioca la solita partita da guastatore, ma anche degli articoli che ormai da un po’ di tempo vengono pubblicati su Repubblica Corriere della Sera, dove osservatori come Stefano Folli, Paolo Mieli e Antonio Polito non risparmiamo critiche a Conte e ministri. Scriveva Polito ieri sul Corriere che la situazione di confusione ingenerata dagli ultimi provvedimenti «ci stanno facendo perdere fiducia nella capacità del guidatore di tenere la strada». [Perché, sei mesi fa, quattro mesi fa, due mesi fa avevate l’impressione che ce l’avesse? Siamo svegli forte, eh ragazzi?]
Non è il solo. Sul Domani, Stefano Feltri ha intitolato così l’editoriale di apertura del suo giornale: “Questo governo non può continuare a gestire il virus”. Le critiche di Massimo Cacciari si fanno ogni giorno più pungenti, soprattutto sul «delirio normativo» introdotto con i Dpcm. E potremmo continuare a lungo, ma avete capito la solfa.

Cosa è stato fatto?

C’è una brutta aria nel paese, come si vede dalle proteste di piazza. Ma non è solo una questione che riguarda qualche facinoroso (prontamente bollato come «fascista» o «no mask» dalle solite anime belle), ma larghi strati della popolazione, quei ceti produttivi che prima si sono sentiti dire che dovevano chiudere, poi riaprire ma solo secondo norme, e ora – dopo aver speso quattrini per adeguarsi – chiudere comunque.
L’altro giorno, Italia Oggi riportava uno studio Istat secondo cui «più della metà delle Pmi italiane prevede una mancanza di liquidità almeno fino alla fine dell’anno, e il 38 per cento delle aziende italiane segnala rischi operativi e di sostenibilità della propria attività, cioè il rischio di chiusura, particolarmente grave per le microimprese (da 3 a 9 addetti), anche perché il 48,7 per cento di esse ha sospeso l’attività durante il lockdown, contro il 14,5 per cento delle grandi».
È normale che questa gente sia arrabbiata. La pandemia ha aperto una frattura sociale tra «garantiti» e «non garantiti»: per questo ultimi il lockdown (o simil-lockdown, come l’attuale) non è una alternativa, ma un modo per arrivare alla medesima infausta conclusione cui ci porterà il virus letale. Che dunque il governo sia inadeguato a gestire la situazione è una cosa che capiscono tutti: lo si è visto in questi mesi perdersi dietro a chiacchiere inutili e non preparare nulla per affrontare la situazione. Scuole, trasporti, medicina territoriale: cosa è stato fatto? È chiaro che ci troviamo di fronte a una situazione inedita e che non esiste la soluzione perfetta, ma avere come unica strategia “chiudere tutto e distribuire soldi” non è una strategia: è una resa.

Fino a quando durerà?

L’unica cosa che c’è davvero di nuovo è che il paese non si fida più di Conte. Se a marzo e aprile ne aveva accettato, sin troppo supinamente, i comandi, ora giustamente chiede cosa si è fatto da allora a oggi. Promettere una nuova infornata di aiuti (ora si chiamano “ristori”) sa di presa in giro, ed è normale che nessuno ci creda, visto anche come è andata la prima volta.
E, poi, quali soldi? Ci si accapiglia sul Mes – tema economico – per nascondere il tema politico: la credibilità del nostro presidente del Consiglio sullo scenario nazionale e internazionale. Fosse credibile e avesse messo sul piatto interno e europeo una serie di misure che davano prospettiva e slancio al paese, il problema non si porrebbe nei termini odierni. Secondo voi, se oggi il nostro premier fosse Mario Draghi, l’Europa ci guarderebbe così in cagnesco? Invece abbiamo Conte e quel che Conte può fare è tergiversare, poco altro. Se oggi può ancora fare melina sul Mes è solo perché la Bce sta “drogando” la situazione comprando a carrettate i nostri titoli di Stato. Fino a quando durerà? La credibilità per un governo è tutto e questo l’ha persa. Il dramma è che non abbiamo alternative. [Ecco, sulla conclusione mi permetto di dissentire fortemente]
Emanuele Boffi 28 ottobre 2020, qui.

Aggiungo una considerazione. Si continua a ripetere da ogni parte il mantra della “più grande crisi dal Dopoguerra” (e chissà perché maiuscolo). E i 20.000 morti della spaziale nel 1968? E i 30.000  dell’asiatica nel 1957 su una popolazione di 49 milioni di abitanti? E le Brigate Rosse (arrivate a colpire addirittura i vertici dello stato) e tutta la galassia intorno a loro – compresi vari settori del terrorismo palestinese – più l’analoga galassia nera, il terrorismo, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Italicus, Bologna, Ustica, Fiumicino 1, Fiumicino 2 – e potrei continuare fino a domani – ? Tutto sparito? Mai successo niente prima del covid? Ma andate a catramare le zucche, va’.
Sì, lo so, sono mostruosamente cinica, con tutta la povera gente che continua a morire DI COVID!

Angelo Michele Imbriani

I morti di Covid.

All’ospedale Moscati di Avellino viene ricoverato un uomo di 71 anni per frattura del femore. Gli fanno il tampone, come da protocollo, e risulta positivo. Ma il suo problema, quello che lo ha portato in ospedale, è il femore, non certo il Covid. Viene operato. Muore. Purtroppo le complicazioni fatali delle operazioni al femore sono molto frequenti (e non solo nei pazienti anziani: pochi anni fa morì dopo l’operazione un mio collega sessantenne): pare che la mortalità entro un mese dall’intervento sia addirittura del 10%. Ma il pover’uomo passa, sui giornali locali e nel computo nazionale, come vittima del Covid.
Bisognerebbe incominciare con le denunce per procurato allarme. [Mi permetto una correzione: “procurato allarme” si configura quando viene richiesto l’intervento delle autorità addette al Pubblico Servizio: grido “Al fuoco” e faccio uscire i pompieri, per esempio. Penso che anche questo terrorismo psicologico configuri un qualche reato, ma non questo]

Aggiungo una nota personale. Io sono assolutamente refrattaria alle infezioni cutanee: graffi tagli escoriazioni, squarci, in mezzo alla terra, in mezzo all’asfalto, con chiodi arrugginiti: niente, non mi infetto. E sapete perché? Per un motivo tanto semplice quanto logico: non mi sono mai, in tutta la mia vita mai una volta, disinfettata. Graffi tagli escoriazioni, squarci, in mezzo alla terra, in mezzo all’asfalto, con chiodi arrugginiti: mai disinfettata. E neanche lavata, tranne il caso che sotto alla pelle, in mezzo al sangue, ci siano terra o pezzi di asfalto o altri materiali estranei. Mi sono fatta un tale esercito di anticorpi che appena si affaccia il solito plotoncino di batteri, gli fanno il culo quadro. Una volta, in realtà, ho fatto infezione. È stato in Somalia: trasportando un mobile mi sono graffiata un polpaccio; come al solito non ci ho fatto caso, e qualche giorno dopo, quando per caso mi è capitato di guardarlo, ho trovato che avevo la gamba gialla di infezione per una buona ventina di centimetri (fortuna che sono un chirurgo di prim’ordine e me la cavo anche adattando strumenti improvvisati: ho tagliato la pelle, perché trattandosi di un semplice graffio si era completamente richiusa, sono entrata a pulire bene tutta l’infezione sotto la pelle, e dopo una settimana non si vedeva neanche più la cicatrice). Il motivo? Ovvio: lì c’erano altri batteri, per i quali non avevo anticorpi. Per la stessa ragione lì ho sempre – unica fra tutti i miei colleghi – mangiato verdura cruda, e per giunta lavata non con l’acqua bollita ma sotto il rubinetto. E fra tutti sono stata quella che ha avuto meno problemi intestinali, sempre per lo stesso ovvio motivo: qualche schifezzina mi sarà sicuramente entrata, e quando è capitato che arrivasse qualche schifezzona più grossa ha trovato gli anticorpi pronti a farle il culo e a limitare i danni. Gli altri, quando, cosa inevitabile anche per chi si tiene sotto una campana di vetro, incontravano il batterietto, si facevano trovare del tutto disarmati, e giù scagotti a non finire. Tutto questo discorso lo sto facendo per via dell’allucinante delirio dell’igienizzazione che ha ormai investito l’intera umanità – o almeno quella italiana: gel igienizzante prima di toccare una matita, gel igienizzante dopo avere toccato una matita, igienizzazione della maniglia della porta, igienizzazione della borsa della spesa, igienizzazione del tavolo su cui è stata posata la borsa della spesa, igienizzazione di tutte le confezioni dopo averle tirate fuori dalla borsa della spesa… OOOOOHHHHH, SVEGLIA! Ma vi rendete conto, gente, che vi state scavando la fossa? Vi rendete conto che dopo mesi di sterilizzazione, il primo batterio o virus che vi attraversa la strada vi fa secchi? E che non solo, se continuate così, creperete trent’anni prima del dovuto, ma creperete senza neppure avere vissuto in tutti gli ultimi mesi della vostra vita, senza avere avuto il conforto di un abbraccio, il calore di una stretta di mano, adattati alla buffonata del gomito, il tutto per paura di prendere una malattia che novantanove su cento, oggi come oggi, vi procurerà al massimo un po’ di tosse e mal di gola, o, mal che vada, se non avete novant’anni diabete ipertensione colesterolo alle stelle ed enfisema polmonare, qualche giorno di ospedale. E senza magari concedervi neanche qualche sana scopata, perché vi hanno detto che è pericolosissimo, peggio di AIDS e sifilide e peste e colera messi insieme.

Ancora due parole sulla teppaglia che sta devastando alcune città – e molte altre sicuramente ne devasterà. Io la vedo più o meno come le patologie opportunistiche dell’AIDS: il virus annienta le difese immunitarie e il sarcoma di kaposi ne approfitta per infilarsi nel vostro organismo e distruggerlo. Mi sembra un’analogia perfetta: il virus HIV è il governo, che ha annientato e ridotto alla fame la classe lavoratrice, la quale giustamente tenta di far sentire le proprie ragioni; il governo però non ne vuole sapere, si rifiuta di ascoltare, anzi, aggrava ulteriormente la situazione, costringendoli a protestare (sì lo so, le concordanze sono tutte a senso e a volte anche con poco senso, e non solo qui, e dovrete farvele andare bene così). E a questo punto il sarkoma ne approfitta e fa irruzione, devastando tutto. Sarkoma che, non dimentichiamolo, è in buona parte un elemento esterno, fatto entrare da un altro ramo del governo, ed è coadiuvato da bande che stanno dalla stessa parte politica del governo. Loro sono indiscutibilmente e pienamente responsabili delle proprie azioni, ma se il governo non avesse messo in ginocchio la classe lavoratrice (e per giunta senza alcun vantaggio, perché le persone non si contagiano al ristorante, non si contagiano al bar, non si contagiano in piscina, non si contagiano in palestra al cinema o a teatro, quindi tutta questa ecatombe di sacrifici umani che il governo ha messo in atto per placare il dio covid, non servirà a nulla se non a far morire decine di migliaia di persone per altre patologie), la classe lavoratrice non avrebbe dovuto scendere in piazza e loro non avrebbero avuto spazi in cui infiltrarsi. IL VIRUS È IL GOVERNO. Adesso ci manca solo che come antiretrovirale ci mandi l’esercito, e saremo al gran completo.

Comunque almeno una consolazione ve la posso dare: alla Camera stanno lavorando per voi.

barbara

POST SCRIPTUM
Me n’ero completamente dimenticata e mi è tornato in mente dopo avere pubblicato: la nostra ineffabile ministressa dell’Interno, signora Lamorgese, ha rivolto un appello ai dimostranti pacifici: “Isolate le frange violente”. Cioè, li avete privati del lavoro, li avete costretti a spendere cifre enormi per permettergli di tornare a lavorare, guadagnando comunque un quarto di prima, non hanno neanche fatto in tempo a cominciare a respirare che li avete nuovamente privati del lavoro, e chiedete a loro di farsi carico del contenimento di bande violente e armate che distruggono tutto quello che trovano davanti a sé?! Non scriverò quello che d’istinto mi verrebbe da scrivere di questa signora perché mi dispiacerebbe offendere delle oneste signorine che si guadagnano il loro onesto pane su un onesto marciapiede.
E il signor HIV, che cosa dice il signor HIV? “Se rispettiamo le norme abbiamo buone chance di affrontare dicembre con serenità, in caso contrario ci sarà il lockdown”. Cioè: chiude tutte le attività che NON SONO FONTI DI CONTAGIO, di conseguenza il contagio non diminuirà perché è materialmente impossibile che lo faccia, e quindi ci sbatterà nuovamente in galera. Ho cominciato a dirlo molti mesi fa e continuerò a ripeterlo con sempre maggiore convinzione: l’unica soluzione è la lotta armata.

OGGI PARLO DI SCUOLA

Martedì scorso ho trascorso sei ore dentro un seggio elettorale, ossia una scuola. Elementare, per la precisione. Avevo da fare, mi era stato chiesto di raccogliere i dati dello spoglio, e giostravo tra cinque sezioni, ma avevo anche del tempo libero, tra un dubbio e l’altro degli spogliatori (- Secondo te questa è valida? – Ssss-sì, però – Mmmm-no, però – L’intenzione però si capisce – Sì, ma non è scritta in modo regolare – Ma l’intenzione di voto è chiara – Ma doveva segnarlo sopra – Però è sul partito giusto – Vabbè, vado a chiederlo al presidente dell’altra sezione che lui ste cose le sa meglio). Tempo per guardarmi intorno. Per leggere. I regolamenti, per esempio, affissi dappertutto. Igienizzare le mani prima di entrare in classe, igienizzare le mani dopo avere fatto questo, igienizzare le mani prima di fare quest’altro, igienizzare le mani quando, igienizzare le mani se… E poi tutte le frequenti “sanificazioni”, e poi miliardi di regole su tutto. Per dare un’idea, ho trovato in rete questo tetraicosalogo.

Back to school [ma dire ritorno a scuola pareva brutto?]: le 24 regole anti-Covid che ti salvano la vita [bum!]

Di Veronica Adriani. 11 Settembre 2020

Le 24 regole per prevenire la diffusione del Covid: ecco cosa fare e cosa non fare quando tornerai a scuola a settembre

RITORNO A SCUOLA

Regole anti-covid per un rientro a scuola in sicurezza — Fonte: Istock

In previsione del ritorno a scuolaOrizzontescuola ha elaborato una lista di 24 consigli per prevenire la diffusione del Coronavirus sulla base del regolamento di prevenzione e contenimento della diffusione del SARS-COV-2.
Queste regole si aggiungono alle misure che i singoli istituti stanno prendendo in questi giorni, come i tamponi rapidi o le misure adottate se non usi la mascherina. Nel frattempo la ministra Azzolina ha fatto sapere che sono previsti test sierologici a campione per gli studenti nel corso dell’anno.
Di seguito riportiamo quindi le 24 regole da seguire una volta tornati in classe. 

REGOLE PER LA PREVENZIONE DELLA DIFFUSIONE DEL COVID-19 

Ecco 24 consigli da seguire per prevenire la diffusione del virus:

  1. Misura la temperatura prima di uscire di casa. Se supera i 37,5°C oppure se hai sintomi influenzali, resta a casa, avvisa i genitori e chiamate il medico di famiglia.
  2. Installa sul tuo smartphone IMMUNI e ricordati di avvisare la scuola se hai avuto contatti sospetti con possibili positivi [NOTA: non se sei andato a trovare la zia che due giorni dopo si è ammalata e che quindi sicuramente in quel momento era già contagiata e contagiosa, no: se hai avuto contatti “sospetti” (se qualcuno poi volesse cortesemente spiegare cosa diavolo sono dei contatti “sospetti”… Sarà mica per caso qualcosa come la “relazione impropria” di Clinton con la stagista? Boh) con “possibili” positivi: ma mastodontiche teste di cazzo, cosa cazzo è un possibile positivo? Uno che potrebbe avere avuto un contatto sospetto con un altro possibile positivo? Ma quanta merda vi siete infilati nel cervello per riuscire a partorire una simile cloaca?!].
  3. Metti sempre nello zaino una mascherina chirurgica di riserva, un pacchetto di fazzoletti monouso e un flaconcino di gel disinfettante per uso personale.
  4. Sui mezzi pubblici indossa la mascherina e mantieni la distanza di 1 metro dagli altri [posso fare una grassa risata?].
  5. Cambia la mascherina ogni giorno oppure quando diventa umida. Attento a non danneggiarla o appoggiarla su superfici non disinfettate.
  6. Cerca di arrivare a scuola tra le 7:45 e le 7:55 già indossando la mascherina. Evita un anticipo eccessivo per non provocare assembramenti.
  7. L’entrata a scuola è dalle 7:48. Raggiungi rapidamente la tua classe senza sostare nei corridoi. Il personale scolastico potrebbe chiederti nuovamente di misurare la temperatura.
  8. Raggiungi il banco e sistema sulla sedia il giubbotto e gli altri effetti personali sotto il banco. Togli la mascherina solo in presenza dell’insegnante, una volta al banco [questa della presenza non l’ho capita].
  9. Indossa la mascherina ogni volta che non sei sicuro di poter mantenere la distanza di 1 metro dagli altri (insegnanti, compagni di classe…).
  10. Durante la lezione puoi chiedere agli insegnanti di uscire dall’aula solo per andare in bagno. Prima di uscire metti una spunta sul tuo nome nell’elenco affisso vicino sulla porta dell’aula [?].
  11. Ogni locale della scuola va arieggiato aprendo le finestre almeno ad ogni cambio d’ora oppure durante la lezione su indicazione dell’insegnante.
  12. Durante la giornata igienizzati più volte le mani, soprattutto dopo aver toccato oggetti di uso comune.
  13. Resta all’interno del settore a cui è assegnata la tua classe, spostandoti solo se necessario.
  14. Vai in giardino durante l’intervallo previsto per il tuo settore.
  15. Rispetta il distanziamento fisico fuori dall’aula servendoti dell’apposita segnaletica. Non intralciare il passaggio nei corridoi.
  16. Per andare in palestra e nei laboratori, utilizza la mascherina e rispetta le distanze.
  17. Fai lo stesso all’interno di palestra e laboratori.
  18. Alla fine delle lezioni in aule diverse dalla tua, disinfetta gli oggetti utilizzati.
  19. Puoi toglierti la mascherina durante le attività sportive, ma mantenendo una distanza di almeno due metri dagli altri.
  20. Porta con te due sacche per lo sport: una con gli oggetti che ti serviranno e una vuota per riporli alla fine dell’attività.
  21. Segui le indicazioni dei docenti in palestra e negli impianti sportivi: accedi agli spogliatori a gruppi di 4-5.
  22. Negli spogliatoi lascia i tuoi effetti personali in corrispondenza del numero indicato dal tuo insegnante.
  23. Quando suona la campanella, resta al tuo posto, indossa la mascherina, riprendi le tue cose e aspetta il tuo turno per uscire. Esci dalla scuola rispettando le uscite previste per il tuo settore, senza sostare negli spazi comuni.
  24. Se avverti sintomi influenzali, avvisa i tuoi professori, che ti accompagneranno in un’aula vicina dove attenderai l’arrivo dei tuoi genitori che ti riporteranno a casa. Una volta a casa, avvisate il medico di famiglia. (qui)

Manca il divieto di scambiare coi compagni matite penne gomme elastici fogli vocabolari e qualunque altro oggetto, che ho letto da alte parti. E mi chiedo: ma c’è qualcuno che si renda conto che stiamo annientando le difese immunitarie di un’intera generazione, ossia che li stiamo assassinando? Letteralmente: con l’igiene assoluta come quella imposta è impossibile il formarsi degli anticorpi, ossia delle difese immunitarie, e il primo batterio in cui tutte queste vittime di una follia delirante inciamperanno – perché non c’è niente da fare, i batteri esistono e prima o poi ci inciampi – il batterio li ucciderà. Io comunque di pericoli non ne corro: non ho mai usato un “igienizzante”, tranne le pochissime volte in cui mi è stato imposto, con severo controllo che lo facessi a dovere, all’ingresso di qualche esercizio, non mi sono lavata le mani una sola volta più del consueto, ossia quando sono sporche, quando vado in bagno e quando devo maneggiare il cibo, mi sono regolarmente infilata le dita in naso occhi e bocca – non necessariamente in quest’ordine e non necessariamente nella stessa seduta – il tutto per tutta la durata dell’epidemia, e per questo ho goduto per tutto il tempo di ottima salute, e ancora continuo a goderne (più o meno come in Somalia, dove sono stata l’unica a mangiare abitualmente verdura cruda, evitata da tutti come la peste in quanto possibile veicolo di infezioni intestinali, e fra tutti i colleghi sono stata quella che ha sofferto meno problemi intestinali di tutti, perché, a differenza di loro, mi sono fatta una vagonata di anticorpi). E leggo poi questa testimonianza.

Rosalba Diana

Dalla bacheca di un amico :

Cito un docente e che Dio stramaledica chi ha organizzato questa colossale presa per culo:
<<È questo che volete per i vostri figli ?
Gli sguardi preoccupati degli alunni mi tolgono il sonno:
“Prof. ma fino a quando ci saranno queste regole?”.
“Prof. posso alzarmi, sono 4 ore che non mi muovo, mi fa male la schiena..”
Si Dario. Puoi alzarti. Ragazzi! Mettete tutti la mascherina. Dario si alza, ma non può andare in giro per la classe. Fermo. In piedi… Ci guardiamo da dietro la mascherina ed io mi vergogno come un ladro per essere lo “sgherro” che gli impedisce di vivere e respirare. “Dario vai in bagno”. Non mi scappa.
Gli occhi cerchiati di stress. “Lo so. Vai lo stesso, mi sembri stanco, fai due passi”. “Grazie prof.”.
Che vergogna.
Gli alunni sono turbati, spaventati. Queste figure asettiche poi che entrano una volta all’ora a spruzzare ovunque “nebbie” disinfettanti.. il terrore di toccare, anche accidentalmente, il compagno… sollevano lo sguardo.. “Mi scusi”…
Agamben qualche mese fa parlava di Requiem per gli studenti. Ci siamo per davvero. Salvare questi ragazzi è responsabilità di Docenti e Genitori. Dalle Istituzioni possono arrivare solo pagine e pagine di Protocolli da applicare. Siamo al 17 settembre. Non reggono. Nessuno regge nella scuola. Il personale ATA è stanco, nervoso. I docenti, quelli normali, pure. Gli studenti si muovono all’entrata e all’uscita come piccoli automi. Qualcuno urla “Le distanze! Rimettiti la mascherina!”. Per il resto tutto è immobile.
Qualcosa – docenti, alunni.. – morirà in noi durante questo periodo infernale. A Verona, un bambino che ha portato per ore la mascherina è svenuto e ha sbattuto la testa sul banco. I media hanno oscurato questa notizia.>> (cit.)

Li stanno massacrando. Li stanno uccidendo. E gli stanno facendo il lavaggio del cervello per convincerli che questa tortura è per il loro bene. Un’intera generazione di alienati, che finirà molto male.
Però adesso tiratevi su, che arriva una buona notizia: la scuola si occupa anche di cose serie e di grandissima utilità; anzi, se ne stava già occupando lo scorso aprile, quando marciavamo sul mezzo migliaio di morti covid al giorno. Guardate un po’ che bello!

Che se poi, Lombroso docet, pensiamo che il promotore ha questa faccia qui

si spiegano parecchie cose. E se pensiamo, oltretutto, che questa canzone non ha MAI avuto alcunché a che fare coi partigiani, ennesima fabbricazione farlocca della sinistra, abbiamo il quadro completo.
E poi vai a leggere anche qui, dopodiché possiamo tranquillamente spararci.

AGGIORNAMENTO:

qui

barbara

AIUTO I BATTERI!

Capita piuttosto di frequente di leggere drammatiche grida d’allarme: aiuto batteri di qua, batteri di là, qui diecimila per centimetro quadrato, lì ventimila… Consapevole del fatto che i batteri sono parte integrante del nostro universo e della nostra vita, ho cercato un po’ di informazione un po’ più seria degli articoluzzi di non addetti ai lavori che si leggono qua e là; questo mi è sembrato il più serio fra quanti ne ho incontrati.

BATTERI PER SETTE

Paul G. Falkowski, oceanografo e biofisico della Rutgers University in New Jersey, ha scritto un libro dal titolo I motori della vita (Bollati Boringhieri) in cui spiega come i microbi hanno reso la terra abitabile (Telmo Pievani, La Lettura).

Tutta la vita sul nostro pianeta discende da un comune progenitore microbico, vissuto almeno 3,75 miliardi di anni fa. Quindi per l’85% della sua durata l’evoluzione biologica sulla Terra ha visto soltanto microbi (ibidem).

I microbi, animalculi osservati da Antoni van Leeuwenhoek nella seconda metà del Seicento, minuscoli esseri unicellulari auto-replicanti che si scambiano i geni tra loro e sanno vivere ovunque, anche nelle condizioni più estreme (ibidem).

Gran parte della biodiversità terrestre attuale è costituita da batteri (ibidem).

Intorno a 2,4 miliardi di anni fa, i cianobatteri impararono a convertire l’energia solare in composti organici (le piante terrestri lo fanno «soltanto» da 450 milioni di anni). Attraverso la fotosintesi ossigenica, energia luminosa venne usata per scindere l’acqua, ricavando idrogeno e assorbendo anidride carbonica per produrre materia organica, rilasciando come scarto l’ossigeno. Come effetto collaterale contingente, in atmosfera cominciò a diffondersi un gas prima assente, assai reattivo, che favorisce la combustione. Per noi ossigeno significa vita, ma non fu sempre così.
L’evento innescò una rivoluzione: il Grande Evento Ossidativo. In centinaia di milioni di anni l’atmosfera si riempì di ossigeno, fino a quel 21% che è stabile (per nostra fortuna) da 800 mila anni almeno. Si formò la fascia di ozono che ci protegge dai raggi ultravioletti. Il pianeta subì un raffreddamento drammatico, a causa della riduzione del metano atmosferico, trasformandosi in una grande palla di neve. Le forme di vita che fino ad allora avevano proliferato in condizioni anossiche furono spazzate via, perché per molte di loro l’ossigeno era un veleno, e i pochi sopravvissuti furono relegati in nicchie marginali (oggi li troviamo, per esempio, nell’intestino dei ruminanti). Invece altri microbi, e poi gli animali, tutto quell’ossigeno impararono a respirarlo, rilasciando come scarto acqua e anidride carbonica che viene riassorbita da fitoplancton e piante. In questo grande intreccio di cicli di regolazione biogeochimici, i microbi che sopravvissero alle oscillazioni climatiche e poi il fitoplancton crearono le condizioni che oggi ci mantengono in vita: hanno reso la Terra abitabile per noi (ibidem).

Senza i batteri noi non saremmo qui anche per un secondo motivo: le prime cellule eucariotiche nacquero da associazioni simbiotiche tra microbi, circa due miliardi di anni fa. Alcuni batteri furono inglobati da altri batteri, per endosimbiosi, formando cellule più complesse dotate di nucleo e organelli interni. In particolare mitocondri e cloroplasti, i generatori di energia delle cellule animali e vegetali, sono ex batteri ingeriti e mantenuti come simbionti, tanto che conservano il loro Dna originale. Fu un primo esempio di cooperazione tra cellule che poi avrà successo e si ripeterà nell’evoluzione dando origine prima a colonie pluricellulari e poi, 600 milioni di anni fa (quando le concentrazioni di ossigeno raggiunsero livelli sufficienti), ad assemblaggi organizzati di cellule eucariotiche diversificate, cioè gli animali come noi (ibidem).

Portiamo miliardi di batteri sulla pelle e in bocca. Il nostro intestino contiene uno zoo di batteri, acquisito dopo la nascita e unico per ciascun individuo. Alcuni ci fanno vivere, altri ci infettano e ci fanno ammalare, altri ancora iniziano innocui, ma poi diventano patogeni (ibidem).

I batteri possono essere considerati organismi «sociali», perché vivono sempre in affollati consorzi metabolici in cui gli uni utilizzano gli elementi di scarto degli altri (ibidem).

Senza i batteri noi non potremmo esistere; al contrario loro non hanno alcun bisogno di noi (ibidem).

I batteri eliminano le sostanze di scarto prodotte dalle attività umane (ibidem). […]

Nel 1972 il microbiologo Thomas Luckey stimò che, nel corpo umano, il numero di batteri superasse di dieci volte quello delle cellule. Secondo i calcoli di Ron Milo e Ron Sender del Weizmann Institute of Science di Rehovot (Israele) e di Shai Fuchs dell’Hospital for Sick Children di Toronto (Canada), il rapporto tra cellule e batteri è più probabilmente di 1:1, ossia tanti batteri quante sono le cellule. In un uomo medio (20-30 anni di età, 1,70 m di altezza per 70 kg di peso), ci sono circa 30 trilioni di cellule e 39 trilioni di batteri (un trilione equivale a mille miliardi). Ma poiché la maggior parte dei batteri dimora nel tratto intestinale, «ogni defecazione può capovolgere il rapporto in favore delle cellule».

«Prendiamo il Signor Mario Rossi, nudo in piedi di fronte a noi. Ora rimuoviamo tutte, proprio tutte, le cellule del suo corpo, ma lasciamo intatto l’universo di microrganismi che popolano il suo corpo. Ebbene, avremmo ancora di fronte una brulicante ma nettissima scultura del Signor Mario Rossi» (Massimo Piattelli Palmarini, Cds).
Nell’intestino ospitiamo batteri per un chilo e trecento grammi circa. […]

Molti di questi microrganismi che vivono nell’uomo sono nostri amici. Tanto che dopo una cura antibiotica il medico tende a prescrivere terapie per ripristinare la flora batterica.

Nel solo sistema digerente ospitiamo un chilo di microbi, offrendo alloggio in cambio di operosità nel digerire i cibi, estrarre energia dagli alimenti, assemblare vitamine, proteine e difenderci dai microbi pericolosi.

Oltre 1000 specie di batteri colonizzano il nostro organismo.
Si stima che accanto a noi – e dentro di noi – vivano qualcosa come 5 milioni di trilioni di trilioni di microbi. Solo una minima parte è pericolosa per la nostra salute. La stragrande maggioranza di questo zoo invisibile, piuttosto, rende la vita possibile lavorando per produrre energia, creare ossigeno, ripulire l´atmosfera dall´anidride carbonica e farci digerire gli alimenti.

Ogni centimetro di pelle delle ascelle ospita mezzo milione di stafilococchi, che arrivano anche a 4 milioni sulla pelle del viso più grassa, in cui si formano i foruncoli.

Ogni persona ferma in una stanza lascia dietro di sé circa 37 milioni di batteri l’ora (Ricerca Università di Yale, Connecticut)

Sull’avambraccio di una persona vivono in media 44 specie di batteri, dietro l’orecchio 15.

Su ogni mano vivono circa 182 specie di batteri, con milioni di esemplari ciascuna. A contarli sono stati alcuni ricercatori della New York University, che hanno pubblicato i risultati del loro studio su Proceedings of the National Academy of Sciences. Delle 182 specie di batteri censite dagli scienziati, quasi una su 10 non era mai stata osservata prima. Erano del tutto assenti quelli pericolosi, come lo Staphylococcus aureus. Tra uomini e donne la popolazione di microrganismi varia per via del diverso ph della pelle, ma anche gli individui dello stesso sesso condividono solo una specie su 4. E non più di 6 specie di batteri sono risultate comuni a tutti.

Mani analizzate in Inghilterra: il 44% presentava sulla superficie batteri fecali.

Nella bocca degli esseri umani ci sono almeno 600 diversi tipi di batteri. Lo ha stabilito uno studio realizzato da ricercatori del Forsyth Institute di Boston e del Kings College di Londra.

Uno studio della Netherlands Organisation for Applied Scientific Research nei Paesi Bassi, pubblicato sulla rivista Open access microbioma, dice che un bacio alla francese di circa 10 secondi è sufficiente per erditare dal partner all’incirca 80 milioni di batteri. Secondo gli esperti questo scambio aumenta le difese immunitarie. Un altro studio guidato da Graham Rook, immunologo allo University College di Londra, consiglia di raccogliere il cibo che ci cade per terra, di baciare spesso genitori e parenti e di vivere con un cane.

Avere un cane in casa riduce il rischio, per i bambini che ci abitano, di sviluppare allergie. Lo afferma uno studio tedesco. La scoperta, pubblicata sull’European Respiratory Journal, dà peso alla teoria per cui crescere con un animale domestico rende il sistema immunitario meno sensibile a possibili agenti che scatenano asma, eczema e raffreddore allergico. Gli scienziati ipotizzano che i bimbi possano trarre benefici dall’esposizione ai germi contenuti nella pelliccia.

La saliva contiene acido ascorbico, essenziale per il processo di conversione chimica che dà luogo all’ossido nitrico. L’ossido nitrico è un micidiale assassino di microbi. Ecco perché, sia homo sapiens che gli altri animali si leccano sempre il punto dove sono stati feriti (scoperta di Nigel Benjamin, coordinatore di una ricerca dell’ospedale Saint Bartholomew di Londra, poi pubblicata sulla rivista “Lancet”).

Per ogni centinaio di parole che pronunciamo, in particolare le consonanti esplosive, come ”t” o ”p”, immettiamo nell’aria 250 goccioline, il 40 per cento delle quali contiene una o più batteri, in genere del tipo Streptococcus o Staphylococcus. Un solo colpo di tosse vale 2000 parole. Uno sternuto, con un’accelerazione di 400 metri al secondo, genera fino a un milione di gocce, la maggior parte delle quali infette, caricando l’aria con tanti batteri quanti sarebbero dispersi pronunciando 400 mila parole (l’equivalente di Guerra e pace, tempo di lettura ad alta voce 55 ore).

Philip Terno, microbiologo del Centro medico della New York City: «La bocca dei cani e quella degli esseri umani contengono la stessa quantità di batteri che si trova nelle feci».

La colpa della puzza dei piedi è dei batteri del genere Brevibacterium: si nutrono delle cellule morte della pelle, del grasso e dello sporco che si formano tra le dita dei piedi, producendo metantiolo, principale responsabile dei piedi maleodoranti. Il Brevibacterium è anche quello che, fermentando, origina il formaggio olandese limburger.

Altri responsabili della puzza dei piedi: i Propionibacteria, che producono acido propionico (dall’odore simile all’aceto) e lo Staphylococcus epidermidis, che emana acido isovalerico.

Uno studio realizzato dalla società Microban Europe ha dimostrato che in un centimetro quadrato di pulsante per chiamare l’ascensore ci sono ben 313 colonie di batteri, contro le 8 trovate sulle tavolette dei WC pubblici.

Richard Hastings, microbiologo della società BioCote che produce disinfettanti, ha effettuato una serie di test batteriologici in alcuni bancomat e wc pubblici in giro per l’Inghilterra. Dall’analisi dei tamponi prelevati è emerso che il contenuto di batteri è lo stesso. Ad esempio, i batteri pseudomonas o bacillus si possono ritrovare su entrambe le superfici, con altissimi rischi di sviluppare ad esempio infezioni diarroiche.

La spugna per i piatti è un covo per germi e batteri e lavarla non basta. Secondo una ricerca dell’Università della Florida bisogna metterla – rigorosamente bagnata – due minuti nel forno a microonde per rendere innocuo il 99 per cento di batteri, virus, spore e parassiti.

Sulle tastiere dei computer sono annidati germi in quantità 400 volte superiore a quelle di un water del posto di lavoro. Lo dice uno studio di un gruppo di ricercatori dell’università dell’Arizona, coordinate dal professor Charles Gerba. Gli scienziati, analizzando più di un centinaio di uffici tra New York, Los Angeles, Washington e San Francisco, hanno dimostrato che cocchi e bacilli sguazzano soprattutto nelle tastiere delle donne: lì il numero di batteri è tre o quattro volte più alto rispetto alle scrivanie degli uomini. Motivo: trucchi, cosmetici e le briciole che si insinuano nella tastiera (prova del fatto che sgranocchiare cibi e snack sul posto di lavoro sarebbe un’attitudine soprattutto femminile). Anche le borsette non brillano per igiene, specie se contengono il cellulare e il beauty per il trucco. Quanto ai maschi, il paradiso per la proliferazione dei germi è risultato il portafoglio.

Charles Gerba dell’Università dell’Arizona è giunto alla conclusione che negli uffici americani le toilette sono più pulite delle scrivanie. Secondo lo studioso, le postazioni andrebbero disinfettate regolarmente, visto che contengono in media 400 volte il numero di germi presenti sui sedili dei water: 20.961 germi per metro quadro nei bagni, contro i circa 10 milioni sulle scrivanie.

Batteri per pollice quadrato presenti su qualunque scrivania (un pollice = 2,54 centimetri): vicino al telefono 25.127; vicino alla tastiera del computer 3.295; vicino al mouse 1.676; vicino al fax 301; vicino alla fotocopiatrice 69; sparsi sulla scrivania 20.961 (Charles Gerba, docente di microbiologia all’Università dell’Arizona). […]

I miliardi di microbi che colonizzano il nostro corpo dalla nascita hanno assunto la denominazione di microbiota.

In alcune eleganti cliniche inglesi le mamme di taglio cesareo fanno prelevare il microbiota con un tampone vaginale prima dell’operazione e poi lo fanno strofinare sulla bocca, gli occhi e le manine del neonato per garantirgli lo stesso patrimonio batterico che avrebbe nascendo naturalmente ed evitargli quello dell’ostetrica.

Gli squilibri microbici possono influenzare il metabolismo (e quindi lo sviluppo di patologie come il diabete, le malattie cardiovascolari e l’obesità): lo dimostra il dimagrimento di topi obesi nei quali sono state trapiantate le colonie batteriche di topi assai più magri.

Charles P. Gerba dell’Università dell’Arizona ha misurato il contenuto batterico di diversi locali in varie case. Il posto più sporco di tutti è risultato il lavello della cucina.
Milioni di microbi si diffondono nell’aria azionando lo sciacquone con la tavoletta del water sollevata.
Le case più pulite sono anche quelle in cui si hanno più chance di sviluppare allergie.

Mark Spiegelman, un chirurgo della Hebrew University di Gerusalemme, nota che la presenza maggiore di batteri si registra nei paesi in cui più largo è l’uso dei disinfettanti. Invece di combattere i microbi cattivi, bisognerebbe favorire la proliferazione di quelli buoni. E ai suoi colleghi Spiegelman suggerisce, prima di un intervento chirurgico, di immergere le mani in una soluzione piena di “microbi buoni”: lo yogurt.

Alberto Mantovani, uno dei più celebri immunologi italiani: «Per molto tempo si è pensato che l’asma bronchiale fosse legata all’inquinamento ambientale, in realtà gli ultimi esperimenti hanno falsificato l’ipotesi. Emerge, invece, la spiegazione dell’eccessivo igiene. I bambini che crescono in campagna, a contatto con gli animali, hanno meno probabilità di sviluppare la malattia rispetto a chi vive in città. E’ la prova formale che i primi vengono a contatto con i batteri presenti nelle stalle e che il loro sistema immunitario attiva delle risposte specifiche, chiamate in gergo di tipo 1, capaci di frenare le risposte allergiche». «Dobbiamo pensare al sistema immunitario come a un sistema sempre “a bilancia”. Deve affrontare nemici molto diversi, dal batterio della tubercolosi al verme intestinale, ma, quando non è stato educato a “vedere” i batteri, come accade ai bambini di città o a chi è trattato con antibiotici alla prima linea di febbre, mancano i freni alle risposte di tipo 2, quelle che servono a difenderci dai parassiti. Così si attivano le risposte anche contro i pollini o gli acari, scatenando le allergie».

[…] Qui l’articolo completo.

Dei catastrofici effetti dell’igiene maniacale avevo già parlato, con parole mie, qui.

barbara

PERCHÉ COL RAFFREDDORE SI STA MALE

(JNi.media) Quando hai la febbre, il naso è chiuso e il mal di testa ti si spande fino alle dita dei piedi, il tuo corpo ti sta dicendo di stare a casa a letto. La sensazione di malessere è un adattamento evolutivo secondo un’ipotesi avanzata dal Prof. Guy Shakhar del dipartimento di Immunologia dell’Istituto Weizmann e dalla Dr. Keren Shakhar del dipartimento di psicologia del College di gestione di studi accademici, in un recente documento pubblicato in PLoS Biology. Tendiamo a dare per scontato che l’infezione è ciò che provoca i sintomi della malattia, supponendo che l’invasione microbica incida direttamente sul nostro benessere. In realtà, molti dei sistemi del nostro corpo sono coinvolti nell’essere malato: il sistema immunitario e il sistema endocrino, come pure il nostro sistema nervoso. Inoltre, il comportamento che associamo con la malattia non è limitato agli esseri umani. Chi ha un animale domestico sa che gli animali agiscono in modo diverso quando sono malati. Un esempio estremo di “comportamento di malattia” si trova in insetti sociali come le api, che in genere quando sono malate abbandonano l’alveare per andare a morire altrove. In altre parole, tale comportamento sembra essersi conservato nel corso di millenni di evoluzione. I sintomi che accompagnano la malattia sembrano influenzare negativamente la possibilità di sopravvivenza e riproduzione. Allora perché questo fenomeno persiste? I sintomi, dicono gli scienziati, non sono un adattamento che funziona a livello individuale. Piuttosto, suggeriscono, l’evoluzione sta funzionando al livello del “gene egoistico”. Anche se l’organismo specifico non dovesse sopravvivere alla malattia, isolandosi dal suo ambiente sociale ridurrà il tasso complessivo di infezione nel gruppo. “Dal punto di vista dell’individuo, questo comportamento può sembrare esageratamente altruistico,” dice la dottoressa Keren Shakhar”, ma dal punto di vista del gene, le probabilità di essere tramandato sono migliorate”. Nel documento, gli scienziati prendono in esame un elenco di sintomi comuni e ognuno sembra confermare l’ipotesi. La perdita di appetito, per esempio, impedisce alla malattia di diffondersi attraverso le risorse comuni di cibo o acqua. Affaticamento e debolezza possono ridurre la mobilità dell’individuo infetto, riducendo il raggio di possibili infezioni. Insieme con i sintomi, l’individuo malato può diventare depresso e perdere interesse per contatti sociali e sessuali, limitando le opportunità di trasmettere agenti patogeni. La trascuratezza nella cura di sé e i cambiamenti nel linguaggio del corpo dicono: sono malato! Non avvicinarti! “Sappiamo che l’isolamento è il modo più efficace per impedire la diffusione di una malattia contagiosa,” dice il professor Guy Shakhar. “Il problema è che oggi, per esempio, con influenza, molti non si rendono conto di quanto possa essere mortale. Così vanno contro i loro istinti naturali, prendono una pillola per ridurre dolore e febbre e vanno a lavorare, dove è molto maggiore la possibilità di infettare altri.” Gli scienziati hanno proposto diversi modi per testare questa ipotesi, ma sperano anche che arrivi il loro messaggio: quando vi sentite male, è segno che avete bisogno di stare a casa. Milioni di anni di evoluzione non possono avere torto. (traduzione mia)

Sembrerebbero osservazioni talmente ovvie da apparire addirittura banali, e tuttavia abbiamo dovuto aspettare Israele perché ci venisse detto.
Qualcuno mi ha obiettato che tutto questo sarebbe in contraddizione col principio della selezione naturale (sarebbe più logico, sostiene, essere in condizione di andare in giro e diffonderlo al massimo, e così si eliminerebbero i più deboli), ma basta pensarci un momento per rendersi conto che è una grande sciocchezza: il raffreddore, in società come la nostra che ha avuto millenni a disposizione per sviluppare gli anticorpi (a differenza per esempio degli indigeni americani che prima delle invasioni europee non lo avevano mai conosciuto), è parecchio invalidante ma scarsamente letale. Quindi, se venisse diffuso al massimo, a fronte della liberazione da una manciata di vecchi e deboli, ci ritroveremmo con una società interamente paralizzata: ospedali, scuole, fabbriche, banche, poste, uffici, forze dell’ordine, pompieri, negozi, produzione e distribuzione di alimentari e ogni altro genere di attività smetterebbe – o quasi – di funzionare. Da tutto questo la pesante sintomatologia che accompagna il raffreddore ci tutela.
Senza poi contare che alle varie malattie non sempre sopravvive il più forte: a volte capita anche  che a sopravvivere sia semplicemente chi ha questo o quest’altro gruppo sanguigno, indipendentemente dalle proprie capacità di resistenza. Pensa un po’.

barbara

DUE PAROLE SULL’IGIENE

 

Igiene assoluta = niente germi. Niente germi = niente anticorpi. Niente anticorpi = il primo germe in cui inciampi (perché prima o poi, non illuderti, ci inciampi, per quanto sigillata sia la campana di vetro dentro la quale ti sei rifugiato) ti ammazza. Quindi bisognerebbe scrivere dappertutto, come sui pacchetti di sigarette

L’IGIENE ASSOLUTA UCCIDE
SE LA CONOSCI LA EVITI

Però molto molto più in grande, e molto più diffuso che sui pacchetti di sigarette, perché anche il fumatore più accanito, anche quello che non è minimamente convinto che il fumo faccia male, non ha però mai pensato che il fumo possa fare bene; chi tende a ricercare l’igiene assoluta invece sì, ed è per questo che, oltre ad essere un’ossessione che rende un inferno la vita propria e quella dei propri figli, è anche molto più pericolosa.

Piccola annotazione personale. In Somalia nessuno dei miei colleghi si azzardava a mangiare verdura cruda; io ero l’unica a farlo: innanzitutto perché, a causa della mia colite spastica, un drastico cambiamento di dieta ha effetti deleteri, ma anche perché ho fatto il ragionamento sopra esposto: prima o poi, per quanto stia attenta, nel microbetto inciampo, e se non ho anticorpi quello mi frega. E così ho cominciato quasi da subito a mangiare verdura cruda in grande quantità, all’inizio con qualche precauzione, poi previo semplice lavaggio sotto il rubinetto. E fra tutti i colleghi sono stata quella che ha avuto meno problemi intestinali.

L’IGIENE ASSOLUTA UCCIDE
SE LA CONOSCI LA EVITI

barbara