IL PIANO TRUMP IN SOLDONI

Finora il giochino della dirigenza palestinese è stato questo:

– Che cosa volete?
– Vogliamo A.
– Va bene, vi diamo A.
– E anche B.
– Va bene, vi diamo B.
– E poi anche C.
– OK, anche C.
– E D ci spetta di diritto.
– E va bene, se proprio è necessario per avere la pace vi concederemo anche D.
– Assassini delinquenti farabutti! Allora ditelo che volete la guerra! State macchinando per derubarci dei nostri ancestrali e inalienabili diritti su E! Ebbene, avete voluto la guerra, e guerra sia.

E la guerra, o nel senso di intensificarsi degli attacchi terroristici come è avvenuto dopo l’invito indicato nella risoluzione ONU 242 a incontrarsi per raggiungere una pace negoziata (la risposta alla quale sono stati i “tre no di Khartoum”: no al riconoscimento, no al negoziato, no alla pace) e come puntualmente avvenuto, a partire dalla conferenza di Madrid nell’ottobre del 1991, ad ogni nuovo incontro per tentare di raggiungere un accordo di pace (con un delirante Rabin che continuava a farneticare di “terra in cambio di pace”, cieco e sordo al fatto che più terra concedeva e più riceveva in cambio terrorismo e morte e distruzione), e come, prevedibilmente, dopo il ritiro dal Libano e, più ancora, dopo il ritiro (leggi deportazione di ottomila ebrei) da Gush Katif in Gaza; o come guerra vera e propria come quella scatenata alla fine di settembre del 2000 dopo che Ehud Barak aveva offerto tutto, letteralmente tutto, quello che Arafat aveva chiesto, è infatti sempre arrivata..

Bene, adesso è arrivato il tanto vituperato Trump, che ha sparigliato tutte le carte. Si è deciso, primo nella Storia, a prendere atto che quel sistema ha dato vita a decenni di fallimenti e a migliaia di morti da una parte e dall’altra e, primo nella Storia, ha pensato che quel sistema forse non era tanto buono, e ne ha adottato un altro, molto semplice: noi vi diamo questo, prendere o lasciare. Che mi ricorda un episodio del romanzo “Peyton Place” – bizzarramente tradotto in italiano con “I peccati di Peyton Place”, perché a quanto pare in Italia se non c’è peccato non c’è vita. Il figlio del padrone della fabbrica ha messo incinta la figlia di un suo operaio, il quale va dal padrone per esigere riparazione. Il padrone prende il libretto degli assegni, ne compila uno per 1000 dollari (un vero capitale all’epoca) e glielo porge. L’altro tenta di alzare la posta recitando la parte del padre offeso nell’onore che non si svende per 1000 dollari, al che il padrone lentamente, senza dire una parola, fa a pezzi l’assegno, ne compila un altro per 500 dollari e glielo porge dicendo: “Il prossimo sarà della metà”. E lui abbassa la testa e lo prende, perché sa che il suo gioco è stato scoperto e che quella è l’ultima migliore offerta disponibile. Tutto questo lo hanno perfettamente compreso anche parecchi Paesi arabi, stanchi oltretutto di fare, come ha scritto qualcuno, il bancomat dei palestinesi, e hanno approvato senza riserve o quasi il piano di Trump. Non lo hanno naturalmente accettato i palestinesi, come non ne hanno mai accettato alcuno in precedenza, non perché questo o quest’altro aspetto non vada loro a genio, ma semplicemente perché qualunque piano che non preveda la cancellazione di Israele è per loro irricevibile. La differenza fra prima e adesso è che se non accettano le carte che vengono loro porte, resteranno semplicemente fuori dal gioco, e oltretutto senza più sostenitori, tranne l‘Iran, che con le violente proteste in corso ha le sue belle gatte da pelare, la Turchia, e quella sgangherata baracca che va sotto il nome di Unione Europea. Les jeux sont faits, rien ne va plus, e forse, grazie a Trump, una speranza di pace questa volta c’è davvero.

barbara                                                                                                                                                                                                                                                     

SONO ANDATA IN GIUDEA E SAMARIA (13/3)

Che sarebbero quelle regioni che i nemici di Israele chiamano “i territori”, spesso con l’aggiunta di “occupati”, oppure “palestinesi”, essendo fermamente convinti che una roba che si chiama Giudea, coi giudei non può avere niente a che fare – e lo fanno dire pure all’Onu e all’UNESCO. Oppure Cisgiordania, o West Bank; io le chiamo col loro nome, Giudea e Samaria, in ebraico Yehuda VeShomron, in arabo al-Yahudiyyah was-Sāmarah, Samaria a nord e Giudea a sud.
Ci sono andata con un autobus blindato e dotato di schermo con telecamera a circuito chiuso con quattro riquadri, che riprendono la strada, la cabina di guida, la prima metà e la seconda metà dell’autobus,
autobus blindato
in modo da poter riprendere qualunque attacco, in qualunque parte dell’autobus o della strada esso avvenga, e che sia ben visibile all’autista, rigorosamente dotato di pistola infilata nella cintura: perché nei territori di coloro che le anime belle si ostinano a indicare come partner per la pace, solo così si può entrare con la ragionevole certezza di uscirne vivi, anche nelle aree C e B – e mi piacerebbe tanto tanto chiedere a quelli che strepitano di costruzioni illegali et similia se hanno una qualche idea di che cosa questo significhi, magari scommettendoci su qualcosa, che sarebbe la volta buona che divento ricca. In ogni caso, dovesse mai passare di qui qualche disinformato in buona fede, lo spiego io: in base agli accordi di Oslo, il territorio di Giudea e Samaria è stato suddiviso in tre diverse categorie: aree C, abitate da israeliani e sottoposte ad amministrazione israeliana, aree B, con popolazione palestinese e amministrazione (leggi soprattutto sicurezza) israeliana e aree A, con abitanti e amministrazione palestinesi. Va da sé che nelle aree C qualunque palestinese, salvo eventuali casi particolari, può entrare e circolare liberamente, mentre all’ingresso delle aree A si trova questo cartello.
cartello ingresso zona a
Si noti in particolare il “pericoloso per le vostre vite”: perché è ovvio che quando un palestinese si trova davanti un israeliano, la cosa più logica che può fare è di ammazzarlo. Vabbè, ci sono andata, dicevo, e ho visto tutte quelle cose che gli attivisti del boicottaggio si guardano bene dal voler vedere, non sia mai che si debbano accorgere che gli unici autentici nemici dei palestinesi sono loro.
Quanto a voi, mettetevi comodi, che adesso un po’ alla volta vi racconto.

barbara

AGGIORNAMENTO: un’aggiunta e due precisazioni. Avevo dimenticato di dire che mentre nelle aree A non possono vivere israeliani, nelle aree C vivono circa 100.000 palestinesi.
Nelle aree B l’amministrazione civile è sotto giurisdizione palestinese, mentre la sicurezza è sotto giurisdizione israeliana.
Il divieto di entrare nelle aree A (per gli israeliani ebrei: gli arabi israeliani possono entrare senza problemi) è israeliano, per non rischiare che qualcuno si trovi in situazioni di pericolo, costringendo l’esercito a entrare, con tutte le complicazioni che la cosa comporterebbe (ve lo immaginate un cartello al confine con la Svizzera che dicesse “Italiani non entrate che se no vi fanno la pelle”?
Grazie a Sharon per le precisazioni.

HAMAS È CATTIVO

È terrorista (anche se il solito buon Abraham Yehoshua ammonisce che Israele dovrebbe smetterla di considerarlo tale – ma tranquilli: gli ho sentito dire anche di peggio), è feroce, è spietato, l’unico suo divertimento è ammazzare ebrei e sperare di distruggere Israele. Ma per fortuna c’è Abu Mazen che è buono, e moderato, e pronto a fare la pace, e speriamo che Gaza torni sotto il suo controllo, così vivremo tutti felici e contenti.

(qui un po’ di spiegazioni)
E poi ricordate: se in un paesino del Missouri la polizia spara – apparentemente senza motivo – a un ragazzo negro e lo uccide, la colpa è degli ebrei. Oh sì.

barbara