I diritti dei bambini, i diritti delle donne, i diritti delle minoranze, i diritti degli omosessuali, i diritti degli handicappati… Altro che mano alla pistola: se avessi un mitra a portata di mano vuoterei l’intero caricatore. Sembra che troppo spesso qualcuno dimentichi l’esistenza di una cosa che si chiama DIRITTI UMANI: diritti che sono prerogativa inalienabile di ogni essere umano, uomini e donne, bambini e adulti, bianchi neri ciclamino lilla e blu di Prussia, omosessuali eterosessuali bisessuali nosessuali, abili e disabili. Sono diritti DI TUTTI. Se qualcuno reclama diritti per una specifica categoria, in realtà non sta reclamando un diritto: sta pretendendo un privilegio. Poi ci sono determinate persone o categorie, come i bambini e gli handicappati psichici, che non sono in grado di far valere i propri diritti: in questo caso ci sarà qualcuno che avrà il DOVERE di farlo al posto loro, nient’altro che questo: i diritti, restano gli stessi di tutti gli altri. E, restando sostanzialmente in tema, aggiungerei anche questo:
In questo momento, poi, c’è una gran bagarre a proposito dei “diritti dei figli delle coppie non etero”. Credo che un disegnino sia utile per chiarire la questione in modo semplice e chiaro:
Ecco, la questione è tutta qui: un uomo non può fecondare un uomo e una donna non può fecondare una donna. Se io faccio un figlio con un uomo – direttamente o indirettamente –, se vivo con lui noi due siamo i genitori di quel bambino, se io vivo con qualcun altro, uomo o donna che sia, il bambino vive con un genitore solo. Se io sono vedova o ragazza madre e poi mi sposo con un uomo che non è il padre del bambino, quell’uomo non diventa padre del bambino sposandomi, mio figlio non viene iscritto all’anagrafe come figlio di quell’uomo. Allo stesso modo se un uomo feconda una donna – direttamente o indirettamente – e poi il bambino lo tiene lui, la persona che vive con lui non diventa sua madre se donna, o suo padre bis se uomo. È così da sempre: perché mai ciò che non è consentito per legge a un bambino che vive con una coppia eterosessuale dovrebbe diventare legale per uno che vive con una coppia omosessuale? Quindi chi ciancia di diritti dei figli di coppie omosessuali sta parlando del nulla: non esistono diritti dei figli di coppie omosessuali perché, semplicemente, non esistono figli di coppie omosessuali, tutto qui:
e i bambini di una persona che vive con un partner dello stesso sesso hanno ESATTAMENTE gli stessi diritti di qualunque altro bambino (ovviamente non dappertutto: sto parlando del mondo civile, dove tutti i bambini hanno gli stessi diritti e una minoranza sciroccata strepita perché pretende che certi bambini ne abbiano di più. Sicuramente non troveremo gli stessi strepiti per esempio nel mondo islamico, dove i diritti di donne e bambini sono pari a zero e nessuno, qui, strepita perché ne abbiano almeno un po’, tipo come da noi i cani, che se vieni beccato a maltrattarli vieni punito).
Presto, appena avrò un po’ più tempo (me ne serve per procurarmi un po’ di documentazioni che ho visto in giro e mi sembrano interessanti) riprenderò anche il discorso, già precedentemente affrontato, dell’oscena compravendita di carne umana.
aggressione razzista e omofobica di quei due infami suprematisti bianchi razzisti omofobici e, naturalmente, sostenitori di Trump (what else?).
Attore nero gay aggredito dai bianchi. Come non credergli?
Ma era tutto falso. Biden, Kamala, Pelosi e tutta la brava gente si lanciò sul caso indignata. Pensare che siamo tutti razzisti omofobi e che la società vada rieducata può tirare brutti scherzi
Si chiude il patetico caso di Jussie Smollett, la star della serie tv “Empire” (trasmessa anche in Italia), che disse di essere stato aggredito in quanto nero e gay e che invece è stato condannato da una giuria di Chicago per aver mentito alla polizia ed essersi inventato tutto. L’attore è riconosciuto colpevole di aver messo in scena l’aggressione per farsi pubblicità. Un mitomane. Caso chiuso? Non proprio. Quello di Smollett era il caso perfetto degli ideologi progressisti: bande di suprematisti bianchi che vagano per le strade della nazione cercando di attaccare gli afroamericani. Come scrive Wilfred Reilly su Unherd, tutti volevano credere all’attore. Ma i politici e le celebrità opportuniste che erano subiti saliti sul carro dei vincitori per denunciare l'”assalto” a Smollett due anni fa adesso sembrano decisamente meno rapidi nel celebrare il fatto che non vi era alcun razzismo o omofobia. Il caso non era perfetto affatto, ma in un certo senso sì per quello che ci rivela. I giornali tutti partirono all’assalto dell’America che aveva votato Trump. Perché come scrive il Wall Street Journal, “i media volevano credere a Jussie Smollett”. Nancy Pelosi, la potentissima speaker della Camera, scrisse (lo ha poi cancellato): “L’attacco razzista e omofobo a @JussieSmollett è un affronto alla nostra umanità. Nessuno dovrebbe essere attaccato per quello che è o per chi ama. Prego che Jussie abbia una pronta guarigione e che sia fatta giustizia. Possiamo tutti impegnarci a porre fine a questo odio una volta per tutte”. Poi fu la volta di Joe Biden: “Quello che è successo oggi a @JussieSmollett non deve mai essere tollerato in questo Paese. Dobbiamo alzarci e chiedere di non dare più rifugio a questo odio; che l’omofobia e il razzismo non hanno posto nelle nostre strade o nei nostri cuori. Siamo con te, Jussie”. Non poteva mancare la reginetta del wokeKamala Harris: “@JussieSmollett è uno degli esseri umani più gentili che conosca. Prego per la sua rapida guarigione. Questo è un tentativo di linciaggio dei giorni nostri. Nessuno dovrebbe temere per la propria vita a causa della propria sessualità o del colore della propria pelle”. Gli attivisti neri oggi dovrebbero essere furiosi con Smollett. Nella sua egoistica ricerca di denaro e fama, si è preso gioco dei veri crimini d’odio. Invece, Black Lives Matter dice di non credere alla colpevolezza del loro beniamino, polizia e giudici devono essere dei suprematisti bianchi!
Fin dall’inizio, c’era qualche motivo per dubitare delle affermazioni di Smollett: sostenitori di Trump che alle 2 del mattino durante una tormenta invernale vanno in giro con un cappio e candeggina? Eppure, come non credere alla storia perfetta di un attore famoso, nero e gay, aggredito da due uomini mascherati per strada (“Non sei quel frocio nero di Empire?”), inseguito, che gli mettono il cappio al collo, lo cospargono di candeggina, gli rompono una costola e li dicono “Questa è la nazione del Make America Great Again”? Poi si è scoperto che i due aggressori, che non erano bianchi ma neri, erano stati pagati da Smollett per simulare l’aggressione. Come il caso di Kyle Rittenhouse, il giovane ragazzo bianco che uccise due persone e ne colpì una terza durante le proteste a Kenosha in seguito al ferimento di un afroamericano, Jacob Blake, da parte della polizia. Lo volevano tutti colpevole, ma i giudici hanno stabilito che Rittenhouse ha agito per legittima difesa. L’attore nero non poteva aver mentito e il bianco qualunque non poteva essere innocente, questo pensava la “narrativa” liberal. Non è che molti di quelli che chiamano “hate crimes” (i “crimini d’odio”) vengono fomentati sistematicamente dal coro dei media? Il razzismo è una cosa seria, come picchiare gli omosessuali. Ma quando si pensa che tutta la società sia sistematicamente razzista e omofoba e che vada rieducata, un furbo attore esibizionista può lasciare nudi l’imperatore e i suoi scagnozzi del Quarto Potere che ordinano il giusto vivere e sentire. Giulio Meotti
Che faccia da mona
Ora, vedete, il punto non è che sono disonesti (voglio dire, certo che SONO disonesti, solo che non è questo il punto), il primo punto è che sono deficienti, loro e i loro sostenitori che chiedono appassionatamente giustizia per la povera vittima – e i deficienti non possono che fare danni. Il secondo punto è che, come in passato la ragazzina bianca che accusava il negro di averla violentata, o per giustificare qualche scappatella amorosa, o per il gusto di vedere l’effetto che fa, scatenava immediatamente la caccia al negro,così oggi le accuse inventate da un pezzo di merda non bianco scatenano irrimediabilmente la caccia al bianco fascista razzista suprematista omofobo da impiccare all’albero della piazza o linciare o bruciare vivo nella prigione in cui era stato rinchiuso per proteggerlo dal linciaggio. Non c’è niente da fare: l merda,m quando non viene sapientemente usata per concimare, si lascia irrimediabilmente tentare dall’ebbrezza del montare in scranno, da dove diffonde la sua puzza nauseabonda e fa un immane danno.
Con le ultime di cronaca (anzi, le penultime: le ultime arriveranno domani).
Il verdetto di Derek Chauvin sigilla il patto del diavolo tra l’America e BLM
I radicali vogliono usare il processo nello stesso modo in cui hanno usato la morte di George Floyd.
Questo articolo è adattato dal commento di apertura di Tucker Carlson dell’edizione del 21 Aprile 2021 di “Tucker Carlson Tonight”.
L’ex ufficiale di polizia Derek Chauvin è stato condannato martedì per tutti i capi d’accusa. Il processo è andato avanti per più di un mese. A volte, la testimonianza è stata complessa e tecnica. Ma al centro del caso, c’era sempre solo un pezzo di provarilevante: la videocassetta della morte di George Floyd in una strada di Minneapolis lo scorso maggio. Se non avete visto il nastro di recente, rimane scioccante come il giorno in cui è stato girato. Guardatelo, e potrete vedere che George Floyd sa in qualche modo che sta per morire, e alla fine, lo fa. È sconvolgente. Milioni di americani l’hanno visto e sono rimasti inorriditi. Molti hanno deciso mentre lo guardavano che l’agente Chauvin deve aver commesso un atto di brutalitàcriminale. Quindi non è davvero sorprendente che la giuria abbia concluso la stessa cosa. Le immagini di quel nastro sembravano raccontare tutta la storia. Infatti, anche se nessuno fuori dall’aula avesse visto quel nastro, è possibile che Derek Chauvin sarebbe stato comunque condannato. Il nastro è così potente. È assolutamente possibile. Sfortunatamente, non lo sappiamo. Possiamo solo specularci sopra, perché alla fine non è quello che è successo realmente. Il video di George Floyd ha fatto il giro del mondo. È diventato il fulcro di un nuovo movimentopolitico. Gli attori politici sfruttaronol’emozione per quel video e la morte di Floyd per controllare il paese e cambiarlo per sempre. E poi, e questa è la chiave, nell’ultimo mese, alcune di queste stesse persone sono andate oltre. Hanno lavorato per cambiare il risultato del processo di Derek Chauvin. Questa è l’unica cosa che non possiamo mai permettere, indipendentemente da come ci sentiamo su un caso specifico. I paesicivilizzati hanno sistemi di giustiziaimparziali. Questo è il loro segno distintivo. È ciò che separa i paesi in cui vorresti vivere da quelli che non vorresti nemmeno visitare. I paesi civilizzati richiedono, soprattutto, che ogni cittadino sia tenuto allo stessostandard di legge di ogni altro cittadino – e questo vale indipendentemente da quanto popolare o impopolare possa essere un particolare imputato. Si applica a prescindere dal presunto crimine. I paesi civilizzati non tolleranol’intimidazione della giuria. Se la vedi, la fermi. Non permettono alla minaccia di violenza di influenzare l’esito di un processo, mai. In nessuna circostanza. Sarebbe l’opposto della giustizia. Sarebbe la legge della folla. L’America si sforzava di essere così. Eppure, proprio martedì, abbiamo visto il presidente degli Stati Uniti dare il suo sostegno all’accusa di Chauvin anche quando la giuria di Minneapolis stava ancora deliberando sul caso. Abbiamo visto uno dei più potenti membri del Congresso dire a un gruppo di personearrabbiate che avrebbero dovuto agire con violenza se la giuria avesse osato assolvere. Abbiamo visto la città di Minneapolis riconoscere la responsabilità per la morte di GeorgeFloyd proprio nel mezzo del processo, prima che l’avvocato di Chauvin potesse persino riassumere il suo caso. Più inquietante di tutto, abbiamo visto dei teppisti minacciare di morte un testimone della difesa – spargendo sangue sulla porta di quella che pensavano fosse la sua casa – e poi farla franca. Nessuna autorità sembrava particolarmente interessata a catturarli.
Sono stati attiterrificanti. Non importa se pensate che Derek Chauvin sia colpevole e meriti quello che ha avuto. Non importa per chi avete votato. Non importa cosa pensiate di qualsiasi altra cosa. Vedere le folle che cercano di influenzare questo processo dovrebbe scioccarvi e inorridire almeno quanto il video di George Floyd. Questo è un paese che si muove all’indietro, e ad alta velocità [ossia a quando venivano minacciati (e se del caso attuati) sfracelli se qualcuno avesse osato spendere una parola a favore del negro accusato – o anche solo sospettato – non importa se a ragione o a torto, di avere violentato una ragazza bianca. E tutti noi siamo convinti che fossero tempi orribili; come mai qualcuno trova che la stessa identica cosa, a parti invertite, sia invece sacrosanta?]. Ma la cosa strana è che la maggior parte delle persone non sembra né scioccata né turbata da tutto questo. Sembravano sollevati dal verdetto. Avevano, naturalmente, visto gli edificidistrutti. Hanno visto le truppe per le strade. Avevano capito molto bene cosa avrebbe significato un’assoluzione. Credevano che una condanna, giustificata o no, avrebbe comprato la pace nel paese. Molte persone lo pensavano, e non solo i cinici. La maggior parte della gente, compresi molti Repubblicani, lo diceva. Se avessimo obbedito a Maxine Waters e ignorato il sangue di maiale, si sperava che il caos sarebbe finito. E si poteva capire perché si sentivano così. Dopo 11 mesi di violenza e intimidazione per lo più incontrollata da parte di BLM, gli americani hanno deciso di pagare il riscatto. Hanno inteso Derek Chauvin come un sacrificio per i peccati di una nazione. In televisione, ci hanno detto che questo era il caso, e nei termini più chiari. L’America è sottoprocesso, ci hanno detto. Non è solo Chauvin, un poliziotto di Minneapolis alla sbarra. Siamo tuttinoi – la nostra storia, la nostra cultura, il nostro sistema. L’abbiamo interiorizzato e l’abbiamo assecondato. Ma siamo stati sciocchi ad assecondarlo. Un paese saggio si regge sui suoi principi. Affronta le folle urlanti. Non obbedisce alle folle perché le folle non sono maisazie. Non importa quali richieste tu esegua, loro chiederanno sempre di più. E ora infatti chiedono di più, non a caso. Ecco le due persone più potenti degli Stati Uniti reagire al verdetto. Tenete a mente che nessuno ha mai dimostrato che la razza o il colore della pelle abbia giocato un ruolo nella morte di George Floyd. Se avete guardato il processo, lo sapete. Ma queste persone non hanno guardato il processo. Non sono interessati ai dettagli. Il loro piano è di usare il processo come hanno usato George Floyd.
Kamala Harris: “Una misura di giustizia non è la stessa cosa di una giustizia uguale. Questo verdetto ci porta un passo avanti e il fatto è che abbiamo ancora del lavoro da fare. Dobbiamo ancora riformare il sistema.”
Joe Biden: “Nessuno dovrebbe essere al di sopra della legge. E il verdetto di oggi manda questo messaggio. Ma non è abbastanza. Non possiamo fermarci qui.”
“Manon è abbastanza. Nonpossiamofermarciqui“. “Dobbiamo riformare il sistema“. Non dicono come, ma il loro intento è evidente. Fanno sul serio. Così si scopre che la condanna di Derek Chauvin non è stata la fine della rivoluzione. Non è stata la fine di ciò che abbiamo visto nell’ultimo anno dalla morte di George Floyd. Era solo l’inizio della rivoluzione. Il procuratore generale ha annunciato che l’indagine sulla morte di George Floyd – supervisionata, presumibilmente, dalla razzista dichiarata Kristen Clarke della Divisione dei Diritti Civili – è “in corso”. In corso? Non abbiamo appena avuto un processo di un mese che ha presentato tutte le prove? Sì, l’abbiamo fatto. Ma ancora una volta, quello era solo l’inizio. Quindi cosa possiamo aspettarci dopo? Difficile saperlo esattamente, ma ci sono dei segnali. Gli attivisti di BLM, per esempio, hanno celebrato il verdetto su Chauvin a New York. George Floyd è morto a 1.200 miglia da New York, in una regione completamente diversa. Presumibilmente, non conoscevano Floyd. Probabilmente non hanno assistito al processo. Ma per gente come questa, la giustizia per George Floyd non è il punto. Il punto è un conflitto etnico senza fine.
I manifestanti hanno urlato “Stay the f— out of New York“, “Non vi vogliamo qui”, “Non vogliamo i vostri c—o di soldi” e “Non vogliamo le vostre c—o taqerias di proprietà di c—ni di uomini bianchi!” fuori da un ristorante di Brooklyn. Le persone con il colore della pelle sbagliato ora devono lasciareNew York City. Non possono possedere ristoranti. Questo è quello che hanno appena detto. Tutti fanno finta di non notare che l’hanno detto, ma l’hanno fatto. Il punto è che la gente non parlava così in pubblico e quando lo faceva veniva come minimo rimproverata. Non si può avere una nazionemultietnica unita se la gente urla cose del genere per strada senza che nessuno sia in disaccordo con loro. Allora perché lo stanno facendo ora? Lo stanno facendo per una semplice ragione: ottiene risultati. Il radicalismo funziona. La violenza funziona. Questa è la lezione. Abbiamo insegnato alla folla questa lezione. E almeno un attivista del BLM è disposto a dirlo ad alta voce: L’attivista BLM Hawk Newsome: “È stato un misto di protestaviolenta e non violenta che ha portato a questo risultato. Questa è la linea di fondo. L’America non ci ascolta quando marciamo pacificamente. Non sto dicendo che la gente tornerà in strada, ma l’America deve sapere che se continuate a permettere che ci uccidano per strada senza giustizia, noi scateneremol’inferno in America.”
È così semplice: le protesteviolente ottengono risultati. Questa è una minaccia, ovviamente. Ma è anche, purtroppo, vero. I disordinifunzionano. Quando si bruciano le città, si ottiene ciò che si vuole. Ti arricchisci con le elargizioni delle aziende. Ottieni i verdetti della giuria che hai richiesto. I rivoltosi lo sanno molto bene, anche se il resto di noi non lo ammette. Permettendo di dare fuoco ai Wendy’s, di saccheggiare Macy’s e di distruggere le stazioni di polizia, noi altri abbiamo rinunciato al nostro potere di cittadini e lo abbiamo consegnato alle persone più violente, irragionevoli e meno produttive del paese. Perché dovremmo fare una cosa del genere? Forse gli storici saranno in grado di spiegarlo. Nel frattempo preparatevi per la prossimafase. Ma, ancora una volta, non illudetevi. La condanna di Derek Chauvin non ha regolato i conti. Ha semplicemente aumentato il debito. Il razzista accademico del Partito Democratico, Henry Rogers – ora noto come Ibram X. Kendi – ci ha fatto sapere che Derek Chauvin era solo l’inizio. La trasformazione nazionale è in arrivo. Ibram X. Kendi: “E adesso? Chauvin è diretto in prigione, ma l’America è diretta verso la giustizia? La giustizia sta condannando un poliziotto o l’America? È facile dare la colpa a singoli agenti come Derek Chauvin, ma il problema è strutturale. Il problema è storico… La giustizia ha condannato l’America. Ora dobbiamo mettere solo il tempo per trasformare questa nazione.”
[lo so che non sta bene, ma… sarà poco brutto?]
Quindi, siamo stati tutticondannati per omicidio. E a proposito, non potete incolpare Ibram X. Kendi. Quel tipo ha ricevuto molti milioni di dollari dai nostri capitani d’impresa. È stato incubato all’interno dell’accademia. Forse stai pagando la retta per contribuire al suo stipendio. Perché lo stai facendo? Perché il resto di noi lo fa mentre lui chiede di punirci per un omicidio che non abbiamo commesso? Quindi questa trasformazione che Ibram X. Kendi chiede, come sarà esattamente? Qual è la forma di questa riforma che verrà? Bree Newsome ha alcune idee. Newsome è una delle più famose attiviste BLM del paese. Mercoledì mattina, ha annunciato che d’ora in poi gli agenti di polizia non dovrebbero essere autorizzati a interrompere le faide con i coltelli.
“Gli adolescenti hanno fatto risse, comprese quelle con i coltelli, per secoli. Non abbiamo bisogno che la polizia affronti queste situazioni presentandosi sulla scena e usando un’arma contro qualcuno degli adolescenti.”
“Tutti dovrebbero essere spaventati dal fatto che l’élite [bianca] al potere abbia fatto un lavoro così ben riuscito non solo per disconnetterci dai mezzi di autosufficienza di base, ma anche per convincerci che abbiamo bisogno di ufficiali [bianchi] armati per gestire i nostri figli e le comunità”
ha scritto su Twitter. Potete girare gli occhi dall’altra parte, a Ibram X. Kendi, o al presidente e alla vicepresidente, o a Bree Newsome e a persone come lei, ma state pur certi che l’amministrazione Biden non lo farà. Prende ogni parola molto seriamente. E ciò significa che il vostro quartiere potrebbe presto vedere riforme come questa. Cosa succederà allora? Beh, se vivete in un quartiere benestante, starete assolutamente bene, perché assumerete la sicurezza privata. E ci saranno molti poliziotti americani desiderosi di diventare guardie di sicurezza private perché pagano meglio e non devono ascoltare Ibram X. Kendi. Ma per tutti gli altri, cosa succederà? Bene, ecco alcuni dati, e vengono da, tra tutti i posti, il sito web Vox, che cita il seguente studio:
“Dal 2014 al 2019, [un ricercatore] ha monitorato più di 1.600 proteste BLM in tutto il paese, in gran parte nelle grandi città, con quasi 350.000 manifestanti“. Il risultato è stato che ci sono state “circa 300 sparatorie mortali per mano della polizia in meno nei luoghi del censimento che hanno visto le proteste di BLM“.
OK, ma ecco il costo di tutto questo: “[Lo studio] indica anche che queste proteste sono correlate con un aumento del 10[%] degli omicidi nelle aree che hanno visto le proteste del BLM. Ciò significa che dal 2014 al 2019, ci sono stati da qualche parte tra 1.000 e 6.000omicidi in più di quanto ci si sarebbe aspettato se i luoghi con le proteste avessero avuto la stessa tendenza dei luoghi che non hanno avuto proteste”.
Ascoltare la matematica? Grazie a BLM, dice questo ricercatore, la polizia ha sparato a circa300 sospettiin meno. In cambio, ci sono stati fino a 6.000 nuovi omicidi, molti di innocenti e bambini. Questo è il patto che abbiamo fatto, ed abbiamo appena raddoppiato. (qui)
(perché voi di un campo di grano non ne sapete niente, e allora ve lo racconto io). E cominciamo con l’ennesimo scandalo a corte.
“Boicottiamo la regina Elisabetta, è razzista”
Così la fondatrice di Black Lives Matter, Opal Tometi. Si occupasse di schiave nigeriane, anziché di far inginocchiare la regina 95enne che sta lì da quando Hitler bombardava Londra [e lei difendeva la civiltà dalla barbarie nazista facendo la camionista per l’esercito, a 18 anni]
La fondatrice di Black Lives Matter chiede il boicottaggio della famiglia reale dopo le accuse di razzismo alla casa reale da parte di Meghan Markle, che sostiene Black Lives Matter. La scrittrice e attivista Opal Tometi ha esortato a rivoltarsi e a cancellare la monarchia inglese perché non sosterrebbe le persone di colore. Nessuna meraviglia. I fondatori di Black Lives Matter hanno ammesso di essere degli ideologi marxisti. Vi spiccano ex membri dei Weather Underground, un gruppo terroristico della sinistra radicale che, negli anni Sessanta, tentò di scatenare una rivoluzione comunista negli Stati Uniti. Black Lives Matter afferma di voler abolire la famiglia, la polizia, le prigioni, l’“eteronormatività” e il capitalismo. Per loro, i Windsor sono solo un altro simbolo del “suprematismo bianco”. Tometi, nata in America da genitori nigeriani, dice di essersi ispirata per Black Lives Matter dalla storia della sua famiglia. Per servire davvero la causa della dignità, dell’antirazzismo e difendere le persone di colore potrebbe tornare a guardare a quel che accade in questi giorni in Nigeria, dove migliaia di donne e bambine vengono rapite. Sarebbe una causa ben più nobile e urgente della mascalzonata contro una regina che sta per compiere 95 anni e che sta lì da quando Hitler bombardava Londra, teneva discorsi alla radio e serviva come ausiliaria nell’esercito inglese, l’unico che tenne testa al nazismo fra le tante monarchie e paesi europei. In alternativa, che ne diciamo di boicottare noi Black Lives Matter? Giulio Meotti, qui.
Certo che se un’attricetta arrivista (il suo primo marito era un produttore) incontra un nazistoide,
non è molto facile che ne esca qualcosa di buono. Però guardate come piange poverina, incurante del trucco che si scioglie e cola giù da tutte le parti!
L’agente Jesse Madsen, che nella sua vita dedicata alla Nazione ha prestato servizio nel Corpo dei Marines, decorato in combattimento, e nella Guardia Nazionale della Florida oltre che in altre tre unità di polizia prima di raggiungere il dipartimento di polizia di Tampa, martedì mattina è morto gettandosi intenzionalmente sulla traiettoria di un veicolo fuori controllo, alla cui guida c’era un ragazzo alterato da droghe, per proteggere l’incolumità di altri automobilisti. Nella sua onorata carriera Madsen aveva già vinto sette premi per aver salvato vite di persone di ogni etnia e colore. Per me il giornale unico si guadagnerà un minimo di credibilità solo quando, oltre ad inginocchiarsi per dei criminali, si occuperà anche di storie come quelle dell’agente Jesse Madsen che lascia una moglie e tre figli, di 16, 12 e 10 anni. Ora e per sempre: Blue Lives Matter
Ma queste cose è difficile che facciano notizia. Un po’ come per i palestinesi: se non sei terrorista e se non ti ammazza un israeliano vali meno di zero, e nessun giornale ti dedicherà mezza riga. A proposito: se a causa delle criminali politiche del nostro governo vi ritrovate con l’attività chiusa, zero entrate e una famiglia, oltre a voi stessi, da mantenere, e siete disperati e non sapete dove sbattere la testa, vi posso dare un buon suggerimento: andate in Israele e fate fuori un po’ di ebrei. E se avete tanti figli da mantenere, cercate di ammazzarne tanti:
Restando in America, vi ricordate quel detto secondo cui “Tu sai cento parole, il padrone ne sa mille: per questo il padrone è lui”? Ebbene sì, sapere tante parole è straordinariamente utile in politica:
E sempre a proposito di parole
Passiamo ora al nuovo proibizionismo.
Roma. Il clima è quello in cui il più celebre fumettista americano, Theodor Geisel, “Dr. Seuss”, scomparso nel 1991 e che ha venduto 650 milioni di copie di libri per l’infanzia, fra cui “Il Grinch”, è diventato infrequentabile. Sei libri del Dr. Seuss non verranno più stampati a causa di “immagini razziste” e sono stati ritirati dalle scuole della Virginia, dal portale di vendite eBay e dalla Chicago Public Library. Appena sei anni fa, Michelle Obama aveva portato uno dei libri del Dr. Seuss alla Casa Bianca, “The cat in the hat”. Oggi l”`Iliade”, “Le avventure di Huckleberry Finn”, “Il buio oltre la siepe” di Harper Lee e “Uomini e topi” di John Steinbeck vengono ritirati da molte scuole, mentre “Tintin in Congo” di Hergé, scrive il New York Times, “è diventato praticamente introvabile negli Stati Uniti”. Allo stesso modo i libri di Richard Scarry, il prolifico autore e illustratore di libri per bambini che ha venduto 160 milioni di copie, sono stati “rivisti” per riflettere l’uguaglianza di genere. Così un orso poliziotto è diventato un orso femmina e una gatta che spinge un passeggino è diventata un gatto. Nel 2018 e nel 2019, la Toronto Public Library ha ricevuto numerose richieste di rimozione di libri. Come “Good Dog Carl and the Baby Elephant”, perché in esso “i bambini piccoli vengono lasciati incustoditi in uno zoo e interagiscono con animali selvatici, concetti obsoleti”. Volevano che il libro fosse rimosso dalla collezione dei bambini e che la biblioteca “distruggesse tutte le copie”. Racconta il National Post che “Peter Pan è stato rimosso dalla Toronto Public Library”. Il libro di J. M. Barrie è stato collocato in una sala speciale di lettura di titoli controversi, accusato di contenere “molti stereotipi grotteschi, scene di appropriazione culturale e dialoghi offensivi”. In Unione Sovietica avevano le “spezkhran”, i fondi speciali delle biblioteche. Libri con il timbro “per uso di servizio”. Lo slogan era: “Meglio vigilare troppo che poco”. Alla biblioteca di Leningrado, ogni libro aveva una, due o tre stellette a seconda del “rischio” che rappresentava. C’erano i romanzi di Balzac, George Sand, Emile Zola e Ibsen, perché “quasi tutti i personaggi dei suoi drammi danno vita a una dura protesta contro la struttura sociale”. Qualche giorno fa, sul New York Times, Pierre Nora, che in Francia ha diretto il Débat, ha attaccato così la cancel culture: “Alcuni di noi sono abbastanza vecchi da avere echi in testa di Goebbels che disse: `Quando sento la parola `cultura’, metto mano alla pistola”. Giulio Meotti, qui.
E contro il proibizionismo ci resta un’unica difesa: il contrabbando:
E veniamo alla peste, che più che i polmoni dei pazienti sembrerebbe devastare i cervelli di chi governa e decide.
Mi ha appena telefonato un mio amico fraterno che mi ha raccontato un episodio molto sintomatico dei tempi bizzarri che stiamo vivendo. Ieri, a Verona, si è recato in un albergo dove alloggiava un suo amico per incontrarlo nella hall: è entrato, munito di mascherina ormai di ordinanza, si è sottoposto al rito della misurazione della febbre, superando brillantemente il test. Poi ha trovato ad attenderlo l’amico: i due si sono salutati e stavano per accomodarsi sul divano della sala per poter parlare, quando l’addetta alla reception, sia pure con modi cortesi, li ha invitati ad uscire dall’edificio, in quanto le disposizioni anticovid per la zona arancione, impedivano che un ospite si trattenesse all’interno dell’hotel con una persona proveniente dall’esterno. I due, sorpresi, si sono dovuti adeguare, ma prima di andarsene, il mio amico ha chiesto: “Ma se io prendessi adesso una stanza in questo hotel, potrei restare? Non ci sarebbe più pericolo di Covid?’” La ragazza, visibilmente imbarazzata, ha annuito. Dal bizzarro mondo dell’anno uno d. C. (dopo Covid) è tutto. E scommetto che ci sarà qualcuno che troverà queste regole perfino sensate… Stefano Burbi
Certo, perché la prudenza non è mai troppa e la cosa migliore da fare è obbedire
anzi, come dice il motto, “Usi obbedir tacendo e tacendo morir”.
Purtroppo però, se il virus devasta il cervello dei governanti ed “esperti”, le scelte di questi ultimi devastano la vita, la salute e la psiche dei sudditi sani:
L’esplosione della violenza tra i più giovani è legata, secondo molti esperti, all’effetto combinato delle restrizioni e del quasi azzeramento della vita sociale sotto pandemia. In Francia il coprifuoco è in vigore da ormai cinque mesi, situazione inedita dalla fine della seconda guerra mondiale. Appello del governo per trovare soluzioni
Soluzioni? Usare aeroplani militari per irrorare le città con sedativi nebulizzati, o smetterla con i lockdown. (qui)
Se poi guardiamo in questo grafico l’andamento della mortalità in cinque Paesi, di cui quattro con segregazione e uno no…
E non si venga a parlare di diversa densità di popolazione: Stoccolma ha una densità maggiore di quella di Milano!
Ma forse la colpa in realtà non è del governo, bensì
Concludo con due note positive: una è che se alle prossime elezioni (2022, 2032, 2042, quello che sarà, ma insomma prima o poi dovranno pure arrivare, no?) voteremo tutti in massa Giorgia Meloni, succederà una cosa bellissima
L’altra è che il giudice di Berlino ha nominato un suo rappresentante a Reggio Emilia
Il Tribunale di Reggio Emilia: un atto amministrativo non può limitare la libertà personale di movimento, è contrario alla Costituzione un obbligo generalizzato a restare nella propria abitazione. (qui)
Ecco cosa sta davvero accadendo in America: gli ultimi giorni di Jake Gardner
La notte del 31 maggio scorso, Jake Gardner, 38 anni, ex Marine e veterano disabile dell’Iraq, è al lavoro nel suo bar The Hive, di Omaha, Nebraska, quando vede suo padre spintonato da un gruppo di manifestanti al di fuori del locale. Sembra che il gruppo stesse lanciando sassi e rompendo vetrate, e che l’anziano li avesse ripresi. Gardner esce dal locale e confronta il gruppo, che diventa aggressivo. Li avverte che è armato e che vuole solo essere lasciato in pace. Le minacce continuano. Gardner gli mostra la pistola che tiene nella cintura e avverte ancora di lasciarlo in pace, mentre indietreggia. Due manifestanti gli saltano addosso facendolo cadere per terra. Gardner estrae la pistola e spara due colpi di avvertimento. I due uomini fuggono. A questo punto, mentre Gardner è ancora a terra, James Scurlock, 22 anni, gli salta addosso alle spalle passandogli un gomito intorno alla gola. Passano alcuni secondi, Gardner non riesce a liberarsi. Punta la pistola alle sue spalle e spara colpendo Scurlock alla clavicola, uccidendolo. Scurlock aveva precedenti per rapina, violazione di domicilio, possesso illegale di arma da fuoco e aggressione. All’autopsia risulterà positivo a cocaina e metanfetamina. Subito voci iniziano a circolare sui social media che un “white supremacist” ha ucciso un ragazzo di colore. Poche ore dopo la polizia di Omaha conferma che Gardner è sotto custodia. Iniziano le indagini tra le proteste degli attivisti. Gardner viene istantaneamente accusato di essere un “noto suprematista bianco”, e si inizia a scavare nel suo social media footprint. Gardner è un sostenitore di Trump, nel 2016 partecipò alla sua inaugurazione presidenziale. Esiste un video in cui viene intervistato a Washington DC, esprimendo sia il suo supporto al presidente, sia per il diritto a manifestare delle donne della Woman’s March. Il suo bar, The Hive, ha spesso ospitato eventi del locale Partito Repubblicano. Una volta, in un post su Facebook si è lamentato che i clienti transgender pre-op usassero il bagno delle donne, invece di quello unisex. “Non credo sia chiedere molto”, aveva detto. Gira voce che il suo porto d’armi fosse scaduto, cosa che non trova conferma, ma viene considerato dagli attivisti online una prova di “white privilege”. I membri della rock band 311, sul cui tema The Hive è modellato, condannano pubblicamente Gardner su Instagram. Alla conclusione delle indagini, il procuratore distrettuale Don Kleine conclude che Gardner ha agito per legittima difesa. Gli attivisti esplodono su internet, minacciando rivolte e ritorsioni. Black Lives Matter mette sotto assedio l’abitazione del procuratore e fa pressioni sul sindaco e sul governatore perché l’indagine venga riaperta. Il proprietario dell’edificio in cui è situato The Hive sfratta Gardner dopo ripetuti appelli online a dargli fuoco da parte degli attivisti. Gardner viene sfrattato anche dal suo appartamento. L’indirizzo di casa dei suoi genitori viene reso pubblico, così come pure quello degli amici che gli mostrano solidarietà e delle loro famiglie. Alla fine, il procuratore Kleine cede. Dichiara che “in questa rara circostanza” accetterà una “revisione esterna”. Il giudice assegna il caso ad un procuratore speciale, Frederick Franklin, membro di una associazione legale di soli afroamericani. Rivisto il caso, Franklin accusa Gardner di omicidio preterintenzionale, tentato assalto, uso di un’arma da fuoco a scopo criminale, e terrorismo. L’accusa verte su un post lasciato da Gardner su un social media: “Just when you think ‘what else could 2020 throw at me?’ Then you have to pull 48 hours of military style firewatch”. Firewatch è un termine militare che significa essere in servizio. Franklin interpreta il post come una forma di vigilantismo. E sul fatto che Gardner abbia intimato agli assalitori di suo padre di lasciarli in pace facendo presente di essere armato. Cosa che Franklin interpreta come una minaccia. Il Grand Jury conferma le accuse. Gli amici di Gardner fanno partire diverse sottoscrizioni per la sua difesa legale su GoFundMe e altre piattaforme. Tutte vengono chiuse in seguito alle proteste degli attivisti. La sottoscrizione su GoFundMe per la famiglia di Scurlock raccoglie circa 65 mila dollari. Lunedì 21 settembre, il giorno prima di doversi consegnare alla legge per subire il processo, solo, senza casa, senza lavoro, senza denaro per la cauzione o per una difesa legale, Jake Gardner si uccide con un colpo di pistola. Online alcuni degli attivisti che avevano condotto la campagna contro Gardner celebrano la sua morte. Altri si rammaricano di come abbia trovato il modo per sfuggire alla giustizia.
Bancarotta morale, bancarotta sociale, bancarotta legale. Non credo ci siano parole sufficienti per commentare un simile sfacelo. Ma anche noi, nel nostro piccolo, ci diamo da fare, col governo che ha deciso di vendere i nostri culi all’islam.
L’ultima follia del governo: “Stop alla cultura se offende l’Islam”. Lega e Fratelli d’Italia sulle barricate
Ratificata la convenzione di Faro sul patrimonio culturale. Protestano le opposizioni
23 settembre 2020
Stop alla fruizione dell’arte se rischia di “offendere” le culture altrui. E’ uno dei passaggi della Convenzione di Faro approvata dalla Camera dei deputati tra le proteste dei partiti dell’opposizione. “Con l’approvazione alla Camera della Convenzione di Faro che introduce il concetto della necessità di porre limitazioni della fruizione del nostro patrimonio artistico e culturale per non offendere altrui culture siamo alla più clamorosa resa culturale della nostra civiltà. La sottoscrizione è la Caporetto di una civiltà. La nostra civiltà si fonda sulla libertà della espressione artistica e culturale. La nostra identità culturale e artistica non può essere oggetto di mediazioni. Ancora una volta il governo giallorosso rappresenta la punta più avanzata della cessione identitaria e della sottomissione culturale. Noi difenderemo sempre l’identità italiana e, se qualcuno si sente offeso dai simboli della nostra cultura, ha un solo modo per non sentirsi offeso: scegliere altre Nazioni dove vivere”. Lo afferma Andrea Delmastro, deputato di Fratelli d’Italia e capogruppo FDI in commissione Esteri. Furiosa anche la Lega: “Con tutti i problemi che hanno gli italiani, i lavoratori e il paese, oggi il Parlamento non viene impegnato a risolverli, ma ad approvare una convenzione che svenderà il nostro patrimonio artistico all’Islam. Dietro l’apparenza delle buone intenzioni, si darà di fatto la possibilità di censurare la nostra arte se altre comunità o singoli si sentiranno offesi come, ad esempio, la comunità islamica. La Convenzione di Faro è un provvedimento gravissimo e pericoloso. Non a caso a ratificarlo è l’Italia e non la Francia, la Grecia o la Gran Bretagna. Un’arma geoculturale potentissima in grado, se utilizzata da alcuni, di cancellare la nostra identità e la nostra libertà” attaccano i parlamentari della Lega Lucia Borgonzoni, responsabile Cultura del partito, e Paolo Formentini, vicepresidente della commissione Affari esteri della Camera. (qui)
Si noti, per inciso, che nessuno degli ebrei che da oltre duemila anni vivono in Italia ha mai protestato per crocifissioni o Madonne con Bambino o nudi più o meno integrali, che pure turbano non poco gli ortodossi, meno che mai minacciato sfracelli, menissimo che mai attuato sfracelli, quindi non stiamo parlando di “altrui culture”, bensì di un’unica cultura: quella di chi ci ha invaso e ora pretende di dettare legge, e di fronte alla quale il nostro governo mette tutti noi a pecorina. E se ci ammazzano, pazienza.
Un fantasma si aggira per l’Europa, un nemico invisibile: e no, non è il coronavirus
Nelle ultime settimane, il nemico invisibile che circola liberamente sulle strade delle nostre città, il fantasma, verrebbe da dire, che si aggira per l’Europa, ha ricominciato a colpire. Duramente. Certo, voi lo vedete sempre di più così, in maniera un po’ folcloristica, coi suoi abiti lunghi, il copricapo, la barba lunga, in alcuni quartieri è anche colorato e vivace (lui, non le loro donne, costrette al nero e a nascondersi sotto scafandri ingombranti e punitivi). E perché dovrebbe darci fastidio? Vi dite da bravi cittadini responsabili e accoglienti. Però voi non vedete la sua parte invisibile, quella che sfugge perché si mescola alla perfezione nelle nostre allegre società multirazziali. O multirazziste, se preferite. È una parte che colpisce senza distinzione di spazio-luogo, e innescandosi in un tempo random imprevedibile. Sceglie le vittime a caso, come a Birmingham, dove circolava con un cappellino da baseball, che potrebbero indossare milioni di giovani neri o bianchi, una felpa col cappuccio che fa tanto V for Vendetta e un coltello in tasca. Un morto e sette persone ferite, scelte a caso, nella zona della movida di Selly Oak. Le autorità, che sono complici ormai del nemico invisibile, si sono affrettate a dire che non c’è matrice religiosa, ma voi, ipocriti lettori come me, ipocrita scrittore, sapete che il nemico si ispira al suo testo sacro. E che i capi che portano avanti la lotta all’Occidente e all’uomo bianco – in combutta con la sinistra internazionalista che oggi si riconosce sotto il disgustoso simbolo marxista del pugno chiuso di Black Lives Matter – hanno scelto la guerriglia di basso profilo. Andare, come fantasmi, mimetizzarsi, confondersi fra la folla e colpire a casaccio. Non preoccupatevi, dicono quei capi, avete la copertura mediatica adeguata e soprattutto la copertura delle autorità che non vi torceranno un capello (se non per dare un po’ di fumo negli occhi al pubblico terrorizzato; poi i processi arriveranno, sì, forse, chissà; tanto nessuno verrà mai a saperlo perché i mass media amici non riporteranno la eventuale condanna). Il nemico invisibile ha colpito anche in Italia, Paese che i poveri cittadini in mascherina e guanti, e in attesa del microchip nel cervello del mio mito Elon Musk, stanno ormai abbandonando a sé stesso. Mi verrebbe da dire, ai miei concittadini in mascherina, guanti e terrore negli occhi del virus invisibile (o teleguidato): dai dai che sta arrivando il mio mito Elon, e vi toglierà l’impaccio orrendo di dover vivere una vita autonoma e responsabile, non dovrete più decidere per voi, riceverete direttamente i comandi nei neuroni cerebrali. Vuoi mettere che manco più la tv dovrete accendere? Il nemico invisibile, dicevo, ha colpito a Como. Il prete degli ultimi, il prete dei diseredati che aiutava, il prete umanissimo e di manzoniana memoria. Il nemico invisibile ha agito seguendo alla lettera i dettami del suo testo sacro che spiega nel dettaglio come conquistarsi la fiducia del nemico e colpirlo proprio nel momento più imprevedibile. Zac, una nuova coltellata in strada, senza motivo (il motivo estorto dagli inquirenti dopo l’arresto del soggetto, definito subito malato di mente, non conta assolutamente nulla; serve a Barbara d’Urso e ai suoi ospiti per farci una puntata mentre si cucinano le lasagne della domenica itagliana). Il nemico invisibile segue una precisa strategia di guerriglia. Mimetizzarsi. Confondersi. A volte pure integrarsi alla perfezione nel tessuto sociale. Poi, quando meno se lo aspettano (quando meno ce lo aspettiamo noi ipocriti lettori e scrittori) zac, colpirlo. Stessa dinamica seguita in Svizzera, ai danni di un povero ragazzo portoghese a cena con la ragazza. Vittima scelta a caso, testo sacro come riferimento, e arma bianca ritrovati con lui. Sgozzamento, violenza nemmeno più disumana, trans-umana, forse. Il poveretto è morto dissanguato davanti alla ragazza. Nessuno, fra i media complici del nemico, ne ha parlato. Chiaro, non vorrete disturbare adesso che il virus sembra rinascere dalle sue ceneri come una Fenice (non araba, per carità, dovessimo andare incontro a censura). Vedete, io sono convinto che la guerra è ormai persa. A dimostrazione di quanto dico, c’è il clima di restrizioni “per ragioni sanitarie” che hanno trasformato il nostro mondo in una versione occidentale del mondo del nemico: una vasta landa di desolazione, gente mascherata col volto coperto, come dottrina religiosa del nemico impone, terrorizzata dall’aria che respira, dall’altro che si avvicina; la musica (elemento fondamentale che il nemico detesta) è sospesa; il divertimento, lo stare assieme (se non per ‘eventi’ decisi dai partiti politici), le feste, le discoteche, cinema e teatri (riaperti più per far vedere che… ma di fatto vuoti), ogni elemento che infastidisce il nemico invisibile è stato colpito al cuore. Nei quartieri di periferia s’avanzano le truppe cammellate, nei quartieri non più di periferia si affacciano per guardarsi intorno e capire come possono conquistare. In Francia si parla apertamente di porzioni di territorio che il nemico invisibile rivendica. Nel frattempo, timidi segnali di risveglio si intuiscono qua e là. Rasmus Paludan, che i media si sono sbrigati a tacciare di estremismo di destra, ha platealmente bruciato il testo sacro del nemico, causando scontri anche in Svezia, a Malmö, città ormai quasi persa [quasi?], territorio conteso, enclave in trincea. Il presidente francese Macron, in occasione dell’inizio del processo contro l’attentato alla redazione di Charlie Hebdo, ha detto che in Francia c’è libertà di parola financo di blasfemia (perbacco!). Poca roba. Servirebbero non azioni dimostrative, parole così, dette perché fa l’effetto di una difesa arcigna. Servirebbe ben altro, servirebbe rispondere con una violenza cento volte maggiore alla loro, come diceva il direttore panciuto di quel giornale che oggi è diventato il secondo foglio di riferimento del governo giallo-rosso. È triste assistere alla sconfitta del genere umano che di più ha apportato all’evoluzione della specie. Noi bianchi, occidentali, europei con radici giudaico cristiane. Triste perché quello stesso esemplare ha dimostrato di possedere un senso di colpa innato che altre razze (o etnie che si voglia) non possiedono. Ed è per questo che vinceranno. Anzi che hanno già vinto.
E poi il terrorismo sanitario del virus, già. Terrorismo della specie peggiore: quello che sono riusciti a far introiettare a un sacco di gente, che continua a vivere come se la morte galleggiasse nell’aria pronta a colpirli in ogni momento, che vivono come “normale” questo incubo orwelliano in cui siamo stati scaraventati, che si astengono dai contatti umani, che marciano fieramente per la strada con la mascherina inastata, non importa quanto lontani da chicchessia – e, come dice il geniale amico Fulvio, portare la mascherina per andare per la strada è come mettersi il preservativo per farsi una sega. Potrebbe, tutto questo, bastare? Potrebbe, ma a loro non basta: perché se ti azzardi a protestare quando vorresti rispettare le regole da loro imposte ma che loro rendono impossibile rispettare, che cosa succede? Che ti zittiscono e tentano di intimidirti, addirittura nella persona della presidente della Camera del Senato, guardare per credere:
lui con una penna in mano fa barattoli… (piermanzoniani, per la precisione)
Per la ‘Repubblica’ 2.0 i ribelli neri sono l’Isis
Me ne infischio se qualche zoticone [è chiaro? Se non sei d’accordo con lui sei uno zoticone. E giustamente un appartenente ai moralmente superiori se ne infischia di ciò che pensa la plebe] mi accuserà di fare il censore o il sacerdote del “politicamente corretto’: Trasecolo ugualmente imbattendomi sulla prima pagina di Repubblica, con seguito nel suo paginone culturale, di un testo che in altri tempi su quel giornale mai sarebbe stato pubblicato senza prenderne le dovute distanze [sappiamo caro, sappiamo com’era Repubblica, sappiamo cos’era Repubblica quando regnava il suo fondatore, antisemita fino alle budella e mentitore seriale: abbiamo buona memoria, non preoccuparti. Ma tu che, a macello siriano ampiamente avviato, ti sei fatto raccomandare presso Assad con la nota “è ebreo, ma odia Israele”, non ti lasciavi certo impressionare da un po’ di antisemitismo, vero?]; magari tra i commenti e sottoposto a contraddittorio [eh già, il contraddittorio, questo illustre sconosciuto quando a essere pubblicati in prima pagina erano i deliri filo terroristi]. Il titolo suona vagamente spengleriano [dai, su, diamoci una pennellata di cultura], sulla scia del tramonto dell’Occidente: “Dalla mia finestra osservo New York cancellare la Storia” A cancellare, niente meno, la storia americana sarebbe il movimento di protesta antirazzista Black lives matter. [Quelli che non esitano ad assassinare seduta stante una donna che si permette di obiettare che “All lives matter”] E la finestra da cui viene osservato cotanto scempio è quella del designer Gaetano Pesce, autore delle “riflessioni d’artista” [naturalmente non è Pesce a definirle così, bensì il buon gaddino, a scopo manifestamente derisorio e denigratorio] che seguono. Pesce manifesta ribrezzo nei confronti della “prepotente protesta di certa minoranza afroamericana”, [ma che assurdità! Come può venirgli in mente di definire prepotente una giusta protesta tanto tranquilla e pacifica?!] fomentata da “bande di professionisti della ribellione” [mentre sappiamo benissimo che sono tutti dilettanti della ribellione, che hanno abbandonato i propri posti di lavoro per andare a protestare] – poteva mancare? “probabilmente finanziati da misteriosi sostenitori: Manca il solito nome di Soros, [e lo sai perché manca, caro? Perché è del tutto superfluo: lo sanno tutti – tranne i fallocefali come te – che fra i finanziatori di questa guerra terroristica contro la civiltà quell’autentico signore delle tenebre non poteva mancare, e infatti non manca] agitato continuamente a mo’ di spauracchio da Trump, [e figuriamoci se non saltava fuori il kattivissimo Trump, e pazienza se c’entra peggio dei cavoli a merenda] ma l’insinuazione basta e avanza. Pur riconoscendo deprecabile l’omicidio di George Floyd ad opera di “un poliziotto con gravi problemi psicofisici” (poverino, ndr) [mentre i “problemi psichiatrici” dei terroristi islamici, tutti senza eccezione quelli che vengono a seminare morte in casa nostra, sono serissimi e soprattutto autentici], Pesce non esita a far suo un paragone infamante: “Le gravi proteste-sommosse e relative distruzioni accomunano i loro fautori ai reazionari dell’Isis… e ai talebani quando fecero esplodere le grandi statue di Buddha’ [invece di mettere un aggettivo del tutto privo di senso (infamante per chi? infamante in che senso?) non sarebbe stato meglio spiegare che cosa c’è che non va, secondo la tua eccelsissima mente, in questo paragone?]: Un bel modo di etichettare sulla progressista Repubblica nuovo movimento per i diritti civili [devastare è un diritto civile? Rubare è un diritto civile? Incendiare è un diritto civile? Rapinare è un diritto civile? Stuprare è un diritto civile? Assassinare è un diritto civile?]. Accusato di abbattere monumenti eretti in onore non solo degli eroi americani, ma anche di Gesù Cristo e di Santa Maria [? Non lo hanno fatto?]. Lanciato in un’ardita contrapposizione tra “i malanni e le ingiustizie” che colpiscono la minoranza afroamericana e la sopraffazione maschile sulle donne, Pesce rincara la dose: la componente femminile è oppressa anche nella minoranza afroamericana e “sicuramente nel continente Africa’: Come dire: a che titolo protestate voi neri, proprio voi che in Africa opprimete le donne? Ennesimo stereotipo di matrice colonialista travestito da denuncia sociale [L’oppressione delle donne stereotipo? Ma sai di che cosa stai parlando, ne hai una qualche vaghissima idea, grandissimo pezzo di residuo di alimenti digeriti che viene espulso?]. Non manca, ovviamente, la più diffusa storpiatura del pensiero di Pier Paolo Pasolini che avrebbe scelto [HA scelto] di stare dalla parte dei poliziotti contro “le orde di giovani europei’ [in che senso è una storpiatura?]; dei quali “la stragrande maggioranza trovava un passatempo nel bruciare, rompere, demolire, rubare, ecc.’: Roba da neurodeliri [cioè non è da neurodeliri che della gente passi il proprio tempo a bruciare, rompere, demolire, rubare, ecc., no, ci mancherebbe: da neurodeliri è denunciare tutto questo]. Orbene. Qui non si contesta al nuovo corso di Repubblica di mettere in pagina simili corbellerie [caro ragazzo, finora hai messo giù una robusta ammucchiata di parole, ma ancora non hai spiegato perché sarebbero corbellerie. Capisco che comunisti e realtà non sono mai andati troppo d’accordo, ma almeno inventare una qualche spiegazione, per quanto farlocca, giusto così per provare almeno a salvare la faccia, no, eh? Ok, no], se le ritiene interessanti nel contenuto o per l’autorevolezza del firmatario. Ma che senso ha farlo così, alla chetichella? [? Alla chetichella? Ma non hai appena detto che è stato messo in prima pagina? E poi proseguito nel “paginone” culturale? O forse ignori il significato dell’espressione “alla chetichella”, tu che non esiti a sbeffeggiare e perculare con pesante sarcasmo tuo padre che, avendo avuto ben altre priorità e necessità, non si è potuto permettere di studiare e il suo italiano, lingua straniera appresa alla meno peggio insieme a mille altre, è sempre rimasto un po’ approssimativo e impreciso?] Siamo al corrente delle aspre polemiche seguite alla pubblicazione nella (più adatta) pagina delle opinioni del New York Times di un intervento del senatore Tom Cotton che invocava l’uso dell’esercito contro i manifestanti. Tale scelta portò alle dimissioni del responsabile di quella pagina e, in seguito, di un’editorialista filo-Trump [emmipare giusto, mi pare! Uno filo-Trump che pretende di poter parlare? Pubblicare? Lavorare? Ma quando mai! E la sentite, la toccate con mano la soddisfazione di gaddino nostro per la giusta messa al bando degli eretici?]. Un grande quotidiano d’opinione definisce il suo profilo non solo con quel che pubblica, ma anche per come lo pubblica. Per intenderci, dubito che La Repubblica che conoscevo io avrebbe messo in pagina le tesi islamofobe di Oriana Fallaci [ah già: l’osservazione della realtà si chiama “tesi”. E va doverosamente confutata] senza sottoporle a obiezioni di pari rilievo. Pregherei di non invocare a difesa di quella che spero di poter considerare solo una (grave) leggerezza il recente manifesto di 150 intellettuali americani contro il conformismo censorio della cosiddetta cancel culture [cosiddetta? COSIDDETTA?]. Per carità, nel mio piccolo, lo avrei firmato anch’io. Ma tra il rivendicare la libertà d’espressione con la sua inevitabile, scomoda ma necessaria pluralità dei linguaggi [scomoda, non dimentichiamolo mai: la pluralità dei linguaggi – anche se non ho la più pallida idea di che cosa sia una pluralità di linguaggi, non in questo contesto per lo meno – è spaventosamente scomoda. E tanto tanto fastidiosa,oserei dire], e lasciare libero sfogo a farneticazioni grossolane [notiamo che il signor Lerner ha ricevuto mandato divino di etichettare le opinioni altrui] elevate alla dignità della pagina culturale, ce ne corre [Hai ragione! Censura! Guarda come funzionava bene sotto il compagno Stalin! E soprattutto guarda come funziona tuttora a meraviglia in Cina, con lo straordinario vantaggio di fare centinaia di migliaia di morti in tutto il mondo e mettere in ginocchio l’intera economia mondiale! Quelli sì che sanno come si vive, altro che le nostre ridicole pretese di libertà di pensiero e di espressione!]. Grazie al cielo possiamo condannare l’abbattimento delle statue pur riconoscendo che Black lives matter non è cancellazione bensì passaggio fondamentale della storia americana (qui). [E ora con permesso, che devo andare un momentino a vomitare]
Stati Uniti: la città di Portland è ormai fuori controllo e l’arrivo dei federali ha peggiorato la situazione.
Negozi dati alle fiamme, dai ristoranti ai supermercati, danni per milioni di dollari.
La vera peculiarità? I manifestanti Antifa e Black Lives Matter fanno irruzione ovunque alla ricerca di bandiere americane e di Bibbie da bruciare. Decine i roghi appiccati ogni giorno, decine i negozi vandalizzati, pochi gli arresti.
Portland come Seattle, in tutti gli Stati Uniti stanno nascendo zone grigie fuori dal controllo statale in mano alla sinistra radicale.
barbara
Il coraggio di dire no 1 Qui qualche informazione.
Il coraggio di dire no 2
Qualcuno ha parlato di due “svitati bianchi”, di “suprematisti bianchi” che impugnano le armi al passaggio della protesta “pacifica” di black lives matter a st. Louis. In realtà i manifestanti avevano sfondato il cancello
ed erano entrati nella proprietà privata in cui vive la coppia (e il sindaco di cui chiedevano le dimissioni) e hanno iniziato a urlare slogan minacciosi, e i due avvocati che fino a quel momento si facevano gli affari propri, hanno esercitato il diritto molto americano di difendere la loro casa. Il testo che ho ripreso dice molto americano: io direi molto umano, anzi, molto naturale, visto che qualunque animale fa esattamente la stessa cosa.
Il coraggio di dire no 3
La capacità di guardare anche dall’altra parte della barricata, anche quando è scomodo, se non addirittura pericoloso, farlo. Liverpool: non solo calcio
Salar de Uyuni: dove non sai se ti trovi in cielo o in terra
Questo video è stato realizzato nel * Salar de Uyuni, * in Bolivia, ed è il luogo in cui si dice che cielo e terra si incontrino. Si scopre che per gran parte dell’anno, il salar (un deposito naturale di sale a cielo aperto) rimane completamente asciutto, ma nella stagione delle piogge che arriva con l’estate, il sito può essere allagato. Quando ciò accade, la salina diventa una specie di specchio, che riflette l’intero paesaggio visto sul terreno. È allora che il paradiso incontra la terra. (qui)
E chiudo questa carrellata di cose belle con questo spettacolare
I fatti: un negro viene assassinato a sangue freddo da un poliziotto bianco. In conseguenza di questo episodio si scatena la protesta contro la sistematica violenza dei bianchi contro i negri.
Veramente? Ma proprio veramente veramente? Proviamo a guardare un paio di grafici: Uhm… non sembrerebbe proprio che i neri siano le vittime principali. Guardiamo allora la questione da un’altra prospettiva:
Anche qui la leggenda della violenza bianca contro i poveri indifesi negretti fa un po’ acqua, vero? Ma, restando allo specifico fatto di cronaca che ha dato il via a un vero e proprio attacco allo stato, come si comporta la polizia dal punto di vista razziale?
“lo studio dimostra altresì come sia il tasso di criminalità violenta da parte di un gruppo razziale a determinare la maggiore probabilità che gli agenti di polizia ricorrano ad uno strike e, tra il 1980 e il 2008, i dati del Dipartimento di Giustizia riportano che il 51 per cento degli omicidi (tipico esempio di criminalità violenta a cui si fa riferimento) totali commessi negli Stati Uniti sia stato eseguito da afroamericani.”
Prendiamo per esempio questa storia.
Nella tarda serata del 15 luglio 2017 Justine Ruszczyk Damond (usava anche il cognome del compagno, Don, con lei nella foto), veterinaria australiana, sente grida di donna provenire dal vicolo dietro casa sua, nel quartiere, considerato a basso crimine, Fulton, a Minneapolis, temendo che sia in atto un’aggressione o un tentativo di stupro telefona alla polizia, arriva un’automobile di servizio guidata dell’agente Matthew Harrity, al suo fianco il capo pattuglia, Mohamed Noor, cittadino statunitense di origine somala, durante la perlustrazione dichiarano di non notare attività criminali, mentre sono ancora in automobile nel vicolo Justine Damond si avvicina, in ciabatte e pigiama, presumibilmente per chiedere informazioni sulla situazione (e magari essere tranquillizzata), Mohamed Noor “sente se stesso e il collega in pericolo”, estrae la pistola e le spara all’addome, uccidendola. (Nel giugno 2019 viene condannato a 12 anni e sei mesi per omicidio di terzo e secondo grado). Non ricordo di manifestazioni violente e saccheggi da parte della popolazione per protestare contro l’uccisione di quella donna (bianca) da parte di un poliziotto (nero), ma veglie di preghiera e raduni per ricordarla.
(proteste della comunità somala, per la condanna a loro dire troppo severa), qui.
Se poi qualcuno si immagina che siano rivolte spontanee – che ci vuole comunque tanta ma tanta fantasia per crederlo – guardiamo questo appello: Quello che gli appartiene, certo, perché sappiamo cheblack lives matter, only black lives and no other life.
Ma non è solo il prendere: qui c’è proprio il piacere orgasmico della devastazione e del colpire, massacrare, assassinare. Vi risparmio il video della donna selvaggiamente aggredita, bestialmente sprangata di fronte al suo negozio, e vi propongo invece questo breve articolo che mostra gli abissi di perversione e di infamia di queste belve mai sazie di sangue umano.
Lorenzo Capellini Mion
Il capo del dipartimento di polizia di Richmond, Virginia, non ha retto all’emozione raccontando di come i rivoltosi abbiano dato fuoco ad una casa plurifamiliare bloccando poi l’accesso ai vigili del fuoco che accorrevano per mettere in salvo un bambino bloccato all’interno.
È solo un esempio, non cercano giustizia, vogliono la guerra civile.
Media partigiani complici. (qui)
Poi chi sa il francese può leggere anchequesto (chi non lo sa può sempre metterlo in un traduttore)
E di chi è la colpa di tutto questo? Ma come, non lo avete ancora capito?
Da Ema Bolo:
Ricapitolando: il Minnesota è uno stato che vota democratico, Minneapolis ha una amministrazione democratica, l’agente indagato s’era già reso protagonista di dubbi episodi di violenza, tra cui l’uccisione di una ventunenne con 2 colpi di pistola all’addome che l’avrebbe aggredito, ma mai rimosso dall’incarico, né dal capo della polizia (afroamericano) né dal sindaco, ma le colpe sono di Trump e dei repubblicani.
E cavalcare la tigre dell’antitrumpismo sembra essere uno sport particolarmente gratificante.
ANARCHIA ORGANIZZATA
“Un uomo di colore viene arrestato e ucciso in un atto di violenza atroce mentre è ammanettato e indifeso. Tre colleghi, nelle immediate vicinanze del poliziotto assassino, osservano il crimine, ascoltano l’uomo di colore che implora e non fanno nulla per fermarlo. Per i successivi giorni orde inferocite mettono a ferro e fuoco le città americane, saccheggiando negozi, bruciando edifici, macchine della polizia e bandiere americane e persino uccidendo persone sul loro cammino. La giustificazione offerta per la loro violenza e i loro atti criminali è che stanno protestando contro un sistema razzista – o nelle pittoresche parole del senatore Bernie Sanders, “Un sistema grottesco di razzismo radicato e disparità economica che ora più che mai ha bisogno di essere abbattuto”. Questi attacchi all’America sono ciò di cui ci stanno realmente parlando le rivolte. Il “sistema grottesco di razzismo radicato” di Sanders è una fantasticheria di sinistra che alimenta la rabbia dei rivoltosi e la loro violenza, la quale è diretta non solo contro gli americani bianchi ma anche contro gli americani di colore ai cui quartieri, centri commerciali e attività commerciali i compagni di Sanders sono lieti di appiccare il fuoco”.
Così comincia il lungo editoriale di David Horowitz su Frontpage Magazine.
L’omicidio di George Floyd da parte di un poliziotto brutale, una mela marcia del corpo di polizia, è diventato il pretesto per azioni coordinate di violenza urbana ben manovrate in cui si sono inseriti gruppi di estrema sinistra come “Black Life Matters” e “Antifa”.
Il loro scopo, dietro sigle roboanti e strumentali, è quello di generare il caos e di mantenerlo in vita il più a lungo. Si tratta di delinquenti comuni, di teppisti travestiti da “social warriors” e che hanno in personaggi come Bernie Sanders, ammiratore di Castro e Chavez, ottimi fiancheggiatori.
La risposta del governo non può che essere ferma.
Il Procuratore Generale William Barr ha dichiarato:
“Sfortunatamente, con le rivolte che si stanno verificando in molte delle nostre città in tutto il paese, le voci delle proteste pacifiche vengono dirottate da violenti elementi radicali. In molti luoghi sembra che la violenza sia pianificata, organizzata e guidata da gruppi estremisti di estrema sinistra e gruppi anarchici che usano tattiche simili all’Antifa”.
Stiamo assistendo a una concertata manovra il cui scopo ultimo è quello di colpire la presidenza Trump, nonostante il fatto che Minneapolis, la città dove è avvenuto l’episodio sia un feudo democratico, nonostante il fatto che Derek Chauvin, il poliziotto che ha ucciso George Floyd, fosse stato mantenuto al proprio posto malgrado si sapesse che era un poliziotto molto problematico, dal capo della polizia di Minneapolis, che è di colore.
La strategia progressista in atto da quando Trump fu eletto, è stata quella della demonizzazione costante della sua persona, della manipolazione e deformazione della realtà atta a fare credere che il responsabile di tutto ciò che di negativo accade negli Stati Uniti sia lui.
La società che i Sanders hanno in mente, la società che i Soros hanno in mente (e Soros è tra i finanziatori di Antifa e Black Life Matters), più “equa”, “libera”, “umana”, è la fantasia degli utopisti senza scrupoli per i quali, il venire in essere di un mondo irrealizzabile, che in realtà altro non è se non il loro modello di mondo giusto (e sappiamo che regimi modello abbia saputo indicare Sanders), si deve, all’occorrenza anche servire di estremisti e delinquenti.
Niram Ferretti, qui.
Il POPOLO
Per Joe Biden candidato sfidante di Donald Trump alle presidenziali del 2020, la decisione di Donald Trump di ricorrere all’Insurrection Act, la legge del 1807 che attribuisce al presidente degli Stati Uniti in casi di emergenza di mobilitare l’esercito federale e la Guardia Nazionale, significa usare “l’esercito americano contro il popolo”.
Per Biden dunque “il popolo” sarebbero le orde di teppisti e saccheggiatori, di delinquenti che in queste ultime ore hanno vandalizzato e saccheggiato. Ultimi episodi a New York dove sono stati presi di mira i grandi magazzini Macey’s e negozi sulla Quinta Avenue, come è accaduto precedentemente a Los Angeles a Rodeo Drive.
E’ bene saperlo. Joe Biden aspirante presidente abbraccia la marmaglia definendola “il popolo”, mentre il presidente in carica, come è nelle sue prerogative, ha il dovere di attivarsi per mantenere l’ordine e la legalità.
“Sono il vostro presidente, di legge e ordine alleato di tutti i manifestanti pacifici. Negli ultimi giorni la nostra nazione è stata tenuta nella morsa di anarchici professionisti, boss violenti, persone incendiarie, saccheggiatori, criminali, rivoltosi, antifa e altri” ha dichiarato Trump.
Fermare il caos è necessario. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con “il popolo” e il diritto a manifestare pacificamente. Qualcuno dovrebbe spiegarlo al candidato Biden.
Niram Ferretti, qui.
Per qualcuno, a quanto pare, cogliere certe differenze è cosa troppo complicata Ma gli inutili – e spesso pericolosi – idioti, non sono una prerogativa d’oltre oceano.
Beppe Sala ieri chiedeva indignato la denuncia dei gilet arancioni che hanno fatto folklore ma nessuna violenza e oggi giustifica gli Antifa che stanno mettendo a ferro e fuoco l’America facendo danni a cittadini di ogni colore e credo?
Marco Lancini
Quando l’ignoranza e la mediocrità si incontrano, ne risulta solitamente una dichiarazione politica di Beppe Sala.
Le sue parole infatti non solo sono pericolose perché sdoganano l’esercizio della violenza come metodo per far sentire la propria voce, a danno di tutti coloro i quali stanno vedendo distrutto il lavoro di una vita dai riottosi, ma evidenziano una chiara mancanza di conoscenza dell’assetto istituzionale americano.
Affermare infatti che vi sia una centralità del Presidente nella gestione dell’ordine pubblico significa mancanza di conoscenza oppure malafede (e conoscendo il background di Sala propenderei per la prima) [io invece propenderei per una combinazione di entrambe: conciliare quell’individuo e la buonafede è come mettere l’acqua e l’olio nella stessa ciotola].
L’imposizione del coprifuoco al pari della richiesta di intervento della Guardia Nazionale è una scelta a discrezione dei governatori dei singoli stati federati.
E praticamente tutti gli stati interessati dalle rivolte sono a guida Democratica (Minnesota, Pennsylvania, California, New York).
Ps: quelli come Sala sono tendenzialmente gli stessi che nel 2014 quando Ferguson era una pentola a pressione scagionavano Obama da qualsiasi responsabilità. (qui)
Poi ci sono gli imbecilli ancora più imbecilli, ma talmente imbecilli da essere veramente convinti che nutrendo il coccodrillo si possa ottenere il privilegio di essere mangiati per ultimi. È il caso di Bill Gates, che si è schierato anima e corpo dalla parte dei vandali devastatori assassini. E questa è stata la riconoscente risposta dei suddetti signori
In tedesco si chiama Schadenfreude: ebbene sì, sto godendo come un riccio.
Comunque non preoccupatevi: All you need is love, cantavano quelli là; e questo, esattamente, è ciò che ci stanno offrendo: pace, bene e amore universale
barbara
Ci illudevamo che i sogni non potessero invecchiare? Che non potessero passare di moda? Ci sbagliavamo, purtroppo. Tanto è vero che qualcuno sembra convinto che le vite di bianchi, gialli, rossi (e chissà dove si collocheranno i negri albini) non contino, lebensunwerte Leben le chiamava qualcuno, qualche decennio fa: vite indegne di essere vissute, e noi lo chiamiamo, quel qualcuno, razzista.
E non mi si venga a raccontare che è per via della mano più pesante che certi poliziotti sembrano avere nei confronti dei negri (non so se si sia notato: ho deciso di abbandonare i ridicoli sostituti inventati per evitare la parola negro, come se negro fosse un insulto o una parolaccia, come quando si dice signorine allegre ma lo sanno tutti che si intende puttane) rispetto ai bianchi: se di questo si trattasse, troverei logico rivendicare che “all lives matter” o, meglio ancora, “every life matters”. Invece no: rivendicano che valgono le vite dei negri; non anche quelle, no: quelle e basta. E questa cosa si chiama razzismo. Se esiste un aldilà in cui le anime sopravvivono al corpo e “conoscono”, il povero Martin Luther King deve sembrare un’elettroturbina.