Metti una sera a cena tra quattro amici. Quattro blogger, per la precisione.
Metti che ad un certo momento blogger A e bloggera B sono in soggiorno mentre la padrona di casa e blogger C sono in cucina, e blogger C aggredisce la padrona di casa che ne riporta – documentato nel suo blog – ecchimosi in varie parti del corpo. Ritenendo di potersi difendere da sola non chiede aiuto, non grida (non è una mia illazione, né un sentito dire: lo so perché lo ha scritto lei), e quelli nel soggiorno non si accorgono di niente; ne verranno informati solo in seguito.
Metti che in giro per la rete ci sono un bel po’ di avvoltoi (non dico sciacalli, che sono animali bellissimi; non dico iene, che sono animali esteticamente repellenti ma in compenso sono madri dolcissime). Metti che c’è in giro qualcuno che mastica amaro, magari perché è uno che ci prova con tutte e nessuna gliela dà, mentre blogger A è uno splendido esemplare di maschio umano trentacinquenne. Fatto sta che gli avvoltoi – più di uno – si buttano su questa storia e la ricostruiscono a modo loro, e altri poi la riprendono e la ri-rielaborano a loro volta. Avete presente il giochino del telefono senza fili che facevamo da bambini, che il primo dice Teresa si mangia le unghie e dall’ultimo viene fuori l’America bombarda Perugia? Ecco, è andata più o meno così, tranne il fatto che nel gioco gli sfasamenti sono involontari e innocenti, qui no: ognuno, ad ogni passaggio, ci ha aggiunto del suo, e un’aggressione che non ha provocato rumori tali da poter essere uditi in un’altra stanza e che ha lasciato alcune ecchimosi diventa alla fine – in mano a persone che non c’erano e riferiscono racconti di quarta mano – una donna violentata, una serie interminabile di sevizie con lembi di pelle strappati e costole rotte. E questo non è ancora niente. A parte le volgari insinuazioni su bloggera B, presentata come una specie di ninfomane assatanata costantemente a caccia di uccelli (e non casualmente gratificata, come soprannome, del nome di un noto personaggio storico che comincia con “Pomp”), blogger A che essendo in un’altra stanza non ha visto né sentito niente diventa un complice dell’aggressore, che sta a guardare le sevizie che si svolgono davanti ai suoi occhi ammazzandosi dalle risate per il divertentissimo spettacolo che gli viene offerto; in un punto viene addirittura chiamato “aguzzino” (per non parlare dei vari “sei un verme”, “fai schifo”, sei una merda”, “sei ancora più merda” ecc.) E non è finita: insieme a bloggera B tiene in ostaggio fino alla mattina la padrona di casa per indurla a non denunciare l’aggressione. E giusto per non farsi mancare niente, quel tale che mastica amaro non trova di meglio che affibbiargli l’appellativo di Cazzocorto (proiezione?), che in un’altra narrazione, sempre di un uomo, diventa Minchiamozza (proiezione?)
Il fatto è che siamo in parecchi a conoscere da vicino blogger A: conosciamo la sua onestà, conosciamo la sua straordinaria sensibilità, conosciamo la sua cristallina pulizia morale, e – oltre ad andare nel blog dell’aggredita a darle la nostra doverosa solidarietà – andiamo anche nel blog di lui a testimoniargli la nostra fiducia nella sua correttezza e nella sua innocenza. Ad un certo punto, in questa brutta storiaccia, emergono anche due donne coraggiose che, autentiche agnelle tra i lupi (e le lupe), indignate da questo osceno linciaggio mediatico, vanno proprio nella tana del lupo a tentare di togliere dalla gogna chi tale gogna non merita, a tentare di ristabilire la realtà dei fatti. E qui, oltre ai sarcastici sfottimenti del padrone di casa, parte un ulteriore ribaltamento della frittata: da donne che tentano di difendere un innocente diventano “donne che odiano le donne”. Una Signora – e che Signora! – chiamandole ripetutamente “donnette”, dopo avere spiegato che “difendono ogni uomo che gli capita a tiro solo perché uomo” (proiezione?), dopo avere pubblicato un post successivamente eliminato in tutta fretta perché evidentemente qualcuno deve averla avvertita che c’erano tutti gli estremi per una denuncia (e a chi ne chiede la ragione spiega che lo ha tolto “dato che pareva non interessasse a nessuno!”), ne pubblica un altro intitolato appunto “donne che odiano le donne”, in cui vomita tutto il suo isterico livore. Sembrerebbe, tra l’altro che la logica non sia la qualità più spiccata della Signora (non solo la logica, per la verità, ma questa è un’altra storia), dato che due dei commenti agnelleschi nella tana del lupo (più un terzo in modo indiretto, quindi in tutto quasi la metà del totale) erano in difesa di bloggera B, trattata dal lupo padrone della tana alla stregua di una baldracca, senza che la Signora avesse alcunché da recriminare: evidentemente deve avere ricevuto un’investitura divina che le conferisce la facoltà di stabilire a suo unico e insindacabile giudizio quali donne siano da amare e difendere e su quali invece, non importa se colpevoli o innocenti, sia lecito rovesciare impunemente carrettate di merda. E quando una delle due agnelle tenta di commentare, scopre che non le è consentito farlo, perché, evidentemente, dopo avere fabbricato il mostro e averlo sbattuto in prima pagina, adesso “il mostro è mio e me lo gestisco io e guai a chi si azzarda a tentare di riabilitarlo”.
Ecco, questa, per chi non l’ha visto e per chi non c’era e per chi quel giorno lì inseguiva un’altra chimera, è tutta la storia, quella autentica, dell’aggressione e dello sciacallaggio mediatico e della gogna e del linciaggio morale e di una banda di squallidi personaggi che, per dare un senso alla propria misera vita, hanno bisogno di qualcuno da spolpare a pranzo e a cena.
barbara