UNA COSA, COMUNQUE, È CERTA

Interi quartieri delle maggiori città europee sono stati trasformati in zone franche per il terrorismo, sulle quali gli stati che le contengono non hanno alcuna sovranità, anzi, per dirla tutta, c’è uno stato che la propria sovranità l’ha letteralmente venduta su tutto il territorio nazionale. Il terrorismo islamico si allarga a macchia d’olio e le carneficine sono all’ordine del giorno (anche se all’attenzione dei mass media ne arrivano solo alcune, accuratamente selezionate – meglio quando le vittime non sono portatrici di sangue giudeo). Aeroporti e metropolitane saltano in aria, portando non solo morte e distruzione, ma anche un pesante blocco, sia pure momentaneo, nelle comunicazioni di mezza Europa, ossia in uno dei pilastri del nostro concetto di vita civile.
In mezzo a tutto questo, la domanda da porsi, la domanda essenziale, la domanda VERA, la domanda che i VERI intellettuali ansiosamente si pongono è una sola:

CHE COSA FA SALVINI?

(poi volendo qui ci sarebbe anche un abbozzo di risposta)

barbara

CONOSCETE LA MARSIGLIESE?

Quella nuova, intendo dire, particolarmente indicata in questi giorni.

E poi già che ci sei vai a leggere qui. Come bandiera inalbero questa,
sick of shit
rubata a Toscano irriverente, da cui poi ti spedisco a leggere questo.

barbara

E INTANTO BRUXELLES SI PREPARA PER IL VOTO

Bruxelles, spari al museo ebraico

È di almeno tre morti e un ferito grave il bilancio di un attentato antisemita oggi al museo ebraico di Bruxelles, nell’elegante quartiere centrale del Sablon, quello degli antiquari (con un famoso mercatino nel fine settimana), delle gallerie d’arte e dei bar alla moda. Sulla matrice antisemita dell’attacco, alla vigilia delle elezioni europee e politiche in Belgio, i dubbi sono davvero pochi, dato che almeno due delle vittime – una giovane donna con in mano un depliant del museo, fotografata in un bagno di sangue, e un uomo di mezza età – sono stati uccisi all’interno del museo.
Sono state colpite al viso e alla gola le persone uccise nella sparatoria al museo ebraico di Bruxelles. È quanto emerso dalla conferenza stampa della Procura della capitale belga. Tre le persone decedute, due donne e un uomo, mentre un quarto uomo si trova in ospedale in gravi condizioni.
Uno dei primi a giungere sul luogo del dramma è stato il ministro degli esteri Didier Reynders, che si trovava a pochi metri dalla rue des Minimes, e ha immediatamente twittato: «Scioccato per gli omicidi commessi al museo ebraico, penso alle vittime che ho visto sul posto e alle loro famiglie», ha scritto. Pochi minuti dopo, sempre su twitter il premier Elio di Rupo, si è detto «molto scioccato dagli eventi di Bruxelles».
La prima a sposare la tesi dell’attentato antisemita è stata il ministro dell’interno Joelle Milquet, un’ipotesi poi confermata dal sindaco della capitale, Yvan Mayeur, secondo cui «è probabilmente un atto terroristico», mentre «la polizia è su una pista che ci sembra seria».
Immediata la condanna del premier Matteo Renzi: «è inaccettabile che una simile barbarie avvenga nel cuore dell’Europa in un momento così delicato per il nostro progetto comune». Per il vicepresidente della Commissione Ue Antonio Tajani, «L’antisemitismo è un male che deve essere estirpato dall’Europa. Sono vicino alle comunità ebraiche di Bruxelles e Roma».
Secondo i principali quotidiani belgi online, da Le Soir alla Libre, passando per La Dernière Heure, la polizia ha arrestato un sospetto non molto dopo l’attentato, verificatosi intorno alle 15:50 (locali ed italiane). Non è chiaro però se si tratta di uno degli attentatori. Secondo le prime ricostruzioni, ancora confuse ed incomplete, a sparare sarebbero state una o due persone, giunte a bordo di un’Audi nei pressi del museo ebraico in rue des Minimes. Dopo aver parcheggiato in seconda fila, il passeggero ed il conducente sarebbero usciti dalla macchina e almeno uno dei due avrebbe aperto il fuoco prima di rimontare rapidamente sulla vettura e darsi alla fuga.
Il presidente del concistoro ebraico belga, Julien Klener, ha riferito che «non si sono state minacce recenti al museo ebraico». La pensano diversamente altri esponenti della comunità ebraica belga. «C’è stata una liberalizzazione del verbo antisemita. Questo è l’inevitabile risultato di un clima che distilla l’odio», ha dichiarato a Le Soir il presidente della Lega belga contro l’antisemitismo (Lbca), Joel Rubinfeld, aggiungendo che la sparatoria di oggi «purtroppo doveva succedere». «È un atto terroristico ha aggiunto – l’assassino è deliberatamente entrato in un museo ebraico». Sulla stessa linea il Congresso ebraico mondiale, l’organizzazione con base a New York che rappresenta le comunità ebraiche di 100 Paesi. Parlando di shock ed orrore, ha definito l’attacco «un atto di terrore atroce chiaramente mirato a colpire membri della comunità ebraica».
«Due anni dopo Tolosa (con l’attacco ad una scuola ebraica da parte di Mohammed Merah, ndr.) e alla vigilia delle elezioni europee – ha aggiunto il presidente Ronald Lauder – questo spregevole attacco rappresenta un altro terribile monito del tipo di minacce che gli ebrei in Europa si trovano ancora ad affrontare».
Non è la prima volta che Bruxelles è vittima di un attentato antisemita. Il 18 settembre 1982, poco dopo l’attacco parigino di Rue des Rosiers (6 morti e 20 feriti), e tre settimane prima di quello che costò la vita al piccolo Stefano Gaj Tachè alla sinagoga di Roma, il tempio brussellese di Rue de la Regence, non lontano dalla rue des Minimes, fu teatro di una sparatoria. Un uomo armato di mitraglietta aprì il fuoco proprio quando i fedeli uscivano dal tempio: ci furono quattro feriti di cui due gravi».
Le reazioni. «Ne ho viste tante, ma vi assicuro che questa volta è stato più orribile che mai». Il ministro degli Esteri belga Didier Reynders, ancora sotto shock, è stato uno dei primi ad accorrere sulla scena della strage. Un angolo tranquillo nel cuore della capitale belga, a pochi passi da una delle piazze più famose e visitate dai turisti, quella del Grand Sablon, che in una manciata di minuti si è trasformato nel teatro di un crimine come in Belgio non se ne vedevano dalla fine degli anni ’80. Cioè da quando una banda di cui si cercano ancora i componenti entrava nei supermercati sparando senza pietà sui clienti.
Reynders e la moglie erano seduti a uno dei tanti tavoli dei locali che si affacciano sulla piazza, a meno di 100 metri dalla sede del museo ebraico. «Ad un certo punto ho visto una donna con un bambino correre verso di noi e chiedere aiuto – ha riferito – perché aveva sentito il rumore di colpi di arma da fuoco provenire dal museo. Sono corso lì e mi sono trovato davanti a due corpi al suolo in prossimità dell’ingresso. Ho chiamato i soccorsi e ho aspettato sul posto che arrivassero. È stata un’esperienza terribile». Rue de Minimes, una piccola strada frequentata soprattutto dagli appassionati di oggetti d’arte antichi – molte le botteghe prima e dopo l’ingresso del museo ebraico che si trova al numero civico 21 – parte proprio dalla piazza del Grand Sablon, famosa per il mercatino dell’antiquariato che si tiene ogni weekend, ma anche per una delle più alte concentrazioni di cioccolaterie del pianeta. Nel mezzo della piazza doveva svolgersi una maratona jazz che è stata immediatamente annullata. Le forze dell’ordine hanno reso inaccessibile la zona a curiosi e giornalisti. Ma le tante persone che nel corso del pomeriggio si erano raccolte nella piazza anche per godere della giornata di sole si sono trattenuti, con i volti segnati dallo sgomento per un atto così efferato, per mostrare la loro solidarietà con le vittime. «È difficile immaginare, anche in base alle sue modalità, che non si sia trattato di un attacco terroristico antisemita», ha detto Reynders. Alcuni testimoni hanno riferito particolari che raccontano di un’azione ben congegnata e preparata: un’auto che si ferma in doppia fila davanti all’ingresso del museo, un uomo che scende dall’auto con due borse, entra e ne riesce poco dopo per ripartire sull’auto in attesa. Qualcuno tra i testimoni avrebbe preso la targa della macchina utilizzata dagli attentatori. «Speriamo che le indagini diano presto dei risultati», ha aggiunto il ministro. E intanto tra i politici accorsi sul posto – domani in Belgio si vota per le europee ma anche per le elezioni politiche nazionali – c’è chi punta il dito contro il moltiplicarsi degli attacchi verbali antisemiti e alla sottovalutazione delle loro conseguenze.
«I morti e i feriti dell’attentato di Bruxelles sono anche i nostri morti e i nostri feriti. Le false ragioni della violenza e il circuito cieco dell’odio non si riconoscono in alcun valore e non esiste ragione al mondo che possa consentire tutto questo». Lo dichiara il ministro dell’Interno, Angelino Alfano. «Ci uniamo al dolore delle famiglie per gli scomparsi, siamo vicini ai feriti, ai loro cari e alla popolazione, nella convinzione che l’Europa, e non solo l’Europa, vada salvaguardata dai focolai di violenza che si nascondono, talvolta anche dietro le parole. Confidiamo, dunque – conclude Alfano – che presto sia fatta chiarezza sui gravissimi fatti avvenuti». (qui)

(Verrebbe voglia di chiedere al signor Renzi se a rendere inaccettabile una simile barbarie sia il fatto di essere stata perpetrata nel cuore dell’Europa e in un momento così delicato, verrebbe. Capisco che l’emozione e l’urgenza di dire qualcosa davanti a un microfono possano giocare brutti scherzi, ma uno che gioca da statista dovrebbe essere sufficientemente corazzato di fronte a queste cose)
attentato Bruxelles
barbara

AGGIORNAMENTO: qui.

QUESTA, A CASA MIA, SI CHIAMA GUERRA

Bruxelles come Wannsee?
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,
questa notizia l’avete potuta leggere suoi giornali di oggi, IC ve la riporta in un’altra pagina, ma dovete perdonarmi se io ve ne do un piccolo commento ulteriore, diciamo per amor di discussione. Dunque è successo che… i paesi dell’America latina, già offesi con l’Europa per non aver accolto con onori adeguati il presidente boliviano, hanno intimato alla Gran Bretagna di etichettare le sue stoffe in maniera che sia chiaro se provengono o no dalle Falkland, che loro chiamano Malvinas e considerano abusivamente occupate da Sua Maestà Britannica, anche se gli abitanti sono inglesi da generazioni e vogliono restare tali. Se la Gran Bretagna non garantirà sulle etichette che neanche un filo delle sue lane rinomate viene dalle numerose pecore delle Falkland, nessuna stoffa o abito inglese potrebbe più entrare nei loro negozi…
No, non è andata così, mi confondo. Allora, sentite. Gli Usa, che non riconoscono l’occupazione turca di Cipro Nord, hanno deciso che prima di dare qualunque aiuto alla Turchia vogliono la garanzia che neanche un cent finirà a Nicosia e dintorni. Il governo turco deve inserire una clausola speciale contenente questo impegno su ogni accordo di collaborazione scientifica e culturale, su ogni vite di forniture all’esercito, su qualunque finanziamento americano.
No, non è accaduto, mi sbaglio di nuovo. È la Russia che non è contenta dell’occupazione internazionale di Bosnia e Kossovo ai danni della sua sorella Serbia, e non approva l’ampliamento dell’Unione Europea ai paesi baltici che una volta erano sovietici, a voler essere sicura che il gas che vende agli Stati europei non prenda queste destinazioni non gradite. È la Spagna, che rivendica Gibilterra, a non voler vendere più il suo vino e i suoi pomodori alla Gran Bretagna senza l’assicurazione che non finiranno nella fortezza dove finisce l’Europa…
Che confusione… mi sono sbagliato ancora. Ecco. Ci sono un paio di occupazioni particolarmente sensibili sul piano dei diritti umani. La Cina in Tibet, paese di antica civiltà, sta facendo una vera e propria pulizia etnica e un  genocidio culturale. L’enorme Russia fa una guerra di sterminio alla piccola Cecenia fin dai tempi della gioventù di Tostoj, che la raccontò in un libro più di un secolo e mezzo fa. L’Unione Europea, così sensibile ai diritti umani, ha deciso di non collaborare assolutamente con queste occupazioni e di condizionare ogni accordo con questi paesi alla fine di queste guerre che non è sbagliato definire coloniali. E inoltre ha anche stabilito che non darà più aiuti di sorta a Turchia, Iraq, Iran, Pakistan, Nigeria, Sudan, fino a che non finiranno le stragi di cristiani… Boicotterà la Russia (di nuovo) se continuerà ad armare il governo siriano e anche il Qatar se lo farà coi ribelli islamisti… Romperà gli accordi col Marocco che occupa l’ex Sahara spagnolo da decenni, in spregio alle risoluzioni dell’Onu che gli hanno imposto di tenere un referendum che mai si riesce a fare…

No, la notizia non è questa. Nessuna di quelle che vi ho elencato. La sensibilità dei grandi paesi e dell’UE per ingiustizie e stragi è molto bassa, la loro politica umanitaria del tutto subordinata alla convenienza economica e geopolitica. Pensate che l’Unione Europea si rifiuta ostinatamente di mettere sulla lista nera non uno Stato, ma un movimento che ha compiuto e preparato spesso attentati terroristici anche sul suo territorio, perché dice di non essere tanto sicura e in realtà ha paura di rappresaglie sui suoi soldati che sono stanziati del tutto inutilmente in un territorio dove dovrebbero sorvegliare e contribuire a disarmare questo movimento terrorista, ma ne sono neutralizzate e talvolta vergognosamente cacciate e disarmate loro. Sto parlando di Hezbollah e del Sud Libano. Mi vergogno profondamente del fatto che fra i paesi europei che si oppongono all’iscrizione di Hezbollah nella lista dei terroristi  stia in prima fila l’Italia, su spinta di un ministro che una volta passava per difensore dei diritti umani e ora fa la stessa politica di D’Alema. Sto parlando di Emma Bonino, naturalmente, il più grande bluff del nuovo governo.
C’è un’eccezione a questa cinica indifferenza della politica internazionale per occupazioni vere o presunte e violazioni dei diritti umani, anch’esse vere o presunte. È Israele. È di questo che volevo parlarvi. L’Unione Europea ha appena deciso nei confronti di Israele quel che non è stato mai deciso da nessuno rispetto a Russia e Cina, Gran Bretagna e Turchia, delle stragi di cristiani e delle occupazioni di Cipro e del Sahara spagnolo. È Israele, che non solo l’Unione e i paesi europei cercano di destabilizzare dall’interno finanziando ONG che praticano vari tipi di “resistenza” ai confini della legalità, ma di cui pretende di stabilire i confini anche contro gli accordi di cui l’Unione Europea dovrebbe essere fra i garanti. Non solo sul piano giuridico infatti i territori al di là della linea verde non sono stati attribuiti a nessuno (ma esistono le deliberazioni della Società delle nazioni che fondavano il mandato britannico secondo cui essi dovevano essere dedicati allo “stanziamento – o se volete, “colonizzazione”: settling – ebraico”), ma negli accordi di Oslo, di cui l’Unione Europea è fra i garanti, si dice esplicitamente che la definizione dell’appartenenza dei territori sarà decisa da negoziati fra le parti. Ora l’Unione Europea ha deciso non solo che le merci prodotte oltre le linea verde non devono essere marcate come prodotti israeliani, ma che tutti gli accordi economici, culturali, scientifici ecc. fatti dall’Unione o da qualunque paese europeo con Israele devono escludere esplicitamente ogni contatto con gli insediamenti oltre la linea verde (anche Gerusalemme Est e il Golan, che sono stati annessi come parte del territorio israeliano), ogni ricaduta favorevole per loro, ogni forma di collaborazione. Cioè l’Unione Europea ha deciso di poter decidere lei quali sono i confini di Israele.
È una mossa tipicamente coloniale. L’Unione Europea fa quel che facevano le grandi potenze ottocentesche in Cina e in Africa, dispone del territorio di un altro stato sovrano. Sul piano sostanziale, questo è un atto di guerra. L’Unione Europea ha in sostanza dichiarato guerra a Israele per costringerlo ad applicare delle politiche e delle delimitazioni territoriali che sono contrarie alla volontà e anche alle leggi israeliane. Includendo il Golan e Gerusalemme, che per le leggi israeliane sono parte del territorio nazionale e non possono essere discriminati, ha reso impossibile ogni forma di collaborazione da parte di Israele. È importante notare che tutto ciò è accaduto con una delibera che non è stata votata da nessun parlamento né discussa pubblicamente nella politica europea: questo è caratteristico dell’assenza di democrazia, dell’autoreferenzialità politica dell’UE. È possibile che i ministri degli esteri degli stati europei abbiano approvato questo gesto, non mi meraviglierebbe se Bonino, immemore delle posizioni pro-Israele che i radicali (una volta?) tenevano, avesse firmato. Ma certo non se n’è parlato nel Parlamento italiano, né nella nostra sfera pubblica, né probabilmente nel Parlamento Europeo, grande monumento inutile all’inesistenza della democrazia nel funzionamento concreto dell’Unione.
Questo deficit c’è dappertutto. Ma in questo caso è particolarmente grave, perché una guerra europea contro Israele dovrebbe far pensare. L’ultima volta che in tutta Europa, poco meno del territorio attuale dell’Unione Europea, si decise una guerra contro quello che allora era Israele, cioè gli ebrei europei, lo si fece a una conferenza tenuta in un’amena località di villeggiatura a una decina di chilometri da Berlino, il Wannsee. Era il 20 gennaio 1942, parteciparono certi signori in divisa nera che si chiamavano Heydrich, Müller, Eichmann, e stabilirono le modalità della “soluzione finale del problema ebraico”. Sono passati settant’anni, ma l’Europa è sempre lì, a occuparsi degli ebrei (e oggi del loro stato) in maniera diversa da tutti gli altri problemi; a discriminarli e boicottarli, in definitiva a cercare di eliminare quel fastidio che è la presenza ebraica nel loro mondo. Forse anche Bruxelles non è così lontana da Wannsee.

La frase che ho posto come titolo non vuole riecheggiare quella scritta da Ugo Volli in questo testo: è quella che mi è venuta in mente, spontaneamente, nel leggerlo, perché quanto intrapreso dall’Unione Europea è un atto di guerra a tutti gli effetti, secondo le norme del diritto internazionale. E se qualcuno ha voglia di misurare esattamente l’estensione della malafede dell’Unione Europea e di tutti coloro che agiscono nello stesso modo, dia un’occhiata qui alla lista dei territori contestati, o contesi che dir si voglia, nel mondo. Non occorre che la leggiate, sarà sufficiente che la facciate scorrere con la rotellina del mouse. Buon divertimento.

barbara

E MENO MALE CHE È UN FINE INTELLETTUALE,

un uomo di cultura, un raffinato esteta, un ascetico…

“Ci sono troie in giro in Parlamento che farebbero di tutto, dovrebbero aprire un casino”. (ascolta)

Ma naturalmente è stato frainteso, poverino (e pensare che pensavamo che fosse un’esclusiva di Berlusconi, quella di dichiararsi frainteso tutte le volte che le sue esternazioni incontrano critiche).
D’altra parte, come stupirsi, con un personaggio come questo?

barbara