E PER CONCLUDERE (11/17)

Per concludere, in realtà, ci sarebbero ancora tantissime cose da raccontare, emozioni da rievocare, momenti speciali da rammentare. Per esempio il bunker sul Golan dove, il buio rischiarato unicamente da microscopici lumini regalatici da Moti,
lumino
è stata letta la preghiera Unetanneh Tokef,
Unetanneh tokef
composta, secondo la tradizione, nell’XI secolo da Rabbi Amnon di Magonza mentre attendeva di morire con le mani e i piedi amputati come punizione per non essersi voluto convertire. Poi, in quell’atmosfera surreale, ce l’ha fatta sentire cantata, dal cellulare. Adesso chiudi gli occhi, immaginati dentro un bunker in cui non arriva alcun rumore dall’esterno, le volte che si rimandano i suoni, il buio quasi totale, tante persone, vicinissime le une alle altre, in religioso silenzio, il suono un po’ incerto di un cellulare, e ascolta:

E quella lunga camminata – mentre i compagni tiravano fuori e aprivano la bottiglia e preparavano i bicchieri – con i piedi in acqua, e poi anche le caviglie, e poi anche i polpacci, e le onde che ogni tanto si alzavano a inzupparmi il vestito, nella luce sempre più evanescente del tramonto telavivino, avanti e indietro, avanti e indietro, ultima e poi esco, no dai ancora una e poi esco, questa è proprio ultima e poi esco davvero, vabbè, penultima, ma poi veramente…

E il bagno nel mar Morto, con la compagna R. che appena entrata si mette a strillare ahiahiahi mi brucia la jolanda! La cosa buffa è che fra i vari nomi e nomignoli in uso, jolanda non l’avevo mai sentito, e probabilmente neanche gli altri, e ciononostante ci siamo messi tutti a ridere, perché nessuno ha avuto il minimo dubbio sul significato di quella parola – potenza dell’oggetto che riesce a superare quella del nome!

E poi basta, mi fermo. Fra una settimana sarò di nuovo lì, a inzuppare le chiappe nel Mar Morto e a vedere altre cose meravigliose che poi, come sempre, vi racconterò e vi farò vedere. Come ultimissima cosa, prima di chiudere la narrazione di questo undicesimo viaggio, vi lascio alcune foto prese dall’autobus mentre correvamo lungo il mar Morto (ho tolto le più storte e le più sfocate; di quello che rimane, pur storto e sfocato, vi accontenterete). Quegli arbusti che sorgono dal deserto di sale: ci era stato detto che cosa sono, ma non me lo ricordo; sono tuttavia sicura che arriverà la solita mano santa a provvedere.
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E i solchi lasciati dai piedi delle capre in transito.
perc 1
perc 2
E questo per ora è tutto. Arrivederci al prossimo viaggio.

E la sapete una cosa curiosa? A scrivere questo ultimo post mi sento come se dal viaggio mi stessi congedando veramente solo in questo momento. Come se questo fosse un addio. E me ne viene come una sorta di tristezza.

barbara

 

QUESTIONE DI COSCIENZA

Sì, questo è stato il motivo per cui il generale Abdulaziz Al Shalal, capo della Polizia militare siriana ha deciso di disertare: «Non posso più restare con i criminali che massacrano il nostro popolo». E io, all’autore di questa nobile scelta vorrei chiedere: signor generale, in quale cassaforte blindata è rimasta chiusa la sua coscienza negli ultimi ventuno mesi? In quale forziere era asserragliata la sua coscienza mentre quasi cinquantamila membri del suo popolo – almeno la metà civili innocenti – venivano massacrati? In quale bunker a prova di bomba atomica è rimasta riparata la sua coscienza mentre bambini di pochi anni venivano seviziati, stuprati e smembrati vivi? Le sono occorsi ventuno mesi per accorgersi che coloro che lei fedelmente serviva erano responsabili di atti non propriamente commendevoli? Le sono occorsi ventuno mesi per accorgersi che gli ordini che lei dava – lei è un generale, signor Abdulaziz Al Shalal, non un graduato di truppa – non andavano esattamente in direzione della difesa della popolazione? O non le saranno occorsi invece ventuno mesi – e la defezione di un gran numero di alti ufficiali e di importanti politici, oltre che di gran parte delle truppe – per raggiungere l’assoluta certezza che Assad è destinato a perdere? E non avrà aspettato ventuno mesi per poter godere il più a lungo possibile di tutti i benefici che il suo status le conferiva, prima di buttarsi giù dalla nave in fiamme?
La sa una cosa, signor generale Abdulaziz Al Shalal? Lei fa ancora più schifo di quelli che stanno continuando a massacrare il popolo siriano.
Abdulaziz Al Shalal
barbara