ANCHE QUESTE, A MODO LORO, SONO GUERRE

Solo che nessuno (quasi) ne parla.

Gli emiri si sono comprati il calcio europeo e lo usano per far vincere l’Islam

Un rapporto rivela: i regimi arabi sfruttano gli acquisti faraonici (grazie al gas e petrolio che implora l’Europa) per la causa musulmana. Ci stanno riuscendo (chiedere a Macron e Sarkozy sul Qatar)

Il Newcastle è di proprietà dell’Arabia Saudita. Il Paris Saint Germain è del Qatar. Il Manchester City è degli Emirati Arabi, come il Girona spagnolo, la francese Troyes e la belga Lommel. Il Wigan inglese è del Bahrain. Lo Sheffield United è sempre dell’Arabia Saudita, come la belga Beerschot, l’Almeria spagnola e il francese Chateauroux. Gli Emirati Arabi ora vogliono comprarsi anche il Milan attraverso la InvestCorp.
A cosa servono tutte queste squadre di calcio agli sceicchi e agli emiri? Lo racconta un dossier dell’Atlantic Council. Non è una banale storia di calcio, ma una straordinaria operazione politica, economica e religiosa.
Le dittature arabe hanno capito che il linguaggio sportivo è il più potente mezzo per sedurre il pubblico occidentale. E così l’Arabia Saudita, che è il più grande finanziatore di estremismo islamico in Inghilterra secondo un rapporto, ha visto bene di comprare il Newcastle, il cui presidente è anche il capo della Saudi Aramco, che con 2.430 miliardi di dollari è appena diventata l’azienda pubblica di maggior valore al mondo (la guerra in Ucraina e la crisi energetica è stata una manna per i regimi islamici), Yasir Othman Al-Rumayyan. Il Newcastle è la squadra di calcio più ricca del mondo, ma l’ultima volta che ha vinto il campionato di calcio fu nel 1927. Perché degli sceicchi sauditi dovrebbero spendere 300 milioni di sterline per una squadra di livello così basso?
Emirates, Etihad Airways e Qatar Airways hanno tutte importanti accordi con le squadre di calcio europee del valore di centinaia di milioni di dollari. Gli investimenti mirano a rafforzare i legami dei regimi arabi con le reti commerciali in Occidente. Qatar Airways ha molte partnership con tante squadre di calcio, in particolare il Barcellona, mentre l’affare di Emirates con l’Arsenal dimostra i vantaggi delle partnership tra club di calcio e la compagnia araba, che ha visto il valore triplicare in dieci anni. Il Qatar ospiterà la Coppa del Mondo del 2022, che dovrebbe veder arrivare 1,2 milioni di turisti.
A parte i vantaggi economici, il calcio è un veicolo senza uguali per attuare il “cambiamento sociale”, come la popolarità del calciatore egiziano Mo Salah del Liverpool contro l’“islamofobia” e le immagini di Karim Benzema che promuove i pellegrinaggi alla Mecca.
Il Paris Saint Germain è stata appena travolta da un caso imbarazzante: Idrissa Gana Gueye, centrocampista di nazionalità senegalese, si è rifiutato di scendere in campo per la Giornata mondiale contro l’omofobia. Ma la stampa si è guardata bene dal ricordare la fede islamica del giocatore. Come si è guardato bene David Beckham, ambasciatore dei mondiali del Qatar e icona Lgbt, dal criticare il fatto che nell’emirato è illegale essere gay. Da poco è uscita la notizia che Beckham ha firmato un contratto di 178 milioni con il Qatar.
El Mundo ha denunciato l’operazione con cui la famiglia reale del Bahrain ha acquistato la squadra di Cordoba. E Der Spiegel ha appena dimostrato che Khaaldoon Al Mubarak, presidente del Manchester City e primo ministro di Abu Dhabi, ha spostato ingenti somme di denaro controllate dal governo direttamente sui conti del club inglese.
Migliaia di fan del Newcastle hanno celebrato l’acquisizione saudita, sventolando bandiere saudite e indossando abiti arabi. Se non bastasse, la nuova maglia ufficiale della squadra inglese è praticamente identica a quella della nazionale saudita.
L’entusiasmo dei fan è presto spiegato: il Manchester City degli Emirati Arabi e il Paris Saint Germain del Qatar hanno vinto dodici scudetti sotto la loro proprietà nell’ultimo decennio. L’Arabia Saudita spende senza ritegno per ospitare partite come la Super Coppa spagnola fra Real Madrid e Barcellona. “In dieci anni il Qatar ha investito più di 1,5 miliardi di euro nel Paris Saint Germain”, racconta una inchiesta di L’Express. “La squadra aveva vinto solo due titoli di campioni di Francia in quarant’anni, ora ne ha otto”. E dopo l’acquisizione del Paris Saint Germain, il Qatar ha annunciato 50 milioni di euro destinati a “progetti educativi” (leggi, islamici) nelle banlieue parigine (Mbappé è l’“eroe della banlieue”). L’obiettivo del Qatar, ha detto Georges Malbrunot, autore del libro Nos très chers émirs, è “prendere il controllo dell’Islam francese”. I nostri cari emiri…
Intanto, questi club arabizzati tessono le relazioni politiche. Per evitare che la stella del calcio francese Kylian Mbappé traslocasse al Real Madrid sono appena intervenuti il presidente francese Emmanuel Macron e l’ex presidente Nicholas Sarkozy. “Macron d’Arabia”, che a Doha ha firmato contratti per 12 miliardi di euro con il Qatar.
“Senza l’intervento dell’ultim’ora di Sarkozy su Michel Platini, il Qatar non avrebbe mai avuto i Mondiali, Turchia,Grecia,è la prima volta che un intervento politico cambia una grande decisione nel mondo del calcio“. Queste sono le dichiarazioni di Sepp Blatter, rilasciate a Le Monde. L’elvetico, ex presidente della Fifa, ha lanciato un durissimo attacco alla gestione di Platini relativamente all’assegnazione dei Mondiali 2022 e al ruolo di Sarkozy e del Qatar.
Ma andiamo per ordine.
Nel 2011 il Qatar acquista la squadra di calcio francese grazie all’intervento dell’allora presidente Sarkozy. L’acquisizione, da parte del Qatar, di proprietà statale, è seguita a un pranzo all’Eliseo fra Sarkozy, Platini e la famiglia reale del Qatar. Platini ha rivelato che Sarkozy voleva che i qatarioti acquistassero il Paris Saint Germain. Al figlio di Platini, Laurent, è stato offerto il lavoro come amministratore delegato di Burrda, la società di abbigliamento sportivo del Qatar.
Il 2011 è anche l’anno delle “primavere arabe”. La Francia di Sarkozy, per interessi petroliferi e politici, dichiara guerra alla Libia di Gheddafi. Il Qatar – attraverso Al-Jazeera – si vedrà riconoscere il ruolo nella “creazione di un ambiente propizio alla Primavera araba”, appoggiando gli islamisti per rimpiazzare i regimi laici in Tunisia, in Libia e in Egitto. Sarkozy avrebbe poi lavorato a favore dei Mondiali del Qatar. Calcio, politica, Islam…Non è tutto abbastanza chiaro?
Ora ne emerge un’altra. L’ufficio a Downing Street del premier inglese Boris Johnson sta impedendo al quotidiano The Mail on Sunday di vedere la corrispondenza relativa alla vendita per 305 milioni di sterline del Newcastle al fondo sovrano saudita. “La divulgazione di informazioni potrebbe minare il ruolo del Regno Unito in Medio Oriente. Se vogliamo continuare a svolgere un ruolo di influenza, allora le nostre relazioni bilaterali devono essere protette”. Il principe saudita Mohammed Bin Salman ha contattato personalmente Johnson nel giugno 2020, avvertendolo che le relazioni anglo-saudite sarebbero state danneggiate se non fosse stata approvata la vendita della squadra di calcio. Guarda caso, nel pieno della guerra in Ucraina Boris Johnson è volato in Arabia Saudita per firmare nuovi contratti petroliferi. E non soltanto petrolio.
L’emiro di Dubai che possiede il Manchester City è stato a lungo uno dei maggiori azionisti della mega banca inglese Barclays con quattro miliardi di sterline, la banca più grande del Regno Unito. L’emiro, Mansour bin Zayed al-Nahyan, nel 2008 salvò la Barclays dalla crisi finanziaria. La stessa banca che da anni spinge per gli “sharia bond”, la finanza islamica? Fu il premier David Cameron a lanciare la candidatura di Londra a “capitale della finanza islamica in Occidente”, con l’annuncio del primo bond islamico, o sukuk, emesso da un paese non musulmano. “Voglio Londra al fianco di Dubai e Kuala Lumpur come una delle grandi capitali della finanza islamica in tutto il mondo”, disse Cameron. O come ha detto l’ex sindaco della City, Roger Gifford, “la finanza islamica dovrebbe essere britannica come il fish and chips, o come il cielo grigio di Londra”. Il governo britannico ha di recente emesso obbligazioni sovrane conformi alla sharia (la legge islamica) per un valore di 500 milioni di sterline, sette anni da quando è entrato nella storia come il primo paese al di fuori del mondo musulmano a emettere un sukuk sovrano.
Calcio, politica, Islam, affari…Non è tutto abbastanza chiaro?
Dopo la cerimonia del dodicesimo Dubai Globe Soccer Awards, che si è svolto il 27 dicembre 2021, stelle del calcio come Robert Lewandowski, Kylian Mbappé e Cristiano Ronaldo hanno pubblicato foto al Burj Khalifa sui social ed espresso la loro gratitudine nei confronti di Dubai (Ronaldo, che ha l’account Instagram più seguito al mondo con 419 milioni di follower, ha ringraziato Dubai in un post e ha scattato una foto con il principe ereditario).
Lo si è visto alla cerimonia di premiazione del Mondiale per club in Qatar. Hamad bin Khalifa Al Thani, fratello dello sceicco regnante e presidente del comitato olimpico, ignora completamente le assistenti brasiliane Edina Alves Batista e Neuza Back. Nel video si vede il presidente della Fifa, Gianni Infantino, istruire la squadra arbitrale femminile a non dare fastidio allo sceicco ed evitare contatti. Tre arbitri uomini avanzano verso Infantino, che dà loro una medaglia e scambia una stretta di mano. Poi vanno dallo sceicco, che li saluta. Arriva il turno delle due donne. Mentre ricevono le medaglie, Infantino sosta a parlare con loro e poi sfilano davanti allo sceicco senza alcuno scambio. 

Quando il Real Madrid è stato acquistato dagli sceicchi di Abu Dhabi si è piegato alla richiesta della Banca nazionale degli emirati affinché rimuovesse la croce posta in cima al suo storico stemma. Gli sceicchi non gradivano. Sui campi da gioco è sempre più comune vedere giocatori che ringraziano Allah. E la serie A tedesca ha appena permesso ai giocatori musulmani di interrompere il digiuno per il Ramadan e dissetarsi al tramonto durante una partita, interrompendola.
La polizia inglese ha deciso di indagare uno striscione dei fan del Newcastle che protestava contro la recente acquisizione del club da parte dei sauditi. Mostra un uomo vestito alla saudita che brandisce una spada insanguinata e che sta per decapitare una gazza, mentre i tifosi in sottofondo cantano: “Abbiamo riavuto il nostro club”. Lo striscione poi elenca i reati di cui il regime saudita è accusato da tutti i gruppi per i diritti umani: terrorismo, decapitazioni, violazioni dei diritti civili, omicidio, censura e persecuzione.
Le Figaro ha raccontato una straordinaria serata: “Decine di ospiti si sono affollati in Place de l’Étoile, all’hotel Landolfo Carcano, sede dell’ambasciata del Qatar. Nelle sale dai pannelli dorati con mosaici e affreschi, Sua Eccellenza Mohamed al-Kuwari ha insignito il vignettista Jean Plantu e Amirouche Laïdi, presidente del club Averroes, del premio ‘Doha Arab Cultural Capital’. L’ambasciatore ha premiato André Miquel (famoso arabista del Collège de France), Dominique Baudis (scrittore), Bernard Noël (famoso critico d’arte) e il poeta Adonis. Dall’ex ministro della Cultura Jack Lang al fondatore del Nouvel Observateur Jean Daniel, tutti se ne sono andati con un assegno di 10.000 euro…”.
Ma non sono tutti come gli intellettuali francesi. “Bastano 225.000 euro per comprare un famoso intellettuale e mostrarne il nome come un trofeo?”, si è chiesto lo Spiegel dopo che il più importante filosofo tedesco, Jürgen Habermas, avrebbe dovuto ricevere lo “Sheikh Zayed Book Award”, uno dei premi per autori più ricchi al mondo. Il patrono è Mohamed bin Zayed, principe ereditario di Abu Dhabi e sovrano degli Emirati. Alla fine, Habermas ha rifiutato. Ma nessuno oggi legge quasi più, mentre tutti guardano il calcio in tv.
E così, questi orrendi regimi basati sulla sharia comprano i migliori club a prezzi che soltanto loro possono permettersi grazie al gas e al petrolio di cui l’Europa ha bisogno, si ripuliscono l’immagine all’interno e promuovono l’immagine dell’Islam in Europa. E dovrebbe preoccuparci. Perché se la palla da calcio è notoriamente tonda, la terra secondo molti predicatori islamici è piatta e non gira intorno al sole.
Giulio Meotti

E quando saranno arrivati a comprarsi un numero sufficiente di squadre (oltre a immobili, grandi magazzini eccetera in tutte le capitali e grandi città europee, arriverà la sharia obbligatoria per tutti, come lo è già di fatto in moltissimi quartieri di tante città.
Nel frattempo la Turchia sta diventando (o dovrei dire RIdiventando?) sempre più aggressiva nei confronti della Grecia, che in teoria sarebbe un Paese NATO ma non gliene frega niente a nessuno, oltre che dell’Unione Europea, e già si è visto quanto bene le ha fatto.
E già che ci siamo parliamo un momento anche della giornalista di Al Jazeera della cui morte viene come sempre data la colpa a Israele, e peccato che i palestinesi abbiano rifiutato la proposta di un’indagine congiunta, abbiano rifiutato di consegnare il proiettile perché si potesse determinare senza possibilità di dubbio a quale parte appartenesse, abbiano rifiutato l’autopsia che avrebbe permesso di stabilire da dove provenisse il proiettile.

barbara

PER NON DIMENTICARE DEL TUTTO L’ATTUALITÀ

I mondiali di Spagna dell’82, quelli che ci hanno guadagnato il diritto a Italia ’90, ve li ricordate? Il risveglio di Paolo Rossi. E le rovesciate di Bruno Conti, ve le ricordate quelle rovesciate? E il volo oltre le transenne? E Italia Argentina? E Italia Brasile che col pareggio passavano loro e per passare bisognava vincere e si continuava a segnare un gol a testa, eh, ve la ricordate quella partita da infarto? E Italia Germania, ve lo ricordate come gli abbiamo fatto il culo? Ah, che roba ragazzi! Che ricordi! Che brividi!

Quelli del ’90 no, li guardavo solo quando giocava la Germania per vedere quello strafigo bestiale di Beckenbauer.
Beckenbauer
Poi non ho più seguito niente. Fino al 2006. Fino a quel giorno durante gli esami in cui un collega ha parlato della partita del giorno prima in cui l’Italia aveva vinto, e la collega di matematica fa “ah, ma io non tifo mica per l’Italia, io faccio il tifo per la Germania”. Ah sì? E allora sai cosa ti dico? Adesso mi metto a fare il tifo per l’Italia, alla tua Germania gli si va in culo (sì: gli), e si vince il mondiale. E così è stato.
2006
E adesso constato che i miei poteri sono talmente tremendi che a dodici anni di distanza, senza neanche doverci pensare, sono riuscita a far buttare fuori la Germania un’altra volta.

Niente, poi c’è questa canzone strepitosa, che mi dà una carica tale che ascoltandola potrei fare i cento metri in quattro secondi e mezzo, senza neanche dovermi sforzare granché. E poi c’è che a cinquantatre anni da quando ho giocato l’ultima volta, basta che mi capiti di passare vicino a dei ragazzini che giocano a calcio e gli scappi la palla e mi arrivi davanti ai piedi, che i piedi si muovono da soli a colpirla, non mi posso proprio trattenere.

Ecco, ho finito. Magari, se mi gira, ci ritorno su fra quattro anni.

barbara

QUANDO FARSI MALE FA BENE

Un esempio per la pace: un calciatore israeliano e uno iraniano si fanno fotografare insieme

di Nathan Greppi
calciatori-pace
Grande scalpore ha suscitato una foto pubblicata sui social in cui, a essere seduti insieme, sono calciatori di due paesi nemici: Maor Buzaglo, attaccante della Nazionale Israeliana, e Askhan Dejagah, capitano della Nazionale Iraniana.
“Nel calcio esistono regole diverse, e vi è una lingua priva di pregiudizi e di guerre,” ha scritto Buzaglo, che è anche un attaccante del Maccabi Haifa, pubblicando la foto su Facebook, Twitter e Instagram.
Secondo il Jerusalem Post, tutto è successo a Londra, dove entrambi i giocatori erano ricoverati per ferite riportate in campo. Sebbene non abbia condiviso anche lui la foto, Dejagah l’ha commentata sul profilo Instagram di Buzaglo: “Ti auguro di guarire presto, amico mio.”
Nel 2007 Dejagah si rifiutò di giocare contro Israele nei campionati Under 21 in Germania, ma in seguito spiegò che l’ha fatto per paura che il regime lo mandasse in prigione. Infatti, l’Iran proibisce a tutti i suoi atleti e allenatori di competere contro i loro omologhi israeliani.
Proprio questo mese, il capo della Federazione di Wrestling Iraniana ha dato le dimissioni per protestare contro questa politica del suo paese. A febbraio, invece, un judoka israeliano vinse una medaglia di bronzo in un campionato a Dusseldorf perché l’iraniano con il quale doveva misurarsi ha messo su peso apposta per gareggiare in un’altra sezione. Ad agosto, invece, due calciatori iraniani furono espulsi dalla nazionale dopo che, con la squadra greca Panionios, avevano gareggiato contro una squadra israeliana.
Quando, nel 2014, Dejagah venne intervistato dal The Guardian su ciò che avvenne nel 2007, ha dichiarato che è stato tanto tempo fa, e che “mi ha aiutato a crescere. Ma ora guardo solo al futuro.”
(Bet Magazine Mosaico, 26 marzo 2018)

Dato che ci sono alcuni frequentatori recenti di questo blog, che forse non sono a conoscenza dei dettagli che rendono eccezionale questa foto, spiego che agli atleti dei Paese arabi o musulmani è vietato dalla legge dei loro Paesi di gareggiare con atleti israeliani. E che regolarmente in occasione di competizioni internazionali in Europa gli stati arabi chiedono, e molto spesso ottengono, che lo stato di Israele non sia ammesso a gareggiare. Non è perché abbiano paura di essere da loro sconfitti, dato che in caso di rifiuto di battersi la sconfitta viene comunque decretata a tavolino, ma perché gareggiare contro Israele significherebbe riconoscerne l’esistenza, e questo non è ammesso. La legislazione di diversi paesi vieta anche qualunque contatto o vicinanza con cittadini israeliani, come dimostrano le scomuniche di alcune miss comparse in fotografie accanto a una miss israeliana, e come racconta Sharon Nizza in questo fresco resoconto di un incontro di giovani dal Medio Oriente (leggibile se il Cannocchiale funziona, cosa che non sempre accade) e della sua amicizia, dopo un esordio burrascoso, con il rappresentante libanese, della quale l’unica testimonianza possibile, per non far correre a lui seri rischi, è questa foto.
mani
barbara

L’EBREO GENIALE

Dopodomani sarà il Giorno della Memoria, in cui si ricorderanno le vittime della Shoah. Qualcuno è già al lavoro: a Milano deturpata una pietra d’inciampo, ad Arezzo divelta la stele commemorativa. Qui, a proposito di memoria, ci è venuto in mente Ernö Erbstein, ebreo ungherese nato a Nagyvárad nel 1898. Amava il calcio. Gli dicevano di lasciar perdere perché gli ebrei sono una razza inferiore, anche muscolarmente. Se ne fece un cruccio.
Ebbe una carriera di calciatore che concluse in Italia; intanto studiò la tattica, le applicazioni fisiche e psicologiche. Diventò un allenatore rivoluzionario. Portò in tre anni la Lucchese dalla C al sesto posto in A. A Lucca, città solidamente fascista, fu sorpreso dalle leggi razziali. Alle figlie fu impedito di andare alle scuole pubbliche. Il presidente del Torino, Ferruccio Novo, lo ingaggiò, e le figlie furono iscritte in una scuola privata. Col Toro fece un anno e arrivò secondo.
Nel ’39 capì che l’aria era troppo pesante. Novo lo aiutò. Grazie alle sue conoscenze gli organizzò il viaggio verso l’Ungheria. Lì, nel ’44, i nazisti lo rinchiusero in un campo. Riuscì a fuggire appena prima di essere trasferito ad Auschwitz. La moglie e le figlie si salvarono coi passaporti svedesi del leggendario Raoul Wallenberg, un Giusto fra le nazioni che nel ’45 fu arrestato dai russi e morì forse fucilato dal Kgb.
A fine guerra, Novo riabbracciò il suo allenatore. E Erbstein costruì il capolavoro: la squadra più forte del mondo, il Toro di Valentino Mazzola. Coi suoi ragazzi, morì a Superga.
Mattia Feltri, La Stampa, 25 gennaio 2018

Poi qui trovate un video interessante che ci mostra concretamente quante sono state le vittime.

barbara

POI UNA DOPO AVERE LAVORATO UN MESE E MEZZO A SISTEMARE LA CASA

Approfitta della bella giornata per scendere per la prima volta in spiaggia, e immediatamente si becca una terrificante pallonata sul naso. Quello con la cartilagine frantumata nell’incidente dell’anno scorso. Con un calcio potentissimo da distanza di pochi metri. Ma talmente potente che pareva ci si fossero messi tutti insieme questi qua

barbara