UN PO’ DI ATTUALITÀ

Iniziamo con un salto in Israele, dove in tre giorni i palestinesi hanno lanciato più di 1100 missili (quanto costa un missile?). Qui possiamo vedere un lancio di pochi secondi, giusto per avere un’idea; le esplosioni che si vedono in cielo sono gli incontri fra i missili e l’iron dome che li neutralizza.

Questo invece è uno delle centinaia di missili difettosi che ricadono entro il territorio di Gaza

e che in questo caso ha fatto un bordello di morti fra cui sei bambini, di cui naturalmente la responsabilità viene addebitata a Israele.

Passiamo all’Ucraina, di cui Amnesty International ha documentato vari crimini di guerra fra cui l’uso di scudi umani, cosa inaudita e vergognosa (il documento di AI, intendo, naturalmente), che ha provocato le dimissioni per protesta della direttrice della sede ucraina, giustamente, dato che il compito di AI è notoriamente quello di vedere ciò che è corretto vedere, non ciò che succede.
Nel frattempo i bombardamenti nazisti continuano a martellare il Donbass e a seminare morte, e a bombardare perfino i funerali

E ora hanno cominciato a disseminare i centri delle città, soprattutto su prati e giardini, i famigerati “petali”, piccolissime mine giocattolo

troppo poco potenti per uccidere, ma sufficientemente potenti da provocare, soprattutto nei bambini, mutilazioni, cecità o altre lesioni invalidanti. Pappagalli verdi li chiamavano in Afghanistan: a chi ha un po’ di anni sulle spalle sicuramente il nome risveglierà qualche ricordo.

A quelli che amano i paragoni voglio poi mostrare questo video: l’aviazione israeliana aveva organizzato un’operazione per distruggere un deposito di armi della jihad islamica. Sennonché all’ultimo momento

Bisogna comunque dire che anche i russofoni del Donbass sono estremamente educati e corretti: trovate due grosse mine e appurato che erano mine ucraine, non hanno esitato un momento a restituirle:

E veniamo all’Italia. A Pisa un giovane barbiere marocchino immigrato da sette anni, sposato e con due bambini piccoli è stato accoltellato a morte sulla porta del suo negozio. Ho passato in rassegna sei testate senza trovare il minimo accenno in merito all’aggressore, nonostante questo si fosse costituito e quindi la sua identità – e la sua nazionalità – fosse già nota. Potevano sussistere dubbi? Alla fine sono dovuta capitare su una pubblicazione in inglese per poter leggere

Halim Hamza, the 32-year-old barber, originally from Morocco, killed in front of his shop on the afternoon of Sunday 7 August by a Tunisian

Scommettiamo che per questo immigrato non caucasico nessuno si straccerà le vesti?

E sempre restando in italia:

EMERGENZA IDRICA O EMERGENZA DEMOCRATICA?

Ve lo riferisco con riluttanza, sgomento. Non avrei neanche voglia di scriverlo, questo post. Ma devo farlo.
Questa mattina mi sono attaccato al telefono per avere delucidazioni sull’ordinanza che vieta, tra l’altro, di innaffiare orti e giardini a Firenze fino al 30 settembre (vedi mio post di ieri “Declinazioni provinciali…”).
L’impiegato della Direzione Ambiente che mi ha risposto mi ha detto che non sapeva niente e mi ha dato il diretto di un dirigente. Quello, appena ha capito che volevo parlare dell’ordinanza 157, mi ha stoppato e mi ha dato il numero della persona che ha scritto il documento (non farò il nome, perché lo scopo di questo posto non è fare gogne mediatiche: giornalisti eventualmente interessati ad approfondire, contattatemi in privato).
L’ho chiamata, mi ha risposto, abbiamo avuto una lunga e cordiale conversazione. Io non ho fatto polemiche: non volevo affermare le mie ragioni, volevo capire le sue, e per questo volevo che si sentisse a suo agio, che si sentisse compresa.
Le ho chiesto prima di tutto se l’ordinanza avesse delle omissioni, dei sottintesi, delle deroghe non espresse. Risposta: quello che c’è scritto è.
Le ho chiesto se quindi avrei dovuto lasciare seccare le mie piante di pomodori. Risposta: sì, a meno di ingegnarsi (attingere acqua a una fonte, ricavarla da un pozzo…).
Le ho chiesto del prato. Risposta: anche quello, da far seccare.
Le ho chiesto se, oltre ai pomodori e al prato, dovrei lasciar morire anche gli alberi e le piante che si trovano nel mio giardino. Risposta: eh, bisogna ingegnarsi.
Le ho chiesto se il Comune di Firenze è cosciente che questa ordinanza condanna alla distruzione migliaia e migliaia di piante e alberi nel territorio comunale; le ho chiesto a che genere di idea “green” corrisponda questa strategia. Risposta: sì, certo, ne siamo coscienti, ma qualcosa bisogna sacrificare. È meglio sacrificare i suoi pomodori che un’attività produttiva, no?
Le ho chiesto se dunque la mia famiglia deve davvero rinunciare alle quattro piante di pomodori che soddisfano interamente il nostro fabbisogno fino a ottobre. Risposta: Sì, è meglio che lei perda i suoi pomodori, tanto può comprarli al supermercato, piuttosto che togliere l’acqua a un autolavaggio, che poi entra in ballo un discorso di occupazione, di sindacati…
Le ho chiesto se il territorio di Firenze sta vivendo davvero una crisi idrica così drammatica da preferire la distruzione del verde, degli alberi, delle piante. Risposta: In realtà no, l’invaso di Bilancino è ancora pieno per l’80% [più o meno come l’anno scorso, e l’anno prima, e l’anno prima ancora in questo periodo – nota mia]; ma ci sono state pressioni: l’autorità idrica ha mandato la richiesta di fare ordinanze contro lo spreco dell’acqua il 3 giugno; molti sindaci le hanno fatte subito; noi siamo gli ultimi, abbiamo rimandato, ma alle riunioni era tutto un dire “perché noi l’abbiamo fatta e Firenze non fa l’ordinanza?”, alla fine abbiamo dovuto farla anche noi.
Le ho chiesto se la distruzione del verde riguarderà anche i produttori. Risposta: no, le attività produttive non possono essere toccate, neanche l’autolavaggio, per l’appunto. L’ordinanza riguarda solo le utenze domestiche.
Le ho chiesto del verde pubblico. Risposta: eh, anche noi abbiamo dovuto decidere. Ci siamo messi intorno a un tavolo e abbiamo fatto una lista: questo prato lo salviamo, quest’altro lo lasciamo seccare. Pensando anche agli investimenti fatti: se un prato era stato piantato qualche mese prima non si poteva far seccare.
Facciamo tanti investimenti per il verde…
Le ho chiesto se aveva presente la differenza tra far seccare un prato o un’aiuola, che poi ripianti i semi e dopo tre settimane sono uguali, e far morire un albero vecchio di dieci, venti, trent’anni, con tutte le sue relazioni complesse con l’ecosistema. Risposta: Eh, bisogna che uno si ingegni.
Le ho chiesto se queste decisioni non siano in contraddizione con la norma che impedisce di abbattere un albero che si trovi nel proprio giardino senza un apposito permesso e senza che sia prevista la sua sostituzione. Risposta elusiva.
Le ho chiesto se per caso l’ordinanza sia stata fatta con la convinzione che tanto verrà ignorata da moltissime persone e non farà grossi danni. Risposta: Le norme vanno rispettate; ma poi basta vedere quanti cartelli di divieto di sosta ci sono, e quante macchine parcheggiate…
Le ho chiesto come potrei ignorare questa norma se avessi un vicino litigioso e incattivito nei miei confronti, che non vede l’ora di avere un pretesto per mettermi nei guai e che chiamerebbe immediatamente la municipale vedendomi con la sistola in mano. Risposta: be’, sì, del resto le norme sono fatte per essere rispettate, non per essere eluse.
Ho chiesto se quindi il Comune sia cosciente del fatto che con questa ordinanza – salvo ribellione in massa – trasformerà la città di Firenze in un deserto nel giro di tre mesi, con relativo aumento della temperatura, distruzione dell’ecosistema, della catena alimentare, della biodiversità. Risposta: Sì, ma anche se in questo momento noi non siamo in emergenza, qualcosa bisogna pur fare.
La conversazione è stata davvero pacata e piacevole. Nessuna provocazione, polemica o protesta da parte mia. Non volevo prendermela con la dottoressa XY: volevo capire. Volevo ascoltare la voce dell’ultimo anello della catena che rappresenta la follia al potere. E in questo sono stato accontentato: era una persona normale.
Normali e perbene sono le persone che negli ultimi due anni e mezzo hanno varato, votato, apprezzato, rispettato – senza mai osare fare un rilievo critico – i provvedimenti che stanno alla base di questa deriva irrazionale, dispotica, punitiva e totalitaria, ormai talmente diffusa nella mentalità comune da essere diventata invisibile, completamente disciolta, e quindi inarginabile e incommentabile. Infatti sono andato in internet e non ho trovato un solo articolo o commento critico su questa norma (che si ritrova quasi identica in molti Comuni dal Nord al Sud della Penisola). Neanche uno. Davvero non avevate capito che i “noi consentiamo / noi non consentiamo” avrebbero portato dritto a questo? Adesso è dura tornare indietro. E non so neanche quanti vorrebbero farlo.
Io penso agli orti che in questo momento si stanno seccando. Agli animali, che, di conseguenza, stanno morendo. Penso agli alberi decennali che stanno morendo. Penso all’invaso di Bilancino che oggi contiene 60 milioni di metri cubi d’acqua, pronti per essere utilizzati. Penso a quanta acqua serve per produrre un chilo di carne o un hamburger. A quanta viene divorata dal digitale (guardare un film in streaming costa 400 litri d’acqua, ci diceva nel 2016 l’Imperial College – io ne uso 40 al giorno per irrigare i miei 30 metri di orto-giardino). Penso alle mie piante, che danno da mangiare a me e ai miei figli, che in questo momento “dovrebbero” stare morendo.
Penso che adesso è abbastanza fresco per uscire e dare una bella annaffiata.
Anche le tartarughe ne saranno contente, e anche il discreto popolo degli insetti. L’alveare, incastonato nel buco tra le pietre del muro davanti alla casa, brulica di api. E pensare che stiamo solo a un chilometro da Porta Romana.
E mi chiedo infine: c’è un avvocato, un giurista, un magistrato, disposto a dire che, semplicemente, questa follia non si può fare, perché una follia del genere – a livello giuridico e politico – ha la stessa legittimità, giustificazione e plausibilità di altre follie ancora più criminali?
Carlo Cuppini

E io questa cosa qui la metterei dritta dritta nei crimini contro l’umanità.

Meglio una bella Carmen infuocata, vero?

barbara

E MI SEMBRA GIUSTO, MI SEMBRA

carmen
Rubato qui. Poi, con calma – ma non troppa però -, ci occuperemo anche dell’Otello, di Francesca da Rimini e via via tutte le altre opere che vergognosamente discriminano e umiliano e martirizzano le donne. Per quanto riguarda il calcio, però, non me ne voglia il mitico Vujadin, ma per chiunque abbia almeno sessant’anni la priorità assoluta fra le onte da lavare spetta indiscutibilmente a Italia-Corea 1966.

E poi guardate anche questa, con una Carmen (che finirà anche male, ma vive, fin che vive, con una libertà, una vitalità, una esplicita e calda sensualità che boldrine e bonine si sognano, altro che liberazione sessuale!) dalle diverse ma altrettanto gustose provocazioni, e con in più il crimine assoluto: LE SIGARETTE! (a morte! a morte! Anzi, oltre al finale bisognerà cambiare anche mestiere e ambientazione) e quindi doppiamente da rifare.

PS: un sospetto però mi sovviene: e se in realtà non l’avesse ammazzata per gelosia bensì per non rischiare che dopo vent’anni quella se ne uscisse a dire che l’aveva violentata? In questo caso secondo me si tratterebbe di legittima difesa preventiva, e una discreta botta di attenuanti le meriterebbe.

barbara

CARA ROSARIA APREA,

che qualcuno evidentemente deve considerare bella, dal momento che, leggo, sei una miss, anche se a me non sembrerebbe mica tanto
rosaria_aprea
(e qualcuno sicuramente dirà che la mia è tutta invidia. Lo dicono sempre, quindi non è il caso di badarci granché), avrei due parole da dirti. Ma prima, nel caso qualcuno dei miei lettori fosse stato distratto, o non avesse la memoria pronta, riporto l’articolo pubblicato dal Corriere della Sera di ieri.

CASERTA – Getta la spugna il legale che nelle ultime settimane ha assistito Rosaria Aprea, la ventenne della provincia di Caserta picchiata dal fidanzato tanto da rimetterci la milza, eppure convinta di volerlo perdonare e tornare con lui. Dopo aver ripetutamente cercato di convincere Rosaria che stava facendo la scelta sbagliata, l’avvocato Carmen Posillipo ha deciso di rinunciare al mandato. Perché il comportamento della Aprea, «collide con la mia etica professionale e con le mie strategie difensive», spiega. E per essere più chiara aggiunge: «Non voglio assistere all’anteprima di un omicidio».
Da quando la ragazza è finita in ospedale dopo essere stata presa a calci dal ventisettenne Antonio Caliendo (ora in carcere con l’accusa di lesioni gravissime e in attesa della decisione del Tribunale del riesame che proprio ieri ha affrontato il caso), l’avvocato Posillipo le è stato accanto come e più di una amica. È andata a trovarla ogni giorno, le ha parlato cercando di calmarla quando Rosaria cominciava ad agitarsi, e anche dopo che lei se n’è uscita con la storia che voleva tornare con Antonio («perché lui mi ama e cambierà sicuramente») ha continuato ad assisterla. E ha dovuto spiegarle molte cose. Per esempio che non bastava che Rosaria ritirasse la denuncia per far scarcerare Antonio, perché il reato era troppo grave e il magistrato decide autonomamente, non si basa sul perdono della vittima. Poi quando la ventenne le ha fatto capire che avrebbe rilasciato volentieri qualche intervista a pagamento in modo da avere i soldi per pagare la cauzione e far uscire il fidanzato, l’avvocato con pazienza le ha spiegato che le cose in Italia funzionano diversamente dai telefilm che Rosaria vede in tv. Ma alla fine, quando ha capito che l’intenzione della ragazza, dimessa ieri  dall’ospedale, era di andare a Casal di Principe, dove vivono i familiari di Antonio e dove c’è una casa pronta per lei, il fidanzato e il loro bambino di un anno, l’avvocato Posillipo non se l’è sentita più di continuare. (Fulvio Bufi)

Ecco, quello che voglio dirti, mia cara Rosaria, è che sono immensamente dispiaciuta. Mi dispiace veramente tantissimo che quell’impiastro del tuo fidanzato, dopo anni di allenamento a menarti, sia riuscito solo a spappolarti la milza, col bel risultato di far spendere a noi contribuenti un sacco di soldi per curarti e di condannare quella povera creatura innocente di tuo figlio a continuare a vivere con una criminale che, pur di continuare a farsi sbattere dall’energumeno, non si fa il minimo scrupolo a farlo vivere in un inferno e ad esporlo ad ogni sorta di violenze. Mi auguro con tutto il cuore che la prossima volta – perché NATURALMENTE ci sarà una prossima volta – il suo lavoro sia più accurato.

Poi, visto che ci sono, vorrei dire due parole anche alla madre di Fabiana Luzzi, 15 anni, colpita con venti coltellate e poi bruciata viva dal fidanzato, che ha dichiarato che «anche quel ragazzo è una povera vittima» (capisco che il dolore possa anche far impazzire, ma anche nel dolore dovrebbe esserci un limite all’indecenza), e all’avvocato della “povera vittima”, Giovanni Zagarese che ha provveduto a informare che il ragazzo «è molto provato»: egregi signori, sono alla ricerca di due piccoli razzi, diciamo dieci centimetri di diametro e una trentina di lunghezza. Dotati di una piccola testata nucleare. La vostra fantasia vi aiuterà sicuramente a indovinare dove ve lo dovete infilare.
fabiana-luzzi
barbara