SCUOLE CHIUSE: VOLETE SAPERE PERCHÉ?

Hanno chiuso le scuole senza motivo

Abbiamo chiuso le scuole senza dimostrare che erano un pericolo, affidandoci agli scienziati in tv più che alla scienza. Il primo e unico studio in Italia, su 7 milioni di studenti, dice che bambini e ragazzi, tra i banchi, non hanno alcun rischio di trasmettere né di contrarre il virus. Le scuole, sono sicure, non sono focolai.

Adesso che stanno partendo le proteste di genitori in molte città, tutti corrono a fare gli “gnorri” dicendo che la riapertura delle scuole «non dipende da me». Lo ha fatto ad esempio il governatore emiliano Stefano Bonaccini: «Non decido io la riapertura». Eppure, era lo stesso che non più tardi di 15 giorni fa ha avviato un’escalation di tamponi nel mondo scolastico per dare la caccia agli untori.

Così anche il sottosegretario all’Istruzione Rossano Sasso che – interpellato dalla Bussola – ha detto che non dipende dal suo ministero la chiusura e che «i dati dello studio pubblicato dal Corriere della Sera confermano come il mondo della scuola non rappresenti un contesto che favorisce più di altri la diffusione del contagio». Eppure, una settimana fa, Sasso diceva che «oggi le scuole non sono luoghi sicuri» salvo poi dire adesso che «ci sono però esperti che la pensano diversamente e la cui opinione, altrettanto rispettabile, contribuisce alla formazione delle decisioni del Comitato tecnico-scientifico e del Ministero della Salute, a cui ci si deve inevitabilmente adeguare».

SCIENZIATI O SCIENZA?

Ecco svelato l’arcano: il governo, più che i dati scientifici, ascolta le opinioni dei virologi da salotto che con le loro affermazioni perentorie orientano le decisioni, anche le più dannose, ma non sono suffragate da alcun riscontro epidemiologico. Virologi sotto i riflettori contro studi scientifici.

Lo studio italiano è stato annunciato ieri dal Corriere della Sera dall’epidemiologa Sonia Gandini che, qualche giorno prima, era stata intervistata dall’Agensir. Si tratta dell’unico lavoro italiano effettuato su un campione vastissimo di 7 milioni di studenti e 770 mila insegnanti.

SCUOLE SICURE

E dice cose molto importanti. Nell’ordine: non c’è alcuna correlazione tra la diffusione dei contagi e la scuola in presenza. I ricercatori hanno incrociato i dati di Miur, delle Ats e Asl locali e della Protezione civile fino a coprire il 97% degli studenti.

Inoltre, tra tamponi e ragazzi positivi c’è un rapporto dell’1%. Lo studio sfata anche un’altra leggenda nera: quella secondo la quale i giovani sono untori, che contagiano i nonni: è falso, contagiano il 50% in meno rispetto agli adulti. Certo, gli insegnanti possono contagiarsi tra di loro, ma questo può avvenire in qualunque ambiente di lavoro, senza per questo che venga chiuso. 

Il dato però più significativo è epidemiologico: quando a settembre sono state riaperte le scuole, fino a dicembre non si è assistito ad un aumento della curva pandemica dato che gli aumenti si notano per la classe di età tra i 20 e i 59 anni. Insomma: lo studio scagiona completamente gli studenti e dovrebbe far riflettere il governo.

DOVE LE SCUOLE SONO APERTE

Al telefono con la Bussola, l’esperta in biostatistica, Gandini, ha detto di non poter aggiungere più di quello che ha già detto perché lo studio è in fase di pubblicazione presso un’importante rivista scientifica, ma ha chiarito che è stato mandato sia al Ministero della Salute che al Cts.

Ha anche aggiunto che in Europa i ragazzi non vengono considerati degli untori e per questo le scuole sono aperte. Merito dei numerosi studi clinici effettuati da centri di ricerca statali o privati, i quali hanno dato tutti lo stesso responso: la scuola è il luogo più sicuro e non deve essere chiusa. La Gandini, che sostiene i movimenti spontanei di genitori che stanno chiedendo con insistenza la riapertura delle scuole in presenza (l’ultima manifestazione domenica a Milano), questo lo afferma da tempo e sulla sua bacheca di Facebook pubblica spesso studi che mostrano come i ragazzi non siano in pericolo a scuola. Uno studio americano dimostra che a scuola i contagi sono rari e gli studenti rispettano le indicazioni di sicurezza che vengono stabilite. Su 8.955 campioni di saliva sono stati trovati positivi solo lo 0,18%.

Oppure due studi sempre negli Stati Uniti che hanno indagato se la possibilità di mantenere la distanza fisica nelle scuole fosse associata ai contagi. «Nel primo – spiega la Gandini sulla pagina Fb – gli autori hanno offerto il tampone a 1.041 contatti scolastici di 51 pazienti in 20 scuole elementari nella Contea di Salt Lake, Utah. Lo studio è stato condotto tra dicembre 2020 e gennaio 2021 in una comunità con alta trasmissione, ma nonostante questo è stata osservata una bassa trasmissione associata alla scuola con un tasso di attacco secondario dello 0,7%». 

E ancora: uno studio di coorte che presenta i dati di 55 scuole e più di 2500 bambini è stato pubblicato recentemente sul BMJ. Nell’autunno 2020, la Svizzera ha registrato uno dei più alti tassi di incidenza di infezioni da SARS-CoV-2 in Europa. Tuttavia, le scuole sono rimaste aperte dall’inizio dell’anno scolastico. Ebbene: meno della metà delle classi ha avuto almeno un bambino sieropositivo e i cluster di tre o più bambini sieropositivi in ​​classe sono stati rari e generalmente causati da infezioni non correlate tra loro. 

«I BAMBINI NON SONO UNTORI»

Un recente studio americano, pubblicato dall’autorevole rivista Pediatrics, mostra risultati molto simili e così una ricerca pubblicata su The Lancet che smonta la nota teoria dei bambini super-spreader. Si tratta di uno studio di sieroprevalenza condotto in Francia durante il lockdown della prima ondata che ha mostrato che le misure sono state efficaci e che l’esposizione a bambini con infezione da SARS-CoV-2 non ha comportato un aumento del rischio di infezione tra il personale dell’asilo nido. 

IN ITALIA SI ASCOLTA IL VIROLOGO

E in Italia? Pochissimo, quasi nulla. E quel poco che c’è non viene considerato. Come lo studio condotto in Sicilia dall’Ufficio Scolastico Regionale che ha mostrato come a marzo 2021 ci sia stata una diminuzione dei casi positivi nelle scuole rispetto alle precedenti rilevazioni del 2020. «Considerando le scuole di infanzia – commenta – e I ciclo nell’intero periodo di osservazione, dal 19 novembre 2020 a oggi, il trend dell’incidenza degli alunni positivi al COVID-19 si conferma in diminuzione». 

Insomma, i dati scientifici ci sono, invece il Governo quando ha deciso di chiudere le scuole non ha fornito nessuno studio epidemiologico se non l’unico criterio dei 250 positivi ogni 100.000 abitanti, numero assolutamente facile da raggiungere se, come si è fatto, si aumentano i tamponi.

Chiudere è stato semplice. È bastato contagiarsi a vicenda tra virologi e politici. Solo a titolo esemplificativo:

Antonella Viola, immunologa e professoressa di Patologia generale all’Università di Padova, in un’intervista al Corriere della Sera dichiarava a inizio marzo che «l’ideale sarebbe chiudere anche le scuole perché la scuola è un luogo a rischio, è impossibile tenere i bambini sempre a distanza con la mascherina ben indossata e le classi sono troppo numerose». Chi frequenta il mondo della scuola sa che le cose non stanno così, ma certe affermazioni sono diventate virali, senza alcun riscontro epidemiologico, secondo un sentimento ideale.

Lo stesso vale per il re dei virologi in tv, il professore Massimo Galli: «Nelle scuole ci sono bambini e ragazzi concentrati per diverse ore al giorno in una situazione di necessaria vicinanza che finisce per determinare la diffusione dell’infezione, che negli esercizi commerciali può essere gestita diversamente, credo». Dati scientifici a supporto? Nessuno, soltanto un “credo” che deve essere preso per buono come un ipse dixitIdem per Ilaria Capua

Dai virologi ai politici, il passo è breve. Così Nino Spirlì, governatore della Calabria: «Non voglio aspettare che si ammalino i bambini prima di dover chiudere queste scuole». Evidenze cliniche a supporto? Nessuna, solo paura irrazionale. E sulla stessa lunghezza d’onda Luca Zaia, governatore veneto, anche lui con un opinabile “credo”: «Molte delle Regioni che oggi sono in difficoltà hanno aperto le scuole quasi un mese prima di noi. Guardiamo i dati epidemiologici: credo che la correlazione con le scuole ci sia fino in fondo. Non lo dico io, ma la letteratura scientifica». Quale letteratura scientifica, dato che in Italia non è stato prodotto ancora nulla? Ma intanto il virus della paura si è sparso. Chiudere è stato semplice e dannoso, soprattutto per gli studenti.
di Andrea Zambrano, qui.

Che la chiusura delle scuole incidesse sulla diffusione del contagio per una percentuale molto prossima allo zero, era già stato documentato qui e qui. L’impatto psicologico e fisico della cancellazione dei contatti umani, ci vorranno sicuramente molti anni per calcolarli.

barbara

QUANDO LA REALTÀ SUPERA LA FANTASIA

Sì lo so, è tremendamente banale, ma non ci sono altre espressioni adeguate.

REALTÀ VS FANTASIA 1

Covid a Napoli, scuole chiuse per maltempo e si ferma anche la didattica a distanza: genitori in rivolta

L’ordinanza del sindaco Luigi de Magistris per l’allerta meteo con la chiusura delle scuole, prorogata anche a oggi, ha scatenato attriti tra genitori e dirigenti scolastici. Sotto accusa le scuole Bracco, Quarati, Maiuri, Cuoco-Schipa, E. A. Mario che non hanno erogato Didattica a distanza per le prime classi della primaria che erano in presenza, ma anche per tutte le altre di ogni ordine e grado come segnalato dai genitori degli alunni dell’istituto comprensivo Madonna Assunta che hanno definito la decisione «ingiustificata». Si sono quindi rivolti al consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli il quale ha inviato una nota per capire «perché il maltempo impedisce la didattica a distanza». A rispondere in merito sono tutte le organizzazioni sindacali che attraverso un comunicato unitario chiariscono che la Dad è prevista «esclusivamente per l’emergenza Covid e non per allerta meteo» e a non essere conformi alle leggi vigenti sono le scuole che invece hanno erogato tale servizio «avvalendosi del volontarismo dei docenti, che da contratto di lavoro non avrebbero dovuto. Come federazione stiamo valutando con i nostri legali di adire alle vie legali, nel caso si siano verificati eventuali abusi» precisa Graziano Forlani di Gilda Unams. (qui)

Randellate sulle gengive, pannocchia gigante abbrustolita e rovente nel culo, aghi sotto le unghie dei piedi, serie di frustate sulle natiche (rigorosamente nude) con nerbo di bue… Per me possono andare bene tutte, anche in combinazione, ma se avete idee migliori sono disponibile a prenderle in considerazione.

REALTÀ VS FANTASIA 2

Giovanni Bernardini

PAZZI

Non lo credevo possibile, eppure riescono ancora a stupirmi.
Per Natale, santo Stefano e capodanno divieto di spostarsi da un comune all’altro. Peccato che in Italia ci siano comuni con oltre un milione di abitanti ed altri con meno di mille.
Sono vietati gli spostamenti fra regioni. E’ vietato sciare ma nelle località di montagna sarà consentito aprire alberghi e ristoranti. Per cosa? Per ammirarli vuoti? Per aumentare le spese fisse in assenza di ricavi?
Lo abbiamo detto e ripetuto in tanti. Questo è un governo di incompetenti malati di ideologia ed incollati alle poltrone. Ma le cose stanno anche peggio. Questi sono PAZZI, pazzi da legare.
Sono incapaci del più elementare ragionamento logico. Non vedono cose che qualsiasi comune mortale vede benissimo. Vivono in un mondo tutto loro. Un mondo allucinato fatto di DPCM, “ristori”, covid come “occasione” per la “riconversione verde dell’economia”, la “parità di genere” e stronzate di questo tipo.
Stanno letteralmente distruggendo il paese, hanno già trasformato la costituzione in un rotolo di carta igienica.
Altro che “dialogo costruttivo fra governo e opposizioni”!
Questi vanno fermati, prima che la loro furia nichilista ci porti in fondo al baratro.

Alberto Godena

Maledetti!!!

– I ristoratori potevano risollevarsi con i pranzi di Natale ed hanno imposto il divieto di spostamento tra un comune l’altro.
– Gli alberghi potevano riempirsi con l’ultimo dell’anno, hanno imposto il cenone in camera decretando in pratica la chiusura delle strutture.
– Il settore croceristico poteva recuperare un anno disastroso ed hanno vietato le crociere.
– Impianti di risalita e alberghi in montagna sono condannati al fallimento.
– Vogliono mettere in una quarantena solo punitiva (perché indipendente da un eventuale tampone negativo) chi torna dall’estero.

Questa gente andrà processata ed auspicabilmente condannata all’ergastolo solo perché purtroppo da noi non esiste la sedia elettrica.

Tra l’altro il nostro illustre governo evidentemente ignora che lo sci è uno sport individuale che si pratica all’aperto e scafandrati in un modo che non ha molto da invidiare al personale ospedaliero dei reparti covid, che i biglietti per gli impianti di risalita sono quasi ovunque acquistabili online (e dove non lo sono non dovrebbe volerci moltissimo per organizzarsi in tal senso) e per la risalita ci sono le cabine famigliari.

E ignora altresì che ci sono figli con genitori anziani separati da poche centinaia di metri ma in comuni diversi, e quanto ai dialoghi costruttivi…

DPCM Natale, il vicepresidente Carloni esprime il totale disappunto della Regione Marche

“Esprimo il totale disappunto della Regione Marche per questo modo di procedere del Governo senza alcun confronto. Le chiusure anche a Natale penalizzano i cittadini e creno forti disparità”. Queste le parole del vicepresidente Mirco Carloni a margine della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome che si è svolta giovedì mattina.

“Abbiamo ricevuto mercoledì notte – ha proseguito Carloni – la bozza del DPCM che non tiene conto delle nostre posizioni, nemmeno quelle concordate in conferenza delle Regioni. Abbiamo espresso un giudizio negativo e la nostra contrarietà rispetto alle decisioni del Governo, che anche a Natale costringe i cittadini a non spostarsi tra Comuni. Queste posizioni creano forti disparità tra i cittadini, non tengono affatto conto che in Italia e in particolare in regioni come le Marche, esistono centinaia di piccole realtà, tanti piccoli Comuni e con una popolazione spesso anziana che rischia di restare sola e isolata anche durante le festività natalizie. Verrà impedito ai familiari e ai congiunti di trascorrere insieme anche il giorno di Natale e quello di Santo Stefano, si pensi ad esempio a famiglie che vivono a pochi chilometri di distanza ma in Comuni diversi, a chi non vede da tempo genitori anziani, a chi ha vissuto settimane in isolamento, a chi vive in realtà molto piccole. Decisioni che avranno una ricaduta sociale soprattutto sulle fasce più fragili della popolazione. Riceviamo i sentimenti negativi rispetto a queste scelte. Questo modo di fare crea un danno enorme al nostro territorio, dove la penalizzazione sulla mobilità intercomunale incide fortemente anche dal punto di vista economico.
Siamo entrati in zona arancione ingiustamente – incalza Carloni – senza alcun preavviso e senza alcuna concertazione con le autorità centrali, nonostante dati che già cominciavano a stabilizzarsi e a scendere, come dimostra il calo dell’indice Rt delle ultime settimane. Sono state danneggiate le nostre attività economiche che hanno risentito di una stretta calata dall’altro. C’è una totale mancanza di dialogo. Il confronto è soltanto formale, non c’è nulla di sostanziale.
Quando un Governatore – ha concluso il vicepresidente – o addirittura tutta la Conferenza fanno delle proposte congiunte, ragionevoli e calate sui territori, e puntualmente queste proposte cadono nel vuoto, di fronte a questo modo di procedere ci pare evidente che il nostro parere, il parere delle Regioni che rappresentano i cittadini, non interessi a nessuno”.

dalla Regione Marche
www.regione.marche.it

A “quelli”, per la verità, non interessa il parere di nessuno, neppure quello del CTS, se contrasta con quello che il conte Dracula ha deciso per i sudditi.

REALTÀ VS FANTASIA 3

Giorgia Meloni 

Lo scorso 17 ottobre gli scienziati del CTS mettevano nero su bianco che i protocolli di sicurezza imposti ai ristoranti erano efficaci, quindi non c’era alcun bisogno di chiuderli. È stato il Governo a scegliere di inasprire le misure, dando un’altra pesantissima mazzata ad un settore fondamentale dell’economia italiana. Conte e i suoi sodali dimostrano ancora una volta di voler scaricare la propria incapacità di gestione dell’epidemia sulle imprese e sulle partite iva, compromettendo l’intera economia italiana.
Come abbiamo detto fin dall’inizio, se i protocolli di sicurezza imposti a tutte le categorie sono efficaci le attività devono riaprire tutte subito, se non lo sono Conte deve chiedere scusa e risarcire le imprese che hanno investito i loro soldi per adeguarsi alle norme anti Covid.

E per quanto riguarda il blocco degli spostamenti, mi sa che deve essere andata così

Concludo con un’altra botta di realtà che neanche con la più sfrenata fantasia si sarebbe potuta, in questi duemila anni, immaginare

barbara

APPELLO PER IL MUSEO LUZZATI

IL MUSEO LUZZATI AL GIRO DI BOA: A RISCHIO CHIUSURA

 

Il Museo Luzzati celebra i suoi 15 anni, dopo aver realizzato 27 mostre su diversi aspetti dell’opera di Emanuele Luzzati in sede (dai grandi temi come la fiaba, il cinema d’animazione, la grafica, il design ad aspetti più specifici come il fumetto, Pulcinella, le opere per Calvino, l’opera giovanile…) , 32 mostre di Emanuele Luzzati in altre sedi in Italia e all’estero (tra cui Roma, Torino, Vicenza, Ferrara, Gerusalemme), 6 mostre collettive con importanti temi (Pinocchio, Genova, la rappresentazione degli animali) 19 mostre monografiche di altri artisti (tra cui Altan, Quentin Blake, Mordillo, Jutta Bauer, Nicoletta Costa, Andrea Pazienza, Silver, Gipi) e curate 11 monografie scientifiche.
Il Museo Luzzati è però un museo privato, questo vuol dire che vive al 90% con i ricavi delle sue attività: ingressi, laboratori, bookshop, vendita mostre, rari sponsor e gestione diritti di uso immagine e nome di Luzzati affidataci dagli eredi. Solo una minima percentuale delle attività è finanziata da contributi pubblici, spesso richiesti (e non sempre ottenuti) per singoli progetti.
Ebbene tutto questo non basta. I conti non tornano, da alcuni mesi chi lavora al Luzzati non percepisce stipendio, risulta difficile soddisfare i creditori, ma anche gestire gli assetti finanziari e amministrativi e garantire continuità della nostra opera.
I costi annuali sono in media €450.000  (personale, gestione spazi, organizzazione mostre, eventi e officina didattica, comunicazione) I ricavi degli ultimi anni sono in media circa 240.000 (tra ingressi, vendita mostre, ricavi da laboratori, artshop e diritti,  contributi di istituzioni e sponsor privati) Per mantenere in vita la programmazione ci servirebbero quindi ulteriori € 210.000 all’anno, in fondo non una grande cifra in un’ottica “pubblica”, gravosa invece se lasciata sulle spalle di una piccola azienda privata.
In questa situazione l’esistenza del Museo Luzzati è a forte rischio.
Riteniamo che l’attività del Museo si sia trasformata negli anni in una risorsa per Genova, accogliendo da 30.000 a 40.000 visitatori l’anno, divenendo sempre più riconosciuta a livello nazionale e internazionale; e che la struttura, seppure “privata”, abbia reso alla comunità un forte contributo in termini di servizio e di immagine.
Ci teniamo a sottolineare l’importante lavoro svolto in questi anni, un lavoro in cui il carattere “culturale” prevale nettamente rispetto al “commerciale”: 

  • Le nostre mostre e cataloghi sono curati direttamente con gli artisti o  selezionando le opere di Luzzati  e sono supportati da un lavoro scientifico autonomo, una scelta complessa e culturalmente appagante che ci ha sempre caratterizzato.
  • Incontriamo annualmente oltre 14.000 bambini provenienti da scuole, famiglie e centri disabili nei laboratori dell’Officina Didattica  che svolge le sue attività a Genova e su territorio nazionale. Il costo di partecipazione è  tra i più bassi (€5), anche in confronto alle offerte di simili istituzioni pubbliche. Il lavoro didattico promuove inoltre l’educazione sociale attraverso convegni internazionali, presentazioni, incontri con esperti e addetti ai lavori.
  • Portiamo avanti un attento lavoro di catalogazione dell’opera di E. Luzzati, continuiamo a difendere e a diffondere l’ immagine dell’artista di cui siamo unici referenti riconosciuti dalla famiglia. 
  • Comunichiamo e promuoviamo a livello nazionale con grandi risultati la nostra attività, la figura e l’opera di Emanuele Luzzati e quindi anche Genova e il suo patrimonio artistico, turistico e culturale.

In questo momento di forte crisi e di prospettiva di chiusura chiediamo l’intervento di istituzioni pubbliche e private per trovare soluzioni che preservino il nostro lavoro e il grande valore che il Museo Luzzati ha saputo costruire negli anni. Ci piacerebbe essere coinvolti in progetti pubblici e privati che consentano di utilizzare le grandi risorse del Museo e di Luzzati per ottenere i ricavi mancanti.
Siamo disponibili pertanto a lavorare su iniziative che possano coinvolgere aziende, società, enti mettendo a disposizione un patrimonio artistico unico e prezioso che consenta al Museo di poter continuare nella sua importante missione sociale e culturale.

Il direttore
Sergio Noberini

SÌ, LO SAPPIAMO TUTTI

Le responsabilità sono tutte endogene e il compianto, in teoria, non avrebbe senso. In teoria. Perché poi ti confronti coi fatti, e il fatto è che la chiusura di un’antica e gloriosa orchestra sinfonica è qualcosa di straziante. Qualcosa che sa da “fine di tutto”, un mondo che crolla, qualcosa come La dernière classe, (qui in inglese per chi se la cava male col francese). Una sensazione di catastrofe totale. Ed è uno strazio che coinvolge anche chi ne è (o si illude di esserne ancora) estraneo.

barbara