LO SCHIACCIANOCI

Come accennato ieri, sono andata a vedere Lo Schiaccianoci. L’annunciatrice l’ha presentato come “una delle opere classiche, legata al la ricorrenza del Natale”: nessun accenno all’autore, meno che mai a collegamenti ancora più compromettenti, ma hanno comunque avuto almeno il coraggio di andare contro il generale boicottaggio di tutto ciò che è russo. Qualche anno fa l’avevo visto nello stesso teatro col balletto di San Pietroburgo, stavolta con una meno prestigiosa ma comunque pregevole compagnia di ballo italiana e lo spettacolo è stato senz’altro godibile.

L’Adagio, o Grand pas de deux stavolta ve lo presento in due diverse esecuzioni della stessa pattinatrice, Angelina Leonova, la prima del 31 maggio di quest’anno, all’età di quattro anni e mezzo

la seconda cinque mesi più tardi

E poi ve la faccio sentire solo suonata, questa robaccia fin de siecle, con la direzione del superboicottato Valery Gergiev, licenziato dalla Filarmonica di Monaco di cui era direttore, estromesso dalla Scala di Milano eccetera per non avere rispettato l’ultimatum che gli era stato intimato, di firmare una presa di distanza dalla guerra (NON, come qualcuno ha affermato, per essersi espresso a favore della guerra, ma semplicemente per essersi rifiutato di sottostare a un infame, ricattatorio, ultimatum), ultimatum deciso in nome della “linea della fermezza per quanto riguarda la solidarietà e la condivisione dei valori di Pace europei”.

I nazisti, nel frattempo, continuano a bombardare il Donbass.

barbara

LORO, COMUNQUE, NON CI BOICOTTANO

e continuano a regalarci di questi spettacoli di inestimabile bellezza

musica di Ennio Morricone per il film 72 metri, immagino ispirato alla vicenda del sottomarino affondato e diventato la tomba dell’intero equipaggio

E infine sboicottiamo il grande, superboicottato, Ciaikovsky con questo delizioso Pas de deux, piccolo anticipo sul balletto che andrò a vedere questa sera a teatro.

Aggiungo questo strepitoso articolo dell’osannatissimo politologo Edward Luttwak del 27 Febbraio 2022

“Putin cadrà”: la rivelazione sulla fine della guerra in Ucraina [giustamente: le religioni coi dogmi sono, appunto, quelle rivelate]

Edward Luttwak prevede che la Russia perderà la guerra a causa dei pochi mezzi di Mosca: sul Cremlino aleggia anche l’ombra di un colpo di stato

Il politologo americano Edward Luttwak ha esposto le sue teorie sulla fine della guerra in Ucraina, spiegando che il cessate il fuoco sarebbe molto vicino. A premere su Vladimir Putin non sarebbero tanto le sanzioni dell’Occidente, quanto problemi strutturali dell’esercito della Russia, troppo poco numeroso e potente per conquistare davvero Kiev e instaurare un nuovo ordine.

Perché la Russia potrebbe perdere la guerra in Ucraina

L’esperto ha dichiarato che i russi “sono destinati a inciampare” in Ucraina. Il numero uno del Cremlino avrebbe dato vita a un’operazione su larga scala senza averne i mezzi. La campagna in Ucraina è destinata a finire molto presto. Vladimir Putin “è stato un bravo giocatore di poker”, ma adesso “sta giocando alla roulette”.
Questo perché da Mosca è partita l’invasione di un Paese più grande della Francia con un “numero bassissimo di truppe”, circa 120 mila. Circa la metà di quelle di cui si è parlato negli scorsi giorni, prima dell’attacco. In un’intervista pubblicata su Il Giorno ha spiegato che la Russia “non può permettersi una guerra di logoramento, lunga, città per città. Non la reggerebbe economicamente e politicamente”.
Per questo molte zone dell’Ucraina non potranno essere, secondo Edward Luttwak, controllate dai russi, che finiranno “per cadere vittime delle imboscate” dei militari locali e addirittura dei civili armati, che sono in possesso di “100 mila fucili” [il superesperto signor Luttwak evidentemente ignora che se sono armati e combattono NON SONO CIVILI, non possono essere considerati tali da nessun punto di vista] e hanno l’appoggio logistico della Nato, e possono dunque contare sulle armi occidentali.

Vladimir Putin cadrà? Lo scenario per porre fine alla guerra

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sarà bloccata, prevede il politologo, su più fronti. Sul campo a opera della resistenza, con il governo di Kiev che potrebbe dirigere le operazioni da Ovest, in esilio. E anche a Mosca, dove gli oligarchi russi, appesantiti dalle sanzioni, potrebbero organizzare un colpo di stato, o comunque deporre Vladimir Putin.
C’è “solo un modo” per fermare la distruzione economica della Russia, ha cinguettato su Twitter. Ovvero “la rimozione di Vladimir Putin da parte di Sergej Naryshkin”, direttore del Servizio di intelligence internazionale russo, “e altri funzionari che si sono opposti alla guerra”. (Qui)

Per favore, qualcuno provveda a informare Putin che è inutile che continui a combattere, perché sono nove mesi e dodici giorni che ha perso la guerra. Sembra anche ignorare, il superesperto signor Luttwak, che c’è, effettivamente qualcuno che potrebbe decidere di estromettere (se ci riesce, beninteso) Putin con la forza: i falchi, che fin dall’inizio continuano a fare pressione su di lui affinché si decida a combattere sul serio e a farla finita una volta per tutte con quella banda di nazisti, e alle cui pressanti richieste Putin sta continuando strenuamente a resistere. Se Putin cade, la guerra la prendono in mano loro, e saranno cazzi acidi per un bel po’ di gente. Caro Luttwak, faccia una bella cosa: vada a cagare.

Nel frattempo ieri, giornata mondiale del calcio dell’Onu…

https://t.me/letteradamosca/10932

barbara

AVANTI UN ALTRO

che al cimitero c’è ancora posto

“Baby A”: dichiarato morto, poi vivo, ma per il giudice deve morire

Il controverso test utilizzato nel Regno Unito per determinare la morte cerebrale è sottoposto a revisione urgente. La notizia è stata annunciata il 26 agosto e prevede la stesura di nuove rigorose linee guida che gli ospedali dovranno utilizzare entro il 2023. La storica decisione è stata adottata dopo che un giudice dell’Alta Corte ha saputo che un neonato di quattro mesi, dichiarato morto dal test, è risultato vivo nella sua culla d’ospedale quasi due settimane dopo. Il test, che consente ai medici di diagnosticare un paziente legalmente e clinicamente morto nel Regno Unito e in molti Paesi europei, è utilizzato come prerequisito per la donazione di organi.
“Baby A”, la cui vera identità non può essere rivelata per ragioni legali, era nato sano. Ma a otto settimane di vita suo padre lo ha trovato in stato di incoscienza e ha quindi chiamato un’ambulanza. Durante il trasporto al Queen Elizabeth Hospital (QEH), Baby A ha subito un arresto cardiaco restando privo di funzione circolatoria per quasi 30 minuti. Nei giorni successivi i medici hanno effettuato numerosi test. Il 17 giugno, due medici hanno condotto il primo controverso test sul tronco encefalico. Un secondo test, come previsto dal Protocollo, è stato condotto da un team di medici il 19 giugno. Entrambi i test hanno portato a una diagnosi inequivocabile di morte cerebrale. I medici hanno quindi deciso di sospendere il supporto vitale del bambino in base al fatto che la ventilazione sarebbe stata inutile per un cadavere.
Nonostante la tragica diagnosi, i genitori del bambino hanno insistito perché il supporto vitale proseguisse, chiedendo un secondo parere. Il 22 giugno, l’ospedale ha fatto in modo che due medici del Kings College Hospital  eseguissero ulteriori test su Baby A. Anche i loro risultati hanno confermato che il bambino era cerebralmente morto. Nei giorni successivi, nonostante i numerosi tentativi dei medici di convincere i genitori dell’inutilità del trattamento, questi ultimi hanno continuato a insistere sul mantenimento del supporto vitale. Il Guy’s and St. Thomas’ NHS Foundation Trust, responsabile del QEH, ha così avviato un procedimento giudiziario per ottenere l’autorizzazione a procedere contro la volontà dei genitori, sulla base del fatto che il bambino era clinicamente morto.
Ma nella prima udienza del 13 luglio, al giudice Hayden è stato detto che il 2 luglio un’infermiera aveva visto Baby A respirare e muoversi autonomamente, quasi due settimane dopo che i medici avevano effettuato i test sul tronco cerebrale concludendo che era morto. In risposta alle domande del giudice sull’accaduto, una dottoressa coinvolta nella cura del bambino ha detto all’Alta Corte che la situazione era senza precedenti: «Penso che sia incomprensibile (per i genitori)», ha detto, «che i medici che si occupano del loro bambino possano aver commesso quello che appare un errore così orribile». Sopraffatta dall’emozione, si è scusata con i genitori.
In una mossa che rievoca il processo Archie Battersbee, il Trust ha quindi annullato “l’accertamento clinico della morte” del 19 giugno e ha chiesto al giudice dell’Alta Corte di prendere una decisione sul “best interests” (miglior interesse) del bambino, piuttosto che sulla dichiarazione di morte. I medici hanno affermato che gli esami, pur escludendo la morte del tronco encefalico, hanno dimostrato che il bambino aveva subito una lesione cerebrale “devastante” e hanno chiesto al giudice di decidere che il bambino segua un “percorso di cure palliative”. Dopo aver esaminato tutte le prove, il 26 agosto il giudice Hayden, come prevedibile, ha dato ragione ai medici e ha ordinato la rimozione del supporto vitale di Baby A nel suo “migliore interesse”. I genitori, devoti musulmani, stanno ora affrontando una nuova battaglia legale per mantenere il figlio attaccato al supporto vitale con poche speranze, se non un miracolo, che gli salvi la vita.
La storia di Baby A evoca i numerosi e drammatici casi eclatanti di giovani pazienti dichiarati, in modo controverso, cerebralmente morti nel corso degli anni e lasciati morire contro la volontà dei genitori. Non solo la nota e tragica vicenda del dodicenne Archie Battersbee e del tentativo fallito dei suoi genitori di annullare l’ordine di sospenderne le cure. C’è la clamorosa storia del diciottenne Lewis Roberts, “dichiarato morto” dopo un esame del tronco encefalico. Alla sua famiglia era stato detto di dargli l’ultimo saluto e pertanto avevano deciso di donare i suoi organi per aiutare altre sette persone, il che ha permesso di avere altro tempo con il supporto vitale. Tuttavia, poche ore prima dell’operazione, lo scorso 18 marzo, Lewis ha aperto gli occhi e ha iniziato a respirare senza l’aiuto di una macchina. E attualmente si sta riprendendo a casa sua.
Questi casi sottolineano l’importanza delle nuove line guida che sono in preparazione. È prevedibile che sia introdotto un periodo più lungo di osservazione prima che i medici effettuino test sul tronco encefalico; che venga garantita l’applicazione di procedure standardizzate per i sei test diagnostici; che si imporranno controlli rigorosi per evitare che il Protocollo venga aggirato e i pazienti vengano accidentalmente e orribilmente uccisi per i loro organi o per aver tolto loro il sostegno vitale.
Resta però da vedere quanto questo servirà effettivamente a salvare vite. Infatti la storia di Baby A, ampiamente documentata in tribunale, insieme ai numerosi casi di persone che non hanno superato il test e poi si sono svegliate, va oltre le linee guida. Mette in discussione le basi sulle quali nel Regno Unito viene diagnosticata la morte. Baby A è stato sottoposto a continui e rigorosi test prima della diagnosi di morte del tronco encefalico, due volte da parte di due team medici e poi ancora dopo ulteriori test condotti da medici esterni. I medici non possono essere accusati di non aver seguito le prescrizioni del Protocollo. Non è stato un errore nella prassi ma nella sostanza: far coincidere la morte cerebrale con la morte biologica, equiparazione introdotta nel 1968 e che permette tra l’altro la possibilità del trapianto di organi.
Tuttavia, come abbiamo visto anche nel caso di Baby A, nel Regno Unito il principio del “best interest” è la carta vincente che assicura quasi certamente una sentenza di morte una volta che i medici hanno deciso di sospendere il sostegno vitale, specie quando altri argomenti non funzionano. Ne è prova il potere di vita e di morte dei giudici britannici, che immancabilmente va a favore dell’ospedale. Baby A, Charlie GardAlfie EvansMidrar AliRS (la lista è troppo lunga per citarli tutti), condannati a morte per una seconda volta in vista del loro “best interests” poiché le loro vite sono considerate inutili, sottolineano l’orribile mentalità eugenetica che predomina nelle decisioni sul fine vita. Di certo sarebbe più onesto affermare che in Gran Bretagna i disabili sono cosa sgradita. Ma non potrebbero farlo senza provocare un tumulto. Meglio che la mano sinistra non sappia cosa fa la destra.
Come ha affermato al riguardo un medico in tribunale, il 26 agosto, sarebbe «problematico» se le notizie sull’inaffidabilità dei test «diventassero di pubblico dominio».
Patricia Goodings-Williams, qui.

E quindi a renderle di pubblico dominio dobbiamo provvedere noi. Certo è ben triste constatare che nell’arte l’amore riesce, almeno per qualche momento, a riportare i morti alla vita

(e tu dove sei dove sei dove sei?)

ma nei tribunali della realtà non c’è amore, per quanto grande, capace di strappare i vivi dalle mani di chi ha deciso di farli morire. Per il loro bene, sia ben chiaro.

barbara

DARYA DUGINA MERITAVA DI MORIRE

E di morire esattamente in quel modo, perché seminava odio, una belva assatanata

Tutti morti li voleva gli ucraini, quel mostro imbottito di odio con delle idee degne di Hitler

Poi c’è questo:

Intervista a Oksana Soshenko, cugina di Natalia Vovk, la donna accusata di aver assassinato Darya Dugina. Secondo la Soshenko, le forze armate ucraine avrebbero minacciato di mandare Daniil, figlio della Vovk, in prima linea, costringendola così a realizzare l’attentato. Il figlio della Vovk ha studiato in una accademia militare e, dall’inizio dell’invasione russa, non gli è stato permesso di tornare a casa.
“Natalia piangeva, ha cercato di portarlo via ma non le è stato permesso”. (Qui)

Poi c’è il buffone cocainomane che celebra i soldati indovinate come, e poi c’è la spettacolare barzelletta della Mata Hari di Napoli. Non so, vedete un po’ voi.

E poi abbiamo il cigno

(Se solo quel coglione in vena di blaterare spegnesse il microfono!)

barbara

GLI INVASORI OCCUPANO LISICHANSK

e gli invasi li ricevono come meritano

“We stand in line, and here the Armed Forces of Ukraine begin to shoot at us” The inhabitants of Lisichansk are gradually getting used to living without the yoke of the nationalists, who opened fire on people even when they simply went for water. They come out to greet the military of the Russian Federation and the LPR and leave their hiding places in the basements. Some hang Russian flags on their balconies:

Scene dalla Lisichansk liberata “Vi aspettavamo dal 2014… vi aspettavamo…. si sono ritirati? Grazie a Dio… non ve ne andrete più vero?”

E quest’altro video lo dedico a quelli che “I russi si aspettavano di essere accolti coi fiori!”

La popolazione di Lisichansk accoglie così la liberazione della città dopo 8 anni di occupazione dei nazisti ucraini:

E ancora un po’ di roba qui

Poi ogni tanto c’è fortunatamente qualcuno che si ricorda che in Ucraina, oltre al buffone stipendiato dalla nota cricca, c’è anche il popolo ucraino, fra il quale magari potrebbe anche essere che non siano proprio tutti nazisti. E che magari avrebbe piacere di avere un po’ di voce in capitolo sul proprio destino.

Quanto conta la volontà del popolo in Ucraina?

Se l’Ucraina viene sconfitta in guerra, perderà anche la democrazia e [perderanno] gli Stati Uniti. Questa opinione è stata espressa in un’intervista a NBC News dal presidente Volodymyr Zelensky.
Non abbiamo il diritto di perdere… Se perdiamo, non importa chi e cosa dicono, perderà la democrazia, il che significa che perderanno gli Stati Uniti. Gli stati europei che dichiarano i valori di cui tutti parliamo così molto perderà”, ha detto il capo dello Stato, rispondendo alla domanda di un giornalista.
Inoltre, Zelensky ha affermato che l’Ucraina ha bisogno della parità con la Federazione Russa in termini di armamenti e quindi avrà bisogno di molte più armi di quelle già consegnate dagli Stati Uniti [comprese 9000 testate nucleari?].

Un futuro di sangue

Il Presidente è anche fiducioso che la guerra finirà sicuramente con la vittoria dell’Ucraina e che “costruiremo un nuovo Stato. Uno Stato da sogno”, aggiungendo che però non sa quanto tempo e risorse ciò richiederà.
Un’altra dichiarazione di Volodymyr Zelensky in un’intervista alla NBC riguardava il fatto che, a suo avviso, il Cremlino aveva sottovalutato il potenziale dell’Ucraina prima dell’inizio delle ostilità:
Penso che (la parte russa) in generale abbia sottovalutato l’Ucraina, invece tutto è diverso, a diversi livelli. Penso che questo sia positivo da un lato, perché se avessero saputo che sarei rimasto, che il potere sarebbe rimasto solido, che la gente avrebbe difeso le proprie case difendendo le proprie case a mani nude, se lo avessero saputo, si sarebbero preparati a questa guerra su scala ancora più ampia”.
Che dire di fronte a questi vaneggiamenti? Non so se vi rendete conto che le tesi di Zelensky confliggono con la realtà. Essenzialmente perché questo tipo di enunciazioni non corrispondono ai desideri e alla sofferenza della popolazione. Laddove la realtà è il protrarsi del conflitto ed il continuo afflusso di armi occidentali, che portano solo più morte e distruzione.

Il metodo di portare l’armonia: i battaglioni punitivi

Se Zelensky per 8 anni ha avuto bisogno di tenere le terre del Donbass sotto il tacco dei ‘battaglioni punitivi’ per assoggettare le diversità culturali e linguistiche locali, è segno che la propria idea di nazione non è esattamente la valorizzazione di ciò che già c’è, ma la proiezione di un disegno ideologico che trova nel nazionalismo estremo (di una sola delle fazioni nell’intricata demografia del paese), il suo approdo.
In definitiva, Zelensky non rappresenta il paradiso in terra ma uno stato oppressivo, dove una piccola minoranza – alla pari del movimento 5 stelle in Italia – ha irretito la popolazione promettendo la pace in Donbass. Poi ha sconfessato tutto.
L’unico traguardo che Zelensky ed il suo entourage ha, è la perpetuazione del potere stesso e dell’iper nazionalismo, ove questi può far a meno della stessa società civile, quando non si omologa ai suoi standard.
Altra pessima pagina trattata con indifferenza ed addirittura con compiacimento dai nostri media di regime, è la prospettiva di ‘riconquistare’ le città ‘perdute’ nel Donbass ove la popolazione è del tutto propensa a rimanere sotto la Russia, piuttosto che tornare sotto il regime oppressivo di Kiev. Questa non è una mia valutazione ma niente di più di quanto raccolto da molti giornalisti prima a Mariupol e poi oggi a  Lysychansk tramite innumerevoli testimonianze.
Oh democratico occidente, quanto – nella tua scala di valori – conta la volontà della popolazione che tanto richiami nei tuoi discorsi? Finora questo argomento non ha trovato mai spazio nei report di guerra, come neanche negli approfondimenti eteroguidati.

Inaccettabili le attestazioni di Zelensky di amare il proprio popolo

Termino questo post con un paragone che non dà adito a sospetti di ‘spirito di parte’ (con questo si liquida oggi ogni opinione ragionata): il governo di Zelensky ha prima privato dell’acqua la Crimea (come pure dell’elettricità), poi ha privato delle pensioni tutti gli abitanti delle città del Donbass cosiddette ‘liberate ‘e bombardato costantemente il sistema idrico e i quartieri residenziali, alla pari di un esercito di invasione. Questo è in modo molto anomalo per catturare i cuori di queste popolazioni. È evidente che la linea scelta da Zelnsky è quella assimilazione della riconquista, i vertici statali non si sono mai discostati da questo, anche prima del 24 febbraio. In definitiva, qui si tratta della legittimità di menar duro in famiglia rispetto ad un estraneo che mena duro in famiglia altrui. Ora, se guardiamo il tutto dal punto di vista ella famiglia, non ravviseremo poi grandi differenze. Ma senz’altro certe azioni violente sono più esecrabili se compiute dalla parte di chi si identifica come appartenente ad una data famiglia.

Assad meglio di Zelensky

Forse non tutti lo sanno, ma in una situazione percepita in modo analogo dai nostri media, in Siria, quello che l’occidente descrive come un dittatore , Assad, dal 2011 non ha mai smesso di far percepire le pensioni e gli emolumenti statali ai propri cittadinineanche nelle regioni occupate dagli estremisti islamici nella provincia di Idlib. Questo è la differenza di un presidente che rispetta il suo popolo, rispetto ad uno che è solo un burattino delle potenze occidentali.
Ora sebbene l’operazione militare russa o l’invasione che dir si voglia è opinabile, difficile da interpretare per molti aspetti e oggetto di critiche; è pur vero che le azioni dell’establishment ucraino sono indegne di una classe dirigente che si definisce democratica, libera e patriottica.
Una leadership democratica non si comporta così, non opprime il suo popolo, non scioglie i partiti, non spegne le televisioni, non limita la libertà di parola e di critica, non cerca di spegnere le diversità culturali e linguistiche in nome di una grandezza demagogica che in fin dei conti è solo becero servilismo.
patrizio ricci by VPNews, qui.

E poi c’è quella buffa storia dell’atleta. Ve ne propongo due versioni: a voi la scelta su quale sia quella vera.

VECCHI METODI

Sembra proprio che Ivan Fedotov, giocatore russo di hockey su ghiaccio e considerato il migliore portiere della Federazione, non possa andare più negli Stati Uniti a giocare con i Philadelphia Flyers (contratto firmato il maggio scorso).
A Putin la cosa non è piaciuta, così il giovane giocatore è stato prelevato nella sua casa di San Pietroburgo, messo in un furgone blindato e portato nel più vicino ufficio di reclutamento. Sarebbe infatti, un “disertore”. Da lì, con un’ambulanza, è stato poi portato in una clinica, per non meglio specificati controlli.
Quando si ha la fortuna di vivere in Russia perchè volere andare negli Stati Uniti?

Ecco una bella deformazione dell’informazione.
Fedotov, gioca nel CSKA e suo cartellino è di proprietà del CSKA. CSKA è di proprietà del ministero della difesa.
Come da noi, ci sono atleti prestati dalle forze armate, polizia, GDF, etc.
Il portiere 25enne voleva rescindere il contratto con il CSKA Mosca e trasferirsi al Filadelfia.
Il portiere è stato quindi condannato per rescissione abusiva del contratto, anche perché in passato non aveva prestato servizio nell’esercito russo.
Sarebbe successo anche da noi, con l’accusa di eludere il servizio di leva obbligatorio.

Niente, proprio non ce la fanno, se non inventano ogni giorno la loro vaccata non vivono (a qualcuno piace l’odore del napalm la mattina presto).

Aggiungo un’immagine che mi piace un sacco

E ora buoni, che vi porto al lago

(Certo che senza quel fastidiosissimo cicalare della commentatrice, lo spettacolo avrebbe tutto da guadagnare)

barbara

OGGI ANDIAMO A CACCIA

A caccia di sciacalli, per la precisione. E guardate che bel bestiolone abbiamo beccato!

Qui la prova dello sciacallaggio

e qui tutta la documentazione.

E chiamerei sciacalli anche coloro che, sulla pelle degli ucraini che continuano a morire col continuare della guerra, invocano l’intervento diretto dell’America, ricordandoci in continuazione che anche per salvare noi dal nazismo è intervenuta l’America. E dato il livello culturale di costoro, escludo che possano ignorare che dopo Pearl Harbor gli stati Uniti hanno dichiarato guerra AL GIAPPONE, dopodiché LA GERMANIA E L’ITALIA HANNO DICHIARATO GUERRA AGLI STATI UNITI. E già falsificare la storia per i propri interessi è un gioco decisamente sporco, se poi lo si fa allo scopo di allargare una guerra fino a farla diventare mondiale e possibilmente nucleare, direi che siamo ampiamente nell’ambito dei crimini contro l’umanità.

E qualificherei come sciacallaggio anche il sostenere uno stato nazista, solo perché è comodo usarlo contro il proprio nemico personale – quello, per inciso, che riscalda le nostre case e fa funzionare le nostre industrie. E sull’anima nazista dell’Ucraina, solo chi è tanto tanto tanto in malafede può essere disposto a chiudere occhi e orecchie.

Elena Squarci

Le radici della tradizione nazista ucraina partono da lontano. In un punto ben preciso e doloroso per la storia dell’Occidente. O almeno così era un tempo. Gli ucraini furono fin da subito al fianco di Hitler, prima e durante la seconda guerra mondiale. Accolsero i nazisti come loro liberatori dal giogo sovietico e furono ben contenti di collaborare sul campo condividendo aggressioni militari a stati sovrani, come l’invasione della Polonia, e ogni genere di abominio, e crimini contro l’umanità, come le deliranti politiche antisemite e la conseguente persecuzione, segregazione ed eliminazione degli ebrei tedeschi, polacchi, insieme al resto degli israeliti europei.
Stepan Bandera, eroe nazionalista ucraino (tranne per la parte russofona) ancora oggi molto popolare, celebrato con statue e monumenti alla sua memoria, pensò di applicare il delirio nazista ‘a casa sua’ puntando all’eliminazione degli ucraini di origine russa e di tutte le minoranze presenti sul territorio – compresi gli ebrei – per la creazione di una ‘razza ucraina pura’. Cosa tuttora sentita e condivisa dalla maggioranza degli ucraini che hanno fatto finta di non vedere per otto anni, dal 2014 ad oggi, i massacri e le torture dei nazisti di Azov, nel Donbass; le 14mila vittime di cui nessuno ancora oggi vuol parlare compreso il brutale assassinio di Andrea Rocchelli, giornalista e fotoreporter freelance ucciso a Sloviansk, insieme al collega Andrej Mironov, il 24 maggio 2014, mentre documentavano le prime fasi del conflitto tra i separatisti filorussi e l’esercito di Kiev, ventidue giorni dopo la Strage di Odessa. Dentro una guerra civile che è sempre stata lì, fino ad oggi, tra massacri e orrori, ma che prima dell’invasione russa non ha mai interessato nessuno.
C’era Vitaly Markiv a capo dell’unità che presidiava la collina di Karachun da cui partirono i colpi di mortaio. Markiv ordinò prima di aprire il fuoco con le armi leggere, poi, quando Rocchelli e Mironov si nascosero in un fosso, inviò le loro coordinate alle unità dell’esercito regolare guidando il fuoco dell’artiglieria fino a colpirli, eliminando per sempre due scomodi testimoni.
Nel 2019, il tribunale di Pavia aveva condannato a 24 anni di carcere Markiv, arrestato dai Ros di Milano a Bologna due anni prima. Nel 2020 la Corte di Appello ha rovesciato la sentenza, scagionando Markiv “per non avere commesso il fatto”.
Il dicembre scorso la cassazione ha definitivamente assolto Markiv giudicando il ricorso della procura “inammissibile”.
Nel frattempo a Kiev il processo era stato interpretato come un atto di guerra contro il paese. Una visione dei fatti che ha avuto ampia condivisione dei media e dell’opinione pubblica tutta, che a quanto pare non ha mai dimenticato le sue radici filonaziste compreso il suo presidente anche se ebreo. La sentenza di assoluzione nel 2020 è stata considerata una vittoria per l’intera Ucraina. Markiv tornato nel suo paese è stato accolto come un eroe. È rientrato nella Guardia nazionale con un ruolo di spicco nel gruppo di contatto con gli eserciti Nato. Evviva!

E una volta non solo si sapeva, ma si poteva anche dire

Prova a dirlo oggi e ti ritrovi bandito da tutti i contesti sociali.

E sciacalli i membri della cricca che governa gli Stati Uniti, che ha provocato la guerra per distruggere la Russia – ma per fortuna sembra che le cose non stiano andando come avevano previsto.

Milizie armate e obiettivi russi: cosa fa acqua nei piani degli Usa

Le mosse di Biden non si stanno rivelando efficaci e la Nato ne sta risentendo
Come molti, anche noi siamo stati sorpresi sia dalla pesantezza delle sanzioni contro la Russia (fino a sequestrare i suoi bonds all’estero) sia dallo spettacolo delle forze russe “impantanate” intorno a Kiev. Abbiamo sentito di generali russi uccisi, di 300 o più carri armati distrutti, di armi nuove ed efficaci in mano agli ucraini e abbiamo visto l’incredibile successo mediatico di Zelenski in tutta Europa.
Di conseguenza, negli articoli precedenti ci siamo espressi con cautela sui possibili esiti: abbiamo evidenziato il fatto che fuori dell’Occidente la Russia non era isolata, ma anche i rischi per Putin e la Russia. Adesso però il quadro si sta delineando e proviamo allora ad evidenziare una serie di fatti che indicano come forse siano gli Usa, ancora una volta – come in Siria, Afghanistan e Iraq – ad aver sbagliato a fare i loro calcoli.

Il ruolo dei “paramilitari”

Partiamo da un ottimo reportage di Reuters del 2018 sulla guerra strisciante da anni in Ucraina tra il governo nazionalista post-Maidan e le province di etnia russa a est come il Donbass. Come si può vedere, a differenza di ogni altro paese occidentale, le forze armate ucraine sono costituite per un terzo da “paramilitari” e – come spiega Reuters – sono state dopo il 2014 armate e istruite da Usa e altri paesi Nato.
Negli anni tra il 2014 e il 2018 questa guerra strisciante è stata deludente per i nazionalisti ucraini perché l’esercito regolare soffriva di percentuali di diserzione fino all’80%, senza contare che intere unità erano passate agli indipendentisti russi. Di conseguenza, la scelta degli Usa è stata non solo di rafforzare l’esercito regolare, ma di armare le milizie nazionaliste (che già erano state finanziate con 5 miliardi di dollari per favorire il rovesciamento del governo eletto di Janukovich nel 2014).
Oggi, quindi, ci sono da 100 mila a forse 130 o 150 mila paramilitari, fuori dall’esercito ucraino, addestrati e armati. Questo è molto simile a quanto gli Usa fecero in Afghanistan contro i russi negli anni Ottanta, quando armarono anche Al Qaeda e Bin Laden stesso. Poi, con più successo, armando i kurdi contro Saddam e infine in Siria, armando e finanziando assieme a Turchia, Israele e Qatar le milizie che volevano rovesciare Assad. Nel caso della Siria in questo modo si è scatenata una guerra civile durata dal 2010 al 2019.
Questa terribile guerra è finita solo quando proprio i russi sono intervenuti a sostegno di Assad. Non è un caso che Putin questo mese abbia citato più volte il bombardamento di Raqqa da parte di Usa e Francia, che è costato più di 1600 vittime civili secondo Amnesty.
Ci sono somiglianze inquietanti tra la vicenda della Siria, un paese che era pacifico fino a quando Usa e Uk non hanno dichiarato che bisogna rovesciare Assad, e quello che è successo in Ucraina dal 2014. Prima c’è stata una insurrezione di fatto finanziata dagli Usa contro un governo eletto democraticamente, poi una guerra strisciante nelle province ad est del paese e un rafforzamento militare continuo da parte di Usa e alleati Nato, un rafforzamento che alla fine ha scatenato la reazione di Putin. La Russia è intervenuta militarmente in modo che è sembrato debole o confuso (o meglio questa è la versione che è stata data in Occidente), anche se ha in realtà occupato un’area pari all’Italia. Si sono moltiplicati i report sui successi degli ucraini e le sanzioni a tappeto contro i russi che hanno fatto pensare ad una probabile sconfitta finale. Si è ventilata persino la possibilità di rovesciare Putin.

L’altra faccia di Zelensky

Quello che però succede negli ultimi 15 giorni è che il governo Zelensky ha di fatto creato nel Paese una dittatura chiudendo non solo tutti i media e i partiti diversi da quelli di governo, ma arrestando centinaia di oppositori accusati di alto tradimento. Dieci anni di prigione ai maschi ucraini che non si presentano alla leva. Il capo della polizia è scappato all’estero, due generali sono stati destituiti, il capo del principale partito di opposizione è stato arrestato. Sono apparsi molti video, citati anche su questo sito, di torture e uccisioni a sangue freddo di prigionieri russi e molte testimonianze di caccia ai sospetti, traditori e complici dei russi. Ci sono molte testimonianze ed analisi (riportate alcune anche su questo sito) che indicano che sia i morti di Bucha sia il missile sulla stazione possano essere di provenienza ucraina. Televisioni e giornali insistono invece solo su presunti massacri commessi dai russi.

Negoziati in panne

Intanto i colloqui di pace sono finiti in un vicolo cieco e i russi impiegano ora le loro forze verso il grosso di quelle ucraine schierate a est contro le province di lingua russa, dove si combatte di continuo. A Mariupol si è combattuto casa per casa e i paramilitari del battaglione Azov sono circondati, assieme ad alcuni militari Nato con loro, secondo fonti peraltro non si sa sino a che punto attendibili. La Russia finora, come riconosciuto da esperti militari Usa, ha bombardato molto meno dei paesi Nato in circostanze simili (ci sono state più bombe nel primo giorno di invasione dell’Iraq che nel primo mese di guerra in Ucraina). Putin sostiene che la guerra è lenta per questo e che bombardando come usano gli americani potrebbe avere successi più rapidi. Ma lui non lo fa per risparmiare civili da massacri.
Ritorniamo al punto iniziale: l’esercito ucraino è composto per una grossa parte di milizie paramilitari perché era soggetto a diserzioni massicce nella guerra contro gli indipendentisti russi a est. I nazionalisti invece sono molto motivati, ma usano metodi simili all’Isis, con torture in video e caccia ai sospetti e comunque non costituiscono un esercito regolare. Ora che la guerra si sposta nelle province in maggioranza di lingua russa, i paramilitari nazionalisti si fanno dei nemici tra la popolazione con il loro fanatismo di “Slava Ukraina” (Gloria all’Ucraina) e i loro massacri. Non è difficile trovare interviste a residenti russi di Mariupol, ad esempio, che dicono che pur di liberarsi dai nazionalisti vale la pena di soffrire queste distruzioni.

Il vero obiettivo di Putin

Un conto, insomma, era se i russi avessero occupato Kiev, dove non hanno nessun supporto e un conto è se nelle province di lingua russa si scontrano paramilitari nazionalisti e l’esercito russo. Quest’ultimo offre sistematicamente ai militari regolari ucraini il ritorno alle loro case, e mostra dozzine di video a riguardo, se si arrendono. Al contrario i soldati russi hanno visto in alcuni video terribili – stile Isis – che se si arrendono i paramilitari nazionalisti li massacrano. Tutto questo ha consolidato l’esprit de corps russo. Se la guerra, quindi, continua e anzi si accerchiano le truppe regolari che Zelensky tiene davanti al Donbass è probabile che si disgreghi il fronte interno ucraino.
L’obiettivo russo non è l’occupazione di Kiev e dell’Ucraina, ma è limitato ad una porzione a sud ed est di province di lingua russa. I nazionalisti che vogliono combattere fino all’ultimo uomo con il sostegno Usa e della Nato possono col passare dei mesi perdere il sostegno del resto dell’esercito e anche della popolazione. Come abbiamo ricordato all’inizio, negli anni di guerra strisciante nel Donbass l’esercito regolare ucraino era demotivato e appunto per questo gli Usa hanno fatto ricorso alle milizie paramilitari, anche se erano ultranazionaliste e composte da fanatici. Questo schema di intervento americano è lo stesso per il quale hanno sostenuto prima Al Qaeda in Afghanistan e milizie islamiste in Siria che poi sono diventate entrambi terroristi anche antiamericani.
Putin e i russi conoscono la situazione certamente meglio dei vari Blinken, Nuland e altri strateghi di politica estera Usa che hanno creato guerre civili e disastri dalla Libia all’Iraq. Può essere quindi che i russi continuino lentamente ad avanzare ma solo nelle province di lingua russa, offrendo allo stesso tempo una via di uscita all’esercito regolare. La maggioranza degli ucraini, di lingua ucraina, se vedono che le loro città non vengono invase e distrutte e però la guerra continua, perché i nazionalisti e gli Usa (e Nato) la spingono, possono stancarsi di sopportare una tale situazione.
Può essere, insomma, che gli Usa e la Nato abbiano ancora una volta sbagliato i loro calcoli nello spingere per la sconfitta dalla Russia. E che questa, spalleggiata dalla Cina, con la neutralità di buona parte del resto del mondo, vinca alla fine una guerra che lascerà una lunga scia di morti, morti che si sarebbero potuti evitare se l’Ue invece di pensare su mandato americano ad armare gli ucraini contro i russi avesse svolto un ruolo di mediazione diplomatica tra Mosca e Kiev.
Paolo Becchi e Giovanni Zibordi, qui, con alcune immagini.

Per chi ha la memoria corta su come funziona la NATO, ecco qui un piccolo promemoria.

Per avere invece un’idea di che genere di persone sta dall’altra parte, leggete un po’ qua:

Paolo Porsia

Urgono CAMPI DI RIEDUCAZIONE per “dopo” se il 17% di questo paese persiste nell’essere PUTINISTA IRRIDUCIBILE…

Capito? I filonazisti ci stanno già preparando i campi di rieducazione per il dopo, quando per noi si apriranno due sbocchi possibili: campo di concentramento, o guerra civile. Io in campo non ci vado, e so sparare molto bene, voi fate un po’ come vi pare. Prima di chiudere, una chicca dell’ultima ora:

Zelesky: “Se città cade stop ai negoziati”

Perché finora ha negoziato a tutto spiano. Esattamente come i palestinesi, che minacciano di abbandonare il tavolo dei negoziati – al quale non si sono quasi mai seduti, e le poche volte che lo hanno fatto, hanno violato da subito gli accordi appena firmati – se Israele farà questo o quest’altro.

E adesso godiamoci questo meraviglioso pattinatore russo che interpreta un meraviglioso compositore russo che i buoni di professione hanno provveduto a boicottare in cielo in terra e in mar.

barbara

GUERRA: CHE COSA C’È DAVVERO IN GIOCO

E per capirlo, partiamo dal chiarire chi comanda davvero in Ucraina. Naturalmente è sempre stato chiaro, e ho continuato a ripeterlo da prima che cominciasse la guerra, ma è bello vederlo confermato da chi ci ha sbattuto il naso di persona.

Volodymyr Zelensky, “chi comanda davvero in Ucraina”. Il giornalista francese Le Sommier: “L’ho visto coi miei occhi”

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky risponde agli ordini della Casa Bianca. A sostenerlo non è solo Vladimir Putin o uno dei tanti-filorussi d’Europa, ma Régis Le Sommier, giornalista francese, esperto di scenari di guerra, vicedirettore del settimanale Paris Match appena tornato in patria dall’Ucraina. Dopo aver intervistato big mondiali come il presidente americano Barack Obama, il generale americano David Petraeus e il comandante in capo delle truppe Usa in Afghanistan Stanley McChrystal, Le Sommier ha voluto vedere con i suoi occhi quello che sta accadendo a Kiev, al seguito di tre volontari francesi che si sono arruolati per aiutare l’esercito ucraino contro i russi.
“Pensavano di trovare delle brigate internazionali, sull’idea di quelle in Spagna nel 1936 – spiega Affaritaliani.it, che riporta la notizia -. Hanno invece avuto la sorpresa di imbattersi negli americani”.
Per entrare nell’esercito di volontari, spiega Le Sommier, serve l’approvazione dei militari americani. Uno di loro, un veterano della guerra in Iraq, per far capire il clima gli avrebbe intimato: “Qui comando io, non gli ucraini!”. Scoperto di essere di fronte a un giornalista, l’avrebbe fatto allontanare. Ai volontari francesi invece ha fatto togliere le SIM occidentali dai telefonini, anche per questioni di sicurezza e facilità di essere intercettate, e avrebbe fatto loro firmare una sorta di contratto. “Chi è al comando? Sono gli americani, l’ho visto con i miei stessi occhi – conferma il giornalista, intervistato da CNEWS -. Ovviamente, non è l’esercito americano ufficiale”. “Al di là dell’aspetto romantico di questa guerra – prosegue Le Sommier in studio – invece di essere con le brigate internazionali mi sono trovato di fronte al Pentagono”. (Qui)

Veramente qualcuno poteva dubitarne? Veramente qualcuno riesce a credere che il buffone che spara intimazioni e pretese a tutti i governi del mondo stia recitando un copione proprio? Anch’io condanno l’invasione dell’Ucraina. Quella di otto anni fa. Quella della cricca Obama-Nuland-Clinton-Biden-Biden. E spero che un giorno la Storia farà giustizia di questa infamia.
E veniamo ora alla posta in gioco.

Valute, gas, materie prime: in palio c’è il dominio del mondo

Vincerà chi avrà il controllo della produzione di materie prime. La guerra, la vera guerra, non la si combatte a colpi di mitragliatrici e di cannoni, non la si conduce da un carrarmato o dalla cabina di un aereo a reazione. La guerra che si sta combattendo è una guerra economico-finanziaria ed in palio c’è il dominio del Mondo, per meglio dire di Mezzo Mondo.
Quella che si sta consumando in Ucraina è stata definita “Guerra Ibrida“. C’è quella sul campo di battaglia, sempre più cruenta, c’è quella che ruota attorno alla sicurezza informatica,c’è quella finanziaria e poi, forse la più importante, c’è quella combattuta attraverso la comunicazione, immagini, notizie, con milioni di canali che si rincorrono.
Però oggi occupiamoci della parte di economia e finanza. Qual è il vero obiettivo di questa guerra? E soprattutto chi ne avrà vantaggio? Lo scenario che sta emergendo potrebbe portare alla nascita di un fronte molto netto: da una parte la Cina che ha bisogno come il pane della cisterna di gas e petrolio rappresentata dalla Russia; dall’altra gli Stati Uniti che hanno necessità di trovare qualcuno a cui vendere il loro gas.
Insomma, stando così le cose, non è difficile immaginare che la Russia possa diventare un vassallo Cinese e che l’Europa lo diventi degli Stati Uniti. In questo contesto l’attuale braccio di ferro finanziario esistente tra Russia e Occidente assume sempre più importanza e risalto. Così il taglio dei tassi della banca centrale russa hanno fatto risalire le quotazioni del rublo, ma al tempo stesso la riapertura all’utilizzo delle transazioni di valuta straniera, sempre concertata dal massimo organo finanziario di Putin permetterà alle banche russe di vendere di nuovo valute estere in contanti ai loro cittadini riaprendo, di fatto, alle operazioni su tutti i mercati.
Questo vuol dire che continua ad esistere una sorta di dualismo finanziario in cui da una parte ci si chiude a riccio e dall’altra si riapre alle connessioni con l’occidente. Tutto questo avviene nel momento in cui la Russia sembra essere sull’orlo del baratro finanziario, sull’orlo di un default che qualcuno ha definito “selettivo”.
E’ come se si volesse arrivare al fallimento della Russia ma lasciando, al tempo stesso, porte aperte a possibili trattative. Sin qui la comunicazione e la finanza. Ma la guerra ibrida di cui stiamo parlando continua anche sui campi di battaglia. Le dichiarazioni di chi continua ad alimentarla diventano sempre più inaccettabili.
La pace non è barattabile, men che meno con un climatizzatore. L’Italia non è un paese che vuole la guerra, a differenza di ciò che esprimono spesso e volentieri i suoi massimi vertici politici. Parlare addirittura di patrimoniali necessarie per riarmare il paese appare come la più assurda delle scelte.
2.800 miliardi di debito pubblico rappresentano la certezza di un futuro nerissimo per i nostri figli. Che si lavori sulla crescita, sulle prospettive di sviluppo e sugli investimenti verso un futuro in cui la pace non debba passare per proclami roboanti e belligeranti, che non debba passare per guerre ibride.
Rinunciare agli atti di forza è l’unico vero atto di forza accettabile. Costringere la diplomazia internazionale, la Nato, anche con posizioni opposte a quelle americane rappresenterebbe e rappresenta l’unica vera via d’uscita. Qui non c’è in gioco qualche grado in meno d’estate e Draghi lo sa benissimo; qui c’è in gioco il lavoro di milioni di persone, il futuro di centinaia di migliaia di aziende.
Leopoldo Gasbarro, 10 aprile 2022, qui.

Nel frattempo leggo che fino al 2025 la spesa sanitaria verrà diminuita di un punto del PIL, giustamente, dal momento che si è visto che di strutture e personale ne abbiamo in eccesso. Così fino al 2025 possiamo mandare molte più armi all’Ucraina. A proposito di gas e dintorni, invece, scopriamo che

Poi torno un momento sul missile di Kramatorsk, per il quale abbiamo due buone notizie.

D’Amico David

“La7 ha fatto un autogol pazzesco. Nel suo TG ha mostrato il numero di serie del missile Tochka-U che ha colpito la stazione di Kramatorsk. Gli altri canali occidentali avevano volutamente oscurato questa informazione chiave. Grazie al numero di serie SH91579 si è risaliti al fatto che era in dotazione all’esercito ucraino, essendo stati usati altri missili della stessa serie per colpire Alchevsk, Logvinovo, Berdyansk e Melitopol.”
(Filippo Maria Sardella)

Da Hanna Zyskowska: Finalmente la BBC ammette che il missile Tochka-U, che ha ucciso una trentina di civili nel centro di Kramatorsk, era stato lanciato dagli ucraini.

Con una settimana di ritardo rispetto ai canali social e alla “controinformazione”. Nexus

Nel frattempo il numero dei morti è aumentato fino a oltre 50, ma naturalmente i mass media continuano a parlare di crimini russi, esattamente come quando i morti provocati dai terroristi palestinesi vengono addebitati a Israele. Tra l’altro ho visto che anche i russofoni che scappano in Russia per salvarsi dai bombardamenti e cannoneggiamenti ucraini vengono presentati come “deportati” dai russi (anche questa cosa dell’usare termini specifici relativi ai crimini nazisti è identica a quanto si fa con Israele).
E infine state un po’ a sentire questo.

I misteri dei laboratori biologici: come il figlio di Joe Biden ha finanziato la guerra biologica in Ucraina

di Edvard Chesnokov – Professore associato presso l’Università Federale dell’Estremo Oriente (Vladivostok, Russia)

Questo è uno dei segreti più cupi nell’Ucraina di oggi. Dalla metà degli anni 2000, un numero considerevole di laboratori biologici è stato aperto (o ricostruito) in tutta l’Ucraina, vicino a strutture militari, incentrate sulla ricerca di batteri e virus particolarmente pericolosi.
Come giornalista russo, ho ottenuto una serie di documenti sul funzionamento interno dei laboratori biologici. Alcuni di questi file sono già apparsi in occasione di briefing tenuti da funzionari russi (tuttavia, erano presentati da lontano e non sempre in forma leggibile). Altri sono stati ricevuti attraverso canali sicuri da patrioti statunitensi che sono completamente scioccati dagli schemi di corruzione che circondano il leader degli Stati Uniti. Il filo si estende dai laboratori biologici ucraini attraverso l’oceano ai torbidi affari commerciali del figlio del 46° presidente degli Stati Uniti, Hunter Biden. 

Anche gli USA riconoscono l’esistenza di questi laboratori biologici

La presenza di tali strutture in Ucraina non è mai stata nascosta da nessuno. O è un piano subdolo (se vuoi tenere nascosto qualcosa, tienilo in bella vista), oppure è la consueta fiducia in se stessi degli ultimi “padroni del pianeta”, gli statunitensi, moltiplicata per la tipica sciatteria dei loro corrotti alleati.
Comunicati stampa e rapporti sulle “attività congiunte per frenare le minacce biologiche” possono ancora essere trovati sul sito web dell’Ambasciata degli Stati Uniti a Kiev, nei discorsi dei funzionari statunitensi e persino in una moltitudine di documenti del Gabinetto dei Ministri dell’Ucraina.
Naturalmente, il fatto che l’Ucraina creerà ceppi di virus combattivi NON è dichiarato direttamente in un singolo documento pubblico (e nemmeno quelli chiusi di cui parleremo di seguito). Gli organizzatori e gli esecutori di questo progetto a Washington e Kiev possono essere dei criminali sfacciati, ma anche loro capiscono che se vengono apertamente colti in fallo con prove sostanziali sullo sviluppo della guerra biologica, nemmeno un padre nello Studio Ovale sarà in grado di salvarli.
Inoltre, per ragioni simili, gli storici non hanno ancora trovato concreti ordini scritti da Adolf Hitler o dal suo entourage sulla “Soluzione finale alla questione ebraica” nei territori occupati dal Terzo Reich. Tuttavia, esistevano le “fabbriche della morte” naziste.
Ecco un altro documento. Ancora una volta, stiamo ancora esaminando documenti open source che chiunque può trovare. Questo è un comunicato stampa del Centro Ucraino per la Scienza e la Tecnologia (STCU). Appartiene a una grande organizzazione senza scopo di lucro che si concentra sulla “lotta contro le armi di distruzione di massa”, finanziata da UE, USA e Canada (ancora una volta questi non sono X-file, questa è un’informazione pubblica).
Diamo un’occhiata al comunicato stampa. Tra il 3 e il 4 ottobre 2016 si è tenuto nella città di Leopoli un seminario polacco-ucraino-statunitense sulla “lotta contro pericolose malattie infettive”. Tra i partecipanti c’erano rappresentanti del Pentagono, così come la DTRA (The Defense Threat Reduction Agency, che si impegna nella “lotta contro la diffusione delle armi di distruzione di massa, comprese quelle biologiche”).
Va bene, proviamo a credere per un minuto che i laboratori biologici stiano effettivamente operando per “ridurre i rischi di malattie pericolose”, come veniamo persuasi dalle rive del Potomac. Sorge allora una semplice domanda. Perché i rappresentanti dei ministeri della Difesa di entrambe le parti partecipano a questi progetti?
E un’altra domanda. Il comunicato stampa relativo al seminario cita alcune aziende americane come Black & Veatch e Metabiota. Perché questi nomi sembrano vagamente familiari?
Cosa c’entra il figlio di Biden?
Ogni thriller ha una storia alle spalle.
Prima di trasferirsi allo Studio Ovale, Joe Biden ha trascorso due mandati come Vice Presidente degli Stati Uniti sotto Obama tra il 2009 e il 2017. Durante quel periodo, “Uncle Joe” era responsabile dell’Ucraina e ha sicuramente lasciato il segno. Solo due mesi dopo il colpo di Stato nazionalista di Kiev del 2014, suo figlio Hunter è entrato a far parte del consiglio di amministrazione della holding energetica ucraina Burisma. In appena un anno e mezzo, l’uomo che ha avuto problemi di promiscuità e droga, ha ricevuto circa 1 milione di dollari.
I media occidentali ne hanno parlato anche prima delle elezioni del 2020. Le indagini hanno menzionato l’azienda di famiglia Biden, Rosemont Seneca, che ha facilitato i pagamenti.
E ora i giornalisti d’oltreoceano hanno scoperto che Rosemont Seneca è collegata a un’altra azienda di nome Metabiota. Come l’hanno scoperto? Ancora una volta, i più grandi segreti stanno in superficie. Internet ha una “web time machine”, che ti consente di vedere come appariva un determinato sito Web molti anni fa.
Anche sul portale di Biden per Rosemont Seneca nella sezione “Gli investimenti del nostro team” nel marzo del 2014 il logo di quello stesso “Metabiota” era in bella mostra. È evidente che Rosemont Seneca stava investendo in questa società.
È ora di aprire il vaso di Pandora. La società Metabiota, insieme a una società simile Black & Veatch, sono alcuni dei maggiori appaltatori della suddetta agenzia del Pentagono DTRA, per quanto riguarda la costruzione e le operazioni di laboratori biologici in tutto il mondo, inclusa, ovviamente, l’Ucraina.
Ad esempio, con l’aiuto di quella stessa “web time machine”, i giornalisti hanno scoperto che una sottosezione del sito web del Dipartimento di Stato USA con notizie sull’ambasciata in Ucraina per il 2012 conteneva rapporti sulla costruzione e l’equipaggiamento di un laboratorio biologico nell’area di Kharkiv.
Al momento, questi file sono stati cancellati dal sito web del Dipartimento di Stato per ovvi motivi. La domanda rimane, tuttavia: perché il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha pagato per la creazione di una “struttura di ricerca pacifica” situata a 30 chilometri dal confine con la Russia?
E un’altra domanda, retorica. Solo nel 2018, Black & Veatch, incluso il suo appaltatore Metabiota, e un certo numero di altre società hanno ricevuto 970 milioni di dollari nell’ambito dell’ennesimo programma del Pentagono che mira a “ridurre le minacce biologiche in diverse parti del mondo”. Con questi soldi, hanno aggiornato i laboratori biologici statunitensi dall’Iraq all’Ucraina.
Considerando il fatto che gli Stati Uniti erano soliti eseguire lo stesso show in Afghanistan, dove essi stessi ammettono che gli appaltatori USA hanno rubato fino al 90% dei fondi stanziati (in numeri assoluti che superano i 100 miliardi di dollari), potrebbe essersi ripetuta la stessa storia in Ucraina. Per così dire, stanno combattendo la “minaccia russa” e allo stesso tempo non dimenticano di riempirsi le tasche. Soprattutto quando quella tasca appartiene a una persona il cui cognome è “Biden Jr”.

Influenza aviaria con mortalità assoluta

Torniamo alla trama principale: continuando a studiare i documenti. La lettera dell’ambasciata statunitense a Kiev era indirizzata al capo dell’Unità sanitaria ed epidemiologica centrale del ministero della Difesa ucraino.
La lettera è datata 17 ottobre 2017. C’è un chiaro collegamento cronologico con il già citato ordine del Gabinetto dei Ministri dell’Ucraina “? 650-?” nel settembre 2017, dopo di che il “lavoro di laboratorio biologico” sembra intensificarsi.
Il punto principale della lettera è un invito ai colleghi ucraini a un incontro congiunto per fissare “obiettivi per ogni laboratorio partecipante”. L’obiettivo principale di tale incontro era quello di “ridurre le minacce biologiche in patria e all’estero” (pertanto, gli statunitensi ammettono, nei loro documenti, che stanno concentrando la loro attenzione anche sui paesi vicini; indovinate quale paese, in particolare, potrebbe essere).
Cinque dipendenti della stessa agenzia del Pentagono DTRA erano tra i partecipanti all’incontro.
Continuiamo la nostra narrativa bio-criminale. A febbraio 2022 c’erano almeno 25 laboratori simili in Ucraina, che coprivano più della metà delle regioni del paese. Alcuni facevano formalmente parte della struttura del Ministero della Salute ucraino, altri facevano parte della “supervisione sanitaria ed epidemiologica” regionale e il resto erano diretti subordinati delle forze armate ucraine.
Un altro documento. Novembre 2018 – un anno e due mesi dopo la “storica” ordinanza del Consiglio dei Ministri di riformare l’operatività dei biolaboratori. Un rapporto dell’Istituto ucraino di medicina veterinaria sperimentale e clinica (tutti nella stessa città di Kharkiv).
Lo scopo è di “ricercare le proprietà biologiche del virus dell’influenza aviaria altamente patogeno delle oche bianche”, il periodo di lavoro è gennaio-agosto 2018.
Risultati: quando gli embrioni di pollo sono stati infettati da questo ceppo, la letalità era del 100%. Quattro volatili sono stati infettati e nel giro di 72 ore tutti e quattro sono morti.
Conclusione: il ceppo studiato può essere depositato (ceduto per la conservazione) all’organizzazione madre – Centro nazionale per i ceppi di microrganismi presso un istituto di ricerca pertinente a Kiev.
A proposito, chiunque può utilizzare la ‘web time machine’. Cercare “morte di uccelli nel sud della Russia nel 2018”. E leggere il seguente post: 
Nel sud della Russia, il primo focolaio di influenza aviaria si verifica all’inizio dell’anno, le perdite possono arrivare fino a 150 milioni di rubli…
La data della notizia è il 16 luglio 2018. Il penultimo mese della ricerca coronata dal successo sui patogeni aviari nel laboratorio biologico di Kharkiv… Coincidenza?
E chi può garantire che in questi laboratori sia stata studiata solo l’“influenza pennuta” e che nessuno abbia provato, ad esempio, a creare un virus altrettanto letale per l’uomo?
Ancora un altro documento. Per evitare di ingombrare un articolo già voluminoso, fornirò solo un estratto.
Un annuncio dello stesso laboratorio biologico di Kharkiv per il finanziamento di un progetto internazionale chiamato «Il rischio di infezioni da pipistrelli insettivori in Ucraina e Georgia». La Georgia, che confina anche con la Russia, ospita un altro famigerato laboratorio biologico statunitense.
Gli obiettivi del progetto sono i seguenti: «Valutare la diversità tassonomica di virus e agenti batterici potenzialmente endemici, associati ai pipistrelli negli ambienti sia naturali che urbani in Ucraina e Georgia… Ricercare le relazioni evolutive tra questi agenti e quelli che causano malattie in persone e animali domestici, utilizzando un approccio di genomica comparativa».
Il punto è chiaro. Provare a riprodurre in laboratorio un patogeno simile al noto Covid-19, che secondo una versione sarebbe emerso a seguito del contatto tra un pipistrello e un essere umano… Il tutto ovviamente, con il plausibile pretesto della “protezione” da esso.

Percorsi di copertura…

La punizione è arrivata il 24 febbraio 2022, quando la Russia ha lanciato la sua campagna per denazificare e smilitarizzare l’Ucraina (dopotutto anche i virus da combattimento sono armi).
E i laboratori biologici hanno iniziato immediatamente a cancellare le prove principali: quegli stessi ceppi patogeni. In uno solo di essi, Leopoli, nel periodo dal 24 al 25 febbraio sono state distrutte quasi 400 fiasche contenenti agenti patogeni di antrace, poliomielite, peste, colera, malattie dell’intestino e delle vie respiratorie…
Tutto questo assomiglia a una pulizia febbrile veloce di prove compromettenti. E questo spiega uno dei motivi per cui Mosca è stata spinta a lanciare la sua operazione militare speciale. I sostenitori delle ideologie nazionalistiche, che hanno dato l’ordine di bombardare i quartieri pacifici di Donetsk con i missili “Tochka-U” il giorno prima, potrebbero benissimo lanciare attacchi biologici contro la Russia. Con conseguenze imprevedibili per tutta l’umanità.
(Articolo pubblicato in russo sul quotidiano Komsomol’skaja Pravda) (qui, dove potete trovare anche tutte le immagini dei documenti a cui l’articolo fa riferimento).

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https://www.kmu.gov.ua/npas/250287300

https://www.dailymail.co.uk/news/article-7592235/Hunter-Biden-paid-83-333-month-Ukrainian-

https://www.govconwire.com/2018/06/6-firms-awarded-970m-in-dtra-idiq-contracts-to-support-

https://www.kp.ru/daily/28301/4441336

https://www.kommersant.ru/doc/3688213

E non posso che ribadire la mia condanna nei confronti dell’invasione dell’Ucraina.
Concludo con il superboicottato Ciaikovsky con un’opera che amo molto (la suggerisco come eccellente antidepressivo), con un direttore che amo immensamente e un solista che non amo per niente ma come pianista è sicuramente fra i migliori.

barbara

NARRATIVA BATTE REALTÀ DIECI A ZERO

Su tutti i media e quasi tutti i social leggiamo continuamente della mostruosa disinformazione diffusa dalla Russia, veniamo messi in guardia dal credere alle menzogne russe, si grida allo scandalo per l’odiosa disinformazione russa… Ora, io e alcuni altri abbiamo inoppugnabilmente documentato molte bufale ucraine, alcune delle quali veramente criminali, come quella del  bombardamento del memoriale della Shoah di Kiev, criminale e pienamente consapevole, perché chi ha ripreso la “notizia” qui può anche ignorare come stiano realmente le cose (anche se non è mai del tutto innocente chi fa girare una notizia senza un minimo di verifica), ma il buffone che da attore di professione consumato annuncia sconvolto al mondo – e soprattutto al mondo ebraico – lo scempio antisemita (“è stato colpito intenzionalmente come atto di antisemitismo”), il memoriale lo ha in casa: lui ha mentito intenzionalmente sapendo perfettamente che il memoriale era intatto. Altre invece, come il videogioco spacciato per bombardamento che la televisione italiana si è bevuta come il peggiore dei polli, sono semplicemente cretine. Ecco: dove sono le documentazioni della disinformazione russa? Intendiamoci: non mi passa neanche per la testa di pensare che uno stato in guerra dica la verità, sempre la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità: la disinformazione è parte integrante sia della tattica che della strategia; ma il punto non è questo, il punto non è se e quanto menta la Russia: il punto è che la disinformazione ucraina è stata documentata, quella russa è stata raccontata: ossia, siamo a livello di chiacchiere da bar sport, e ciononostante tutti continuano a riprendere e diffondere tutte le notizie di fonte ucraina con l’assoluta certezza che si tratti di verità assodata e garantita. E, a proposito: com’è che tutti parlano dei mercenari chiamati da Putin e nessuno di quelli chiamati da Zelensky? Come mai si inorridisce per il fatto che Putin ha mandato a combattere – almeno così è stato raccontato – i militari di leva (“ragazzini di vent’anni”. E chi altro dovrebbe essere mandato a combattere se non i militari, scusate? E invece che ragazzini di vent’anni dovrebbe mandare gli ottantenni che tanto fra poco muoiono lo stesso?) e si parla con ammirazione del fatto che Zelensky mandi a combattere i civili, sorvolando sul fatto che i civili in fuga vengono setacciati e gli uomini mandati indietro perché devono andare a combattere?

E a proposito di chiacchiere da bar sport, una delle barzellette più strepitose in merito è che il motivo vero per cui Putin ha attaccato l’Ucraina (cazzo, loro conoscono IL motivo vero!!!!) è che l’Ucraina sarebbe una democrazia (HAHAHAHAHAHAHA) e allora (HAHAHAHAHAHAHA. Scusate, ma non riesco a smettere di ridere) Putin ha paura che la democrazia ucraina (HAHAHAHAHAHAHA) contagi anche la Russia e che questa a sua volta pretenda di diventare uno stato libero e democratico: non è spettacolare?
E a proposito di Ucraina democratica:

Ucraina e Democrazia, l’ossimoro che trascina l’Europa verso la catastrofe nucleare

Di Maurizio Merlo

L’ultimo momento di mobilitazione popolare internazionale che si ricordi contro una guerra, è del 2003, in occasione dell’invasione militare dell’Iraq ad opera degli Stati Uniti e dei loro alleati, sulla base di notizie inventate di sana pianta, ovvero che Saddam fosse in possesso di armi di distruzione di massa [beh, no, questa non era una notizia inventata, anche se i pacifisti hanno scelto di credere che così fosse] e fosse pronto ad utilizzarle. Allora milioni di persone marciarono in tutto il mondo per chiedere agli Usa di non intervenire in Iraq. Eppure in quei tragici momenti nessun corteo pacifista al mondo osò sfidare la propaganda di guerra, sventolando bandiere irachene o chiedendo di armare il popolo iracheno contro l’invasore.
Oggi invece i cortei “pacifisti” chiedono apertamente di fornire armi a Kiev o, in alternativa di intervenire con la Nato per creare una No fly zone, scatenando così una guerra mondiale.
Poco importa se il presidente ucraino abbia fatto tutto il possibile per far precipitare il paese in guerra con la Russia, con azioni irresponsabili, sempre più sprezzanti nei confronti della sicurezza del paese confinante, tanto da arrivare a dichiarare, durante la conferenza sulla Sicurezza, tenutasi a Monaco il 20 febbraio 2022, che l’Ucraina avrebbe abbandonato il patto di non proliferazione nucleare, dotandosi così di armi atomiche. Se ciò non fosse sufficiente, l’8 marzo arriva la conferma sia dagli Usa che dalla Russia che in Ucraina sono presenti laboratori militari per la produzione di armi batteriologiche di distruzione di massa. Altro che paese aggredito, l’Ucraina si stava preparando ad aggredire, prima il Donbass e poi la Russia.
Il problema però non è solo Zelensky, ma il sistema politico repressivo estremamente violento e razzista ucraino, che coltiva l’odio nei confronti dei russi e dei russofoni, con un progetto chiaro: ripulire etnicamente il paese da qualsiasi influenza russa. Subito dopo il colpo di stato del 2014, la prima legge approvata riguardava la lingua ucraina e poneva forti limitazioni all’uso di quella russa, nonostante l’est del paese fosse abitato prevalentemente da russofoni. Un’ulteriore spaccatura, in un paese ancora scioccato dal massacro di Odessa e dalla violenta presa del potere dei nazisti.
Se la narrazione ufficiale dipinge l’Ucraina come una democrazia aggredita dall’imperialismo russo, beh in tutta onestà bisogna dire che Ucraina e democrazia sono un ossimoro, l’una esclude l’altra. Come potrebbe esserci democrazia in un paese che ha riabilitato i carnefici nazisti della seconda guerra mondiale, che ha legalizzato le squadre fasciste che per otto anni, hanno seminato il terrore in tutto il paese, sequestrando e torturando, a volte uccidendo, oppositori politici? La guerra del regime di Kiev al Donbass ha provocato circa 14000 morti e probabilmente, senza l’intervento russo, avremmo assistito ad una invasione su larga scala dell’esercito ucraino già alla fine di febbraio. A testimonianza di questa ipotesi, c’è l’alto numero di effettivi dell’UAF al confine con le due repubbliche indipendentiste e il fitto lancio di colpi di artiglieria sulle città orientali nei giorni precedenti l’operazione militare russa.
Tutti questi fatti sono stati semplicemente censurati dai media occidentali, che hanno l’esigenza di arruolare i popoli europei contro il popolo russo. Negli ultimi giorni, molti eventi hanno dimostrato ancora una volta il carattere fascista del governo e delle istituzioni ucraine, ma i media li hanno ignorati o, nella peggiore delle ipotesi, hanno rilanciato la propaganda di Kiev.
Il 5 marzo avviene l’esecuzione di uno dei mediatori ucraini, Denis Borisovich, ucciso nel centro di Kiev dagli uomini del servizio segreto ucraino, per presunto tradimento. Immaginiamo se ciò fosse avvenuto a Caracas o a Mosca.  La stampa occidentale però, ha ripreso senza alcuna analisi critica, la versione di Kiev, giustificando l’omicidio del banchiere. Se Borisovich fosse una spia russa non lo sapremo mai con certezza. Nessun processo verrà mai celebrato per appurarlo, nessuno si chiederà più perché quell’uomo fosse nella delegazione ucraina.
All’omicidio di Borisovich, si aggiunge il sequestro di un parlamentare ucraino il 4 marzo scorso, Nestor Shufrich, già più volte colpito dalla violenza fascista per le sue posizioni di contrasto al pensiero unico nazionalista. Etichettato come spia russa, Nestor Shufrich è stato tratto in arresto e allo stato attuale non si hanno sue notizie.
Un’altra vittima presunta del regime di Kiev è il sindaco del villaggio di Kremennayam, Vladimir Struk trovato morto il primo marzo scorso. Aveva proposto ai deputati locali di avviare comunicazioni con la Russia. Secondo la moglie, è stato sequestrato da uomini armati. Il suo corpo è stato ritrovato con un colpo di arma da fuoco al cuore.
Un altro caso è quello dei fratelli Mikhail e Aleksander Kononovich dell’Unione Giovanile Comunista Leninista dell’Ucraina, arrestati il 7 marzo dal regime neofascista ucraino e accusati di essere spie russe e bielorusse. Probabilmente saranno uccisi nelle prossime ore.
Questo è quello che sappiamo, ma gli omicidi mirati, i sequestri di persona, le torture, rappresentano un fenomeno molto più ampio, ormai fuori controllo dopo la distribuzione di armi alla popolazione e la dichiarazione della legge marziale che hanno aumentato a dismisura le violenze sulla popolazione russofona. Chiunque sia solo sospettato di essere una spia, viene spesso ucciso sul posto o incarcerato e torturato senza alcun processo. Inoltre le città sono teatro di saccheggi e scorribande di gruppi criminali, che esercitano violenza su chiunque.
A dispetto della propaganda occidentale che mostra presunti civili ucraini che rifocillano i soldati russi catturati, sul campo si assiste al pestaggio, alla tortura e all’esecuzione dei prigionieri. Le autorità ucraine utilizzano gli avversari catturati come vessilli di propaganda, costringendoli a chiamare i propri congiunti per spingerli a protestare contro il governo russo.
A questi episodi, non certo isolati, si aggiungono le documentate pratiche dei battaglioni nazisti, di utilizzare i civili come scudi umani, per impedire l’avanzata russa nei centri urbani, anche attraverso il sabotaggio dei corridoi umanitari, l’esecuzione di intere famiglie che cercano di scappare, di disertori o di uomini che cercano di evitare l’arruolamento. Una pratica più che logica, dato che dopo l’evacuazione dei civili, i coraggiosi combattenti fascisti dovrebbero vedersela con le truppe regolari russe. L’esito sarebbe scontato.
Tutti questi eventi non disegnano i tratti di una democrazia matura sotto attacco, ma di una feroce dittatura fascista, pronta a tutto pur di combattere la Russia e trascinare il mondo in una terza guerra mondiale. I popoli dell’Ucraina sono utilizzati come agnello sacrificale in uno scontro tra Russia e Nato, già in atto sin dai primi giorni di conflitto e presto o tardi, la narrazione hollywoodiana del coraggioso popolo che lotta contro l’occupante cadrà come un castello di carte, al primo soffio di vento. (Qui)

Quanto all’improvvisa inaspettata immotivata aggressione, questo spezzone di un’intervista di quattro ore di Oliver Stone è di cinque anni fa

E ancora:

Più o meno come dire che Lorena Bobbit ha depisellato il marito così, perché un bel giorno le è saltato il ghiribizzo di dedicarsi all’arte del découpage.

E tornando alla questione della democrazia

E ora vorrei tornare ancora un momento al fatidico 2014. Con una precisazione: non amo granché byoblu: è un canale totalmente libero, vale a dire che chiunque può andare lì e dire quello che gli pare, senza nessun controllo né verifica, e non è raro che vi si sentano giganteschi complottismi e ciarlatanerie. Ma a volte vi si trovano anche cose interessanti  che non trovano spazio altrove. In questo caso il giornalista presenta fatti confermati da altri testimoni e ripresi qui in diretta, per cui ho deciso di proporlo.

E ora vi faccio fare un salto a casa nostra e vi propongo, con qualche giorno di ritardo, il discorso del nostro draghetto preferito, nel caso ve lo foste perso.

“Putin come i nazisti nel ’39”. Cosa ha detto Draghi in Senato

Il duro intervento del premier in Senato sulla situazione della guerra in Ucraina. L’attacco a Putin
Signor Presidente,
Onorevoli Senatrici e Senatori,
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia segna una svolta decisiva nella storia europea.
Negli ultimi decenni, molti si erano illusi che la guerra non avrebbe più trovato spazio in Europa. Che gli orrori che avevano caratterizzato il Novecento fossero mostruosità irripetibili.
Che l’integrazione economica e politica che avevamo perseguito con la creazione dell’Unione Europea ci mettesse a riparo dalla violenza. Che le istituzioni multilaterali create dopo la Seconda Guerra Mondiale fossero destinate a proteggerci per sempre [ehm… dal 1945 a oggi ci sono state 82 guerre con diverse decine di milioni di morti, signor presidente, di cui 24 negli ultimi due decenni: lei dov’era?]. In altre parole, che potessimo dare per scontate le conquiste di pace, sicurezza, benessere che le generazioni che ci hanno preceduto avevano ottenuto con enormi sacrifici.
Le immagini che ci arrivano da Kiev, Kharkiv, Maripol e dalle altre città dell’Ucraina in lotta per la libertà dell’Europa segnano la fine di queste illusioni. L’eroica resistenza del popolo ucraino, del suo presidente Zelensky, ci mettono davanti una nuova realtà e ci obbligano a compiere scelte fino a pochi mesi fa impensabili. Voglio ribadire, ancora una volta, tutta la mia solidarietà, quella del Governo e degli italiani [li hai interpellati? Tutti 60 milioni?] al Presidente Zelensky, al Governo ucraino e a tutte le cittadine e cittadini dell’Ucraina.

L’aggressione premeditata di Putmin

L’aggressione – premeditata e immotivata [di cui TU sei tanto cieco e ottuso da non vedere i motivi] – della Russia verso un Paese vicino ci riporta indietro di oltre ottant’anni, all’annessione dell’Austria, all’occupazione della Cecoslovacchia e all’invasione della Polonia. Non si tratta soltanto di un attacco a un Paese libero e sovrano [chiedere a Biden per chiarimenti], ma di un attacco ai nostri valori di libertà e democrazia e all’ordine internazionale che abbiamo costruito insieme. (…) L’Italia non intende voltarsi dall’altra parte.
Il disegno revanscista del Presidente Putin si rivela oggi con contorni nitidi, nelle sue parole e nei suoi atti. Nel 2014, la Russia ha annesso la Crimea con un referendum illegale [illegale in che senso? In base a quale legge?], e ha incominciato a sostenere dal punto di vista finanziario e militare le forze separatiste nel Donbass.
La settimana scorsa, ha riconosciuto – nel più totale sprezzo della sovranità ucraina e del diritto internazionale [come quando parlate di diritto internazionale a proposito di Israele?] – le due cosiddette repubbliche di Donetsk e Lugansk. Subito dopo, in seguito a settimane di disinformazione, ha invaso l’Ucraina con il pretesto di “un’operazione militare speciale”. Le minacce di far pagare con “conseguenze mai sperimentate prima nella storia” chi osa essere d’intralcio all’invasione dell’Ucraina, e il ricatto estremo del ricorso alle armi nucleari, ci impongono una reazione rapida, ferma, unitaria. Tollerare una guerra d’aggressione nei confronti di uno Stato sovrano europeo vorrebbe dire mettere a rischio, in maniera forse irreversibile, la pace e la sicurezza in Europa. Non possiamo lasciare che questo accada. (…) [Pare di sentire i film Luce del fascismo: stessa roboante retorica, stessa vagonata di falsità, stesso vuoto di contenuti]

La risposta militare dell’Italia

In seguito all’intensificarsi dell’offensiva russa, abbiamo adottato una risposta sempre più dura e punitiva nei confronti di Mosca. Sul piano militare, il Comandante Supremo Alleato in Europa ha emanato l’ordine di attivazione per tutti e 5 i piani di risposta graduale che ho illustrato la settimana scorsa. Questo consente di mettere in atto direttamente la prima parte dei piani e incrementare la postura di deterrenza sul confine orientale dell’Alleanza con le forze già a disposizione. Mi riferisco al passaggio dell’unità attualmente schierata in Lettonia, alla quale l’Italia contribuisce con 239 unità. Per quanto riguarda le forze navali, sono già in navigazione e sotto il comando NATO. Le nostre forze aeree schierate in Romania saranno raddoppiate in modo da garantire copertura continuativa, assieme agli assetti alleati. Sono in stato di pre-allerta ulteriori forze già offerte dai singoli Paesi Membri all’Alleanza: l’Italia è pronta con un primo gruppo di 1.400 militari e un secondo di 2.000 unità. (…) [nel caso qualcuno avesse ancora qualche dubbio sul fatto che abbiamo dichiarato guerra alla Russia; tipo che mi arrabbio con Mike Tyson e faccio la faccia cattiva cattiva cattivissima e poi gli do anche un pestone su un piede]
L’Italia ha risposto all’appello del Presidente Zelensky che aveva chiesto equipaggiamenti, armamenti e veicoli militari per proteggersi dall’aggressione russa. È necessario che il Governo democraticamente eletto sia in grado di resistere all’invasione e difendere l’indipendenza del Paese.
A un popolo che si difende da un attacco militare e chiede aiuto alle nostre democrazie, non è possibile rispondere soltanto con incoraggiamenti e atti di deterrenza. Questa è la posizione italiana, dell’Unione Europea, dei nostri alleati. (…) [E poi hanno anche la faccia da culo di mandare da Putin il gigetto in missione diplomatica][E adesso arrivano le randellate sulla testa degli italiani]

Le sanzioni alla Russia

Abbiamo adottato tempestivamente sanzioni senza precedenti, che colpiscono moltissimi settori e un numero importante di entità e individui, inclusi il presidente Putin e il ministro Lavrov.
Sul piano finanziario le misure restrittive adottate impediranno alla Banca centrale russa di utilizzare le sue riserve internazionali per ridurre l’impatto delle nostre misure restrittive. In ambito UE si sta lavorando a misure volte alla rimozione dal sistema SWIFT di alcune banche russe. Questo pacchetto ha inflitto già costi molto elevati a Mosca. Nella sola giornata di lunedì, il rublo ha perso circa il 30% del suo valore rispetto al dollaro. La Borsa di Mosca è chiusa da ieri e la Banca centrale russa ha più che raddoppiato i tassi di interesse, passati dal 9,5% al 20%, per provare a limitare il rischio di fughe di capitali. Stiamo approvando forti misure restrittive anche nei confronti della Bielorussia, visto il suo crescente coinvolgimento nel conflitto. La Russia ha subito anche un durissimo boicottaggio sportivo, con l’annullamento di tutte le competizioni con squadre russe in ogni disciplina. [Così gli facciamo vedere, a quel buzzurro di Putin, cosa significa democrazia e libertà e stato di diritto, tiè]
L’Italia è pronta a ulteriori misure restrittive, ove fossero necessarie. In particolare, ho proposto di prendere ulteriori misure mirate contro gli oligarchi. L’ipotesi è quella di creare un registro internazionale pubblico di quelli con un patrimonio superiore ai 10 milioni di euro.
Ho poi proposto di intensificare ulteriormente la pressione sulla Banca centrale russa e di chiedere alla Banca dei Regolamenti Internazionali, che ha sede in Svizzera, di partecipare alle sanzioni.
Allo stesso tempo, è essenziale mantenere aperta la via del dialogo con Mosca. [E ci vengono a raccontare che questo sarebbe uno statista]
Ieri, delegazioni russe e ucraine si sono incontrate in Bielorussia, al confine con l’Ucraina.
Auspichiamo il successo di questo negoziato, anche se siamo realistici sulle sue prospettive.

Le forniture di Gas

Il governo è inoltre al lavoro per mitigare l’impatto di eventuali problemi per quanto riguarda le forniture energetiche. Al momento non ci sono segnali di un’interruzione delle forniture di gas. [al momento… Ricordiamo che stiamo avendo l’inverno più freddo da decenni, con temperature da gennaio a metà marzo]]
Tuttavia è importante valutare ogni evenienza, visto il rischio di ritorsioni [ah, potrebbe esserci il rischio di ritorsioni? Ma va?] e di un possibile ulteriore inasprimento delle sanzioni. L’Italia importa circa il 95% del gas che consuma e oltre il 40% proviene dalla Russia [un  sentito grazie a tutti i governi che ci hanno sottratto tutte le risorse che avevamo]. Nel breve termine, anche una completa interruzione dei flussi di gas dalla Russia a partire dalla prossima settimana non dovrebbe comportare problemi. L’Italia ha ancora 2,5 miliardi di metri cubi di gas negli stoccaggi e l’arrivo di temperature più miti dovrebbe comportare una significativa riduzione dei consumi da parte delle famiglie [cioè ci affidiamo alla sorte, come nel medioevo]. La nostra previsione è che saremo in grado di assorbire eventuali picchi di domanda attraverso i volumi in stoccaggio e altra capacità di importazione [e visto che con le previsioni vi siete sempre mostrati dei fenomeni…].
Tuttavia, in assenza di forniture dalla Russia, la situazione per i prossimi inverni rischia di essere più complicata.
Il Governo ha allo studio una serie di misure per ridurre la dipendenza italiana dalla Russia.
Voglio ringraziare il Ministro Cingolani per il grande lavoro che sta svolgendo su questo tema. Le opzioni al vaglio, perfettamente compatibili con i nostri obiettivi climatici, riguardano prima di tutto l’incremento di importazioni di gas da altre fornitori – come l’Algeria o l’Azerbaijan; un maggiore utilizzo dei terminali di gas naturale liquido a disposizione; eventuali incrementi temporanei nella produzione termoelettrica a carbone o petrolio, che non prevedrebbero comunque l’apertura di nuovi impianti.
Se necessario, sarà opportuno adottare una maggiore flessibilità sui consumi di gas, in particolare nel settore industriale e quello termoelettrico [cioè?].
La diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico è un obbiettivo da perseguire indipendentemente da quello che accadrà alle forniture di gas russo nell’immediato. Non possiamo essere così dipendenti dalle decisioni di un solo Paese [e questa sì che è una scoperta geniale!]. Ne va anche della nostra libertà, non solo della nostra prosperità. Per questo, dobbiamo prima di tutto puntare su un aumento deciso della produzione di energie rinnovabili [VAFFANCULO] – come facciamo nell’ambito del programma “Next Generation EU”. Dobbiamo continuare a semplificare le procedure per i progetti onshore e offshore – come stiamo già facendo – e investire sullo sviluppo del biometano. Il gas rimane un utile combustibile di transizione. Dobbiamo ragionare su un aumento della nostra capacità di rigassificazione e su un possibile raddoppio della capacità del gasdotto TAP [ma vorrai scherzare! Non te l’hanno detto che TAP è Satana in persona?].

La difesa militare dell’Ue

L’Europa ha dimostrato enorme determinazione nel sostenere il popolo ucraino. Nel farlo, ha assunto decisioni senza precedenti nella sua storia – come quella di acquistare e rifornire armi a un Paese in guerra [e se ne vanta pure!]. Come è accaduto altre volte nella storia europea, l’Unione ha accelerato nel suo percorso di integrazione di fronte a una crisi. Ora è essenziale che le lezioni di questa emergenza non vadano sprecate.
In particolare, è necessario procedere spediti sul cammino della difesa comune, per acquisire una vera autonomia strategica, che sia complementare all’Alleanza Atlantica. La minaccia portata oggi dalla Russia è una spinta a investire nella difesa più di quanto abbiamo fatto finora. Possiamo scegliere se farlo a livello nazionale, oppure europeo. Il mio auspicio è che tutti i Paesi scelgano di adottare sempre più un approccio comune. Un investimento nella difesa europea è anche un impegno a essere alleati. (…)
In caso di interruzioni nelle forniture di gas dalla Russia, l’Italia avrebbe più da perdere rispetto ad altri Paesi europei che fanno affidamento su fonti diverse. Questo non diminuisce la nostra determinazione a sostenere sanzioni che riteniamo giustificate e necessarie [tanto non ci stai mica tu al freddo, pezzo di merda. Tanto non resti mica tu con la macchina ferma, pezzo di merda]. È però importante muoverci nella direzione di un approccio comune per lo stoccaggio e l’approvvigionamento di gas. Farlo permetterebbe di ottenere prezzi più bassi dai Paesi produttori e assicurarci vicendevolmente in caso di shock isolati.
La guerra avrà conseguenze sul prezzo dell’energia, che dovremo affrontare con nuove misure a sostegno delle imprese e delle famiglie. È opportuno che l’Unione Europea le agevoli, per evitare contraccolpi eccessivi sulla ripresa. Nel lungo periodo, questa crisi ci ricorda l’importanza di avere una visione davvero strategica e di lungo periodo nella discussione sulle nuove regole di bilancio in Europa. A dicembre, insieme al Presidente francese Macron, abbiamo proposto di favorire con le nuove regole gli investimenti nelle aree di maggiore importanza per il futuro dell’Europa, come la sicurezza, o la difesa dell’ambiente. Il disegno esatto di queste regole deve essere discusso con tutti gli Stati membri. Tuttavia, questa crisi rafforza la necessità di scrivere regole compatibili con le ambizioni che abbiamo per l’Europa [cioè, fammi capire: tu saresti convinto di poterti permettere di avere delle ambizioni?! Ma veramente veramente?].
L’invasione da parte della Russia non riguarda soltanto l’Ucraina. È un attacco alla nostra concezione dei rapporti tra Stati basata sulle regole e sui diritti [perché non lo hai detto alla NATO in tutti gli ultimi 25 anni in cui ha ininterrottamente violato tutti i patti sottoscritti?] Non possiamo lasciare che in Europa si torni a un sistema dove i confini sono disegnati con la forza. E dove la guerra è un modo accettabile per espandere la propria area di influenza. Il rispetto della sovranità democratica è una condizione alla base di una pace duratura. Ed è al cuore del popolo italiano che, come disse Alcide De Gasperi, è pronto ad associare la propria opera a quella di altri Paesi, “per costruire un mondo più giusto e più umano”. La lotta che appoggiamo oggi, i sacrifici che compiremo domani sono una difesa dei nostri principi e del nostro futuro.
Ed è per questo che chiedo al Parlamento il suo sostegno.
Grazie.

Non so a voi, ma a me tutta questa retorica bolsa fa venire il vomito. Comunque prepariamoci, perché una volta che Putin avrà finito di saldare il conto con l’Ucraina, poi tocca a noi. Nel frattempo, in attesa che il Titanic finisca di affondare, balliamo. Balletti russi, naturalmente.

barbara

VI RICORDATE “ODIARE TI COSTA”?

Naturalmente non era qualunque odio a costare, come in molti hanno dovuto sperimentare sulla propria pelle, ma solo quello contro gli amici. A questa politica si erano associate anche varie piattaforme social, come facebook, che adesso però ha cambiato programma: visto che i due minuti, o due ore, o ventiquattro ore di odio contro la Russia sono cosa buona e giusta, d’ora in poi i messaggi di odio e anche gli incitamenti alla violenza contro i russi non verranno più censurati in Armenia, Azerbaigian, Estonia, Georgia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Russia, Slovacchia e Ucraina. Odiare non ti costa più: bello, no? (Sempre che tu scelga di odiare il nemico giusto, ça va sans dire.

E visto che è temporaneamente consentito dis-censurare, io dis-censuro il discorso integrale di Vladimir Putin  del 2007. È un po’ lungo ma merita di essere letto tutto con la massima attenzione, ma per chi avesse meno tempo e meno voglia ho evidenziato due brani, poco più di una pagina in tutto, che ritengo particolarmente importanti.

da http://www.president.kremlin.ru/eng/speeches/2007/02/11/0138_type82914type84779_118135.shtml

Discorso alla Conferenza di Monaco di Baviera sulla Politica di Sicurezza

11 febbraio, 2007 Monaco di Baviera

Riteniamo utile pubblicare la traduzione del testo integrale del discorso tenuto da Vladimir Putin alla Conferenza per la Sicurezza di Monaco l’11 febbraio scorso.
Vale la pena leggerlo con la massima attenzione.
In nessun altro precedente intervento del presidente russo era stato affrontato con tanta esplicita chiarezza il problema dei rapporti con gli Stati Uniti, a testimonianza del livello di tensione che ha raggiunto la competizione tra le due principali potenze nucleari del pianeta.
 

Vladimir Putin:

Molte grazie cara Signora Cancelliera Federale, Signor Teltschik, signore e signori!

Sono veramente grato per essere stato invitato a una così significativa conferenza che riunisce statisti, ufficiali militari, imprenditori ed esperti da più di 40 nazioni.
La struttura di questa conferenza mi permette di evitare l’eccessivo formalismo e la necessità di parlare nei tortuosi termini diplomatici, compiacenti ma vuoti. La configurazione di questa conferenza mi consentirà di dire quello che penso realmente sui problemi della sicurezza internazionale. E se i miei commenti sembrassero indebitamente polemici, aspri o inesatti ai nostri colleghi, vorrei chiedere loro di non aversene con me. Dopo tutto, questa è solamente una conferenza. E spero che il Signor Teltschik non vorrà accendere il segnale rosso dopo i primi due o tre minuti del mio discorso.
Perciò. Si sa bene che la sicurezza internazionale va molto più in là delle questioni relative alla stabilità militare e politica. Comprende la stabilità dell’economia globale, il superamento della povertà, la sicurezza economica e lo sviluppo di un dialogo tra civiltà.
Questo indivisibile carattere della sicurezza, universale, è espresso con il fondamentale principio che “la sicurezza di ciascuno è la sicurezza per tutti”. Come disse Franklin D. Roosevelt pochi giorni dopo lo scoppio della II Guerra Mondiale: “Quando la pace è stata rotta da qualche parte, la pace di tutti i paesi è ovunque in pericolo.”
Oggi queste parole rimangono attuali. Incidentalmente, il tema della nostra conferenza – crisi globali, responsabilità globale – esemplifica questo.
Solamente due decadi fa il mondo era ideologicamente ed economicamente diviso e fu l’enorme potenziale strategico di due superpotenze che garantì la sicurezza globale. Questa situazione globale ha spostato i problemi economici e sociali più acuti ai margini dell’agenda della comunità internazionale e del mondo. E, proprio come ogni guerra, la Guerra Fredda ci lasciò con la miccia accesa, parlando figuratamente. Mi sto riferendo agli stereotipi ideologici, ai doppi standard e ad altri tipici aspetti di pensiero per blocchi della Guerra Fredda.
Ma il mondo unipolare che era stato proposto dopo la Guerra Fredda non ebbe luogo.
La storia dell’umanità certamente ha superato periodi di unipolarismo e ha visto aspirazioni alla supremazia mondiale. Ma cosa non è capitato nella storia del mondo? Tuttavia, che cosa è un mondo unipolare? Comunque si voglia abbellire questo termine, alla fine si riferisce ad un certo tipo di situazione, ovvero a un centro di autorità, un centro di forza, un centro decisionale.
È un mondo nel quale c’è un padrone, un sovrano. Ed alla fine questo non solo è pernicioso per tutti quelli compresi in questo sistema, ma anche per il sovrano stesso, perché distrugge se stesso dall’interno. E questo certamente non ha niente in comune con la democrazia. Perché, come voi sapete, la democrazia è il potere della maggioranza alla luce degli interessi e delle opinioni della minoranza.
Incidentalmente, alla Russia- a noi- danno continuamente lezioni di democrazia. Ma per qualche ragione quelli che ci insegnano non vogliono imparare loro stessi.
Io considero che nel mondo d’oggi il modello unipolare non solo sia inaccettabile ma che sia anche impossibile. E questo non solo perché se ci fosse una singola leadership nel mondo d’oggi- e particolarmente in quello d’oggi- le sue risorse militari, politiche ed economiche non basterebbero. E, cosa ancora più importante, il modello stesso sarebbe viziato, perché alla sua base non ci potrebbe essere alcun fondamento morale per la moderna civiltà.
Con ciò, quello che sta accadendo nel mondo di oggi- e noi abbiamo appena incominciato a discutere di questo- è un tentativo di introdurre negli affari internazionali precisamente questo concetto, il concetto di un mondo unipolare.
E con quali risultati?
Azioni unilaterali, spesso illegittime, non hanno risolto alcun problema. Hanno invece provocato nuove tragedie umane e creato nuovi centri di tensione. Giudicate voi stessi: le guerre così come i conflitti locali e regionali non sono diminuiti. Il Signor Teltschik ha ricordato questo molto blandamente. E non muoiono meno persone in questi conflitti- ne stanno morendo anche più di prima. Molte, significativamente molte di più!
Oggi noi stiamo assistendo ad un uso quasi illimitato di eccesso di forza- forza militare- nelle relazioni internazionali; forza che sta sommergendo il mondo in un abisso di conflitti permanenti. Di conseguenza noi non abbiamo l’energia sufficiente per trovare una vera soluzione per nessuno di questi conflitti. Anche trovare un accomodamento politico diviene impossibile.
Stiamo assistendo ad un disprezzo sempre più grande per i principi fondamentali della legge internazionale. E’ un dato di fatto che norme legali indipendenti stiano diventando in modo crescente più legate al sistema legale di uno stato. Primo fra tutti, gli Stati Uniti, che hanno oltrepassato i loro confini nazionali in ogni modo. Questo è visibile nelle politiche economiche, governative, culturali e dell’istruzione che impongono alle altre nazioni. Bene, a chi piace questo? Chi è felice di questo?
Nelle relazioni internazionali noi vediamo sempre più il desiderio di risolvere i problemi che si pongono secondo pretese questioni di convenienza politica, basate sul clima politico corrente.
E naturalmente questo è estremamente pericoloso. Come si vede dal fatto che nessuno si sente sicuro. Io voglio enfatizzare questo- nessuno si sente sicuro! Perché nessuno può percepire la legge internazionale come un solido muro che lo proteggerà. Tale politica incentiva ovviamente una corsa alle armi. Il dominio della forza incoraggia inevitabilmente diversi paesi ad acquisire armi di distruzione di massa. Inoltre, si profilano significativamente nuove minacce – sebbene fossero ben note anche prima- ed oggi minacce come il terrorismo hanno assunto un carattere globale.
Io sono convinto che siamo giunti a quel cruciale momento in cui dobbiamo pensare seriamente all’architettura della sicurezza globale.
E dobbiamo procedere cercando un equilibrio ragionevole tra gli interessi di tutti i partecipanti al dialogo internazionale. Specialmente dal momento che il panorama internazionale è così mutato e muta così rapidamente- con cambiamenti alla luce dello sviluppo dinamico in diversi paesi e in regioni intere.
La Signora Cancelliera Federale ha già menzionato questo. Il Pil combinato, sistema per acquisire parità di potere, di paesi come l’India e la Cina, è già più grande di quello degli Stati Uniti. Ed un calcolo simile del Pil dei paesi del BRIC- Brasile, Russia, India e Cina- supera quello complessivo dell’EU. E secondo esperti in futuro questo gap potrà solo aumentare.
Non c’è nessuna ragione di dubitare che il potenziale economico dei nuovi centri della crescita economica globale andrà inevitabilmente a convertirsi in influenza politica e rafforzerà il multipolarismo.
In relazione a ciò, il ruolo della diplomazia multilaterale sta aumentando significativamente. Il bisogno di principi come apertura, trasparenza e prudenza nella politica è incontestabile e l’uso della forza dovrebbe essere una misura veramente eccezionale, comparabile all’uso della pena di morte nei sistemi giudiziali di certi stati.
Invece oggi noi stiamo testimoniando la tendenza opposta, vale a dire una situazione nella quale paesi che si oppongono alla pena di morte anche per assassini e altri pericolosi criminali, stanno partecipando apertamente ad operazioni militari che è difficile considerare legittime. E come dato di fatto, questi conflitti stanno uccidendo persone umane- centinaia e migliaia di civili!
Ma allo stesso tempo sorge la domanda se noi dovremmo essere indifferenti e distaccati rispetto ai vari conflitti interni ai paesi, ai regimi autoritari, ai tiranni ed alla proliferazione di armi di distruzione di massa. In realtà questa era anche la domanda centrale posta dal nostro caro collega Signor Lieberman alla Cancelliera Federale. Se ho capito correttamente la sua domanda (rivolto al Signor Lieberman), ne deriva chiaramente una questione seria! Possiamo restare osservatori indifferenti di fronte a quello che sta accadendo? Voglio cercare di rispondere altrettanto bene alla sua domanda: certamente no.
Ma abbiamo i mezzi per contrastare queste minacce? Certamente li abbiamo. È sufficiente guardare alla storia recente. Il nostro paese non ha avuto una transizione pacifica alla democrazia? Effettivamente, noi siamo la testimonianza di una trasformazione pacifica dal regime sovietico- una trasformazione pacifica! E che regime! E con quale dovizia di armi, incluse le armi nucleari! Perché ora dovremmo metterci a bombardare e sparare in ogni occasione possibile? Come avviene quando senza la minaccia della distruzione reciproca noi non abbiamo sufficiente cultura politica e rispetto per i valori democratici e per la legge.
Sono convinto che l’unico meccanismo che possa prendere decisioni circa l’uso della forza militare, come ultimo ricorso, sia la Carta delle Nazioni Unite. E in relazione a questo: io, o non ho capito quello che il nostro collega Ministro della Difesa italiano [Arturo Parisi, PD] ha detto, o quello che lui ha detto era inesatto. Cioè, ho inteso che l’uso della forza può essere solamente legittimo quando la decisione è presa dalla Nato, dall’EU, o dall’Onu. Se lui realmente pensa così, allora noi abbiamo punti di vista diversi. O io non ho sentito correttamente. L’uso della forza può solamente essere considerato legittimo se la decisione è sancita dall’Onu. E noi non abbiamo bisogno di mettere la Nato o l’EU al posto dell’Onu. Quando l’Onu unirà veramente le forze della comunità internazionale e potrà realmente rispondere agli eventi nei vari paesi, quando noi abbandoneremo questo disprezzo per la legge internazionale, poi la situazione potrà cambiare. Altrimenti la situazione andrà semplicemente ad un punto morto; ed il numero di errori gravi sarà moltiplicato. Insieme a ciò, è necessario assicurarsi che la legge internazionale abbia un carattere universale, sia nella concezione, sia nell’applicazione delle sue norme.
E non si deve dimenticare che le azioni politiche democratiche si costruiscono necessariamente con il dialogo, in un processo decisionale laborioso.
Care signore e signori!
Il pericolo potenziale di destabilizzazione nelle relazioni internazionali è connesso con l’ovvia stagnazione nella questione del disarmo.
La Russia sostiene un rinnovato dialogo su questa importante questione.
È importante conservare il quadro di legalità internazionale relativo alla distruzione delle armi e perciò assicurare continuità al processo di riduzione delle armi nucleari.
Insieme con gli Stati Uniti d’America noi ci accordammo per ridurre la nostra capacità di missili strategici nucleari al limite di 1.700-2.000 testate nucleari esplosive entro il 31 dicembre 2012. La Russia intende adempiere strettamente agli obblighi assunti. Noi speriamo che anche i nostri partner agiranno in un modo trasparente e si asterranno dall’accumulare a parte un paio di centinaia di testate nucleari esplosive eccedenti per i giorni di cattivo tempo. E se oggi il nuovo Ministro della Difesa americano dichiara che gli Stati Uniti non nasconderanno queste armi eccedenti in un deposito- come si direbbe, sotto un cuscino o sotto la coperta- io allora suggerisco che tutti noi ci alziamo in piedi e salutiamo questo dichiarazione. Sarebbe una dichiarazione molto importante.
La Russia aderisce strettamente ed intende farlo anche in futuro al Trattato di Non-proliferazione delle Armi Nucleari così come al regime di supervisione multilaterale per le tecnologie missilistiche. I principi insiti in questi documenti sono quelli universali.
Relativamente a questo gradirei ricordare che negli anni ottanta l’URSS e gli Stati Uniti firmarono un accordo sulla distruzione di un’intera serie di missili a corto e medio raggio ma questi documenti non hanno un carattere universale.
Oggi molti altri paesi detengono questi missili, inclusa Repubblica Popolare Democratica della Corea, Repubblica della Corea, India, Iran, Pakistan e Israele. Molti paesi stanno lavorando su questi sistemi e progettano di inserirli come parte dei loro arsenali militari. E solamente gli Stati Uniti e la Russia sono vincolati alla responsabilità di non creare tali sistemi di arma.
È ovvio che in queste condizioni noi dobbiamo pensare ad assicurare la nostra propria sicurezza.
Allo stesso tempo, è impossibile approvare la comparsa di nuove, destabilizzanti armi ad alta tecnologia. Inutile dire che il riferimento è a misure per prevenire una nuova area di scontro, specialmente nello spazio. Le guerre stellari non sono più una fantasia- sono una realtà. A metà degli anni ottanta i nostri partner americani erano già in grado di intercettare i loro stessi satelliti.
E’ opinione della Russia che la militarizzazione dello spazio potrebbe avere conseguenze imprevedibili per la comunità internazionale e provocare niente meno che l’inizio di un’era nucleare. Ed abbiamo avanzato più di una volta iniziative destinate a prevenire l’uso di armi nello spazio.
Oggi sono lieto di dirvi che abbiamo preparato un progetto per un accordo sulla prevenzione dello schieramento di armi nello spazio. E nel prossimo futuro sarà spedito ai nostri partner come una proposta ufficiale. Lavoriamo insieme su questo.
Piani per espandere certi elementi del sistema di difesa anti-missile in Europa non possono aiutare questo ma possono disturbarci. Chi ha bisogno del prossimo passo di quella che sarebbe, in questo caso, un’inevitabile corsa alle armi? Io dubito profondamente che ne abbiano bisogno gli europei stessi.
I missili bellici con una raggio di circa cinque/otto mila chilometri che realmente costituiscono una minaccia per l’Europa non esistono in nessuno dei cosiddetti paesi problematici. Nel prossimo futuro ed in prospettiva , questo non accadrà e non è neanche prevedibile. E qualche ipotetico lancio, ad esempio, di un razzo nordcoreano diretto al territorio americano attraverso l’Europa occidentale, contraddice in modo palese le leggi della balistica. Come noi diciamo in Russia, sarebbe come usare la mano destra per giungere all’orecchio sinistro.
E qui in Germania io non posso esimermi dal menzionare la condizione pietosa del Trattato sulle Forze Armate Convenzionali in Europa.

Il Trattato sulle Forze Armate Convenzionali in Europa fu firmato nel 1999. Prese in considerazione una nuova realtà geopolitica, vale a dire l’eliminazione del blocco di Varsavia. Sette anni sono passati e solamente quattro stati hanno ratificato questo documento, inclusa la Federazione Russa.
I paesi della Nato hanno dichiarato apertamente che loro non ratificheranno questo trattato, inclusi i provvedimenti sulle restrizioni nel ‘fianco’ (sullo schieramento di un certo numero di forze armate nelle zone del fianco), finché la Russia non rimuoverà le sue basi militari dalla Georgia e dalla Moldavia. Il nostro esercito sta lasciando la Georgia, secondo un programma anche accelerato. Abbiamo chiarito i problemi che avevamo con i nostri colleghi georgiani, come tutti sanno. Ci sono ancora 1.500 soldati in Moldavia che stanno eseguendo operazioni di peacekeeping e proteggendo i magazzini con le munizioni lasciate dai tempi dei Soviet. Noi discutiamo continuamente questa questione con il Signor Solana e lui conosce la nostra posizione. Siamo pronti a lavorare ulteriormente in questa direzione.
Ma cosa si sta concretizzando allo stesso tempo? Il cosiddetto fronte flessibile delle basi americane, con più di cinquemila uomini in ognuna. Risulta che la Nato abbia dislocato le sue forze avanzate sui nostri confini, mentre noi simultaneamente continuiamo ad adempiere strettamente agli obblighi del trattato e non reagiamo affatto a queste azioni.
Io penso che sia chiaro che l’espansione della Nato non abbia alcuna relazione con la modernizzazione dell’Alleanza stessa o con la garanzia di sicurezza in Europa. Al contrario, rappresenta una seria provocazione che riduce il livello della reciproca fiducia. E noi abbiamo diritto di chiedere: contro chi è intesa questa espansione? E cosa è successo alle assicurazioni dei nostri partner occidentali fatte dopo la dissoluzione del Patto di Varsavia? Dove sono oggi quelle dichiarazioni? Nessuno nemmeno le ricorda. Ma io voglio permettermi di ricordare a questo pubblico quello che fu detto. Gradirei citare il discorso del Segretario Generale Nato, Signor Woerner, a Bruxelles, il 17 maggio 1990. Allora lui diceva che: “il fatto che noi siamo pronti a non schierare un esercito della Nato fuori dal territorio tedesco offre all’Unione Sovietica una stabile garanzia di sicurezza.” Dove sono queste garanzie?
Le pietre e i blocchi di cemento del Muro di Berlino sono stati da molto tempo distribuiti come souvenir. Ma noi non dovremmo dimenticare che la caduta del Muro di Berlino fu resa possibile grazie ad una scelta storica- scelta che è stata fatta anche dalla nostra gente, dal popolo della Russia – una scelta in favore di democrazia, libertà, apertura ed una sincera partnership con tutti i membri della grande famiglia europea.
Ed ora loro stanno tentando di imporre a noi nuove linee divisorie e muri – questi muri possono essere virtuali ma ciononostante sono ugualmente divisori, tagliando trasversalmente il nostro continente. Ed è mai possibile che ancora una volta ci vorranno molti anni e decadi, così come molte generazioni di statisti, per dissimulare e smantellare questi muri nuovi?

Care signore e signori!
Noi siamo inequivocabilmente favorevoli a rafforzare il regime di non-proliferazione. Gli attuali principi legali internazionali ci permettono di sviluppare le tecnologie per fabbricare combustibile nucleare per scopi pacifici. E molti paesi con tutte le loro buone ragioni vogliono creare la propria energia nucleare come base per la propria indipendenza energetica. Ma noi capiamo anche che queste tecnologie possono essere trasformate rapidamente in armi nucleari.
Questo crea tensioni internazionali serie. La situazione che circonda il programma nucleare iraniano è un chiaro esempio. E se la comunità internazionale non trova una soluzione ragionevole per chiarire questo conflitto di interessi, il mondo continuerà a soffrire simili crisi destabilizzanti perché ci sono più paesi sulla soglia, e non semplicemente l’Iran. Noi tutti sappiamo questo. Noi lotteremo con continuità contro la minaccia della proliferazione delle armi di distruzione di massa.
Lo scorso anno la Russia ha avanzato l’iniziativa di stabilire centri internazionali per l’arricchimento dell’uranio. Siamo aperti alla possibilità che tali centri non siano creati solo in Russia ma anche in altri paesi dove ci sia una base legittimata ad usare energia nucleare civile. I paesi che vogliono sviluppare la loro energia nucleare potrebbero garantire che loro riceveranno il combustibile attraverso la partecipazione diretta in questi centri. Ed i centri, ovviamente, potrebbero operare sotto la stretta supervisione dell’AIEA.
Le più recenti iniziative avanzate dal Presidente americano George W. Bush sono conformi alle proposte russe. Io considero che la Russia e gli Stati Uniti siano obiettivamente ed ugualmente interessati a rafforzare il regime di non-proliferazione delle armi di distruzione di massa e del loro dispiegamento. Sono precisamente i nostri paesi, che detengono le capacità nucleari e missilistiche, che devono comportarsi come leader nello sviluppare nuove, più severe, misure di non-proliferazione. La Russia è pronta a tale compito. Noi siamo impegnati in consultazioni con i nostri amici americani.
In generale, noi dovremmo discutere per stabilire un intero sistema di incentivi politici e di stimoli economici, con la qual cosa non sarebbe negli interessi degli stati stabilire loro proprie capacità nel ciclo del combustibile nucleare ma avrebbero tuttavia l’opportunità di sviluppare energia nucleare e rafforzare le loro capacità energetiche.
Riguardo a questo, parlerò della cooperazione internazionale dell’energia più in dettaglio. La Signora Cancelliera Federale ha accennato anche a questo: ha menzionato, sfiorato questo tema. Nel settore dell’energia la Russia intende creare principi di mercato uniformi e condizioni trasparenti per tutti. È ovvio che i prezzi dell’energia devono essere determinati dal mercato invece di essere soggetti a speculazione politica, pressione economica o ricatto.
Noi siamo aperti alla cooperazione. Società straniere partecipano a tutti i nostri principali progetti energetici. Secondo diverse stime, più del 26 % dell’estrazione di petrolio in Russia- e per favore pensate a questa cifra- più del 26% dell’estrazione di petrolio in Russia è fatto da capitale straniero. Allora provate a trovarmi un esempio simile, nel quale interessi russi partecipino in modo così estensivo in settori economici chiave nei paesi occidentali. Tali esempi non esistono! Non c’è alcun esempio similare!
Vorrei anche ricordare il grado di corrispondenza tra gli investimenti stranieri in Russia e quelli che la Russia fa all’estero. La corrispondenza è di circa quindici ad uno. E qui avete un esempio chiaro dell’apertura e della stabilità dell’economia russa.
La sicurezza economica è il settore nel quale tutti devono aderire ad uniformare i principi. Noi siamo pronti a competere equamente.
Per questa ragione sempre più opportunità si stanno presentando all’economia russa. Esperti ed i nostri partner occidentali stanno valutando obiettivamente questi cambiamenti. Così come è migliorata la stima superiore OECD del credito e la Russia è passata dal quarto al terzo gruppo. Ed oggi a Monaco di Baviera gradirei usare questa occasione per ringraziare i nostri colleghi tedeschi per il loro aiuto in questa decisione.
Inoltre. Come lei sa, il processo della Russia di entrare nel WTO è arrivato alla sua tappa finale.

Vorrei sottolineare che durante lunghe, difficili, discussioni abbiamo sentito più di una volta parole sulla libertà di parola, libero mercato ed uguali possibilità ma, per qualche ragione, esclusivamente in riferimento al mercato russo.
E c’è un tema ancora più importante che colpisce direttamente la sicurezza globale. Oggi molti parlano della lotta contro la povertà. Cosa sta accadendo davvero in questo ambito? Da un lato, sono stanziate le risorse finanziarie per programmi per aiutare i paesi più poveri del mondo- e attualmente sono risorse finanziarie sostanziose. Ma ad essere onesti- e molti qui sanno anche questo- collegate con lo sviluppo delle società dello stesso paese donatore. E dall’altro lato i paesi industrializzati simultaneamente mantengono i loro sussidi agricoli e limitano ad alcuni paesi l’accesso ai prodotti ad alta tecnologia.
E diciamo le cose come stanno- una mano distribuisce aiuto caritatevole e l’altra mano non solo mantiene l’arretratezza economica ma miete anche i conseguenti profitti. La tensione sociale in aumento nelle regioni depresse dà luogo inevitabilmente alla crescita di radicalismo, estremismo, terrorismo e alimenta i conflitti locali. E se tutto questo accade, diciamo, in una regione come il Medio Oriente, dove c’è in modo crescente il sentimento che il mondo è ampiamente ingiusto, c’è poi il rischio di destabilizzazione globale.
È ovvio che i principali paesi del mondo dovrebbero vedere questa minaccia. E che perciò dovrebbero costruire un sistema più democratico, più equo di relazioni economiche globali, un sistema che dia ad ognuno l’opportunità e la possibilità di svilupparsi.
Care signore e signori, parlando alla Conferenza sulla Politica di Sicurezza è impossibile non menzionare le attività dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE). Come è noto, questa organizzazione fu creata per esaminare tutti- voglio enfatizzare questo- tutti gli aspetti della sicurezza: militare, politica, economica, umanitaria e, specialmente, le interrelazioni tra queste sfere.
Cosa vediamo accadere oggi? Vediamo che questo equilibrio è chiaramente distrutto. Qualcuno sta tentando di trasformare l’OSCE in un volgare strumento designato a promuovere gli interessi di politica estera di uno o un gruppo di paesi. E questo compito è portato a termine anche dall’apparato burocratico dell’OSCE, che non è assolutamente connesso in alcun modo con gli stati fondatori. Le procedure decisionali ed il coinvolgimento delle cosiddette organizzazioni non-governative sono tagliati su misura per questo compito. Queste organizzazioni sono formalmente indipendenti ma sono finanziate in modo finalizzato, e perciò decisamente sotto controllo.
Secondo i documenti fondativi, nella sfera umanitaria l’OSCE è tenuto ad aiutare i paesi membri ad osservare le norme dei diritti umanitari internazionali e le loro richieste. Questo è un compito importante. Noi sosteniamo questo. Ma questo non vuol dire interferire negli affari interni di altri paesi, ne tantomeno imporre un regime che determina come questi stati dovrebbero vivere e come dovrebbero svilupparsi.
È ovvio che tale interferenza non promuove affatto lo sviluppo di stati democratici. Al contrario, li rende dipendenti e, di conseguenza, politicamente ed economicamente instabili.
Noi ci aspettiamo che l’OSCE sia guidato dai suoi compiti primari e costruisca relazioni con stati sovrani basate sul rispetto, la fiducia e la trasparenza.

Care signore e signori!
In conclusione vorrei far notare quanto segue. Noi molto spesso- e personalmente, io molto spesso – sentiamo appelli dai nostri partner, inclusi i nostri partner europei, sul fatto che la Russia dovrebbe giocare un ruolo sempre più attivo negli affari del mondo. Mi permetterei di fare un piccolo commento. Non è proprio necessario incitarci a questo comportamento. La Russia è un paese con una storia che attraversa più di mille anni e ha usato praticamente sempre il diritto per perseguire una politica estera indipendente.
Non cambieremo questa tradizione oggi. Allo stesso tempo, siamo ben consapevoli di come il mondo sia cambiato ed abbiamo un senso realistico delle nostre proprie opportunità e potenzialità. E gradiremmo chiaramente interagire con partner responsabili ed indipendenti, insieme ai quali potremmo lavorare nel costruire un ordine mondiale equo e democratico, che non garantisca sicurezza e prosperità a pochi eletti, ma a tutti.
Grazie per la vostra attenzione.

Traduzione dall’inglese per www.resistenze.org di  Bf (qui)

Questo è quello che io chiamerei un grande discorso, lucido, concreto, sensato. E assolutamente ragionevoli mi sembrano le sue richieste di sempre: no alla NATO in Ucraina, riconoscimento della Crimea russa, indipendenza delle repubbliche del Donbass. Ma non bisogna cedere, dicono. Perché? Perché se si concede questo poi lui si prende tutta l’Ucraina e poi anche altri stati. E perché dovrebbe farlo? Perché lo ha fatto anche Hitler che non si è accontentato dell’Austria e poi non si è accontentato della Boemia e poi non si è accontentato neanche di tutta la Cecoslovacchia. E sono sinceramente convinti che questo sia un ragionamento, e davvero non so se sia più grande, da parte mia, lo scoramento o la pena.

Nel frattempo le truppe NATO posizionate in Europa sono state portate a 110.000 unità, con 130 aerei in stato di massima allerta e più di 200 navi, in aggiunta alle armi che stanno ricevendo da tutte le parti. Cioè, l’Europa è a tutti gli effetti in guerra. Senza averlo deciso. Senza averlo votato. E quasi tutti a fare il tifo per chi a questa situazione ci ha portati. E a questo punto ovviamente anche la controparte riceve rinforzi, mentre il saltimbanco folle continua a invocare la guerra totale.
E vedo un sacco di gente gongolare “Putin è ormai nell’angolo!” “Putin non ha via d’uscita da questa guerra!”: ignorano, evidentemente, che anche il gattino di casa, se lo riduci in un angolo senza via d’uscita, ti salta addosso e ti graffia a sangue. Preferibilmente gli occhi: è una legge di natura. E i nostri geni sono felici di vedere nell’angolo senza via d’uscita quello che chiamano pazzo e criminale, e che è in possesso del primo o secondo più cospicuo arsenale nucleare. E il pazzo sarebbe lui.

Concludo con una quadrupla dis-censura: Ciaikovsky, il corpo di ballo del Mariinsky, il teatro Mariinsky, Valery Gergiev.

barbara