Che a parlare sempre e solo di cose serie (non che questa non lo sia, se vogliamo), si rischia l’indigestione.
barbara
Che a parlare sempre e solo di cose serie (non che questa non lo sia, se vogliamo), si rischia l’indigestione.
barbara
Zichron Yakov
Di una storia molto particolare riguardante Zichron Yakov avevo già parlato qui, e naturalmente non la ripeterò. Qui voglio invece ricordare che questa cittadina è nata nel 1882 per volontà – e con il denaro – del barone Benjamin Rotschild, “piccola ma con attorno boschi con animali selvatici liberi e anche dei vigneti per farne il nostro buon vino ebreo e ci metterete i cavi della elettricità, il telefono e tutte le cose moderne possibili. Sarà dedicata alla memoria di mio padre Yaaqov”. Ecco, adesso vi mostro un paio di cose. Questa è la strada principale,
che controsole appare così
(suggestiva, vero?) lungo la quale si trovano negozi, ristoranti, la biblioteca,
la fontana inaugurata nel 1891
e intitolata al barone Benjamin Edmund de Rotschild,
e uno spettacolare sicomoro del quale vedete qui inquadrata una minuscola parte.
E poi vi faccio vedere un pezzetto di un parco,
in cui si può ammirare anche un singolare modo di portare in giro i bambini piccoli.
Vigneti e vino, diceva Rotschild: e anche questa parte del suo sogno è stata realizzata. Il passo successivo del nostro percorso è stata infatti la visita alla cantina Tshbi, dove ci sono stati offerti i consueti tre assaggi, uno di bianco e due di rosso. Questi siamo noi che ascoltiamo le spiegazioni e riceviamo i bicchieri per la degustazione
e questi sono i vini.
Poi c’è anche un’infinita serie di sublimi cioccolate
(ce ne sono anche da un’altra parte, ma non inquadrabili da dove eravamo noi) con varie percentuali di cacao e vari rivestimenti e forme e poi ancora delle altrettanto sublimi confetture.
Io ho preso una confettura di mele e arance in sangria e sei etti di cioccolate varie (poi mi sono resa conto che era troppo peso da portarmi in giro, e alla fine, al momento del rientro, di cioccolata ne ho dovuta trasportare un etto solo). E questa sono io
con un corposo rosso tra le mani – e con l’immancabile foulard sulle spalle per via della micidiale aria condizionata a palla onnipresente in ogni luogo chiuso e sull’autobus.
Infine abbiamo mangiato* nel ristorante annesso alla cantina, alla deliziosa ombra di questo meraviglioso pergolato.
* Ogniqualvolta incontrerete il verbo “mangiare” nei vari capitoli di questo resoconto, questo deve essere letto “mangiare come porcelli”.
barbara
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