QUASI. FORSE. MA (COM’È UMANO LEI)

Paragonare i demagoghi di oggi a Hitler non è quasi mai una buona idea.

Quasi, certo, perché se guardiamo bene, qualcuno di paragonabile a Hitler dopotutto c’è. E chi potrà mai essere? Forse Assad, con tutte quelle centinaia di migliaia di morti? O Erdogan, che ha instaurato una vera e propria dittatura, imbavagliato la stampa, annientato l’opposizione, asservito l’esercito, e massacra senza posa  il popolo curdo? Mmmh… mi sa che siamo fuori strada.

[…] Donald Trump non sarà forse l’incarnazione di Hitler, ma

Ma, eccola la parola chiave: ma, a smentire prontamente il formalmente – ma solo formalmente – prudenziale “forse”. È lui il male assoluto, è lui una delle rare eccezioni alla sconvenienza di fare paragoni con Hitler, è lui il nemico da battere, anzi, da abbattere. E poi c’è questa cosa spettacolare:

Ciò che sino a pochi anni fa era inimmaginabile — un presidente Usa che insulta gli alleati e loda i dittatori

Ecco, questo lo dice all’inizio dell’articolo, prima di cominciare a fare nomi, e noi che un presidente USA che insulta e ostacola e danneggia in tutti i modi gli amici e non solo loda i dittatori, ma bacia loro devotamente il sedere e offre loro ogni sorta di vantaggi, lo abbiamo purtroppo dovuto vedere per otto lunghi anni, credevamo di avere capito di chi stesse parlando. E invece no, sta parlando di Trump. E a questo punto ci risulta anche ben chiaro chi siano per il signor Ian Buruma, autore di questo pregiato articolo, i dittatori e chi gli amici che dovrebbe onorare.

Di commenti a questo sordido articolo – che per dire che Trump è praticamente la fotocopia di Hitler ci spara addosso ben 919 parole – non ne faccio, perché sono di stomaco delicato e infilare le mani nella merda mi fa vomitare. Faccio invece seguire, e credo che sia il commento migliore, una testimonianza di un ex deportato.

Ex deportato ebreo: “Chi paragona noi ai clandestini è nauseante”

David Tuck è un deportato ebreo polacco che vive negli Usa. Gli è stato chiesto, alla luce dell’emergenza immigrazione e dei paragoni che in America e nel mondo vengono fatti tra deportati ebrei e clandestini attuali, cosa ne pensasse.
Gli è stato chiesto se, davvero, abbia senso il paragone tra i ‘centri migranti’ e i “campi di concentramento”.
“Paragone nauseante. Non potete fare dei paragoni; ogni volta che sento questo paragone è nauseabondo… Ascoltatemi, io ci sono passato. Per favore. Questi non sono campi di concentramento; loro sono liberi. Ho fatto una ricerca su questi posti e mi sono detto… Tutti i materassi, il cibo, qualsiasi cosa… A quel tempo (quando è stato imprigionato dai nazisti) avrei potuto pensare che questi fossero dei country club”.

(VoxNews, 4 luglio 2018)

Sia ben chiaro, non sono così cattiva da augurare al signor Ian Buruma – e a tutti i suoi devoti estimatori – di conoscere una vera dittatura, una vera incarnazione di Hitler, una vera deportazione. Ma se lo fossi, ci puoi giurare che glielo augurerei.

barbara

SE C’È UNA COSA CHE MI FA PIÙ SCHIFO DELLE BUFALE

sono le bufale fabbricate sulle tragedie. Soprattutto quando sono fabbricate in maniera tanto sgangherata. Un po’ più di un anno fa ha preso a girare questa immonda cloaca, che sono andata a ripescare. Ora la ripropongo, inserendo in corsivo i miei commenti, perché credo che finora nessuno abbia provveduto a farlo, e l’idea che qualcuno possa prendere per buona una simile fogna mi fa star male fisicamente.

UNA STORIA VERA: LA COLLANA

Notare la precisazione: “una storia vera”, e già questo dovrebbe suggerire se non la certezza, almeno una forte probabilità che non lo sia.

Durante la Shoah un grande numero di donne ebree furono radunate in una piccola cittadina
quale cittadina? E quando esattamente? E quando mai ci sono state deportazioni di sole donne?
per essere inviate alle camere a gas. Appena il gruppo mise insieme i propri affetti personali da portare nel campo,
“affetti”? Mariti zii, cugini, amiche del cuore? A parte il ridicolo refuso, se le donne erano state radunate lì, e dunque non erano di lì, non dovrebbero avere già provveduto a prendere con sé le proprie cose? E se stavano andando alle camere a gas, perché parla di campo? E non sa, l’autore di questa produzione fecale, che le persone che andavano nei campi le proprie cose le portavano fino a lì? Mai sentito parlare dei grandi mucchi di scarpe vestiti giocattoli occhiali eccetera di Auschwitz?
gli ufficiali nazisti chiamarono gli abitanti del villaggio che stavano lì vicino a guardare quello che stava succedendo, e dissero loro: “Potete prendere qualsiasi cosa gli ebrei lasceranno dietro di sé,
chi ha fabbricato questa troiata evidentemente ignora che tutte le proprietà degli ebrei erano patrimonio del Reich, e che chiunque avesse preso anche solo uno spillo era passibile di essere giustiziato sul posto
in quanto certamente essi non torneranno indietro a riprendersi le proprie cose”.
I nazisti provvedevano a informare ufficialmente che si stavano accingendo a sterminare gli ebrei?!
Due donne polacche che stavano lì, videro una donna dietro al gruppo che indossava un grande, pesante, bel cappotto. Non volendo aspettare di vedere se qualcun altro voleva prendere il cappotto,
se la gente era stata invitata a prendere quello che voleva, perché mai si sarebbero dovute preoccupare di vedere se qualcun altro voleva quella roba?
esse corsero verso la donna la colpirono, la fecero cadere a terra, le strapparono il cappotto
ma non è più semplice sfilare un cappotto a una persona in piedi piuttosto che a una a terra?
e se ne andarono. Appena la donna fu portata via, queste due donne polacche frugarono nel cappotto per dividere tra loro il contenuto delle tasche.
? Hanno aspettato che venisse portata via? Avevano paura che chiamasse i carabinieri?
Trovarono all’interno delle tasche gioielli d’oro, candelabri d’argento ed altri oggetti preziosi,
cioè almeno un mezzo quintale di roba, per un volume di mezzo metro cubo, o giù di lì
ma sentivano che il cappotto continuava a pesare più di quanto avrebbe dovuto. Dopo un ulteriore controllo, scoprirono una grande tasca nascosta ed al suo interno videro una piccola bambina!
E qui uno, letteralmente, si piscia addosso dal ridere. Si accorgono della bambina solo per via del fatto che il cappotto pesa troppo, e per trovarla hanno bisogno di “un ulteriore controllo”, e la bambina, dopo che la madre con il cappotto e lei addosso era stata scaraventata per terra, dopo che il cappotto era stato sbatacchiato di qua e di là, era ancora viva e, presumibilmente, in buona salute. Oltre, ovviamente, a non avere mai pianto durante tutti quegli sbatacchiamenti.
Scioccata dalla scoperta, una delle due donne insistette nel
insistette “nel”?
prendere la bambina, dicendo all’altra: “Io non ho figli e sono troppo vecchia ormai per averne. Prendi tu l’oro e l’argento e lasciami tenere la bambina”.
Il patto fu concluso e la donna polacca portò la nuova “figlia” a casa a suo marito che ne fu entusiasta. Essi crebbero la bambina ebrea proprio come fosse la loro, trattandola molto bene, ma non le dissero mai nulla della sua vera storia. La ragazza eccelleva negli studi e divenne una pediatra di successo nel migliore ospedale della Polonia.
Notare “nel migliore ospedale della Polonia”: come “in vendita nei migliori negozi”.
Dopo alcuni anni, la “madre” della ragazza morì. Una settimana più tardi ella sentì bussare alla porta. Entrò una vecchia donna che le disse: “Voglio che tu sappia che la donna che è morta la scorsa settimana non è la tua vera madre”, e le raccontò l’intera storia.
“Una” vecchia donna? Da decenni vivono nello stesso villaggio ed è una perfetta sconosciuta? E parlando di quella che l’interlocutrice da sempre crede essere sua madre, si dice “la donna che è morta la settimana scorsa”?
All’inizio la ragazza non le credette, ma la vecchia donna le disse: “Quando ti abbiamo trovato, indossavi un ciondolo d’oro bellissimo con una strana scritta su di esso che deve essere ebraico. Sono certa che tua madre tenne la collana: trovala”; dopo di ciò la vecchia donna se ne andò.
La ragazza andò a guardare nella scatola dei gioielli della madre e trovò la collana che era proprio come la donna gliel’aveva descritta.
E in tutti quegli anni (per essere diventata medico e poi pediatra e poi di successo, dovrà avere sicuramente almeno trentacinque anni) non l’aveva mai vista? E la donna, che le aveva tenuto nascosta la sua identità, aveva tenuto lì, nella scatola dei gioielli, a portata di mano, una simile prova?
La indossò senza più levarsela.
Evidentemente l’unica persona al mondo a non avere avuto problemi di identità nello scoprire di essere tutt’altro da ciò che aveva sempre creduto…
Un po’ di tempo dopo, ella andò in vacanza all’estero e vide due ragazzi Lubavitch.
Perché una persona che in tutta la sua vita non ha mai visto un ebreo – dal momento che per incontrarne uno le tocca andare all’estero – un bel giorno incontra dei Lubavitch e immediatamente capisce chi sono
Pensando fosse una buona occasione, raccontò loro l’intera storia e mostrò loro la collana. I ragazzi le confermarono che sul ciondolo era scritto un nome ebraico, ma non seppero dirle nulla di più.
Cioè, non sono neanche in grado di dirle che nome ci sia scritto!? Dei Lubavitch!?!?
Le consigliarono, comunque, di mandare una lettera al Rebbe dei Lubavitch spiegando tutta la faccenda.
E qui torno a pisciarmi addosso dal ridere (azz, sarà meglio che finché non ho finito questo lavoro mi metta addosso un pannolone)
Ella scrisse la lettera e ricevette una pronta risposta nella quale era scritto che dai fatti risultava chiaramente che lei era ebrea
“fatti”? Il rebbe ha in mano unicamente un racconto di terza mano!
e che, considerato il fatto che possedeva un particolare talento, avrebbe potuto usarlo in Israele, un posto dove c’era un bisogno disperato di bravi pediatri.
Embè, certo, lo sanno tutti che in Israele non trovi un pediatra neanche a pagarlo oro!
Ella seguì il consiglio del Rebbe e si trasferì in Israele, dove contattò un Beth Din, che la dichiarò ebrea.
Ehm… sicuro che funzioni così?
Fu accettata a lavorare in un ospedale.
Ovviamente senza perdere tempo in scemenze tipo imparare la lingua.
Presto, incontrò quello che sarebbe diventato suo marito, si sposò e si creò una famiglia.
Alcuni anni più tardi, quando venne compiuto l’attentato terroristico al caffè Sbarro nel centro di Gerusalemme ad agosto del 2001, questa donna stava camminando lì vicino con suo marito. Disse al marito di ritornare a casa dai bambini ed ella si precipitò sulla scena dell’attentato dove prestò i primi soccorsi ai feriti e li accompagnò all’ospedale.
Li accompagna con che cosa?
Quando arrivò all’ospedale, incontrò un uomo anziano che era in stato di shock. Stava cercando dappertutto sua nipote che non riusciva più a trovare. Lei cercò di calmarlo ed andò insieme a lui fra i pazienti nel tentativo di cercare la nipote. Chiese all’anziano come avrebbe potuto riconoscerla e lui le fece una rozza descrizione di un ciondolo d’oro che la bambina indossava.
Cioè, lei gli chiede di descrivere la nipote per poterla riconoscere, e lui le parla (rozzamente!!) del ciondolo?
Dopo aver cercato tra i feriti, essi finalmente trovarono la nipote che, infatti, indossava il ciondolo.
Ovviamente aveva provveduto a sbottonarsi la camicia, in modo che chiunque passasse avrebbe potuto riconoscerla dal famoso ciondolo.
Alla vista di tale ciondolo, la pediatra fu gelata. Si girò verso l’anziano e gli chiese: “Dove ha comperato questa collana?”.
“Non è possibile comperare questa collana” egli rispose, “Io sono un gioielliere ed ho fatto io questa collana. In realtà ne feci due identiche, una per ognuna delle mie due figlie. Questa è la figlia di una delle due, l’altra mia figlia non è sopravvissuta alla guerra”.
Così la ragazza ebrea polacca ritrovò suo padre.
PRIMO: l’uomo che nei primissimi anni Quaranta era già nonno, nel 2001 ha più di cento anni: e se ne va in giro per locali? E lavora ancora come gioielliere tanto da poter parlare del proprio lavoro al presente? SECONDO: se nel ciondolo era scritto il nome, come potevano i due ciondoli essere identici? TERZO: anche ammesso che l’altra figlia fosse sensibilmente più giovane di quella uccisa, non può comunque avere meno di settant’anni: e ha una figlia bambina? QUARTO: la pediatra che era già nata nei primi anni Quaranta, nel 2001 ha circa sessant’anni: un tantino troppi per poter essere definita ragazza, e anche per avere dei figli bambini (quelli lasciati a casa e da cui deve andare il marito). QUINTO: l’uomo, in ogni caso, sarebbe suo nonno, non suo padre.

CONCLUSIONE: all’infame individuo che ha fabbricato questo letamaio, auguro di mangiare tanta merda quanta quella che ha prodotto. E chi ha provveduto a diffonderlo, si vergogni.

barbara