UN PASSO AVANTI E DUE ANCORA PIÙ AVANTI – PARTE PRIMA

Era previsto da mesi – molti mesi – almeno da chi avesse occhi da vedere, orecchie da ascoltare, e neuroni da elaborare ciò che occhi e orecchie registravano. Diciamo che i primi dubbi sono sorti all’inizio di marzo, si sono rafforzati un paio di settimane dopo per diventare certezza all’inizio di aprile. E da allora in poi ne abbiamo avuto ogni giorno una nuova conferma. Sicuramente ci saranno persone – molte persone – che anche di fronte al nuovo maoistico Grande Balzo In Avanti si benderanno gli occhi, si tapperanno le orecchie e spegneranno il cervello, e continueranno a farlo anche dopo avere visto – o essersi rifiutate di vedere – questi numeri

E ricordiamo che da luglio a oggi è rimasto stabile il rapporto fra numero di tamponi e numero di positivi (2-4%), fra numero di positivi e numero di sintomatici (~5%) e di terapie intensive (0,5%), anche dando per buono che tutti costoro siano in terapia intensiva a causa del covid. Ma se dessero TUTTI i numeri e non solo quelli utili a seminare terrore, non potrebbero, appunto tenere soggiogata la popolazione col terrore della Morte Nera in agguato. E tutto questo mi fa venire in mente il pedofilo che aveva rapito due bambine, e mentre le stuprava a turno, ripetutamente, le terrorizzava raccontando loro di un vicino tanto cattivo che sicuramente sarebbe saltato loro addosso se avessero tentato di scappare, mentre lui era tanto buono, tanto gentile (“credete forse che un altro si prenderebbe la briga di usare il lubrificante?”). Ecco, vedo un sacco di gente che continua ad essere convinta che sì, lui è davvero buono e si preoccupa del nostro bene, e per giunta usa anche il lubrificante.

Io però non tacerò: IO VEDO, IO SENTO, IO PARLO.

Ora e sempre Emergenza! La strisciante deriva antidemocratica al tambureggiare dei media compiacenti

Ora e sempre Emergenza! sembra diventato lo slogan che mette d’accordo maggioranza di governo e media compiacenti, coll’ossessivo tambureggiamento dei numeri dei positivi e lo stillicidio di decreti-legge, voti di fiducia, ma soprattutto Dpcm. Ormai molti giornalisti della carta e della tv sono allineati sull’idea che qualche violazione costituzionale, se anche non resa strettamente necessaria dalla pandemia, va sottovalutata, per non mettere in discussione la tenuta di una maggioranza parlamentare che ben potrebbe rivelarsi minoranza in caso di elezioni politiche anticipate.

1. Otto e mezzo di martedì scorso, un accorato Massimo Cacciari insiste sulla presenza di una deriva antiparlamentare, accentuata dalla stessa gestione della pandemia; parla con tutta evidenza dell’Italia; ma, faccia a faccia con una Lilli Gruber – come sempre aggressiva rispetto ad ogni opinione dissenziente rispetto alla sua, caratterizzata da una partigianeria esibita spavaldamente – ripiega rassegnato su una tendenza generale, comunque interpretabile come una malattia comune anche a noi. D’altronde, questa è un’ipotesi condivisa da commentatori di diverse sponde, ma soprattutto fatta propria dalla seconda carica dello Stato, la presidente del Senato, in una intervista che un gentiluomo come Giuseppe Conte ha liquidato dicendo di “non averla letta”, trovando conforto nel rilievo ovattato concessole da gran parte dei mass media. Ormai molti giornalisti della carta e della tv sono allineati sull’idea che qualche violazione costituzionale, se anche non resa strettamente necessaria dalla pandemia, va sottovalutata, per non mettere in discussione la tenuta di una maggioranza parlamentare che ben potrebbe rivelarsi minoranza in caso di elezioni politiche anticipate.

Riecheggia nelle sedi dell’informazione lo slogan di Borrelli, “resistere, resistere, resistere”, a qualunque costo, all’onda populista, dove il nostro Salvini viene messo in compagnia di personaggi diversissimi, come Boris Johnson, Victor Orban, Donald Trump, Jair Bolsonaro, tutti eletti regolarmente, ma accomunati solo dal non piacere alla sinistra internazionale. Piccola e veniale dimenticanza quella di non citare anche i leader dei 5 Stelle, a cominciare dal loro guru, Beppe Grillo, che a conferma del Dna del movimento, ha continuato a contrapporre la democrazia rappresentativa a quella diretta.

Lo stillicidio continuo di decreti-legge, leggi delega, l’uso e l’abuso del voto di fiducia, ma soprattutto il ricorso extra ordinem ai decreti del presidente del Consiglio hanno finito per ridurre il Parlamento a mero organo di ratifica di decisioni preconfezionate dal governo, sulla base di faticose mediazioni fra i vari partiti della maggioranza parlamentare. L’effetto del tutto intenzionale è stato quello di tagliar fuori la minoranza, di cui pure si invoca con faccia ipocrita la partecipazione, in una variazione del tutto edulcorata della solidarietà nazionale di fronte alla pandemia.

2. Esemplare in tal senso è l’utilizzo dei decreti del presidente del Consiglio – a prescindere dalla loro sicura incostituzionalità, trattandosi di limitare libertà fondamentali sottoposte nella loro essenza ad una riserva assoluta di legge, c’è da vederne tutta la ricaduta in chiave di concentrazione formale (discrezionale al limite dell’arbitrio) di tutto il potere in capo allo stesso presidente. Così destinato a vivere di rendita sulla stessa paura creata dal perpetuarsi dello stato di emergenza, con una onnipervasiva e ossessiva campagna mediatica che lo segue in ogni sua esternazione, facendone una specie di “uomo della provvidenza”.

Ma in questo senso si veda anche l’ultimo decreto del presidente del Consiglio, che già predefinito in ogni suo punto è stato presentato alle Camere, senza che ve ne fosse una previa conoscenza e senza che ne venisse spiegata dal Ministro della salute la continuità di una emergenza, certo significativa nel numero degli infettati, in gran parte asintomatici, ma non nel numero dei ricoverati ospedalieri, soprattutto quelli in terapia intensiva (ad oggi circa 330 a fronte di quasi 8.000 posti disponibili in tutta Italia). Cui prodest? Non solo all’amico del popolo, Giuseppi, che si è tenuto furbescamente al riparo durante il confronto elettorale, per non pagare dazio in caso di un risultato negativo; ma subito dopo è tornato ad intasare il video, sempre sfruttando il ruolo istituzionale per far calare le sue decisioni, facendosi scudo di un Comitato tecnico-scientifico, che la pubblicazione dei verbali ha dimostrato a volte poco o niente ascoltato. No, è servito, anche e soprattutto, alla tenuta di una maggioranza parlamentare messa in pericolo dalla crisi elettorale dei 5 Stelle, che il Pd, che ne è l’assoluto beneficiario con il ritorno dei suoi elettori al paesello natio, nobilita interpretandola come salutare nella faticosa ma necessaria trasformazione da movimento a partito con la luminosa prospettiva di una alleanza strutturale.

3. Ora e sempre emergenza, coll’ossessivo tambureggiamento del crescendo dei numeri dei positivi, senza distinguere fra sintomatici e asintomatici che costituiscono la percentuale largamente maggioritaria, fra asintomatici a carica virale debole e forte, essendo i primi non in grado di diffondere il virus; nonché senza evidenziare la incredibile progressione della conoscenza e della terapia. Tutto ciò provoca una impressione estremamente traumatica, sì da vivere la pandemia come inarrestabile e invincibile.

La scadenza dell’emergenza è stata prorogata fino alla fine del prossimo gennaio, ma se si drammatizza una possibile convivenza col virus, questa potrebbe essere ulteriormente prorogata, sempre con una notarile presa d’atto da parte del Parlamento. Ma c’è ben dell’altro, perché se l’ultimo  decreto del presidente Conte ha tenuto un livello volutamente basso, niente ci assicura che, nell’arco di questi tre mesi e mezzo, non possa intervenire un nuovo decreto fino a un lockdown, fatto passare con qualche rumor da parte dell’opposizione, ma senza alcun sindacato istituzionale: se è vero che c’è un giudice a Madrid, che dichiara il lockdown contrario alle libertà fondamentali; questo giudice non c’è di certo a Roma.

L’aver imposto il livello di misure previste dal decreto come il minimo da rispettare da parte di tutte le Regioni, sì che è loro permesso solo di irrigidirlo ulteriormente, comporta una centralizzazione che ne lede l’autonomia, che la sinistra aveva enfatizzato con quella riforma del Titolo V passata per il rotto della cuffia. Ma anche ne mortifica l’intensa azione di contrasto alla pandemia condotta dalle Regioni del Nord, che, per una strana peculiarità, sono tutte governate dal centro-destra, tranne l’Emilia-Romagna. Adesso che la palla sembra passare alle Regioni del Sud, con le più grandi gestite dal centro-sinistra, l’uniformità a prescindere dalla effettiva capacità di risposta, diventa la regola.

4. Rimane sempre sospesa la domanda circa l’assenza del presidente della Repubblica, che pur ci delizia ogni giorno con sagge paternali nella continua sequenza delle giornate mondiali dedicate a questo e a quello. Può essere che si limiti a esercitare la moral suasion, ma lo deve fare in maniera così morbida da non risultare evidente. Sono convinto da tempo che Mattarella sia del tutto tollerante rispetto a quello che il buon Sabino Cassese ritiene uno sgarro costituzionale, perché pure lui, convinto che questo sia il costo inevitabile da sostenere per fermare una destra, che, per la sua storia di uomo della sinistra democristiana, traslocato passo a passo nel Pd di Renzi, protagonista della sua elezione, gli è rimasta sullo stomaco: qualunque destra da Berlusconi a Salvini.

Franco Carinci, 9 Ott 2020, qui.

E alla sua storia di democristiano col gesuitismo nel sangue, io aggiungerei la sua storia di figlio di Bernardo Mattarella con l’omertà nel DNA.

Se la libertà uccide

Il governo ha prolungato lo stato di emergenza fino al 31 gennaio 2021 così da fargli compiere un anno tondo. È scontato che sarà prorogato ancora visto che il trend dei contagi è in crescita e raggiungerà un massimo (vedremo se assoluto o relativo) proprio a gennaio, mese critico per le malattie a trasmissione influenzale e quindi anche per il Covid. Caso mai sarebbe stato luglio il mese giusto per la sospensione dello stato di emergenza e per il ritorno alla normalità: contagi in forte calo, decessi quasi azzerati, UE che con il Next Generation ragionava in termini di scampato pericolo, la proroga (definita, ai tempi, come “naturale” dal premier) era all’epoca poco spiegabile con valutazioni di pericolosità basate sui dati attuali e venne giustificata solo con il pericolo che in futuro la crescita dei casi riprendesse. Si ricordano, di quell’epoca, vaghi mormorii quirinalizi trasformatisi, pochi giorni fa, in un discorso di via libera basato sul ricordo dei defunti della scorsa primavera destinati a diventare, fra non molto, novelle icone del progressismo dopo i partigiani ed i deportati dei lager orami ridotti, causa età, ai minimi termini numerici.

È vero che le anticipazioni dei giorni scorsi lasciavano intravvedere uno scenario ancora più cupo con obblighi, divieti e limiti più simili a quelli della fase uno mentre invece tutto pare ridursi all’obbligo di indossare la mascherina anche all’esterno ma, pare di capire, solo in situazioni di vicinanza (1). Diciamolo chiaramente: la mascherina ha una sua efficacia sanitaria e, passati i mesi del caldo rovente, portarla non comporta fastidi eccessivi per cui si tratta di un adempimento tutto sommato utile e tollerabile. Tuttavia quello che dà fastidio è la logica che ispira il provvedimento. A parte la scarsa trasparenza delle norme, evidentemente ispirate come sempre alla metodologia dell’ibis redibis, la voglia di normare minuziosamente i comportamenti delle persone porta a risultati illogici: l’obbligo di tenere la mascherina in una strada non affollata contrasta logicamente con la possibilità accordata di togliersela in una classe scolastica con 20 persone stipate in 40 metri quadrati mentre non si capisce quale sia l’utilità di imporla per l’ingresso e l’uscita da locali pubblici in cui per la maggior parte del tempo la si toglie per mangiare e bere. E ancora di più inquieta il retropensiero politico illustrato da Conte nel suo discorso ad Assisi (trovo, fra l’altro, patetico che uno segua le orme del Papa con 24 ore di ritardo e che i religiosi locali si prestino a questo teatrino) e che inaugura un nuovo filone di contrapposizione della tutela della salute rispetto ad altre dimensioni della vita sociale. Se a primavera Conte aveva interpretato la vicenda in termini di scontro fra le ragioni della salute e quelle dell’economia, semplicisticamente identificate in quelle del profitto, adesso l’alternativa è fra salute e libertà individuali. Non soltanto ad Assisi il premier ha testualmente dichiarato che “Siamo ancora in piena pandemia e il costante aumento dei contagi in tutta Italia, seppur ancora sotto controllo, ci impone di tenere l’attenzione altissima e di continuare a essere molto prudenti” anche “rinunciando ad alcune libertà”, ma tutta la propaganda comunicazione degli ultimi giorni è stata ispirata al concetto di mettersi adesso la mascherina e sopportare qualche altra vessazione per evitarne di peggiori nel prossimo futuro. Di fatto le motivazioni che vengono proposte dalla comunicazione non attengono assolutamente all’efficacia sanitaria dell’oggetto, di cui dopo mesi si potrebbe anche cominciare ad avere qualche riscontro statistico (del tipo, usando la mascherina si sono evitati Xmila contagi), ma soltanto all’esistenza di sanzioni pesanti ed alla prospettiva di un altro restringimento delle libertà qualora i contagi dovessero ulteriormente aumentare a causa degli inadempimenti dei cittadini, dato peraltro scontato perché andiamo verso la stagione fredda, perché un fisiologico 5% di violazioni c’era anche durante il lockdown, perché se anche tutti la portassero non ci sarebbe mai la dimostrazione assoluta che questo è effettivamente avvenuto e perché tutta la strategia governativa è volta alla ricerca di positivi di fatto sani visto che il grosso dei tamponi viene effettuato per tracciamento (si può cominciare a dire “rastrellamento”?) e non per sospetto diagnostico: sarà un caso che proprio ieri si siano fatti 125.000 tamponi, quasi il record giornaliero, per sparare in TV la cifrona di 3.700 positivi senza dire che il tasso di positività era sceso, rispetto al giorno prima, dal 3,75% al 2,95%? [E ci sarebbe poi da aggiungere che un 10% circa di quelli risultati positivi non sono nuovi positivi, bensì vecchi positivi risultati ancora positivi al secondo tampone, quello che in nessun’altra parte del mondo si fa più da tempo, considerando semplicemente non più contagiose le persone dopo il quinto giorno senza sintomi. Perché in Italia invece si continua a fare? Semplice: per far risultare le persone positive anche per mesi dopo la rilevazione del contagio, e incrementare così i numeri del terrore, ndb].

A parte che la prospettiva di aggravamento delle limitazioni non è assolutamente scongiurata dalle norme che entrano in vigore oggi visto che il PdC pare essere in grado di operare solo in modalità “democratura” e quindi è probabile che le prossime settimane, caratterizzate da un presumibile aumento di contagi, saranno contrassegnate da un progressivo aumento delle restrizioni, lascia molto perplessi lo scambio libertà/sicurezza apertamente proposto da Conte e lascia ancora più perplessi la mancanza di qualsiasi reazione da parte delle cariche istituzionali, dell’opposizione e anche dalle forze di governo che – correva il 2001 e l’emergenza allora era quella terroristica – inchiodarono Berlusconi alle parole sostanzialmente simili che aveva pronunciato. L’emergenza sanitaria e quella economica sono probabilmente meno gravi della crisi intellettuale ed etica del Paese e dei suoi rappresentanti che sembrano ormai assuefatti, entrambi, ad una deriva autoritaria tanto pericolosa quanto mediocre.

Mattarella si è dileguato e si accorge di essere, probabilmente e non a caso, in un gioco più grande di lui. Lui, ex costituzionalista invero molto loquace e preciso quando c’era da intervenire sui decreti Salvini [e per rifiutare Paolo Savona come ministro dell’economia ndb], non solo non interviene sui contenuti dei provvedimenti e non dice neanche una parola per stigmatizzare concetti eversivi di riduzione delle libertà ma si accontenta adesso solo di non essere formalmente coinvolto in questo massacro delle regole costituzionali condotto per atti che non portano la sua firma e, laddove può, esterna timori a questo punto prevalentemente geriatrici che supportano l’azione del governo. Sarà forse troppo pretendere di sentirsi dire che la riduzione delle libertà individuali è il male assoluto ma almeno ci aspetteremmo una parola che disconoscesse che essa sia la panacea di tutti i mali. Oltre che nel merito, il PdR non trova niente da obiettare neanche sul metodo che riduce il Parlamento ad un palcoscenico su cui il PdC può decidere di esibirsi ma anche, per suo capriccio, di ritrarsi.

Nel silenzio dell’opposizione, che ha perso a febbraio-marzo il momento buono per innalzare i vessilli della difesa della libertà e della democrazia (quelli sì temi all’altezza della svolta verso un “nuovo liberalismo”) e che da allora ha visto iniziare il suo declino, dilaga la propaganda di regime che recupera gli stilemi della scorsa primavera: conferenza stampa in orario da TG, terrorismo diffuso H24 con tutti i media disponibili e stranamente tutti allineati nella narrazione, criminalizzazione dei cittadini in genere e/o di specifiche categorie (i runner all’inizio ma poi gli imprenditori avidi, gli amanti della movida, i vacanzieri, adesso larvatamente studenti e docenti), richiami paternalistici al diritto alla salute e alla tutela dei nonnini che frazionavano per 10 la spesa per essere sempre fuori mentre i nipotini si isterizzavano in salotto, tentativi insistenti di entrare nei salotti e nelle camere da letto per denunciare il congiunto fedifrago che tromba senza mascherina, minacce di sanzioni e lockdown. Che poi quest’ultimo è l’obiettivo finale visto che “Winston” Conte si è dimostrato totalmente incapace di operare in contesti diversi: prima bloccato dai dissidi fra Lega e 5S e poi, dopo il ribaltone, fermo in attesa delle elezioni dell’Emilia, poi di quelle della Toscana, adesso del Recovery. Sempre fermo, salvo quando c’è da fare strame della Costituzione più bella del mondo. (INVIATO DA AVERAGE JOE ⋅ 8 OTTOBRE 2020, continua a leggere)

E mentre in Campania il signor De Luca fa ricoverare all’ospedale gli asintomatici per poter poi gridare all’allarme intasamento e porre di nuovo mano al lanciafiamme (a proposito, come mai con tutto quell’uso del salutare lanciafiamme, oggi la Campania, come numero di contagi, è la regione peggio messa d’Italia?), in tutta Italia si muore a rotta di collo di tumore, di infarto, di ictus, di complicazioni da diabete, di tutte le patologie di cui è stata in questi mesi raddoppiata, quando non triplicata, la mortalità in nome della lotta al covid. E quindi tranquilli: avremo sì molte più probabilità di prima di morire di infarto o di tumore, vale a dire che molte più persone moriranno di queste patologie, sempre che non ci ammazzi prima la fame, e per giunta soli come cani – perché, ci avete fatto caso?, dal distanziamento siamo passati all’isolamento, e non oso pensare a quale, in questa collaudata tecnica della rana bollita, sarà il prossimo traguardo -, e reclusi in casa, però ci avranno eroicamente impedito di morire di covid: vuoi mettere la soddisfazione? E poi tranquilli anche perché prossimamente

barbara

PROVE TECNICHE DI COLPO DI STATO

Verso la militarizzazione per Dpcm: strategia della tensione e macchina delle restrizioni già a pieno regime

Neppure l’inizio dell’inverno si è atteso. Sono stati appena chiusi gli ultimi ombrelloni, in molte parti d’Italia fa ancora caldo ma la girandola delle nuove restrizioni alle nostre libertà personali è già ripartita. Con l’alibi dell’aumento dei contagi, scontato dal momento che si fanno tantissimi più tamponi da quando sono riaperte le scuole, ci si impone l’uso della mascherina all’aperto, il divieto di assembramenti (chi stabilisce quando è assembramento?) e si torna a ipotizzare la presenza dell’esercito nelle strade. Per Dpcm, cioè con un atto amministrativo, non di legge, si manderebbe l’esercito a far rispettare le misure anti-Covid… Riuscite ad immaginare cosa accadrà quando cominceranno le influenze vere e proprie?
In questo scenario, pochi giorni fa, mi ha colpito la notizia, riportata da tutti i tg nazionali, del rapporto di Legambiente sull’inquinamento. Cosa dice, fra le altre cose, Legambiente, senza che nessuno la smentisca? Che in Italia, udite udite, lo scorso anno sono morte 60 mila persone per malattie causate dall’inquinamento. Sessantamila, cioè quasi il doppio dei 36 mila morti ufficialmente per coronavirus. Allora mi chiedo, uno Stato che ci vuole così bene, che si preoccupa tanto della nostra salute da metterci agli arresti domiciliari e da imporre la chiusura e la rovina di tante attività economiche, perché di fronte alla notizia dell’inquinamento killer non fa lo stesso? Le malattie causate dall’inquinamento atmosferico le si prendono semplicemente andando in giro, respirando l’aria e lavorando in posti insalubri. Perché allora, per salvare questi 60 mila italiani, non blocchiamo la circolazione delle auto, non chiudiamo le industrie e non costringiamo a casa almeno tutti quei cittadini che vivono in zone particolarmente inquinate? Forse ci sono malattie di serie A ed altre di serie B, forse alcune sono più funzionali alla presa dei pieni poteri ed altre no?
Altro dato ufficiale comunicato da tutte le televisioni pubbliche a maggio del 2019, attraverso un rapporto di OsservaSalute: ogni anno (si badi bene ogni anno e non solo quando c’è un’eccezionale pandemia) muoiono circa 49 mila italiani per malattie infettive contratte negli ospedali. Quindi è conclamato che chi va in ospedale rischia seriamente di morire perché lì viene contagiato da batteri e virus di vario genere. Ma di fronte ad una notizia di questo genere, un governo che non dorme la notte per studiare le misure che non facciano ammalare neppure un italiano di Covid, perché non corre ai ripari cambiando radicalmente la vita e la gestione degli ospedali? Perché la notizia che le malattie infettive prese nei nostri nosocomi uccidono ben più del coronavirus non provoca una pioggia di Dpcm tesi a salvarci? Perché non c’è un angosciante bollettino di conteggio giornaliero di questi italiani che si ammalano per queste cause, così da far aumentare l’ansia e la paura della popolazione? E ancora, i 109 mila morti l’anno di inquinamento e malattie infettive ospedaliere perché non intasano i reparti e le terapie intensive? Muoiono tutti di colpo senza che prima vi sia un decorso ed un aggravamento delle condizioni di salute?
A questo proposito, tornano utili le dichiarazioni odierne di De Luca, il presidente della Campania con il lanciafiamme. De Luca si lamenta perché sostiene che i reparti degli ospedali campani sono al limite del collasso causa i tanti ricoverati asintomatici di coronavirus, e proprio per questo lo stravotato sceriffo De Luca propone i “Covid Resort”. Spiega l’ineffabile governatore: “Non si tratta di alberghi a 5 stelle ma palazzine da 200 stanze che impiegheremo totalmente ad accogliere pazienti asintomatici che, anziché stare negli ospedali ad occupare centinaia di posti come fanno ora, possono stare lì a passare queste due settimane di isolamento”. Cominciate a capire perché qualcuno parla di dittatura sanitaria? Prima si intasano gli ospedali, in modo demenziale, di gente sana o con piccoli sintomi e poi si grida all’emergenza e si propone di rinchiuderli in queste palazzine. È chiaro che il virgolettato di cui sopra non si riferisce a dichiarazioni del dottor Goebbels negli anni ’30 del secolo scorso, ma all’appena supervotato De Luca? Siamo o no dentro un delirio collettivo di cui abbiamo perso i contorni della gravità?
Sia chiaro, il coronavirus esiste ed è una malattia che, selettivamente, può colpire a morte la popolazione molto anziana e alcune persone con patologie gravi pregresse. Le persone sane e giovani decedute sono pochissime eccezioni, sebbene strombazzate abbondantemente sui media. Questo è ciò che incontrovertibilmente emerge dai dati ufficiali. Emerge anche altro però dalle dichiarazioni del presidente della Regione Veneto, che è tutt’altro che un negazionista. Luca Zaia, nel corso della conferenza stampa del 27 agosto 2020, fa il punto della situazione sul Covid e spiega cosa avviene nei pazienti che entrano in ospedale per altre patologie, ma risultano poi positivi al tampone. La procedura prevede infatti che il paziente venga considerato malato di Covid e per tale ragione venga conteggiato tra i positivi, ed eventualmente fra i morti, della giornata di riferimento. Il governatore della Regione Veneto ha infatti spiegato che il primo step, quando si ha un paziente, è distinguere tra paziente positivo e negativo. Nel caso in cui il paziente risulti positivo, spiega Zaia, diventa un paziente Covid: “In Italia si decide che un paziente in ospedale positivo diventa paziente Covid, poi magari è lì per altre patologie […] Il timbro di fabbrica te lo dà la positività”. Zaia spiega quindi come non si prenda in esame il motivo del ricovero, elemento che porta poi ad avere un problema per quel che riguarda il conteggio delle vittime. Nel corso della conferenza stampa Zaia ha infatti spiegato: “Se nell’evoluzione della sua malattia ha negativizzazione, resta comunque un paziente Covid per le statistiche, quindi se perde la vita andrà nella contabilità del paziente Covid che ha perso la vita. È un assurdo, ma oggi si ragiona così”.
Insomma, Luca Zaia spiega che, in base a come si procede in questo momento nel nostro Paese, non viene esaminata con attenzione la cartella clinica e in base a quella si effettuano i conteggi. Se il paziente è positivo e, a causa di complicazione insorte per la patologia per cui è ricoverato perde la vita, anche se diventato negativo nel frattempo, viene comunque considerato come decesso Covid. Ovviamente però ciò accade solo se il paziente rimane in ospedale.
Questa è la verità che emerge da dati e dichiarazioni ufficiali di istituzioni e uomini di governo: il coronavirus è da tenere sotto controllo e va arginato ma vi sono malattie e cause di morte ben più pericolose che vengono totalmente ignorate. La domanda da porsi è: perché? Perché le precauzioni fino al parossismo, all’ossessività e alla distruzione dell’economia e delle nostre relazioni sociali valgono solo per il coronavirus? L’ansia e il terrore, oltre che la propaganda dei media, hanno completamente obnubilato la capacità critica degli italiani su quanto sta avvenendo e sul regime che si sta instaurando. Il sonno della ragione genera mostri…

Davide Rossi, 5 Ott 2020, qui

Già: come vado dicendo ormai da mesi, la mente di un gran numero di italiani è stata soggiogata, ipnotizzata, addormentata, ibernata, resa incapace di pensiero autonomo sotto l’abile direzione del Gran Burattinaio che ha reso un’intera nazione schiava della sua delirante sete di potere assoluto. L’esercito in strada – perché i misfatti di vigili polizia carabinieri finanza guardia costiera e squadre di solerti delatori evidentemente non bastano allo psicopatico criminale che governa la vita finanche intima (ricordate gli “affetti stabili”?) di sessanta milioni di sudditi inermi e impotenti, legati e imbavagliati – unito all’ennesimo prolungamento dello stato di emergenza in assenza della più microscopica emergenza, sarà il sigillo finale del potere assoluto, e l’ultimo chiodo sulla bara della libertà, della costituzione, della democrazia.
E, a proposito dello psicopatico criminale in questione, state a sentire questa:

Tra una modella di Gucci, una copertina della Incontrada e il giochino dei 36 morti in una stanza, vi è saltato all’occhio che Il papa ha un conto “di carità” personale di 20 milioni di euro e che l’avvocato che ha difeso l’affarista dell’attuale scandalo vaticano-londinese nell’affaire Retelit era Giuseppe Conte, che da lì a qualche giorno sarebbe diventato premier?

Quindi dicevamo, ….è bella o brutta la modella di Gucci?

MariaCristina Lani (qui)

Com’era quella storia, un indizio, due indizi, tre indizi…?

barbara

LE PAROLE PER DIRLO

Lei le ha trovate (dura un quarto d’ora ma vale la pena di ascoltarla):

 

E poi, senti senti, già due anni fa qualcuno aveva trovato le parole per parlare del curriculum vitae farlocco del professor Conte, quello che tanto gentile e tanto onesto pare, e rivelare che il suddetto professor Conte Giuseppe afferma che “dall’anno 2008 all’anno 2012 ha soggiornato, ogni estate e per periodi non inferiori a un mese, presso la New York University, per perfezionare e aggiornare suoi studi”, ma l’università in questione dichiara che “A person by this name does not show up in any of our records as either a student or faculty member.” https://www.nytimes.com/2018/05/21/world/europe/italy-government-giuseppe-conte-di-maio.html … Dichiara inoltre, il signor Conte Giuseppe, che ha perfezionato gli studi giuridici a Vienna, all’International Kulturinstitute. C’è però un piccolo problema: una roba con questo nome non esiste. Esiste invece l’Internationales Kulturinstitut, che è una scuola di lingue. Trovate tutto qui.

E, senti senti senti, qualcun altro ha trovato le parole per raccontarci che appena dichiarata l’emergenza il signor Conte Giuseppe ha immediatamente provveduto a procurare per sé e compagni di merenda decine di migliaia di mascherine, comprese le FFP3, decine di ettolitri di gel disinfettante, decine di migliaia di guanti, quasi un migliaio di camici, migliaia di euro di farmaci più uno speciale frigorifero da 2500 euro per conservarli, bombole di ossigeno, defibrillatori e un elettrocardiografo. Mentre medici e infermieri si infettavano a rotta di collo e morivano a centinaia perché privi delle necessarie protezioni (qui trovate tutto in dettaglio). Quindi oltre che incapace, oltre che ciarlatano, oltre che pesantemente responsabile della strage in atto, oltre che golpista, anche accaparratore di beni di prima necessità ai danni della popolazione. Il che, visto che siamo in guerra, dovrebbe comportare la Corte Marziale. E dato che anni fa è stata abrogata la pena di morte anche nella legislazione di guerra, dovrebbe essere condannato all’ergastolo da scontare in una qualche sorta di lavori forzati – veri, non cazzatine all’acqua di rose tipo Berlusconi – per esempio in qualche istituto per anziani non autosufficienti, con un minimo di 12 ore al giorno: negli ospedali ne stanno tuttora facendo da 15 a 18, quindi non mi sembra un carico eccessivo.

E concludo con almeno UNA buona notizia: lui
BoJo guarito
è guarito.

barbara

E SIAMO AL DISASTRO

Grazie all’Europa e grazie al novello Churchill che la Provvidenza ci ha fatto incontrare.

Una Caporetto annunciata a Bruxelles: Conte e Gualtieri hanno perso tempo per obiettivi inutili e irrealistici

Dal decreto liquidità al decreto gassosità: “liquidi” evaporati

Il governo italiano ha mancato tutti gli obiettivi che si era prefissato e che qui, a scanso di equivoci, non abbiamo mai comunque considerato particolarmente desiderabili e certamente nemmeno realistici, perché in conflitto con la dura realtà dei trattati e le inscalfibili e arcinote posizioni della Germania e di altri Paesi del centro e nord Europa. Per altro, obiettivi che ha ritenuto di perseguire senza alcun mandato da parte del Parlamento (quello olandese, per dire, si è espresso due volte prima dell’Eurogruppo), senza nemmeno una discussione parlamentare. Il presidente Conte e il ministro Gualtieri non si sono nemmeno presentati. Lo faranno il giorno prima del Consiglio dei capi di stato e di governo che dovrà ratificare le proposte dell’Eurogruppo, ma è chiaro che il pacchetto è chiuso e solo qualche dettaglio potrà essere ridiscusso o aggiunto. E questo, l’umiliazione del nostro Parlamento, l’emergenza democratica, è forse l’aspetto più amaro della vicenda e più grave della condotta del nostro governo.
Potevate risparmiarvi di trattenere il fiato fino a ieri sera in attesa delle conclusioni dell’Eurogruppo, più volte rinviate questa settimana, leggendo lunedì scorso, 5 giorni fa, l’articolo di Musso per Atlantico dal previdente titolo: “La Caporetto italiana a Bruxelles: da Conte e Gualtieri, a Draghi”, dove veniva spiegato già tutto:
Il governo italiano ha condotto in Europa una trattativa e la ha persa. Cercava una garanzia sul rifinanziamento del debito pubblico. I Paesi del Nord vogliono che alla bisogna provveda il risparmio italiano, che sanno sovrabbondante. La loro vittoria è sancita dalle nuove condizioni di accesso al MES, uguali alle vecchie. Il ministro Gualtieri è di fronte a scelte drastiche e non può a lungo rinviarle. Mario Draghi ha già presentato il manifesto per il dopo-Gualtieri.
E come già lunedì ci sembrava scontato, alla fine è passato il “pacco” franco-tedesco, già concordato nei punti fondamentali da Parigi e Berlino domenica scorsa (nein Mes senza condizionalità, nein Coronabond): Mes, Bei, SURE, questi i tre pilastri, a cui se ne affianca come vedremo un quarto ma ancora tutto da definire e a medio termine. Sul Mes un’unica concessione: linea di credito con l’unica condizione di sostenere “il finanziamento dei costi, diretti e indiretti, sanitari, di cura e prevenzione dovuti alla crisi del Covid-19“. “Afterwards”, dopo l’emergenza, non vere e proprie condizioni, ma un richiamo agli impegni con la Commissione sul Patto di stabilità. Dirette o indirette, comunque dovrà trattarsi di spese di “healthcare, cure and prevention” e relative al Covid-19, non di sostegno all’attività economica per i costi del periodo di lockdown, mentre nella bozza di conclusioni di martedì 7, all’inizio dell’Eurogruppo, c’era almeno il riferimento a “other economic costs” relativi alla crisi. Il testo di ieri sera è quindi addirittura peggiorativo.
Per il supporto all’economia, condizionalità piena, cioè alle condizioni già previste. Riassume così il ministro olandese Hoekstra: “The ESM can provide financial help to countries without conditions for medical expenses. It will also available for economic support, but with conditions. That’s fair and reasonable.” E ci sembra di trovare riscontro nel testo ufficiale.
E gli Eurobond, o Coronabond? Non ci sono, nemmeno di striscio nel testo che ha valore legale. Il contentino sarà che nella lettera ai leader Ue che accompagna le conclusioni dell’Eurogruppo il presidente Mario Centeno spiegherà che alcuni Paesi sono a favore dei Coronabond e altri contrari.
Come dicevamo, c’è un quarto strumento, chiamato Recovery Fund, che però è ancora tutto da definire: servirà per sostenere la ripresa “provvedendo al finanziamento attraverso il budget Ue di programmi volti a riavviare l’economia in linea con le priorità europee e assicurando solidarietà agli stati membri più colpiti”. Più avanti si parla di “innovative financial instruments” ed è molto probabile che oggi leggerete o sentirete da molte parti che in realtà sono proprio questi i sospirati Coronabond.
Come ha spiegato il ministro Hoekstra, si tratta di una formulazione “deliberatamente vaga” così che tutte le parti possano leggerci quello che vogliono e infatti il ministro Gualtieri si è affrettato ieri sera a rivendicare di aver “messo sul tavolo i bond europei”. La realtà è che quello sulla mutualizzazione del debito resta un “dibattito fantasma”.
Il vero dramma è che il premier Conte e il ministro Gualtieri hanno perso tre settimane preziose, forse decisive per salvare la nostra economia, infilandosi in un lacerante negoziato per obiettivi inutili, se non dannosi (Mes), e comunque irrealistici (Coronabond), considerando le red lines storiche degli interlocutori. Una strategia basata sull’illusione che ha caratterizzato tutti i governi di centrosinistra, europeisti, e cioè che un governo percepito come “amico” a Bruxelles, Berlino e Parigi, sarebbe stato ricompensato con la fantomatica “solidarietà” europea. Una visione infantile della politica e del gioco degli interessi nazionali che ha fatto credere per lustri ai nostri eurolirici che si sarebbe potuto derogare dai trattati all’occorrenza e che, prima o poi, la Germania avrebbe fatto cadere il suo tabù sulla condivisione del debito, che invece resiste persino sotto i colpi della pandemia più grave degli ultimi cento anni. Sia chiaro che se Berlino dovesse trovarsi costretta a scegliere tra fine dell’euro e condivisione del debito, sceglierebbe la prima…
Ma basta prendersela con olandesi e tedeschi. L’Olanda fa l’Olanda. La Germania, la Germania. Chi chiede Mes “light” o senza condizioni, chi Eurobond, chi acquisti illimitati della Bce, non ha letto i trattati che abbiamo firmato e non ha capito nulla dell’unione in cui siamo finiti e che fino a ieri celebrava, spacciandola per quello che non è, e non è mai stata. Sui “dibattiti fantasma” l’europeismo nostrano ci ha campato per 20 anni. Ora, capolinea.
Non sembra ci siano le condizioni politiche perché il governo italiano acceda alla linea di credito del Mes, nemmeno nei termini “light” fissati per i costi sanitari dell’emergenza. Voci dal Pd e dai 5 Stelle già assicurano che non hanno intenzione di usarlo (ma allora, ancora più assurdo questo braccio di ferro sulle condizioni). Ora la nuova linea del fronte è rappresentata dagli acquisti dei titoli da parte della Bce dopo il varo del nuovo programma ad hoc per l’emergenza pandemia. Ma siamo proprio sicuri di poterci contare? Saranno illimitati e incondizionati? Anche qui dipenderà dai nostri amici a Berlino, se saranno disposti a chiudere un occhio e per quanto tempo. Sul QE e gli acquisti della Bce è sempre vigile la Corte di Karlsruhe e a Francoforte non ci sono più le spalle larghe di Draghi, ma su questo torneremo presto qui su Atlantico.
Nel frattempo, ad oltre un mese dalle prime misure di contenimento, non è ancora arrivato un euro alle imprese e ai lavoratori, proprio in attesa, o meglio nell’illusione del miracolo a Bruxelles. Il decreto cd liquidità – annunciato lunedì dal premier Conte, come suo solito via proclama video, e pubblicato in GU solo ieri – dovrebbe essere ribattezzato decreto gassosità, vista la completa evaporazione dei “liquidi” tra le parole di lunedì e i testi di ieri.
Il decreto è di fatto senza liquidi, essendo – incredibile ma vero – a saldo zero, mentre poco aggiunge, sulle garanzie alle piccole e medie imprese, alle misure già introdotte nel decreto “Cura Italia”. Si tratta di prestiti bancari – non di indennizzi, che molti altri governi hanno già pagato – tra l’altro nemmeno a tasso zero, come emerge da una circolare di ieri dell’Abi, ma saranno le banche a fissarlo e le imprese dovranno anche versare delle commissioni a Sace per la garanzia.
Per un’analisi più dettagliata vi rimando all’intervento del professor Alberto Dell’Acqua, che ospitiamo oggi, ma la sostanza del decreto è che si chiede alle aziende di indebitarsi – pur essendo soprattutto le piccole e medie già fortemente indebitate – per coprire le perdite dovute ad una chiusura, per quanto legittima e opportuna, decisa comunque dallo Stato per motivi di salute pubblica.
E a quanto pare ci eravamo sbagliati, una “potenza di fuoco” in effetti c’è nel decreto: le tasse da pagare a giugno. Ulteriore beffa, le scadenze fiscali sono rinviate di soli due mesi. Cosa che ha fatto infuriare Carlo Bonomi (Assolombarda): “Se facciamo indebitare le imprese per pagare le tasse vuol dire che non abbiamo capito nulla”.
Il rischio è che il pensiero di moltissimi imprenditori sarà quello di chiudere, quando scopriranno che i “liquidi” del decreto sono i loro soldi, un anticipo (da restituire con gli interessi) di ricavi futuri e incerti. Se non possiamo permetterci ciò che altri governi stanno già facendo per sostenere l’economia, benissimo, lo so dica, vuol dire che non possiamo permetterci di restare chiusi, addirittura fino al 3 maggio, con tutte le conseguenze del caso…
Federico Punzi, 10 Apr 2020, qui.

Poi, volendo, anche al di fuori delle istituzioni, in fatto di Europa ci sarebbe anche questa cosa qui.

Ugo Volli

Poi qualcuno parla ancora di “Unione Europea”
Paola Farina

Si comprende ora perché Israele abbia dato l’incarico del reperimento del materiale sanitario “strategico” al Mossad e non alla protezione civile.

Traduzione dallo svedese.

𝐋𝐀 𝐅𝐑𝐀𝐍𝐂𝐈𝐀 𝐇𝐀 𝐁𝐋𝐎𝐂𝐂𝐀𝐓𝐎 𝐋𝐀 𝐅𝐎𝐑𝐍𝐈𝐓𝐔𝐑𝐀 𝐃𝐈 𝟓 𝐌𝐈𝐋𝐈𝐎𝐍𝐈 𝐃𝐈 𝐌𝐀𝐒𝐂𝐇𝐄𝐑𝐈𝐍𝐄 𝐏𝐑𝐎𝐃𝐎𝐓𝐓𝐄 𝐃𝐀𝐋𝐋’𝐀𝐙𝐈𝐄𝐍𝐃𝐀 𝐒𝐕𝐄𝐃𝐄𝐒𝐄 𝐌𝐎𝐍𝐋𝐘𝐂𝐊𝐄 𝐄 𝐃𝐄𝐒𝐓𝐈𝐍𝐀𝐓𝐄 𝐀𝐋𝐋𝐀 𝐒𝐏𝐀𝐆𝐍𝐀 𝐄 𝐀𝐋𝐋’𝐈𝐓𝐀𝐋𝐈𝐀

Pubblicato venerdì 3 aprile alle 05:43 da Sverigesradio:

Nuove tensioni all’interno dell’UE causate dalla mancanza di un coordinamento sulle forniture ospedaliere che ha posto le nazioni una in competizione con l’altra
Molnlycke (azienda svedese di forniture medicali) si è lamentata con il governo svedese chiedendo di esercitare pressioni sulla Francia poiché 5 milioni di mascherine destinate a Spagna e Italia sono tutt’ora bloccate in questo Paese dal 5 marzo, a causa del sequestro di 6 milioni di maschere e ancora non si sa nulla.
Secondo l’opinione di Richard Twomey CEO dell’azienda sanitaria svedese Mölnlycke in una intervista alla stampa, la sua azienda sta avendo grossi problemi nella distribuzione di milioni di maschere e guanti di gomma in Italia e Spagna. Il problema è iniziato dal momento in cui la Francia ha emesso un decreto che blocca l’esportazione dei prodotti sanitari e non possono più utilizzare il loro magazzino principale a Lione (la produzione è in Cina e distribuiscono tramite tre magazzini principali nell’UE) per distribuire maschere in Italia.
“È estremamente inquietante. Nulla di ciò che inviamo ad altri paesi, in transito attraverso la Francia, può essere spedito fuori dal Paese”
L’azione francese ha drasticamente ostacolato la possibilità di fornire maschere per il viso, guanti protettivi e altre attrezzature usa e getta agli ospedali dell’Europa meridionale. “In futuro, la spedizione delle merci dalle nostre fabbriche in Cina destinate alla Spagna o all’Italia, dovranno ora essere spedite in Belgio e da lì via aerea, oppure via camion aggirando la Francia”
Un altro problema è che la forza lavoro non può più muoversi liberamente oltre i confini. La Polonia ha chiuso il confine con la Repubblica Ceca.
Richard Twomey afferma che metà della forza lavoro nella Repubblica Ceca attraversa quotidianamente il confine dalla Polonia. Quando i lavoratori non riescono più a lavorare, la produzione di attrezzature mediche destinate a essere utilizzate anche in Svezia, viene così interrotta.
“Ma quando adesso diversi Paesi dell’UE guardano principalmente al proprio orto, durante una crisi infuocata come questa, rischiano di mettere a rischio la vita di altri”.
Anders Wennersten
anders.wennersten@sverigesradio.se

E infine la ciliegina sulla torta, con fiocchi di panna e riccioli di cioccolata. Buon divertimento.

Poi la cosa più sconvolgente è leggere in giro “Lo avete visto?! Avete visto come ha asfaltato Salvini e la Meloni?!?! Ma quanto ho goduto!!” Già, perché il principale compito di un governo, specialmente nell’ora più buia eccetera, con un virus che impazza e uccide, le strutture sanitarie al collasso, sessanta milioni di persone agli arresti domiciliari e l’economia a un passo dalla catastrofe, è asfaltare due membri dell’opposizione. Complimenti vivissimi per il senso civico.

barbara