PRATICAMENTE UNA VIA CRUCIS:

Prima Stazione:
Gesù è condannato a morte.

Seconda Stazione:
Gesù è caricato della Croce

Terza Stazione:
La prima caduta.

Eccetera

I “12 giorni di crisi” di Joe Biden

I “12 giorni di crisi” di Joe Biden: dai prezzi in aumento alle carenze nella catena di approvvigionamento, dalla crisi dei migranti al catastrofico ritiro dall’Afghanistan. Tutto questo è successo in meno di un anno con Joe Biden nello Studio Ovale. Il Partito Repubblicano ha pubblicato una serie di video intitolata i “12 giorni di crisi” per mettere in luce questi eventi.

Mentre Joe Biden e la sua amministrazione vantano quelli che dicono essere i loro “successi”, mentre si profila la fine del primo anno di mandato, le parole di Jen Psaki ed altri non corrispondono alla realtà vissuta dagli Americani in tutta la nazione.
Per evidenziare l’ampiezza dei problemi causati dalle politiche di Biden, il RNC ha rilasciato una serie di video intitolata i “12 giorni di crisi” di Biden durante il periodo di Natale al fine di evidenziare il dolore provato dagli Americani. “Crisibugie e fallimenti sono i tratti distintivi della presidenza di Biden“, ha notato la presidente del RNC Ronna McDaniel. “In meno di un anno sotto la guida di Joe Biden, c’è stato un ritiro catastrofico dall’Afghanistan, un aumento storico dei prezzi ed una crisi al confine coi migranti”. Ed è qui che iniziano i “12 giorni di crisi di Biden” – come delineato dal primo video pubblicato dal RNC – che sono stati tutti riportati da Townhall.com quest’anno.

Nel primo giorno di crisi Joe Biden ci ha regalato una crisi migratoria al confine meridionale.

Julio Rosas di Townhall ha riferito ampiamente le notizie provenienti dal confine tra Stati Uniti e Messico a Del Rio, in Texas e a Yuma, in Arizona – e anche da diverse località intermedie – mostrando la mancanza di azione dell’amministrazione Biden nell’arginare i numeri record degli attraversamenti illegali del confine, della politica degli “arresti e rilasci”, oltre all’aumento delle operazioni di contrabbando di persone e droghe. Quando Julio ha affrontato il segretario del DHS di Biden sulla situazione, Alejandro Mayorkas non ha ancora voluto definire la situazione al confine meridionale dell’America come una “crisi”. Biden continua a sostenere che il confine sia chiuso, ma i rapporti di giornalisti come Julio dimostrano che è solo una delle tante crisi non risolte di Biden.

Nel secondo giorno di crisi Joe Biden ci ha regalato un disastroso ritiro dall’Afghanistan.

Townhall aveva guidato la carica avvertendo i suoi lettori che ciò che Joe Biden diceva stesse accadendo in Afghanistan fosse poco più che una “pia illusione“. Mentre la Casa Bianca sosteneva che non ci fosse alcuna evacuazione dei diplomatici in corso a Kabul, Townhall ha riferito che il personale dell’ambasciata stava distruggendo i documenti e i computer. Quando Biden ha affermato che la potenziale caduta del governo afgano in mano ai Talebani era tutt’altro che certa, Townhall ha detto la verità per cui Biden sicuramente lo sapeva ma non lo voleva ammettere. Aveva anche avvertito che il ritiro di Biden dall’Afghanistan stava preparando il terreno alla più grande crisi degli ostaggi nella storia degli Stati Uniti, e quando Biden e la sua amministrazione hanno mentito su quanti Americani erano stati lasciati indietro, ha continuato a raccontare le storie di coloro che Biden ha abbandonato lì. In seguito all’attacco dei droni a Kabul che i funzionari della difesa di Biden avevano definito “un azione corretta”, Townhall aveva avvertito che invece sarebbe potuta essere una azione mal riuscita. E così è stato.

Nel terzo giorno di crisi, Joe Biden ha regalato dei prezzi della benzina alle stelle per ogni americano.”

Il dolore provato dagli Americani alle pompe di benzina è qualcosa che Biden ha ignorato, e la sua presunta soluzione di attingere alla Strategic Petroleum Reserve americana destinata ad essere usata in emergenze come disastri naturali od interruzioni causate da aggressioni militari straniere non ha fatto quasi nulla per aiutare il popolo americano. A peggiorare le cose, Biden ha trascorso il suo primo anno in carica trasformando gli Stati Uniti da un paese energeticamente indipendente ad uno dipendente dalle forniture estere. Uno dei suoi primi atti dopo il giuramento è stato quello di uccidere il progetto dei Keystone Pipeline, solo uno dei tanti atti del suo piano per rendere i combustibili fossili più costosi in modo che improvvisamente l’energia “verde” – meno affidabile – sembri attraente.

Il quarto giorno di crisi, Joe Biden ci ha regalato un obbligo incostituzionale alla vaccinazione.

Dopo aver detto che non avrebbe emesso un obbligo federale alla vaccinazione, Joe Biden – un po’ prevedibilmente – si è rimangiato la parola ed ha imposto tale obbligo ai dipendenti federali, agli appaltatori federali e a decine di milioni di Americani che lavorano per le aziende private. Il suo obbligo si è palesato come un estremo tentativo di distrarre l’opinione pubblica dal suo disastroso ritiro dall’Afghanistan, ed è stato messo insieme così a casaccio che ha rapidamente incontrato le cause legali dei procuratori generali degli stati e delle aziende che volevano combattere per la libertà di scelta in campo sanitario dei loro dipendenti. E, dopo che molte aziende hanno implementato comunque l’obbligo di Biden, un numero sempre più crescente ha anche deciso di non applicare l’obbligo, compresa la sua amata Amtrak (l’azienda federale che gestisce il trasporto ferroviario, n.d.r.).

Il quinto giorno di crisi, Joe Biden ha regalato agli Americani un’impennata di tasse e spese sconsiderate.”

Non importa quante volte Biden, Psaki, Schumer e Pelosi abbiano sostenuto che il costo del budget di Biden per il Build Back Better fosse di “zero dollari“, semplicemente non è vero. Come Townhall ha riportato, il Congressional Budget Office – che Biden ha sempre usato per lodarsi fino a quando non gli è servito più per il suo scopo – ha confermato ciò chela testata aveva riportato per mesi: Build Back Better è in realtà un piano per rendere l’economia americana ancora peggiore.

Nel sesto giorno di crisi, Joe Biden ha posto i genitori e gli studenti per ultimi.

Non c’è bisogno di guardare oltre i rapporti di Joe Biden con i sindacati degli insegnanti per vedere che non dà valore agli studenti ed alle loro famiglie. Chiusura delle scuole e didattica a distanza? Nessun problema per il Joe Biden. Obblighi di indossare le mascherine anche ai bambini piccoli? Secondo Biden è necessario. Terry McAuliffe pensa che i genitori non dovrebbero avere alcun ruolo nell’educazione dei loro figli? Piena approvazione anche da parte di Biden. E non dimenticate che il Dipartimento di Giustizia di Biden ha preso l’esempio fatto dalla National School Boards Association ed ha diretto l’FBI contro i genitori che stavano solamente parlando e chiedendo risposte ai loro consigli scolastici.

Il settimo giorno di crisi, Joe Biden si è concesso un’altra vacanza nel Delaware.

Non era un segreto quando è entrato alla Casa Bianca che Joe Biden amasse il Delaware. Quasi più di quanto ami i coni gelato e i treni dell’Amtrak. Quello che gli Americani forse non avevano messo in conto era quanto tempo avrebbe trascorso lì, anche nel bel mezzo di alcune delle molteplici crisi che ha causato. Forse la più importante è stato il suo pasticciato ritiro dall’Afghanistan, durante il quale Joe Biden sarebbe tornato alla Casa Bianca dalla spiaggia del Delaware per tenere un discorso e poi subito dopo sarebbe risalito sull’elicottero presidenziale Marine One per tornarsene nel Delaware.

Nell’ottavo giorno di crisi, Joe Biden ha regalato a tutti gli Americani dei prezzi in aumento.

Sembra che ogni mese porti un nuovo record di inflazione con Joe Biden alla Casa Bianca. All’inizio, ha detto che sarebbe stato un fenomeno “transitorio”, poi i membri della sua stessa amministrazione hanno smontato quella teoria, ma Biden ancora non sta prendendo alcuna azione per alleviare la pressioneI prezzi di praticamente ogni genere di bene, dai carburanti alla spesa alle bollette, continuano a salire. E mentre Biden continua a cercare di propagandare la crescita dei salari come “prova” che la sua politica economica stia aiutando gli Americani, trascura convenientemente di menzionare che l’inflazione ha spazzato via ogni maggior guadagno nei salari. Infatti, in mesi come ottobre, l’impatto dell’agenda economica di Biden ha comportato che gli Americani hanno effettivamente visto i loro salari reali diminuire dello 0,5%.

Nel nono giorno di crisi, Joe Biden ha creato una crisi della catena di approvvigionamento a livello nazionale.

Il periodo degli acquisti di Natale non è trascorso senza incidenti di percorso per gli Americani, alcuni dei quali stanno ancora aspettando un pacco trasportato su una nave proveniente dall’Asia, che potrebbe ancora stare flottando in rada nelle navi porta container nei porti di Long Beach e di Los Angeles, o fermo in qualche container in attesa di trasporto. La scarsità di beni ha causato dei razionamenti per certi articoli anche per il pasto del Ringraziamento nelle catene dei supermercati ed alimentari, e secondo la dichiarazione di Joe Biden all’inizio della stagione delle vacanze, Babbo Natale era l’unico che potesse garantire che l’albero sarebbe stato circondato dai regali la mattina di Natale.

Nel decimo giorno di crisi, Joe Biden ha messo la Cina al primo posto.”

Le questioni con la Cina, una delle prime incursioni di Biden in politica estera, sono andate male fin dall’inizio. Nonostante la promulgazione dell’Uyghur Forced Labor Prevention Act in legge, l’amministrazione Biden è stata esitante nel sostenere tale legislazione ed i rapporti hanno suggerito che la Casa Bianca stesse sollecitando addirittura un ritardo nell’approvazione della legge. E non dimenticate quanto spesso Biden e la sua amministrazione abbiano respinto le preoccupazioni circa il ruolo della Cina nello scoppio della pandemia del Coronavirus di Wuhan.

Nell’undicesimo giorno di crisi, Joe Biden non ha fatto nulla per affrontare gli aumenti della criminalità in tutto il paese.

Nel caso non ci fossero già abbastanza dati per dimostrare che l’America stia diventando meno sicura con Joe Biden, il furto d’auto a mano armata di questa settimana ai danni di un senatore statale dell’Illinois e di un membro della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti dovrebbero mandare un messaggio forte a Biden ed agli altri Democratici su come la loro agenda del “Defund-The-Police” stia mettendo in pericolo vite in tutto il paese. Omicidi, furti d’auto, rapine ed altri crimini continuano a macinare record mai visti da decenni, ma ancora una volta Biden non vuole agire.

Nel dodicesimo giorno di crisi, l’indice di approvazione di Joe Biden crolla sempre più in basso dopo ogni crisi.

Quindi Sìci sono un sacco di mali causati dall’amministrazione Biden, ma all’interno di questo c’è un filo conduttore che emerge per i Repubblicani in vista delle elezioni di metà mandato: Il calo del favore di Biden significa che le fortune del GOP stanno aumentando nel momento in cui gli elettori in tutto il paese avranno – molti per la prima volta dal 2020 – la possibilità di registrare la loro opinione su Joe Biden nelle urne. Le cose sono andate così male che la Casa Bianca sta ora correndo freneticamente ai ripari parlando dei nuovi animali domestici di Biden nel tentativo di cambiare la narrazione.

Guardando all’anno a venire, la presidente del RNC Ronna McDaniel si è impegnata a “continuare a ritenere Biden e i Democratici responsabili delle loro politiche fallimentari e del rifiuto di assumersene ogni responsabilità” ed ha previsto che “gli elettori rifiuteranno sonoramente Biden ed i suoi fallimenti, e noi non vediamo l’ora di riprenderci la Camera e il Senato nel 2022“.

Guarda la serie “12 giorni di crisi” del RNC qui sotto:

Qui.

Con la piccola differenza che qui stiamo parlando di un criminale, sotto molti punti di vista, e in particolare pedofilo.

barbara

SALVINI ERA IL MALE ASSOLUTO

Ma poi per fortuna il suo posto è stato preso da una signora per bene, e adesso finalmente viviamo nel migliore dei mondi possibili.

Scandalo Lamorgese: “Poteva capitare ovunque”, la ministra Pilato se ne lava le mani

Ne ha accoltellati cinque, tra cui un bambino alla gola, siccome pretendeva di viaggiare senza biglietto. Era pericoloso, segnalato dalle polizie di tutta Europa, ce l’avevamo noi, arrivato da qualche mese in fama di rifugiato somalo. Balordo, fatto, con addosso coltelli e forbici. L’hanno messo dentro e ovviamente ha cominciato a dar di matto, a dire che sente le voci e l’avvocato ha chiesto l’immancabile perizia psichiatrica. Troveranno un modo per definirlo disturbato, spaventato, vittima del capitalismo globalista, del razzismo sovranista, lo manderanno da qualche prete manager, in breve sarà ancora libero.
È solo l’ennesimo di una serie infinita, ormai questi “martiri” del mondo hanno capito due cose: la prima è che l’Italia li mantiene, la seconda è che non li punisce, anzi più delinquono e più li esaltano. Qualunquista dirlo? No, è l’unica realtà dei fatti e si ripete ogni giorno: mentre il somalo cercava la sua strage, su un treno uno del Mali prendeva a testate il controllore che gli chiedeva il biglietto, poi si scagliava contro i passeggeri. Abbiamo un ministro di polizia che prima esprime rammarico, vicinanza alla famiglia, poi con una scrollata di spalle: “Cose che succedono, poteva capitare ovunque”. Ma è capitato qui, e lei ne ha la responsabilità oggettiva.
Chi è questa Lamorgese che non sa arginare nessuna invasione, si tratti di clandestini o di parassiti da rave party? È una che, da prefetto a Milano, ha lasciato ridurre la metropoli a una Babele invivibile e in premio l’hanno fatta ministro, secondo le logiche degli equilibri politici, delle lottizzazioni in nome della democrazia. Dice di lei il presidente Draghi: è un ottimo ministro, fa il meglio del meglio, la proteggo io. I risultati si vedono, non solo o non tanto sul piano operativo, amministrativo, quanto su quello umano: poteva succedere in ogni luogo, in ogni momento, a chiunque. Così la ministra Pilato se ne lava le mani, con fastidio al limite del disprezzo. Ma se il bambino pugnalato alla gola fosse morto, cosa mai direbbe? Che è colpa di chi l’ha preceduta? Del liberismo? Del Covid? O di non farla tanto lunga, che son cose che capitano?
La Verità sta portando avanti una campagna per farla dimettere, meritoria, doverosa campagna perché Lamorgese semplicemente non è in grado di fare il ministro, men che meno di polizia (e la situazione di Milano dimostra che nemmeno il prefetto): sono i risultati a condannarla, è la situazione fuori controllo, sono i crimini regolari, quotidiani, è il suo disinteresse esibito come da un’aliena, una che considera suo mestiere mandare le guardie a mazzolare gli insofferenti al lasciapassare, ma lasciar correre tutto il resto.
La sua copertura ai diecimila del rave nel Viterbese è stata scandalosa, la sua latitanza sui clandestini vergognosa, il suo disprezzo per le conseguenze, per le vittime parla da solo. Eppure nessuno la tocca. I media la sostengono, il premier la blinda, il capo dello Stato, così solerte quando al Viminale c’era Salvini, non fiata, il Pd ovviamente ringhia contro chiunque ne sindachi l’operato. Una così dovrebbe tutelarci dalla risorgenza del terrorismo islamista di matrice afghana? Che i nostri Servizi ci proteggano, ma dovesse succedere il peggio, sarà anche per l’inconsistenza di un prefetto fallimentare, messo nel posto sbagliato e lasciato ad onta della sua inettitudine. Sarà responsabilità condivisa, e non perdonabile.
Max Del Papa,15 Set 2021, qui.

Già, Speranza lo protegge Draghi, Lamorgese la protegge Draghi, Di Maio lo protegge Draghi, la Costituzione la protegge Mattarella e noi ci becchiamo questo

con l’aggiunta dell’impunità garantita per chi delinque, non importa quanto grave sia il crimine. Ma l’importante è avere tolto il telecomando all’orco Salvini, mangiatore di bambini e affossator di clandestini, per omnia saecula saeculorum. Se poi ci scappa il ferito o anche il morto pazienza, sono cose che capitano. E poi mica sono parenti suoi.

barbara

PROSEGUO CON LA CARRELLATA DI DELIRI

HORRESCO REFERENS.

Cito da “EX” , rivista degli emofilici e talassemici di Ravenna.
Numero del 4 maggio 2020.
Presso il centro emofilia e trombosi” A. Bianchi-Bonomi” di Milano svolge la sua attività la Dottoressa XXX, fisioterapista, OSTEOPATA e POSTUROLOGA.
La Dottoressa XXX si occupa della riabilitazione di tutti i pazienti emofilici con un trattamento riabilitativo\OSTEOPATICO adeguato.
Res ipsa loquitur. (Commento lasciato qui)

Trattamento osteopatico per l’emofilia. Poi si lamentano se qualche medico li tratta da ignoranti. Di osteopatia avevo già parlato qui. E a proposito di ciarlatanerie può essere utile questa cosa qui
fuffa
Tornando ai nostri temi consueti:
islam schiavista
Come mai nessuno dice che i più grandi schiavisti di neri sono stati i Musulmani?

Si crede che la schiavitù nei confronti delle popolazioni di colore sia stata soprattutto opera degli Occidentali. Non si parla degli Islamici, eppure questi dal VII secolo (quando è nato l’Islam) fino al XX secolo sono stati autori della schiavitù di circa 20 milioni di neri. Un motivo? Il Corano legittima la schiavitù!
A riguardo abbiamo selezionato un interessante articolo (“L’Islam e la tratta degli schiavi neri”) di Marco Di Matteo, pubblicato su “Il Timone”
Tra le tante menzogne storiografiche c’è la convinzione che la tratta degli schiavi rappresenti una pagina nera della storia umana da addebitare solo all’Occidente cristiano, mentre le comunità musulmane sarebbero state immuni da discriminazioni e pregiudizi razziali. [Anzi, di discriminazioni e pregiudizi si spacciano per vittime, ndb]
In realtà, come riconosce lo storico francese Pétré-Grenouilleau, «ci sono tanti esempi, sparsi nel tempo e nello spazio, che ci indicano come la presenza di schiavi non fosse di minore importanza nel mondo musulmano». Anzi, ribadisce l’economista belga Paul Bairoch, «rispetto al commercio di schiavi neri organizzato dagli Europei, il commercio di schiavi del mondo musulmano è iniziato prima, è durato più a lungo e, cosa più importante, ha colpito un numero maggiore di schiavi». D’altra parte il Corano legittima la schiavitù dei non musulmani (cfr. box). (continua)

E non solo gli schiavi neri sfruttati dai musulmani sono stati molti di più di quelli sfruttati dai bianchi, non solo quelli sfruttati dai bianchi venivano venduti loro dai musulmani, frutto di razzie condotte in parte personalmente da loro, in parte dai capitribù neri che poi li vendevano loro, ma va aggiunto che gli schiavi bianchi, sempre catturati e sfruttati dai musulmani, arabi o turchi, sono stati decisamente più numerosi di quelli neri (qui)

E poi guardate un po’ questa foto incredibile: esistono profughi senza smartphone di ultima generazione, senza magliette firmate, senza berrettini all’ultima moda! E niente ammucchiate di trentenni palestrati bensì mucchi di vecchi, donne, bambini.
profughi cristiani
Il perché di questa bizzarra anomalia ce lo spiega

Lorenzo Capellini Mion

Alla fine della preghiera serale in una moschea nella zona est di Al-Jerif, sulla sponda orientale del fiume Nilo Blu, gli imam hanno chiesto agli abitanti di cacciare i cristiani provenienti dal Sudan del Sud dalla “zona musulmana”.
Una fonte che ha richiesto l’anonimato ha raccontato tutto al Morning Star News.
Gli attacchi ai cristiani della zona sono arrivati a partire dalla sera stessa.
Così in un attacco Omdurman a ovest di Khartum, gruppi di giovani musulmani gridando lo slogan jihadista Allahu Akbar hanno pugnalato a morte un cristiano per strada e ne hanno ferito altri quattro.
Uno dei feriti versa in condizioni gravissime mentre il martirizzato si chiamava Mariel Bang aveva 35 anni e lascia la moglie e quattro figli di età compresa tra 1 e 4 anni.
In seguito sono state attaccate e ferite altre 3 donne.
“Bruceremo questo posto”, ha detto uno degli assalitori.
Intanto a Khartoum venivano attaccati altri cristiani, uno dei quali è in condizioni critiche dopo aver riportato ferite alla testa.
I musulmani che considerano l’area territorio Islamico e non accettano i rifugiati sud sudanesi vogliono cacciarli con la forza.
E sono i leader delle moschee ad incitare la folla chiamando alla guerra santa contro i sud sudanesi indicandoli come infedeli, criminali e produttori di alcolici.
Il giorno successivo, il 20 giugno, un altro gruppo di giovani musulmani ha dato fuoco a 16 tende di un campo dove vivevano i rifugiati nell’area di Al-Jerif East costringendo decine di poveri cristi ad una nuova fuga.
Nell’attacco sono rimasti feriti 10 cattolici sudanesi tra cui donne, giovani e vecchi.
Una donna cattolica rimasta ferita, di nome Achoul Deng, ha affermato che gli uomini musulmani hanno molestano sessualmente tutte le donne cristiane della zona.
“Questo problema ci disturba e non è accettabile ma cosa possiamo fare, mio Dio?”
In seguito gli attaccanti si sono autoproclamati come i Comitati di resistenza di Al-Jerif East (Hai-Gerief Shriq) attraverso i social media hanno rivendicato gli attacchi e i roghi ai campi dei rifugiati sud sudanesi. Nella loro dichiarazione di Facebook, criticano la polizia per non aver arrestato i cristiani per il crimine di essere cristiani.
Niente inchini per questi neri figli di un Dio minore, il razzismo deve essere declinato a senso unico ma ce accorgeremo presto, quando tutti vedranno e sarà tardi per tutto.

“Sarà”? Io ho l’impressione che sia già tardi per tutto. Convinzione che si rafforza ulteriormente con quello che arriva adesso:

Fulvio Del Deo

Gli vomiterei in faccia, a queste facce di culo. Le stesse che non battono ciglio per i ragazzini impiccati dal regime iraniano, che se ne fottono altamente delle ragazze cristiane violentate e uccise dai musulmani in Nigeria, che non muovono un dito contro la mattanza di omosessuali in Cecenia e in tutto il mondo avvelenato da maometto, che trovano usanze pittoresche da rispettare gli scafandri imposti alle donne somale, infibulate come Aisha, la moglie di 6 anni del pedofilo fondatore dell’islam.

Ed eccoli qui, ammirateli in tutta la loro bellezza:
so sorry
Qualcuno recentemente ha ipotizzato che si arriverà alle processioni di flagellanti: tranquilli, ci stiamo avvicinando a grandi passi. E qualcuno, a proposito dell’islam e delle sue nefandezze, tirato proditoriamente in ballo in tutta la faccenda, giustamente prende posizione
arcangelo gabriele
Poi abbiamo un episodio di censura per pornografia, e in effetti, per quanto la censura ci dispiaccia, dobbiamo riconoscere che qui la pornografia è VERAMENTE pesante:
FB paleolitico
Che altro? Ah sì, Gesù. Come sapete, è stato proposto di eliminare tutte le immagini di Gesù, che l’iconografia raffigura razzisticamente bianco. Quindi se fosse raffigurato nero andrebbe bene? Ehm… ecco…
madonna nera
E sempre in tema di razzismo e discriminazione:
polizia sessista
E ora una domanda: voi che mi state leggendo siete per caso di razza bianca? (Sì lo so, le razze non esistono, ma quella bianca è comunque una razza inferiore) Ebbene, in tal caso sappiate che le vostre vite non valgono più della merda di cane che vi capita occasionalmente di pestare, sentenza legittimata e garantita dall’università di Cambridge:
whitness
E concludo con questo pezzo dedicato a tutti quelli che “non respirano” in nome di George Floyd.

“Io non respiro.”

Ermanno, Alessandro e Daniele non respirano più, sono stati massacrati da Kabobo (Ghana) a picconate.

Vincenzo e Mercedes non respirano più: uccisi da Kamara (Costa d’Avorio): Vincenzo morì sgozzato, Mercedes violentata e poi lanciata dal balcone.

Pamela non respira più, drogata, violentata e fatta a pezzi da Oseghale (Nigeria).

Desiree non respira più, violentata e uccisa da Chima, Gara, Salia e Minthe (Senegal e Nigeria).

Stefano non respira più, sgozzato alle spalle da Said (Marocco), era invidioso del suo sorriso.

Pierluigi e Matteo non respirano più, uccisi da Alejandro (Repubblica Domenicana).

Ulderico non respira più, ucciso a mani nude da Idimudia (Nigeria).

Potremmo andare avanti per giorni a ricordare i Nostri connazionali trucidati.
Senza contare stupri, rapine e spaccio, altrimenti ci vorrebbe un anno.
Loro non respirano più, per colpa di chi in questi anni ha favorito l’ingresso clandestino in Italia di numerosi criminali.
Molti di quelli che si sono inginocchiati portano sulle spalle queste atroci morti.
Ma la cosa che ci inorridisce di più è che non ne sentono il peso, fanno finta di nulla, per Loro questo continuo massacro è del “tutto normale”. Per Loro l’invasione indiscriminata deve continuare ad ogni costo.
Maledetti ipocriti. Corrotti nel DNA.
Leonardo Santi, qui.

Bene, ora, almeno per il momento, mi fermo davvero. La tortura è finita, andate in pace.

barbara

IN MEMORIA DELLE VITTIME DELL’IMMIGRAZIONE

PG Molinari

Oggi è la giornata in cui si ricordano le vittime dell’immigrazione. Giusto. Ricordiamo quindi: Alessandro Carolè (40 anni), Daniele Carella (21 anni) ed Ermanno Masini (64 anni) uccisi a picconate a Milano; Pamela Mastropietro (18 anni), stuprata, uccisa, e poi lasciata a pezzi in due trolley a bordo strada; Desirée Piovanelli (17 anni) drogata e uccisa (poi violentata anche da morta) nel bresciano; Ulderico Esposito (52 anni), tabaccaio napoletano ucciso a pugni in metropolitana; Maurizio Gugliotta (51 anni), sgozzato a Torino; Vincenzo Solano (68 anni) e sua moglie Mercedes Ibanez (70) coniugi, uccisi in casa propria a Palagonia (lei anche stuprata e poi gettata dal balcone); l’anonima turista polacca malmenata e stuprata a Rimini con tanta violenza da costringere i medici ad asportarle l’utero; il controllore dell’ATM al quale è stato quasi staccato un braccio a colpi di machete e i controllori ferroviari presi a pugni e calci quotidianamente; le anonime donne prese a pugni in faccia nei sottopassi ad Arezzo e Lecco; gli anonimi agenti di polizia e militari accoltellati, morsicati, malmenati ogni giorno; le svariate migliaia di donne di colore schiavizzate, seviziate e costrette a prostituirsi da connazionali, ecc. ecc.

Che a me sembrano gli unici meritevoli di essere ricordati come “vittime dell’immigrazione, dal momento che non hanno scelto di riempirsi di clandestini, a differenza dei clandestini che hanno scelto di venire.

barbara

INTIFADA DEI COLTELLI IN EUROPA

In Europa, sopratutto nelle capitali con presenza più significativa di immigrati musulmani, è record di accoltellamenti. Il Regno Unito detiene il record.

Da Ansa

E’ record di accoltellamenti mortali in Gran Bretagna. Lo certifica l’Office for National Statistics… Nel 2018 sono stati 284 gli omicidi con i coltelli.
Vittime e aggressori sono in gran parte giovani e maschi, si concentrano nelle periferie urbane fra le minoranze che si organizzano in gang. L’Ons registra fra alcune delle altre fattispecie 106 episodi di persone uccise con percosse, 56 strangolate, 34 vittime di esplosioni e 26 di colpi d’arma da fuoco.
È anche boom di reati su base annua, oltre quota 5,7 milioni, con un incremento degli omicidi totali da 649 a 739 e un’impennata dell’uso dei coltelli.
Lo dissi e continuo a dirlo, più andiamo avanti con l’accoglienza di questa pericolosa sub-cultura che odia profondamente l’Occidente e gli occidentali, più creiamo le stesse condizioni che porta Israele ad essere in perenne conflitto con chi lo circonda e lo vuole distruggere. Sono i coloni arabi che solo dal 1964 si fanno chiamare palestinesi (per aver diritto di avanzare pretese su quei territori) che hanno inventato gli attentati terroristici con “aerei”, “automezzi” e “coltelli” e ogni giorno tentano di entrare in Israele per uccidere civili con la scusa della “Marcia del Ritorno”.
Dopo l’attentato nel cuore dell’Occidente alle Tween Towers e dopo gli attentati in Europa con “Automezzi” e la “Intifada dei Coltelli”, dovremo aspettarci anche la “Marcia del Ritorno”?
Occhio perché è già iniziata!
Ormai inebetiti dal politicamente corretto, dalle menzogne dei media meinstream e incapaci di adottare le dovute politiche per arginare il dilagante fenomeno della criminalità degli immigrati musulmani, e anche per paura di esser chiamati xenofobi e razzisti, non ci rimane che, come spettatori, restare a guardare. (qui)
coltelli
Tutte cose che non si ripeteranno mai abbastanza. Chissà che a forza di tirare martellate qualche muro non finisca, prima o poi, per incrinarsi un po’.

barbara

STRUMENTALIZZAZIONE

È il mantra del momento: i “populisti” strumentalizzano le paure della gente. Qui una risposta lucida ed esauriente di Giovanni Bernardini.

Poi c’è la storiella delle percezioni e delle statistiche: la presenza degli immigrati, dicono quelli buoni, è enormemente inferiore a quella “percepita”. Ora, io non so gli altri, ma io non mi sono mai sognata di fare ipotesi sul numero degli immigrati presenti sul territorio (sempre, tra l’altro, con la solita confusione fra immigrati regolari e clandestini): semplicemente guardo quello che succede, e dico che non va, tutto qui. E su questo tema vi invito a leggere qui.

barbara

MIGRANTI LA PAROLA ALL’ESPERTA

Anna Bono è stata docente di Storia e Istituzioni dell’Africa all’università di Torino.

“Bisogna scoraggiare gli africani a emigrare, ecco perché…“ – Anna Bono, africanista, svela verità scomode sulle migrazioni di massa, danno per tutti i popoli

Che i fenomeni migratori di questi anni dall’Africa rappresentano un dramma è ormai comprovato. Masse di persone si avventurano in viaggi disperati, affrontano lunghi e impervi percorsi a piedi, si riversano su barconi alquanto precari e, quando non finiscono negli ostili centri libici o inghiottiti dalle acque del Mediterraneo, giungono a destinazione senza trovare quell’Eldorado che avevano sognato. Ma se queste ondate migratorie svantaggiano i Paesi di emigrazione, quelli di immigrazione e soprattutto i migranti, bisognerebbe forse intervenire per porre un argine. Ma come? In Terris ne ha parlato con la prof.ssa Anna Bono, africanista ed ex ricercatore in Storia delle Istituzioni dell’Africa all’Università di Torino, autrice del saggio Migranti!? Migranti!? Migranti!? (ed. Segno, 2017). Secondo lei, per affrontare la questione, è fondamentale anzitutto sgombrare il campo dell’analisi da alcuni falsi miti che aleggiano ancora intorno a questo fenomeno.

Prof.ssa Bono, anzitutto chi sono gli immigrati che arrivano in Europa dall’Africa?
“Per lo più, oltre l’80 per cento, sono giovani maschi, di età compresa tra i 18 e i 34 anni, che viaggiano da soli. Le coppie e le famiglie sono una minoranza. Provengono da una serie di Paesi dell’Africa subsahariana, anche se quest’anno c’è stato un picco di emigranti tunisini, con una prevalenza dall’Africa centrale e occidentale, da Paesi come Nigeria, Senegal, Camerun, Costa d’Avorio, Ghana…”.

Mediamente qual è la condizione sociale di queste persone?
“Non è facile dirlo perché ci sono situazioni anche molto diverse tra loro. Va detto, comunque, che esiste sul tema dell’immigrazione un falso mito: la maggioranza non fugge da situazioni di estrema povertà. In genere sono persone provenienti da centri urbani, ed è lì che maturano l’idea di lasciare il Paese. Dunque mi sembra corretto sostenere che il grosso dei migranti appartenga al ceto medio: persone non ricche, ma nemmeno povere, in grado di pagare profumatamente chi organizza i viaggi”.

E allora come matura l’idea di emigrare, se non si è in condizioni di povertà e non si vive in zone di conflitto?
“Per rispondere ritengo importante citare il ministro dei Senegalesi all’Estero, che un paio d’anni fa ha detto in un’intervista: ‘Qui non parte gente che non ha nulla, parte gente che vuole di più’. L’idea diffusa in Africa è che basta arrivare in Europa per godere del benessere, senza considerare però che dietro la ricchezza prodotta ci sono dei sacrifici”.

Come si alimenta questa illusione?
“Ad alimentarla sono vari fattori. Uno su tutti: i trafficanti, che come è noto gestiscono la gran parte dei viaggi verso l’Europa. Sono loro che rafforzano questa idea, lo fanno ovviamente per procurarsi clienti. È utile sottolineare che il 13 giugno è stato pubblicato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (Unodc) un rapporto dal quale emerge che nel 2016 queste organizzazioni criminali hanno trasportato almeno 2,5milioni di persone, delle quali quasi 400mila verso l’Italia, ricavandone in tutto da 5,5 a 7 miliardi di dollari. Il rapporto spiega dettagliatamente come funziona l’avvicinamento ai clienti, l’opera di convincimento, nonché quali sono le varie tariffe”.

Esiste però un’opera di dissuasione da parte di chi è già arrivato in Europa e si è reso conto che il “Bengodi” era un’illusione?
“Al contrario, chi arriva in Europa per lo più non fa altro che alimentare verso i propri parenti e amici in Africa l’idea che sia giunto ad un traguardo per cui vale la pena spendere e rischiare. La tendenza è quella di descrivere situazioni positive, anche quando non lo sono, per giustificare la propria scelta. Ma va detto che spesso, in effetti, chi arriva non ha nulla di cui lamentarsi: siccome quasi tutti chiedono e ottengono asilo, almeno nei primi anni godono di un sistema di protezione e di assistenza da far invidia a chi non è ancora partito”.

D’accordo, ma le notizie delle traversate nel deserto, dei campi di detenzione libici, delle tragedie nel Mediterraneo non dovrebbero rappresentare un deterrente nei confronti di chi vuole partire?
“Il punto è che queste situazioni le conosciamo più noi che loro. L’accesso ai mezzi d’informazione degli africani, anche di coloro che vivono nelle città, è molto limitato. Detto ciò, molti conoscono i rischi e sono disposti ad accettarli, così come non si può escludere che molti altri, magari in un primo momento intenzionati a partire, desistano proprio alla luce di queste tragedie. A tal proposito vorrei sottolineare l’importanza del lavoro di controinformazione che stanno svolgendo alcuni soggetti in Africa”.

Prego…
“Alcuni governi, così come molte conferenze episcopali africane, si stanno spendendo per spiegare ai giovani quanto costa, quanto si rischia e quanto poco si ottiene nel lungo periodo ad emigrare in Paesi dove non c’è occupazione né possibilità concreta di integrazione economica e sociale”.

Quali governi stanno svolgendo questo lavoro?
“Quello del Senegal, del Niger, dal 2014 anche quello del Mali, il quale sta facendo una forte propaganda per dimostrare che un Paese dal quale emigrano i suoi cittadini più giovani e forti non crescerà mai. E ancora: quello della Sierra Leone a partire dall’anno scorso e in collaborazione con le autorità religiose, sia quelle cristiane che islamiche. Sono piccoli passi in avanti che incoraggiano i giovani non a fuggire ma a restare per migliorare il proprio Paese”.

E i rifugiati? Qual è il loro numero esatto?
“L’ultimo rapporto dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) parla di oltre 60milioni di profughi in generale. Se poi parliamo di rifugiati, ovvero di persone che fuggono all’estero da guerre e persecuzioni, la cifra è di circa 20milioni. Di questi soltanto una minoranza esigua arriva in Italia, chiede asilo e lo ottiene: per quantificare, nel 2015 sono stati 3.555, nel 2016 4.940 e nel 2017 6.578”.

Perché sono così pochi? L’idea diffusa è che i conflitti siano la principale causa delle emigrazioni…
“Perché la maggior parte di chi fugge da una guerra trova asilo appena varca il confine, del resto la Convenzione di Ginevra prevede che il profugo chieda tempestivamente asilo nel primo Paese che ha firmato la Convenzione in cui mette piede. C’è poi un secondo motivo: chi fugge sotto la minaccia di persecuzione e di guerra cerca di rimanere il più vicino a casa perché l’idea è quella di tornarci il prima possibile”.

Quanto incide sull’emigrazione anche lo sfruttamento delle risorse? Penso ad esempio al land grabbing, ossia l’accaparramento delle terre da parte di Paesi stranieri o industrie…
“Sicuramente sono fattori che hanno una loro incidenza. Le responsabilità vanno trovate anzitutto nei governi africani, i quali – per restare al tema del land grabbing – preferiscono vendere le terre ad industrie o a Paesi che hanno fame di terre coltivabili (Cina, India, Arabia Saudita) incassando subito del denaro piuttosto che incentivare l’agricoltura locale anche tramite investimenti. L’Africa è ricca di risorse minerarie, penso al cobalto ma soprattutto al petrolio, il quale viene acquistato e pagato dalle compagnie, ma il problema è capire dove vanno a finire i soldi”.

Dove?
“Le do un dato: nel 2014 su 77miliardi di dollari che avrebbe dovuto incassare l’ente nazionale del petrolio nigeriano, 14 non sono mai stati depositati. Sono finiti in qualche conto corrente, mentre sarebbero dovuti servire per lo sviluppo sociale del Paese. La Nigeria, pur essendo il primo produttore di petrolio del Continente, importa il greggio già raffinato dall’estero. Tenga conto che l’Africa da oltre 20 anni registra una crescita economica notevole, e in prima fila ci sono i Paesi da cui proviene la maggior parte dei migranti, solo che queste risorse vengono dilapidate o se ne giovano poche elite”.

Al recente Consiglio europeo gli Stati si sono impegnati a contribuire ulteriormente al Fondo Ue per l’Africa inviando altri 500milioni. È un modo per “aiutarli a casa loro” o per alimentare la corruzione di cui ha parlato?
“Questi 500milioni sono un ulteriore quantitativo, che si aggiunge ai miliardi che ogni anno vengono destinati all’Africa dalla cooperazione allo sviluppo di Stati Uniti ed Europa. Infatti quando sento invocare un ‘piano Marshall’ per l’Africa resto basita, perché di risorse ne vengono già inviate in modo ingente, ma i destinatari, cioè i governi, sono poco affidabili. Le faccio un esempio: in Somalia, che è uno dei Paesi maggiormente assistiti, la Banca mondiale qualche anno fa ha dimostrato che ogni 10dollari che vengono elargiti al governo, 7 spariscono nel nulla”.

Lei ha citato la Somalia, dove forte è la presenza del radicalismo islamico: è possibile che questi soldi che spariscono nel nulla finiscano ad arricchire i gruppi jihadisti?
“Eh, chi lo sa… Certo è che questi gruppi hanno fonti di reddito molto robuste e sponsor molto potenti. Inoltre sono spesso invischiati in traffici illegali: spaccio di droga, di armi, bracconaggio. Anni fa si è scoperto che gli Al Shabaad della Somalia ottengono circa il 40 per cento dei proventi dalla vendita di zanne di elefante. Consideri che in Kenya c’è un detto: ‘Oggi è stato ucciso un elefante, domani sarà ucciso un uomo’, proprio per sottolineare la correlazione tra bracconaggio e terrorismo”.

Una ricerca delle Nazioni Unite rivela che nel 2050 ci sarà un’ulteriore crescita demografica dell’Africa e un declino dell’Occidente. L’immigrazione di massa non sarà sempre più un fenomeno ineluttabile?
“Anzitutto si tratta di proiezioni, non di dati certi. Non è affatto detto che tra trent’anni la situazione rimarrà la stessa di oggi in termini demografici. Delle buone politiche familiari e un cambio culturale potrebbero invertire la tendenza demografica in Occidente, così come è possibile in primo luogo che la popolazione africana non aumenterà come l’Onu prevede (già si registra una piccola variazione verso il basso rispetto ai pronostici di pochi anni fa) e poi che l’Africa diventi finalmente un continente in grado di svilupparsi e di convincere i propri giovani a non fuggire alimentando i traffici clandestini di migranti”.

Parlando di Italia, come valuta le recenti polemiche tra il governo italiano e le ong?
“A mio avviso il modus operandi di molte ong è molto discutibile, perché entrano in contatto diretto con i trafficanti e prevedono il trasbordo quasi in acque territoriali libiche per poi dirigersi verso l’Italia, anche se battono bandiera di un altro Stato e se il porto più vicino sarebbe altrove. Già il precedente governo, con il ministro Minniti, aveva sollevato il problema e aveva pensato di prendere provvedimenti. Il nuovo governo si sta dimostrando solo più determinato, ma l’intento è rimasto quello di far rispettare la sovranità nazionale e le leggi internazionali”.

Non c’è il rischio, per mutuare il motto di una recente iniziativa, che chiudendo i porti “non si resti umani”?
“L’Europa in generale, ma nello specifico l’Italia sono molto lontane dalla fase più prospera della loro storia: gli ultimi dati ci parlano di 5milioni di italiani in povertà assoluta e centinaia di migliaia di italiani emigrano all’estero, l’Italia è 20esima tra i Paesi di emigrazione. In questa situazione, è solo giusto impedire a delle persone di raggiungere un Paese che può assisterli nel breve periodo, ma che non è in grado di garantire loro un futuro dignitoso. Chi arriva dall’Africa in Italia ha remotissime possibilità di costruirsi una vita: il più delle volte è destinato a vivere di espedienti, a lavorare in nero e in condizioni disumane magari in qualche campo di pomodori oppure ad ingrossare le fila della criminalità organizzata”.

Chiudere i porti dunque può essere un modo per scoraggiare i viaggi clandestini?
“Esattamente. È importante che si alimenti il passaparola tra migranti stessi. Esistono tantissime testimonianze di giovani che hanno iniziato il viaggio verso l’Europa ma che non sono riusciti ad arrivare a destinazione, i quali affermano che se lo avessero saputo non avrebbero speso soldi e sprecato anni della propria vita per un’impresa così aleatoria. L’unico modo per scoraggiare questi progetti senza futuro è proprio quello di dimostrare che il viaggio della speranza è un’illusione, che a destinazione non si arriva: e chiudere i porti è il messaggio più netto che possa giungere”.

Federico Cenci, 11 luglio 2018, qui.

Chiudo con alcune considerazioni mie.

  1. I fautori della cosiddetta accoglienza sono come i novax: “salvi” un bambino dal vaccino, lui ne infetta dieci e uno di quei dieci muore; “salvi” cento migranti, dietro a loro, sapendo che si viene “salvati”, ne partono altri diecimila e mille di loro muoiono (gli altri invece arrivano qui e vanno a raccogliere pomodori – per fare contenta la signora Bonino – a mezza lira al giorno per orari massacranti, o trovano accoglienza fra i boss della droga e criminalità varie miste. Poi magari la droga te la viene a chiedere una ragazzina di diciotto anni sbandata problematica forse un po’ fuori di testa e tu la torturi, la stupri, l’ammazzi e poi la fai in venti pezzettini, che a te la carne piace alla tartara, lo sappiamo).
  2. I fautori dell’accoglienza sono DI FATTO, come ha spiegato Kawtar Barghout, complici dei trafficanti di carne umana: qualunque favola bella vi raccontiate per sentirvi moralmente superiori, cari signori, LE VOSTRE MANI SONO SPORCHE DI SANGUE.
  3. Accoglienza delenda est. Andrebbe ripetuto come quella di Cartagine, alla fine di ogni discorso, sistematicamente, a proposito e a sproposito: accoglienza delenda est. Se non siete d’accordo siete complici dei trafficanti di carne umana e le vostre mani sono sporche di sangue.

barbara

IL PROBLEMA NON SONO GLI IMMIGRATI

Che io ancora non ho mica capito perché ad un certo momento hanno preso a chiamarli migranti: scrivente è quello che sta scrivendo in questo momento, urlante è quello che sta urlando in questo momento, il mese corrente è quello che sta correndo adesso e fra venti giorni non correrà più, il dormiente sta dormendo adesso, poi fra un po’ si sveglia e non dorme più; quelli invece col piffero che sono in fase di migrazione: loro sono IMmigraTI e da qui non li schioda neanche un uragano. Forse hanno deciso di chiamarli così per tenerci buoni con l’illusione che prima o poi se ne andranno. Ma veniamo al fatto che non sono loro il problema, che deve essere sicuramente vero dal momento che lo dicono tutte le persone giuste, quelle buone, quelle aperte e progressiste, quelle che stanno dalla parte giusta della politica. E parto da questo video, girato a Parigi

e se Parigi piange, sicuramente Caserta non ride

Impressioni? Casi isolati? Non si direbbe, a giudicare da questa tabella, di fonte assolutamente insospettabile, ossia il Ministero dell’Interno, che di tutto potrà essere accusato tranne che di essere allarmista.
reati immigrati
E per commentare questi numeri vi invito a leggere il solito Grande Saggio Giovanni.

IMPRESSIONI E NUMERI TORTURATI 

Se ne incontrano tanti. Sono quelli che non giudicano in base a vaghe impressioni, che non si lasciano ingannare dalle apparenze. Loro si rapportano “scientificamente” al reale, sulla base di inoppugnabili dati statistici.
Ho avuto una discussione con uno di questi signori. Val la pena di parlare degli “argomenti” che ha tirato fuori dal cilindro; non perché abbiano una qualche dignità intellettuale, semplicemente perché sono un campione abbastanza rappresentativo dei sofismi da quattro soldi che in tanti usano per cercare di convincere la gente normale che non esiste alcuna relazione fra incremento della criminalità ed immigrazione fuori controllo.

Numeri torturati.

Il signore in oggetto ha iniziato presentando un grafico che relaziona il numero degli omicidi volontari con quello dei migranti. I migranti crescono e gli omicidi decrescono. L’immigrazione irregolare non c’entra nulla con la criminalità è stata la conclusione di questo sapientone.
Non approfondisco le ricerche sul grafico, non mi chiedo in base a quali criteri gli omicidi vengano o meno definiti “volontari”. Non serve perché in realtà il grafico non dimostra assolutamente NULLA. Prendiamo due serie di fenomeni, la serie X e quella Y. X aumenta ed Y diminuisce. La domanda da farsi è: Y diminuisce GRAZIE o MALGRADO l’aumento di X? Il numero degli omicidi volontari è diminuito grazie o malgrado l’aumento della immigrazione clandestina? In Italia le persone nate all’estero sono circa l’8% della popolazione globale, ma costituiscono quasi un terzo della popolazione carceraria. Si noti che nell’otto per cento di cui stiamo parlando sono compresi anche gli stranieri regolari. Se si restringesse il campo ai soli irregolari la sproporzione fra il loro numero e quello della popolazione carceraria sarebbe ancora più clamorosa. In particolare nel 2016 c’erano in Italia 2028 stranieri e 6781 italiani in carcere per omicidio volontario (quello del grafico) Insomma, l’8% circa della popolazione commette quasi un terzo degli omicidi! Con tutta evidenza la diminuzione nel numero degli omicidi è avvenuta malgrado, non grazie all’incremento della immigrazione irregolare. Se questa dovesse diminuire avremmo un calo più che proporzionale degli omicidi. Considerazioni simili, basate su cifre simili, possono farsi per i furti, le rapine, gli scippi e gli stupri.
Non contento di questo exploit il signore in oggetto ha tirato fuori un altro numero. Il tasso di criminalità per 100.000 stranieri è inferiore a quello per 100.000 italiani. Su ogni centomila italiani ci sono più delitti che su ogni centomila stranieri. Un dato davvero impressionante!
Che però non vale nulla. In questo caso bisogna infatti porsi due domande:

Prima domanda. Da quale campione sono estratti i famosi centomila? Se volessimo analizzare quanti delitti si commettono in Italia ogni centomila abitanti ed escludessimo dal campione gli abitanti delle regioni col più alto tasso di criminalità avremmo un risultato significativo? Se i centomila su cui conteggiare i delitti abitassero tutti nel centro di Milano il dato avrebbe un minimo di credibilità? NO, ovviamente. Parlare di “stranieri” è fuorviante perché esclude dal calcolo i clandestini che, appunto perché tali, sono difficilmente censibili, o non lo sono affatto. Se si paragonano con gli italiani gli stranieri regolari non stupisce che non ci siano variazioni importanti nei tassi di criminalità. Infatti il problema sono i clandestini. Elementare Watson!

Seconda domanda. A quali delitti si riferisce la cifra? Questo è il punto fondamentale. E’ infatti fin troppo evidente che ci sono crimini che la maggioranza degli stranieri e la totalità degli irregolari non possono commettere. Penso ai reati finanziari, alla corruzione, alla concussione o a tutta quella vastissima area di reati che presuppongono la buona conoscenza della lingua italiana (i vari tipi di truffa) o un buon inserimento in certi tessuti sociali (i reati di mafia).  Confrontare i delitti per centomila stranieri con quelli per centomila italiani ha poco senso se non si depura il numero dei delitti da quelli che sono preclusi o quasi a molti stranieri ed alla totalità degli irregolari.

Sempre per puntellare le sue tesi questo signore ha poi sottolineato che le denunce nei confronti di crimini commessi da stranieri sono diminuite (ci credo, per quello che servono) o che gli stranieri irregolari ricorrono meno alle misure alternative al carcere, dimenticando che queste misure, a mio avviso molto criticabili, riguardano persone considerate “recuperabili”. Evidentemente molti irregolari non sono giudicati tali. Infine ha esposto un “argomento” davvero persuasivo: per i reati che prevedono pene più brevi gli stranieri detenuti sono in numero maggiore degli Italiani. La percentuale di stranieri detenuti cala invece per i reati che prevedono pene più lunghe. Questo dimostrerebbe che il peso degli stranieri sul tasso di criminalità è scarsamente rilevante.
Dunque, per i reati che prevedono pene fino a 5 anni gli stranieri incarcerati sono in numero maggiore rispetto agli italiani, per gli altri sono invece in testa gli italiani. Ad esempio per i reati punibili da 10 a 20 anni di reclusione il 10,3% dei detenuti sono stranieri mentre il 17,2% sono italiani. Dati molto interessanti che vanno letti però partendo dalla premessa che la popolazione straniera è pari all’otto per cento della popolazione globale! Gli stranieri che scontano pene dai 10 ai 20 anni sono oltre la metà degli italiani pur essendo l’otto per cento della popolazione globale e questo avallerebbe la tesi che non esiste rapporto fra immigrazione e criminalità! E’ proprio vero che se torturi i numeri questi ti dicono quello che vuoi!
Ma quello che vorrei sottolineare è un altro aspetto della questione. Per i reati puniti con lunghe pene detentive la percentuale della popolazione carceraria italiana rispetto a quella straniera è gonfiata dal fatto che ad oggi sono in carcere italiani che hanno iniziato a scontare la loro pena dieci, venti o più anni fa, quando ancora non c’era il boom della immigrazione clandestina. Oggi gli stranieri sono l’otto per cento della popolazione totale; dieci, venti o trenta anni fa erano molto meno, quindi non potevano andare ad ingrossare di molto le fila dei condannati a 20, 30 anni o all’ergastolo. La cosa davvero clamorosa è che, malgrado questo evidente fattore attenuante, il peso degli stranieri in carcere sia pari a circa un terzo del totale dei carcerati

Percezioni e sensazioni.

Non è il caso di continuare. Ho dedicato spazio agli argomenti di questa persona solo perché, lo ripeto, sono un campione dell’armamentario propagandistico con cui i media ci martellano tutti i giorni.
Parlando di cose serie, è vero o non è vero che non bisogna affidarsi alle sensazioni? Che le impressioni sbagliano? Che la statistica deve sostituire l’esperienza?
Che impressioni e sensazioni possano sbagliare, che occorra un approccio più attento al reale è di certo vero. Ma è menzognero affermare che le impressioni siano sempre o quasi ingannevoli! La scienza spiega il reale a livelli profondi, ma non elimina la realtà. La teoria della gravitazione spiega perché la mela cade, non arriva alla conclusione che la mela è irreale! La fisica dei quanti cerca di scoprire cosa c’è sotto e dietro al mondo macroscopico, ma non dice che il mondo in cui esistono i tavoli ed i gatti sia un teatro di menzogne.
Soprattutto, nel campo del sociale, questa contrapposizione fra approccio “scientifico” e impressioni empiriche è completamente errata. Se esiste ed è estremamente diffusa la percezione empirica di un certo fenomeno questo fenomeno esiste. Le statistiche potranno quantificarlo, aiutarci a meglio comprenderlo, ma, se oneste, non potranno eliminarlo. Oggi esiste la diffusissima percezione di un incremento della insicurezza. Su cosa si basa questa percezione? Forse sulla propaganda dei “seminatori di odio”? Non diciamo idiozie! La propaganda va oggi, tutta, in direzione opposta. Dal papa al capo dello stato, dal presidente della repubblica ai presidenti di camera e senato, passando per il presidente dell’INPS, dai TG alla quasi totalità della carta stampata è tutto un coro di rassicurazioni. Non esiste alcun rapporto fra immigrazione irregolare, terrorismo e criminalità; i migranti sono preziose risorse che ci pagano le pensioni eccetera.
Però la gente non ci crede. Chi deve attraversare certe zone delle periferie, o viaggiare in treno o in metro non è tranquillo, e di certo non perché plagiato da Salvini.
La percezione che le cose non vanno si basa non sulla propaganda, ma sulla esperienza diretta di milioni di esseri umani. Persone normali che spesso neppure guardano in TV le trasmissioni politiche, ma che hanno paura e notano il fatto “strano” che da un po’ di tempo a questa parte le chiese sono presidiate e le piazze circondate da barriere di cemento.
Una cosa che gli pseudo intellettuali amanti delle statistiche non vedono è che è proprio questa percezione veritiera del reale ad influenzare le statistiche e a spiegare certi dati apparentemente rassicuranti.
La gente vede che la situazione peggiora e si comporta di conseguenza. Esce meno di casa, munisce gli appartamenti di nuove serrature, porte blindate o allarmi elettronici. Le ragazze non girano da sole dopo una certa ora, si prende meno il treno o il metrò, i bambini escono solo accompagnati e tutto questo provoca una moderata contrazione dei reati. Succede per la criminalità qualcosa di simile a quello che succede per il terrosismo. Si ha la percezione del pericolo terrorista, si prendono contromisure e questo attenua la portata del fenomeno. Per il progressista con le statistiche alla mano tutto questo però dimostrerebbe che “la percezione è sbagliata”. Patetico.
Le persone normali non sbagliano quando percepiscono il deteriorarsi della sicurezza. Per convincersi delle loro ragioni non occorrono statistiche, basta vivere. VIVERE la vita reale, qualcosa che i pseudo intellettuali “progressisti” disprezzano profondamente.
Preferiscono i numeri (torturati) e le statistiche (taroccate). (qui)

E qualche ulteriore utile considerazione qui.

Soluzioni? Qualcuno un’idea ce l’ha, come Filippo Facci, politicamente scorrettissimo, come sempre, come è inevitabile essere quando si vogliono usare cervello, logica e buon senso contro la dilagante e paralizzante melma del buonismo a manetta.

E poi vi invito a vedere anche Giorgia Meloni nel 2015, a confronto con un’educatissima nonché rispettosissima (come sono sempre i buoni di professione) controparte.

E chiudo con un’esternazione di Kawtar Barghout, marocchina residente in Italia.

Mettiamo pure che Salvini sia la causa del male, ma io ho delle domande:
Chi è il mandante del magrebino spacciatore che un pò di anni fa è entrato nel mio condominio per rubare i nostri beni ?
L’hanno rimandato a casa dopo innumerevoli processi, intanto girava ubriaco per le Piazze.
Chi è il mandante dei clandestini che alle 21 hanno terrorizzato mia madre alla fermata dell’autobus ?
Chi sono i mandanti di quelli che mi obbligano a girare impaurita in stazione pure di giorno ?
Vorrei una risposta, grazie e pure in fretta.
Il 4 Marzo non è lontano e il vittimismo non paga.

E adesso, da bravi, ripetete tutti con me

Il problema non sono gli immigrati
IL PROBLEMA NON SONO GLI IMMIGRATI
IL PROBLEMA NON SONO GLI IMMIGRATI

Ancora altre dieci volte, e poi ricominciate da capo, fino al completamento del lavaggio del cervello.

barbara

IL BAMBINO CON I PETALI IN TASCA

Esiste l’inferno? Sì, esiste; non in un qualche eventuale, possibile, ipotetico aldilà bensì in un fin troppo concreto aldiqua. Nel caso di questo – molto realistico – romanzo di tratta di Bombay, ma potrebbe essere qualunque altro posto dove gli “scarti” della società tentano di sopravvivere destreggiandosi tra regole del gioco non stabilite da loro ma da chi meglio degli altri ha saputo annientare in se stesso ogni residuo di coscienza e di sentimenti umani. Ed ecco dunque questa folla di reietti, bambini che mendicano e rubacchiano, quelli più grandi che rubano e spiano e a fine giornata versano al capo tutto il ricavato del loro “lavoro”. Tentare di imbrogliare costa caro: un occhio (non in senso metaforico), un pezzo di lingua, un orecchio, uno squarcio su tutta la faccia, o magari anche di peggio. Tutti laceri e sporchi, tranne il bambino bello, sempre pulito e ben vestito, che viene portato al “lavoro” in auto, e sempre in auto riportato poi alla base, dove si accascia sfinito coi pantaloni macchiati di sangue. E una cosa è chiara fin dall’inizio, fin dal momento in cui un nuovo dannato vi inciampa dentro: non esistono uscite. Non esiste la possibilità, neppure teorica, di uscirne. Non esiste la speranza di uscirne, di andare altrove, di cambiare vita.
Buio assoluto, dunque, senza un barlume di luce, senza riscatto? Forse no. Forse, dopotutto, no.

Anosh Irani, Il bambino con i petali in tasca, Piemme
ilbambinoconipetaliintasca
barbara