Non ricordo i nomi, né i tempi, e neppure il luogo, ma ricordo perfettamente il fatto: una donna assassinata dall’uomo che l’aveva stuprata, come punizione per averlo denunciato. Il crimine – il secondo, dico – è stato reso possibile dal fatto che l’uomo, dopo la condanna, si trovava agli arresti domiciliari. Arresti che scontava presso la madre, che viveva, se ricordo bene, nello stesso quartiere, se non addirittura nello stesso condominio, della vittima. E ora rileggete con me, lentamente: STU.PRO – AR.RE.STI DO.MI.CI.LIA.RI.
Pacca sul culo un anno e mezzo di galera e 10.000 euro di risarcimento e l’obbligo di seguire dei corsi di rieducazione. Il crimine sarebbe quello di violenza sessuale nei confronti della candida e casta signorina le cui doti ho già mostrato qui ma siccome sono generosa ve ne offro ancora qualche altra dimostrazione



Questa invece è la versione vergine violata del post aggressione (perfino, oltre alla rinuncia al suo amatissimo rossetto rosso fuoco, le calze nere opache da suora laica!)

Ora, il solo discutere se la pacca sul culo possa configurarsi come violenza sessuale lo troverei delirante, ma si può configurare come molestia sessuale? Per rispondere a questa domanda mi viene bene ricordare il Catechismo: una delle sette opere di misericordia invita a “sopportare pazientemente le persone moleste”. Perché pazientemente? Perché il sopportarle richiede pazienza? Perché la molestia, per sua natura, si prolunga nel tempo. Quella del datore di lavoro che insidia la dipendente è una molestia, quella del tizio che mi segue per strada, standomi addosso e allungando le mani e profferendo oscenità è una molestia, il palpeggiamento (e chiariamo anche questo: un palpeggiamento è diverso da una palpata tanto quanto il fissare una persona è diverso dal gettarle uno sguardo) come quello di cui ho parlato nel post sopra linkato, subito sull’autobus da me e da varie altre bambine interminabilmente e ripetutamente, quello è una molestia – e qui siamo, direi, anche al limite della violenza. La pacca sul sedere NO. Non è una cosa da fare, è un gesto cafone, volgare, sgradevole, spregevole, da ricompensare con un sonoro ceffone, NON un crimine da punire con galera più annessi e connessi. E soprattutto NON dovrebbe essere un comodo trampolino su cui costruire una carriera. Una carriera che la signorina, come ampiamente documentato, aveva fin dall’inizio tentato di intraprendere con una interminabile serie di esibizioni del proprio culo. E altro

Quella sentenza è una cosa oscena e abominevole e un crimine contro la giustizia, oltre che uno schiaffo in faccia alle vittime di violenze vere, che spero venga ribaltata in sede di appello. In attesa del quale desidero dedicare alla signorina Greta Beccaglia questa deliziosa canzoncina
PS: ma a me, se per caso mi venisse in mente di chiamarla zoccola, quanti anni mi appiopperebbero?
barbara