E poi ancora viva il ritorno alla normalità, viva la libertà, libiam nei lieti calici e viva tutto, viva viva viva!
E leggo in giro un sacco di gonzi che esultano: finalmente! Era ora! Vedi che le proteste funzionano! Hai visto Draghi come ha rimesso in riga Speranza! Qualcuno, per contro, ha evocato “il poliziotto buono e quello cattivo” che lavorano in tandem per spedirti in galera, e la cosa ha funzionato ancora una volta. E, a proposito di Speranza e dell’appello di Giorgia Meloni per sfiduciarlo, guardate un po’ qui, casomai qualcuno non riuscisse a ricordarle tutte:
Questi invece sono i gentiluomini che si sono mobilitati in suo soccorso
Mentre il solito Galli, sconvolto da queste spropositate quanto sconsiderate aperture, gufa come al solito, prevede sfracelli e catastrofi e invoca chiusure totali, probabilmente sine die. Magari con massiccio intervento di delatori e di avvisi come questo apparso in un condominio, segnalato da Nicola Porro su quarta Repubblica
Forse farebbe bene a ricordare che
Nel frattempo, se vi restano ancora tre minuti, andate a leggere anche questo.
Mettetevi comodi che adesso ve lo faccio spiegare per bene.
Niente cure, balzo dei ricoveri: «Ci sono altre priorità»
I dati generali di ieri parlano di un aumento sensibile dei ricoveri. Il commissario lombardo Guido Bertolaso parla già di una terza ondata, il governatore Luca Zaia ha rimarcato come per la prima volta dal 31 dicembre ci sia un aumento dei ricoveri che «fa preoccupare». Aumenti di posti letto occupati anche in Piemonte.
Sembra di ritornare nel solito corto circuito: una gestione della pandemia ospedalocentrica, e ora anche vaccinocentrica. Ma di mettere al centro della strategia sanitaria nazionale le cure contro il covid non se ne parla. È un bug di sistema inquietante, o se vogliamo un cane che si morde la coda mentre tutto continua come è da oltre un anno: con la vigile attesa alla quale sono condannati i pazienti sintomatici che devono accontentarsi delle scarne raccomandazioni del medico a base di paracetamolo. E poi, se va male, si aprono le porte degli ospedali, come sta accadendo in queste ore.
Nessuno si interroga però sul perché i ricoveri stiano aumentando: scoprirebbe che la colpa non è dei ragazzini che escono al pomeriggio, ma ancora una volta della sbagliata gestione terapeutica.
Il tema del covid at home non ha conosciuto evoluzioni positive negli ultimi tempi. Anzi. La consapevolezza che incentivare la cura precoce del virus sia inversamente proporzionale ai ricoveri in ospedale aleggia nell’aria, ma senza iniziative. La conseguenza è che tutto è affidato alla buona volontà dei medici che credono nel primato della cura su tutto il resto, anche sulla vaccinodipendenza che non è una cura, è un’altra cosa.
Sempre meno sono i media che ne parlano, meritorio in questo senso quanto ha fatto la redazione di Fuori dal coro di Mario Giordano, che sta battendo il tasto da settimane sullo scandalo delle cure a domicilio assenti intervistando medici, pazienti guariti e cercando di stanare i decisori, ma ricevendo in cambio le solite e italiche promesse vaghe e negligenti.
«Speriamo ancora che Aifa possa modificare qualcosa». A parlare alla Bussola è il dottor Andrea Mangiagalli, creatore con una chat di medici di una rete di cure domiciliari spontanea che in questo anno ha curato senza mai mandare i pazienti in ospedale. Ormai è diventato un simbolo del covid at home.
Lo avevamo incontrato in autunno e ci aveva raccontato di come stesse crescendo a dismisura la platea dei medici interessati a curare e a non temporeggiare. Con lui abbiamo seguito la vicenda del ricorso vinto in Consiglio di Stato per l’utilizzo dell’idrossiclorochina, proprio mentre a fine novembre il ministero emanava attraverso una circolare il primo protocollo di cura domiciliare.
Che fu insufficiente, una presa in giro, con la sola Tachipirina in vigile attesa come unico presidio e tutto il resto (cortisonici, farmaci alternativi, eparina e antibiotici) visti di malocchio.
Ma nei mesi successivi si è continuato a chiedere la revisione di quei protocolli di cura a disposizione dei medici. Perché la Tachipirina può falsare il decorso della malattia e perché, se preso per tempo, aggredito adeguatamente fin da subito, il covid si sconfigge facilmente. Il contrario della vigile attesa raccomandata dal ministero guidato ancora da Roberto Speranza. Ma in tutti questi mesi non si è arrivati a una revisione dei protocolli di cura.
Mangiagalli quindi, dice di sperare nell’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco che potrebbe rivedere i protocolli nell’ottica della cura e non della vigile attesa.
«Ho sollecitato da tempo il ministro Speranza sulla revisione dei protocolli di cura domiciliare – spiega il presidente Aifa Giorgio Palù alla Bussola -, da quello che so ha incaricato l’Agenas di occuparsene». Chiediamo se conosce le tempistiche e gli esiti: «Guardi – allarga le braccia sconsolato -, mi è stato riferito che ci sono altre priorità. Deve sentire direttamente all’Agenas».
Altre priorità? Quali sono le altre priorità se di fronte abbiamo un virus da curare? Forse il vaccino? Probabile, ma da qui all’immunità di gregge tanto sperata del 65% della popolazione – se mai ci arriveremo – passeranno anni, ormai si è capito. Nel frattempo, non si cura? Non si può apparecchiare un piano di cura rigoroso per fermare il covid fuori dagli ospedali e consentire così politiche di lockdown meno umilianti e stringenti?
No, evidentemente non si cura. Si sta in vigile attesa, sperando che la cosa non sfugga a molti e non ci si debba presentare in massa davanti all’ospedale per quella che qualche esperto si sta azzardando a chiamare già la “terza ondata”.
Parlare con il direttore dell’Agenas, l’agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, non è semplice. Lui, Domenico Mantoan, è stato il capo della sanità in Veneto e da qualche tempo guida l’ente che dipende dal Ministero della Salute.
È a lui che ci rivolgiamo per chiedere a che punto è la revisione del protocollo di cure domiciliari che sono, a detta di tutti, sempre più insufficienti. La risposta lascia di sasso: ci viene fornito il protocollo del 30 novembre. Facciamo notare che stiamo parlando proprio della revisione di quel protocollo che il ministro ha affidato all’Agenas. E qui, un altro muro di gomma ci si para davanti: «Non abbiamo avuto ancora incarico dal Ministero della Salute di lavorare su protocolli di cure domiciliari Covid. Abbiamo appena concluso linee giuda su setting assistenziali sui ricoveri ospedalieri e strutture intermedie covid».
Capito l’antifona? Il Ministero non si è ancora peritato di incaricare una revisione delle cure domiciliari, ma nel compenso ci ha messo quattro mesi per mettere a punto quello ospedaliero.
È evidente che si tratta di una decisione politica: il covid non si vuole curare subito, non si vuole curare precocemente. Roberto Speranza, ministro riconfermato anche nel governo Draghi porta anche questa enorme responsabilità: l’Italia non vuole curare precocemente il covid. Bisogna pensare al vaccino e per tutto il resto c’è l’ospedale e quindi l’aumento dei ricoveri che determina i lockdown.
Lo scaricabarile degli enti regolatori e delle agenzie statali certifica che effettivamente ci sono altre priorità. Quali? Di sicuro non la cura dei pazienti. Ma Speranza deve sapere che ogni morto oggi in ospedale era un malato che ieri poteva essere curato con successo a casa. Andrea Zambrano, qui.
Domenico Mantoan. Non so se sia più adatto Cicciobello o Vispo Tereso.
Quindi abbiamo praticamente tutto: il crimine, gli esecutori – altrimenti detti assassini – e i mandanti. Manca il movente, ma magari con un po’ di fantasia riusciamo a indovinare anche quello. E chi sperava che col cambio di governo potesse cambiare qualcosa di sostanziale, non ci ha messo molto a doversi ricredere. Qualcuno ha detto che Draghi è un Conte coi congiuntivi giusti, e mi sembra una buona definizione. E adesso state a sentire quest’altra bella storiella.
Censure su YouTube, il braccio violento dell’Oms
Dopo 11 mesi e mezzo di lockdown e restrizioni della libertà, sono ancora poche le iniziative di protesta da parte di numerosi settori colpiti e di comuni cittadini. Ma non possono essere pubblicizzate sul social network più diffuso per la condivisione dei video, YouTube, se sono considerate contrarie alle disposizioni dell’Oms e delle autorità sanitarie nazionali. La protesta più gettonata dai media è stata quella dei teatri, che il 22 febbraio hanno riacceso le luci per manifestare contro il prolungarsi delle chiusure forzate e nessuna certezza sulla data di riapertura. Il 15 gennaio, in tutte le città italiane, era stata invece la volta dei ristoranti che con l’iniziativa Io Apro avevano forzato il blocco della nuova zona rossa. Avendo meno influenza politica e meno amici fra i giornalisti, i ristoratori hanno ricevuto tantissima pubblicità negativa. Ha fatto particolarmente scalpore un’iniziativa dell’editore Leonardo Facco (il cui libro Coronavirus: stato di paura è stato recentemente rimosso dal catalogo Amazon): con una cinquantina di amici e sostenitori del suo Movimento libertario, è andato a cena in un ristorante di Modena il 30 gennaio. Una cena è ormai considerata un atto di grave insubordinazione e, benché l’iniziativa abbia ottenuto il plauso anche su siti d’oltre oceano (di orientamento libertario e conservatore), in Italia ha attirato le ire di giornalisti e commentatori, con accuse di diffusione deliberata della pandemia e sollecitazione di interventi delle forze dell’ordine. Per dimostrare che non c’è stata alcuna diffusione, deliberata e non, della pandemia, l’editore lombardo ha ripetuto l’iniziativa il 22 febbraio, dimostrando che tutti i partecipanti fossero vivi e in buona salute, così come i loro amici, parenti e conoscenti. A questo punto è scattata la censura di YouTube, che ha rimosso video e commenti.
Sono significative le motivazioni scritte della rimozione. Non solo il video viola gli standard della community, ma proprio: “YouTube non tollera contenuti che mettano in discussione l’efficacia delle linee guida fornite dalle autorità sanitarie locali o dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) in relazione alle misure di distanziamento sociale e autoisolamento e che possano portare le persone ad agire in contrasto con tali linee guida”. Le parole sono importanti. YouTube “non tollera” contenuti che “mettono in discussione” un’autorità statale ed una sovranazionale. Può anche darsi che una linea sia sbagliata: l’Oms inizialmente non approvava l’uso delle mascherine e fino a marzo 2020 si opponeva alla strategia di test a tappeto con i tamponi. Ma l’utente deve comunque obbedire [com’era quella cosa? Ah sì: credere obbedire combattere. E per Benito Mussolini eia eia alalà]. Nel caso specifico, in Italia è permesso pranzare in un ristorante, ma una cena, come quella organizzata dall’editore Facco, nelle stesse condizioni e con uguale numero di persone, è considerata sovversiva. Non si può affermare (e dimostrare) che le linee guida siano contraddittorie.
Suonavano già ambigue le parole di Susan Wojcicki, amministratrice delegata di YouTube, quando, il 23 aprile annunciava che la piattaforma avrebbe eliminato notizie “prive di fondamento scientifico” e faceva alcuni esempi: “C’è gente che consiglia di prendere la vitamina C o la curcuma, perché ‘ti cureranno’”.* Abbiamo dunque l’amministratrice di un social che si erge già a medico e giudice pronta a tracciare una riga su ciò che (al momento) è ritenuto disinformazione su una malattia che, allora, conoscevamo da appena tre mesi. Si poteva ben immaginare come questo criterio si sarebbe poi esteso, senza freni, dalla medicina alla politica di contenimento della pandemia. Quindi non solo a una materia empiricamente verificabile, ma anche ad una serie di scelte politiche.
Il problema di fondo, poi, è che, non solo a causa della pandemia di Covid, ma anche a seguito delle elezioni presidenziali americane, la censura è stata completamente sdoganata. Viene accettato come “fatto privato” ed apprezzabile l’oscuramento dell’account Twitter di un ex presidente e la censura online di tutti i suoi post quando era ancora in carica e competeva per la rielezione. Ormai limitare la libertà di opinione, anche quando non viene violata alcuna legge, è diventato possibile e i giornalisti sono fra i primi a chiedere ancora più censura. Basta invocare la minaccia dell’argomento “privo di fondamento scientifico” o, nel caso delle elezioni “privo di prove” per far scattare l’oscuramento.
Un’altra ossessione è diventata quella dei contenuti “razzisti”. Gli algoritmi che permettono di individuare e rimuovere un video giudicato offensivo per qualche minoranza sono talmente onnicomprensivi che, questa settimana hanno portato alla rimozione di un video di scacchi. Perché “il bianco attacca il nero”. Il verbo “attaccare” è comunque a rischio censura, figuriamoci se poi è accompagnato da termini ormai sensibili come il bianco e il nero. Ma queste cose avvenivano solitamente solo in Cina, almeno fino al decennio scorso, quando i locali algoritmi rimuovevano tutte le cifre e i termini che potessero ricondurre a informazioni sgradite sul massacro di Piazza Tienanmen. Ma era Cina, appunto, un regime totalitario. Se i social network iniziano a comportarsi così anche nel mondo libero?
Paradossalmente, si usano ancora i termini cattolici per descrivere la tendenza censoria, come “inquisizione” o “indice”. Però sono i cattolici fra le prime vittime di questa tendenza oscurantista. Basti pensare come il sito Life Site News, contrario all’aborto, sia stato improvvisamente privato del suo popolare canale YouTube, uno scherzetto che è costata loro la perdita improvvisa di più di 300mila followers. Ed è difficile, adesso, stabilire quali siano i nuovi limiti del censore. Tutti noi siamo a rischio. Stefano Magni, qui.
* Qualche tempo fa ho visto su YT un video in cui veniva spiegato che mangiando tre o quattro teste d’aglio al giorno si guarisce dal cancro al cervello gola esofago stomaco intestino retto ano polmoni reni fegato vescica seno prostata ovaie pelle linfoghiandole – e se ne manca qualcuno è solo perché io l’ho dimenticato. E, per inciso, l’unica preoccupazione della stragrande maggioranza dei commenti era “Ma per l’alito come si fa?” Perché c’è in giro gente talmente scema che se gli dici che mangiando rane vive si diventa ricchi quelli lo fanno. E nessuna autorità contestava la mancanza di documentazione scientifica traendone motivo per rimuovere il video seduta stante. Comunque mi sembra più che evidente che non è questione di mancanza di documentazione scientifica nelle critiche ai provvedimenti anti covid, o di mancanza di prove nelle accuse di brogli elettorali, e non si tratta di YT o FB o twitter o del conduttore televisivo che silenzia il proprio presidente della repubblica: si tratta dell’assassinio della libertà di pensiero, parola e stampa perpetrato di comune accordo da chiunque abbia il potere di farlo. Praticamente così:
Gli ospedali intasati Luigi Cavanna ci spiega perché sono intasati, e perché non dovrebbero esserlo.
«Il covid si cura e si cura a casa. Svuotate gli ospedali»
In maggio conquistò la copertina del Time per la cura domiciliare del covid. Oggi il dottor Luigi Cavanna dell’ospedale di Piacenza è in prima linea per dire che «dobbiamo svuotare gli ospedali». «Prima capiamo che il coronavirus va curato a domicilio, prima risolveremo questa pandemia. La risposta ospedalo-centrica è sbagliata». La Bussola intervista l’oncoematologo: «I malati abbandonati chiamano il Pronto soccorso e gli ospedali si riempiono. È l’errore da evitare». I 5 stadi del covid e fin dove può spingersi il medico a casa. «Oggi si ricovera per polmoniti lievi, ma fino a livello tre si può gestire nelle abitazioni. Il governo ripensi l’assistenza sul territorio subito se non vuole trovarsi a curare nelle chiese».
«Il covid si cura e si cura a casa. Il governo deospedalizzi i ricoverati, la situazione è critica perché si stanno riempiendo i reparti senza criterio e senza considerare che le stesse cure le possono ricevere a casa». Il dottor Luigi Cavanna, primario di oncoematologia all’ospedale di Piacenza fino a pochi giorni fa era un eroe. La copertina che gli aveva dedicato a maggio il Time per le sue cure domiciliari ai malati di covid lo proiettava nell’alveo dei “medici esemplari”. Ma è bastato che ricevesse le attenzioni stizzite del professor Burioni per essere coinvolto nelle stucchevoli polemiche tra scienziati. Ma Cavanna non è mai cambiato: ha continuato a fare quello che faceva dal 21 febbraio, da quando, come dirà in questa intervista alla Bussola «il covid ci ha sconvolto la vita». Ed è a Piacenza che la Bussola lo ha incontrato, col camice bianco e le chiavi della macchina pronte per partire da un nuovo malato. Rigorosamente a casa.
Professore, si è fatto un’idea della polemica con Burioni? Ma la polemica l’ha ingaggiata lui, non io. E comunque io non ho problemi, sono al mio posto a curare il covid, come sempre.
Perché ce l’aveva con lei? Senta, io faccio l’oncologo e Burioni è fuori dal mio ambito di comunità scientifica.
Eppure, si è lamentato per l’uso della idrossiclorochina perché lei non avrebbe – dice lui – mai pubblicato nulla. Sciocchezze. Nessuno ha pubblicato ancora nulla. La comunità scientifica ha bisogno di tempi lunghi, di verifiche, di follow up, di comparazioni. E noi stiamo parlando di un virus che qui in Occidente non ha neanche un anno di vita.
E quindi quello che si dice del covid a livello scientifico? Il 21 febbraio ci è arrivata in testa una condizione mai conosciuta prima, che ci ha stravolto la vita. Quindi applicare una metodologia di risposta ordinaria a una cosa straordinaria è assurdo e sbagliato dal punto di vista medico. Ma mi faccia dire una cosa sulle mie pubblicazioni scientifiche.
Prego. Nella mia vita professionale e lavorando non a Houston, ma a Piacenza, sono riuscito a produrre più di 250 lavori scientifici censiti. Ma per il covid ho scelto un’altra strada, più diretta e concreta utilizzando i media generalisti.
Per dire cosa? Che più velocemente ci rendiamo conto che il covid va curato a domicilio, prima risolveremo questa pandemia.
Veniamo allora alla sostanza. Primo: il covid è una malattia infettiva che provoca come complicanza la polmonite. Più precocemente viene curata, più si hanno risultati buoni e meno le persone peggiorano e questo lo abbiamo toccato con mano.
Lapalissiano… Non per tutti. In tv sento parlare di pronto soccorso e reparti che scoppiano.
I dati che ci forniscono sembrano quelli… Ma se di fronte a una malattia virale dai una risposta ospedalo-centrica sbagli tutto. Noi ce ne siamo accorti.
Quando? Già ai primi di marzo ci siamo resi conto che in ospedale arrivavano centinaia di malati e questi erano tutti – e dico tutti – con una storia di tosse, febbre e mancanza di fiato che durava da giorni. La gente era a casa, non guariva e poi ad un certo punto non resisteva più e andava al Pronto Soccorso disperata. Così veniva ricoverata, intubata e poteva capitare che morisse.
È la storia di marzo e aprile. Da lì per noi è scattato l’uovo di Colombo. Ci siamo chiesti: ma queste persone quando sono in ospedale che cura ricevono? Somministravamo inizialmente antivirale e idrossiclorochina mattina e sera, tre pastiglie e ci siamo detti: ma se noi queste pastiglie le diamo 15 giorni prima può cambiare qualcosa? Possono non intasare gli ospedali? Se portiamo queste cure a casa non è meglio? Così siamo partiti con una squadra.
Somministrazione precoce alla comparsa dei primi sintomi? Fon-da-men-ta-le! I cinesi dicono che se gli antivirali sono somministrati precocemente molto facilmente non si innesca quel processo infiammatorio che si chiama “tempesta citochinica”. Abbiamo visto che se si interviene precocemente si blocca la risposta iper-immunitaria e i polmoni non vengono devastati. E quando poi abbiamo scoperto i benefici dell’eparina abbiamo chiuso il cerchio.
Arrivati nelle case? Abbiamo cominciato ad andare nelle abitazioni a Piacenza con una metodica approvata: un medico e un’infermiera con un ecografo e il tampone: fatta la diagnosi di covid lasciavamo un saturimetro e i farmaci. In questo modo abbiamo curato tante persone con una risposta favorevole. Dopo 15 giorni, abbiamo rafforzato le equipe e siamo arrivati a sette su tutto il territorio di Piacenza.
Quanti pazienti avete raggiunto? 300.
E quanti morti? Zero.
Zero? Sì, stiamo monitorando il follow up dei 30 e 60 giorni per la pubblicazione scientifica, ma il risultato è quello.
Ha parlato dell’idrossiclorochina. A che punto è il blocco? Ho visto che Panorama ha promosso una raccolta di firme, sono già 8000, di medici che chiedono all’AIFA di rivedere le proprie posizioni.
Quanto è importante la clorochina nella cura del covid? Moltissimo perché ha anche una proprietà immunomodulante oltre che antinfiammatoria. Il nostro organismo reagisce al coronavirus provocando più anticorpi e questo crea la tempesta di cui parlavo prima ed è quella che porta all’aggravarsi della malattia, la clorochina aiuta a regolare la risposta autoimmunitaria del nostro corpo.
Perché allora l’hanno bloccata? Sulla base di uno studio che si riferiva a complicanze da sovradosaggio, ma qualunque farmaco sovradosato è un veleno. Lo dice la parola stessa. Il nostro dosaggio non ha mai portato a complicanze.
È vero che il virus è più debole? E’ verosimile, ma questo lo devo dire sottovoce perché non abbiamo ancora le prove. Però è un’evidenza che condividiamo tra medici e soprattutto tra radiologi. Quello che mi sento di dire è che oggi abbiamo una forma di covid che se curata in tempo con cortisone e antibiotico si guarisce.
Ecco, veniamo alle cure. Perché l’antibiotico se si tratta di un virus? Anzitutto per evitare le conseguenze di sovra infezioni batteriche, ma anche per un altro motivo.
Quale? Noi somministriamo azitromicina, che è un antibiotico con azione antivirale.
Veniamo alla domanda di questi giorni. Perché si arriva in ospedale? Perché manca una linea guida a livello centrale che dica: se il malato ha febbre fino a 38 chi lo va a visitare a casa? Nella nostra realtà ci vanno le USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale), ma non è così in tutt’Italia. I medici di base non hanno protocolli dato che cambiano tutti i giorni. Allora i malati chiamano il Pronto soccorso. È questo l’errore da evitare. Lo ripeto: bisogna curarli a casa. Andando al Pronto Soccorso sa che succede?
Cosa? Che vengono ricoverati mentre non andranno in ospedale quelli che hanno il cancro o l’infarto o l’ictus con gravi ripercussioni su una fetta di patologia umana.
Quanti malati avete in ospedale a Piacenza? Pochi, comunque gestibili perché cerchiamo di evitare che arrivino nei nostri reparti, non ce ne sono tanti. Il nostro Pronto Soccorso nello scorso fine settimana non ha ricevuto malati, è la fortuna di lavorare sul territorio.
Per curare a casa però ci vorrebbe un protocollo che non c’è. Non è vero. I decisori al governo devono smetterla di continuare a parlare di terapie intensive, devono cominciare a dire “curiamoli a casa” altrimenti dovremo riempire le chiese per curarli.
Come si fa a capire se uno può essere curato a casa? I cinesi hanno codificato cinque stadi. Il primo è quello di della forma asintomatica o paucisintomatica chiamata Mild (blanda).
Cura? Nessuna.
Il secondo stadio? Polmonite semplice. Qui si interviene con idrossiclorochina, quando finalmente tornerà possibile e spero presto. In più azitromicina e cortisone, che può essere desametasone o prednisone.
Niente ossigeno? No. Quello è previsto col terzo stadio, che è la polmonite di moderata gravità.
E si va in ospedale? No! Ossigeno a domicilio, è sufficiente avere un care giver che si prenda cura del malato a casa. Solo col IV e V stadio, rispettivamente forma severa e quella di pre-collasso, allora si va in ospedale. Come vede la diagnosi medica è fondamentale, non stiamo parlando di automedicazione.
Quindi lei cura a domicilio fino al terzo stadio? Sì.
E oggi in Italia a che stadio di arriva in ospedale? Già al secondo stadio. Capisce perché così non si può continuare? In ospedale arrivano malati che possono e devono essere curati a casa. Bisogna invertire immediatamente la tendenza e domiciliare il più possibile il malato.
Che cosa ha detto la comunità scientifica della vostra terapia domiciliare? I dati devono ancora essere pubblicati, ma posso solo dire che nel mio ambito, l’AIOM, l’associazione italiana di oncologia medica, mi premierà per aver fatto questa attività. È un premio che mi fa onore, alla memoria di un grande oncologo, Dino Amadori uno dei padri dell’oncologia italiana.
Come si giustifica questo incremento di contagi? Fisiologico, è la stagione.
Non c’entrano i nostri comportamenti di quest’estate? No
Perché? Perché i tempi di incubazione sono di massimo 15 giorni, deve essere stata un’estate molto lunga se i contatti di luglio e agosto si manifestano adesso, non trova?
Come diceva Bassetti già mesi fa, il governo ha fatto di tutto per terrorizzare la gente, e la conseguenza sarà che al primo raffreddore si precipiteranno tutti all’ospedale e in brevissimo tempo tutti gli ospedali saranno sull’orlo del collasso: fin troppo facile profeta. E a che livello possano arrivare gli effetti di questo terrorismo di stato accuratamente pianificato e meticolosamente attuato da mesi, lo possiamo vedere in questa testimonianza di Angela Francesca Molina, neuropsichiatra infantile, che ci dice anche alcune altre cose interessanti
QUINDI non è vero che la situazione sta ridiventando drammatica, e non è vero che gli ospedali si riempiono a causa di questa presunta drammaticità della situazione: si riempiono perché il governo, con la complicità dei mass media di regime, hanno terrorizzato la popolazione, e le personalità più fragili – come mostrato nel video della cartella verde – si lasciano portare dalla corrente (per quanto mi riguarda, se mi dovessi ammalare, fino a quando riuscirò a respirare da sola mi chiudo in casa, mi prendo le dosi adeguate di antibiotici e cortisone, non dico a nessuno che sono ammalata perché in quel tritacarne non ci voglio finire, e resterò qui fino a quando non sarò guarita. Per tornare a uscire userò il criterio che vale in tutto il mondo civile – e dunque non in Italia – e cioè dopo il quinto giorno senza sintomi mi considererò non più contagiosa e tornerò a uscire). E non solo non è vero che il divieto di praticare sport porterà un miglioramento della situazione sanitaria ma, al contrario, farà solo danni immensi.