DENTRO E FUORI

Cominciamo dal fuori, che si fa prima.

La vera variante inglese: sui vaccini il modello è quello del “negazionista” Johnson

Vuoi vedere che aveva ragione Boris Johnson? Il piano di vaccinazioni inglese corre a tutta velocità dopo lo smarcamento di Londra dall’Unione europea e nel Regno Unito si parla di fine del lockdown, progetti per le vacanze estive, ripresa dell’economia, mentre la sterlina è ai massimi da tre anni. Un mondo di distanza rispetto a come la Commissione Von Der Leyen ha pasticciato sulle dosi e sui contratti con le case farmaceutiche: infatti mentre Israele, Regno Unito e Stati Uniti volano, Berlino, Parigi e, ahinoi, Roma restano ferme al palo.
Con oltre 18 milioni di vaccinati il Regno Unito vede la fine del terzo lockdown, istituito ormai due mesi fa, dopo la scoperta della cosiddetta “variante di Kent”, e l’allentamento delle restrizioni introdotte per contenere il Covid. Prime tra tutte il rientro a scuola a partire dall’8 marzo. Dal 29 marzo sarà possibile incontrare fino a 6 persone diverse da quelle del nucleo famigliare. Misure prese con cautela ma che segnano un parziale ritorno alla normalità. Nei mesi scorsi il leader Tory era stato sottoposto a pesanti critiche che avevano fatto salire la tensione in un partito in maggioranza anti-chiusurista. Tra i membri del Covid Group si era parlato anche di sfidare la leadership di BoJo. Steve Baker aveva prima scritto una lettera in cui paventava un nuovo contest per stabilire un percorso che avrebbe portato a sfidare Johnson, e poi aveva ritrattato sostenendo che Johnson fosse la migliore guida per i Conservatori in questo momento.
Il successo del piano vaccini ha riportato i Conservatori in vantaggio di 5 punti nei sondaggi, una cosa che non si vedeva da prima dell’estate. Mentre allo scoppio della pandemia il premier appariva titubante e quasi restio a prendere delle decisioni gravi ma per il bene del Paese, ora Johnson appare come un leader lungimirante, che aveva visto prima di tutti come le vaccinazioni fossero l’unica via d’uscita dalla pandemia. Dalla leadership nel Gavi a quella nel G7 – dove il Regno Unito si è anche speso per la fornitura dei vaccini in esubero ai Paesi in via di sviluppo – il “modello inglese” sta facendo il giro d’Europa, tanto che pare che pure il neo presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, guardi a Londra per dare un’accelerata al piano italiano.
Sembrano passati secoli da quando il Guardian titolava “Con la Brexit i vaccini arriveranno in ritardo nel Regno Unito”, e la stampa europea accusava, ingiustamente, Johnson di “negazionismo”, deridendo il suo piano vaccini con titoli come “Gli scimpanzè rigettano i vaccini di Johnson” (sic). Ora anche gli inglesi più filo-europei stanno iniziando a vedere il lato positivo dell’uscita dall’Unione europea.
Johnson è lieto di passare la palla della crisi interna a Sir Keir Starmer, il leader del Labour. Starmer è apparso sulle tv britanniche per tutto il week-end, dalla Bbc a Sky News, per ribadire la credibilità della sua leadership e del suo nuovo corso centrista, post-Brexit e patriottico. All’interno del movimento il rinnovo nelle cariche del maggiore sindacato affiliato ai laburisti, Unite, sta mettendo sul piede di battaglia la sinistra che si rifà all’ex leader Jeremy Corbyn. Starmer, che in aprile festeggerà il suo primo anno da Leader dell’Opposizione, sembra faticare a tenere insieme riformisti che si ispirano alla Società Fabiana e a Compass, e i radicali come l’ormai ex leader di Unite, Len McCluskey. Un report interno al Labour avverte: per vincere nel 2024 servirà un miracolo.
Daniele Meloni, 22 Feb 2021, qui.

Un miracolo, o delle miracolose macchinette da voto: funzionano che è una meraviglia.
E passiamo al dentro. Dentro la famigerata UE, ovviamente.

Un anno di Covid in Italia e i nemici della libertà sono sempre gli stessi: il virus, la paura e gli ipocriti

La notte del 21 febbraio 2020 viene accertato il primo caso italiano di positività al Sars-Cov-2: Mattia Mestri, 38 anni, ricoverato all’ospedale di Codogno.
Di lì a poche settimane, l’Italia avrebbe affrontato un evento di portata storica, senza dubbio il più drammatico dall’inizio della storia repubblicana: il lockdown.
In un primo momento, la misura viene circoscritta a determinate zone con un indice di trasmissibilità (Rt) stimato tra 2 e 3 (l’intera Lombardia insieme a molte province emiliane, venete e piemontesi), interessando un totale di circa 15 milioni di italiani. 
Nonostante tutto, ben presto ci si accorge dell’inefficacia dei provvedimenti. Nella notte tra il 7 e l’8 marzo, esattamente alle 2.30 e dopo ore di panico che hanno portato folle di italiani a salire su qualsiasi treno diretto verso Sud, il premier Giuseppe Conte decide di estendere le restrizioni a livello nazionale, ufficializzando il lockdown totale nazionale l’11 marzo.
Si può uscire – rigorosamente con autocertificazione alla mano – solo per comprovate esigenze di lavoro, di salute e per andare al supermercato. Qualsiasi evento pubblico è sospeso ed il motore produttivo del Paese viene spento.
Nonostante le iniziali rassicurazioni – il 27 gennaio Conte si presentava in televisione da Lilli Gruber esclamando il celebre “siamo prontissimi!” – nulla era stato pianificato: non ci sono mascherine, respiratori, camici, il piano pandemico è aggiornato al 2006 e le strutture sanitarie sono impreparate. 
Solo pochi giorni prima, i memorabili hashtag – ben presto scomparsi dai social – #AbbracciaUnCinese e #MilanoNonSiFerma, accompagnati dall’aperitivo a Milano del segretario del Pd Nicola Zingaretti (tra i primi politici a contagiarsi) e dalle foto al ristorante dei sindaci di Bergamo e Cremona, rispettivamente Giorgio Gori e Gianluca Galimberti. 
In questo contesto, il presidente della Lombardia Fontana, subito dopo la notizia della positività di una sua collaboratrice, appariva in un video indossando una mascherina chirurgica. Inutile ricordare le reazioni di giornali e politica: ondate di sdegno e Fontana colpevolizzato per aver contribuito a diffondere l’immagine dell’Italia come “Paese untore”.
Come ben sappiamo, pochi giorni dopo sarebbe cominciata la caccia mediatica (e non solo) all’untore senza mascherina, al runner e a chi portava a spasso il cane oltre 200 metri da casa.
Al di là di questi incredibili scivoloni ormai passati nel dimenticatoio, il coronavirus non ha innescato solamente la più grande crisi sanitaria dalla fine del secondo conflitto mondiale, ma ha creato una fortissima saldatura tra i due più grandi traumi del XXI secolo: l’attentato alle Torri Gemelle e la crisi economica del 2008.
Il primo fu un atto sconvolgente che mise a nudo le fragilità – anche della più grande democrazia occidentale – sul piano della sicurezza, mentre il crash finanziario certificò le nostre debolezze sotto il profilo economico (tristemente celebre è la foto del pensionato greco che piange davanti ad una banca di Salonicco).
La pandemia riassume malvagiamente il tutto: la facile perdita della libertà e della sicurezza, uno shock sanitario senza precedenti, un tracollo economico che ha trascinato nel baratro 500.000 imprese, oltre ad un milione di italiani che si trovano oggi in povertà assoluta. Dopo un anno di pandemia, i nemici sono sempre gli stessi di 12 mesi fa: il virus e la paura.
Matteo Milanesi, 22 Feb 2021, qui.

No, caro Milanesi: IL nemicO è sempre lo stesso: il governo. E dopo 13 mesi di dittatura terrorista sarebbe ora che ci ribellassimo davvero, altro che mettere a Palazzo Chigi un’altra marionetta al posto della marionetta di prima da parte del burattinaio di sempre. E per l’Italia

barbara

FACCIAMO IL PUNTO DELLA SITUAZIONE, PARTE QUARTA E (FORSE) PENULTIMA

Oggi mi occupo esclusivamente di scienza, ossia di cose che io, sulla base del buon senso, dico da sempre e che adesso dice – e documenta – anche la scienza.

Sottovalutati gli effetti negativi del lockdown e il terrorismo mediatico. Parla il dottor Samadi

di Daniele Meloni, 1 Set 2020

Il dottor David Samadi, americano cresciuto nella comunità ebreo-persiana di Teheran prima di essere costretto alla fuga dalla Rivoluzione Islamica del 1979, è a capo della Chirurgia Robotica presso l’Ospedale Lenox Hill ed è una delle voci che più si è distinta per ragionevolezza e competenza in questi mesi in cui la crisi legata alla pandemia del coronavirus ha diviso l’America e la sua politica come non mai. Atlantico Quotidiano lo ha intervistato.

DANIELE MELONI: In passato, quando il presidente Trump ha suggerito che il coronavirus avrebbe potuto essere eliminato dai raggi UV, i media hanno ridicolizzato le sue frasi e lo hanno deriso. Di recente abbiamo visto che non era una cosa del tutto peregrina. Perché gli esperti stanno cambiando idea?

DAVID SAMADI: L’uso degli ultravioletti per eliminare i virus e i batteri è roba vecchia di cent’anni, non è nulla di nuovo negli ospedali. Ha ottenuto un buon successo nel combattere l’influenza H1N1 e altri coronavirus come il SARS-CoV e il MERS-CoV, così ora c’è un rinnovato interesse nel loro utilizzo in posti come le scuole, i ristoranti e gli uffici, per ridurre la trasmissione del virus. La gente vuole tornare alla normalità e abbandonare la “nuova normalità” post-Covid. Le ricerche si stanno attivando riguardo alla possibilità di installare unità di raggi UVF per decontaminare l’aria negli spazi pubblici e anche la possibilità di utilizzare un’altra onda di raggi chiamata UVF-222 o Far-UVF che si crede possa avere meno effetti sulle cellule umane. Credo che questi dispositivi abbiano un grande potenziale per l’eliminazione di virus come il Covid-19 e sono la nostra più grande speranza per tornare alle nostre vite pre-Covid.

DM: Molte persone hanno visto solo gli aspetti positivi del lockdown ma la realtà è che ha avuto un effetto terribile sull’economia e sulle persone. Pensi che gli aspetti sociali e psicologici del lockdown siano stati sottovalutati?

DS: Sì, certamente. La pandemia è diventata una crisi sia epidemiologica sia psicologica. All’inizio il focus era su chiudere tutto e mettere in quarantena quante più persone possibile con l’intento di non affollare gli ospedali con i pazienti del coronavirus. Le intenzioni erano buone ma deleterie sul lungo termine. In una società libera il lockdown non può che avere effetti negativi sulla psiche delle persone. I media hanno diffuso paura e negatività costantemente, ripetendo le varie misure di precauzione (indossate le mascherine, lavatevi le mani, distanziatevi) senza alcuna menzione degli aspetti legati alla salute mentale. E i dati che abbiamo ci raccontano di un aumento di suicidi, utilizzo di alcool e droghe, molestie e crimini. Vivere in isolamento cambia la vita e inficia il benessere di ciascuno di noi. Ora ci si sta occupando anche di questo ma avremmo dovuto essere vigili sin dall’inizio, calibrando meglio i messaggi. Soprattutto quelli mediatici.

DM: Come si uscirà dalla pandemia?

DS: Nessuno può dirlo con certezza. Il Covid-19 è un nuovo coronavirus, non sappiamo come e quando se ne andrà. In passato le pandemie legate alla suina o all’H1N1 sono durate dai 12 ai 36 mesi. Anche se ora siamo molto più preparati nelle cure del Covid-19 rispetto all’inizio della sua diffusione, c’è ancora molto da imparare riguardo a esso. Credo che nel 2021 ci sarà un vero e proprio progresso riguardo alla lotta al virus. Il modo più semplice per uscire dalla pandemia è legato all’immunità di gregge. Questa si ottiene in due modi: o lasciando il virus circolare naturalmente nella maggioranza della popolazione e facendo sì che si sviluppino anticorpi che porterebbero all’immunità. Purtroppo, con questo metodo si rischia un numero di vittime molto elevato e la nostra società non è disposta a tollerarlo. Oppure si può uscire dalla pandemia grazie allo sviluppo di un vaccino efficace contro il virus. In questo modo si raggiungerebbe l’immunità di gregge più velocemente e con meno vittime. Una volta che il vaccino è sviluppato si tratterebbe solo di calibrare la sua distribuzione e la graduatoria delle persone che dovrebbero essere vaccinate per prime.

DM: Pensi che il coronavirus abbia esposto la presenza di un problema di fondo della sanità americana? L’Obamacare è servito a qualcosa?

DS: Sicuramente il nostro sistema sanitario ha dei problemi, ma voglio rilevare che come Paese l’America tutte le volte che si è trovata di fronte a problemi monumentali ha sviluppato delle soluzioni creative e all’avanguardia, ampliando il suo know-how nel sistema sanitario. Lo scoppio della pandemia ha colto di sorpresa tutti, non solo l’America. I problemi avuti qui legati alla mancanza di camici, guanti e mascherine per gli operatori sanitari, quella dei ventilatori nei reparti di terapia intensiva e la dipendenza dalla Cina in farmaci come gli antibiotici e l’aspirina sono stati evidenti. Dobbiamo far sì che la produzione di questi elementi fondamentali per combattere il Covid torni sul suolo americano. Un altro problema è legato alla telemedicina e alle leggi ormai fuori dai tempi che la regolano. L’Affordable Care Act – meglio conosciuto come Obamacare – ha manifestato tutti i suoi difetti. Non è un’assicurazione sanitaria sul modello europeo che copre tutte le persone: per molti la sanità rimane off-limits o comunque troppo onerosa. Specialmente per la working class, che avrebbe dovuto beneficiare al massimo dall’Obamacare. (qui)

Questo secondo articolo lo metto nella versione del traduttore automatico, per chi ha qualche problema con l’inglese; l’originale lo trovate qui.

Un nuovo studio mostra che i blocchi di COVID-19 sono 10 volte più letali del virus stesso

Di Debra Heine •31 agosto 2020

I blocchi di COVID-19 hanno ridotto la durata della vita degli americani molto più del virus stesso, ha scoperto un nuovo studio che apre gli occhi.
Secondo lo studio, commissionato da Revolver News, i blocchi del Coronavirus sono dieci volte più mortali per i cittadini americani rispetto all’attuale virus COVID-19 e hanno devastato la stabilità finanziaria e sociale a lungo termine.
Attingendo agli studi economici esistenti sugli effetti sulla salute della disoccupazione, lo studio Revolver ha cercato di quantificare il danno netto dei blocchi in termini di una metrica nota come “anni di vita” e ha confrontato quel numero con quante vite saranno state salvate dal blocchi.
… Abbiamo scoperto che si stima che 18,7 milioni di anni di vita andranno persi negli Stati Uniti a causa dei blocchi del COVID-19. L’analisi dei dati comparativi tra le nazioni mostra che i blocchi negli Stati Uniti hanno probabilmente avuto un effetto minimo nel salvare anni di vita. Utilizzando due diversi gruppi di confronto, stimiamo che i blocchi di COVID-19 negli Stati Uniti abbiano risparmiato tra un quarto e tre quarti di milione di anni di vita.
Il notiziario ha affermato che i risultati dello studio confermano che “le misure di blocco del COVID-19 che gli americani hanno dovuto sopportare per la maggior parte del 2020 rappresentano una delle misure politiche più drammatiche, consequenziali e dannose intraprese nella storia di questa nazione. “
I risultati sono a dir poco sbalorditivi e suggeriscono che i blocchi finiranno per costare agli americani oltre 10 volte più anni di vita quanti ne risparmieranno dal virus stesso.
I blocchi sono stati ampiamente accettati fin dall’inizio come precauzione temporanea per rallentare la diffusione del virus e salvare vite umane, ma con il passare del tempo, molte persone hanno notato un doppio standard in termini di applicazione, con regole diverse per gruppi diversi in base a criteri politici. affiliazione. Man mano che emergono nuovi dati che mostrano che il virus è meno letale di quanto inizialmente pensato, gli americani che hanno subito gravi conseguenze economiche si sentono sempre più ribelli.
I media hanno costantemente diffuso cattive notizie sul virus, provocando paura e panico tra la popolazione, ma come ha recentemente ammesso il New York Times, il conteggio giornaliero dei casi annunciato dal MSM è stato estremamente impreciso.

Anche il conteggio dei decessi del corononavirus è stato enormemente gonfiato.
Dati recenti dei Centers of Disease Control and Prevention (CDC) indicano che solo un numero minuscolo di americani è morto a causa del solo coronavirus.
Un’analisi dei decessi tra il 2/1 e il 22/8 2020 ha rilevato che solo il 6% dei decessi per COVID-19 negli Stati Uniti si è verificato in persone senza comorbidità.

[A questo proposito, come ho sempre fatto, anche qui faccio forte obiezione sulla faccenda del “solo virus”. Anch’io, quasi settantenne con una leggera ipertensione, verrei classificata come “morta con”, ma se non mi casca una tegola in testa, seguendo l’andamento famigliare mi aspettano ancora 20-25 anni di vita. E resta il fatto che raramente ci si ammala e si muore per un’unica causa (non viene il tumore ai polmoni solo per il fumo, non viene la cirrosi epatica solo per l’alcol, l’ipercolesterolemia non viene solo dall’alimentazione e l’ictus non viene solo dall’ipercolesterolemia), per cui non vedo perché questa precisazione debba essere fatta per il covid]

Il presidente Trump ha chiarito che si oppone a ulteriori blocchi devastanti, sottolineando nel suo recente discorso alla Convention nazionale repubblicana che hanno avuto un effetto devastante sulla vita di molti americani.
“Il costo della chiusura di Biden sarebbe misurato in aumento di overdose di droga, depressione, dipendenza da alcol, suicidi, attacchi di cuore, devastazione economica, perdita del lavoro e molto altro. Il piano di Joe Biden non è una soluzione al virus, ma, piuttosto, è una resa al virus “, ha dichiarato Trump.
Il candidato presidenziale democratico Joe Biden, nel frattempo, ha indicato che imporrebbe ulteriori blocchi se gli “scienziati” gli dicessero di farlo.

E infine questo delizioso articolo in cui si contempla il primo guru della pandemia, Roberto Burioni, eccellente virologo ma che pretende di occuparsi anche di campi in cui non è competente e, come il famoso ofelè milanese, quando non fa el so mesté toppa di brutto, fa previsioni cinofalliche che i fatti smentiscono, insomma, per dirla in buon italiano, spara cazzate a raffica; si contempla, dicevo, Roberto Burioni beccato a fare del terrorismo mediatico, presentando dei dati in modo tale da farli sembrare l’esatto contrario di quello che effettivamente dicono, e quando un lettore glielo fa notare, che cosa fa? Elimina democraticamente la critica e, ancor più democraticamente, banna l’importuno critico. Requiescat.

barbara