C’era una volta Masada.
C’erano una volta gli scavi archeologici di Masada, che non finiscono di regalare sorprese.
C’erano una volta quattro semi di dattero, risalenti al tempo dell’assedio di Masada, circa duemila anni fa, ritrovati in una delle tante spedizioni archeologiche.
C’era una volta qualcuno che riteneva utile studiare i semi antichi.
C’era una volta e c’è ancora il kibbutz Ktora (o Ketora, o Ktura, o Ketura, che è anche il nome della seconda moglie di Abramo),
a nord di Eilat
nella valle dell’Aravà, ossia in pieno deserto.
Fondato nel 1973 da un gruppo di giovani sionisti americani, ampliatosi successivamente con l’arrivo di altri giovani di varia provenienza (nel 2015 si contavano 485 abitanti), si è specializzato nella sperimentazione sui semi, ossia nel selezionare i semi più adatti a svilupparsi naturalmente in un determinato terreno, clima, ambiente eccetera, oltre a sensibilizzare sui problemi ambientali, promuovere il riciclaggio e aprire un negozio dell’usato. Ma la cosa forse più singolare è l’industria high-tech delle alghe
(un compagno di viaggio ci ha spiegato che cosa succede dentro quei tubi, ma trattandosi di cose tecniche sulle quali la mia competenza è pari a zero, non mi ricordo più come funziona).
Ma torniamo a Masada, agli scavi archeologici, e a quei quattro semi di dattero vecchi di duemila anni trovati nel 1960 dall’archeologo Ygal Yadin durante lo scavo del palazzo di Erode. Un nocciolo, trasferito nei laboratori di genetica dell’università Bar-Ilan e poi di Gerusalemme, ha dimostrato di avere alcuni elementi ancora vitali e di appartenere a un tipo di palma estinto in Israele, conosciuto come la palma del deserto di Giuda. Così, come ci ha spiegato la pittoresca guida (pittoresco guido?) del kibbutz che doveva essere alto sui due metri-due metri e mezzo e che non aveva bisogno di microfono e infatti quelli più vicini ancora hanno i timpani che sbatacchiano come vele al vento dopo due mesi, è stato deciso, sia pure con scarsissime speranze, di tentare l’esperimento: il nocciolo è stato piantato, gli hanno dato fertilizzanti, vitamine, e anche brodo di pollo (chi è addentro alle cose ebraiche sa che è una battuta fino a un certo punto: il brodo di pollo, nel mondo ebraico, è considerato panacea per tutti i mali. E del resto sembra che non sia del tutto una leggenda, in quanto il brodo di pollo avrebbe determinati enzimi, diversi da quelli del brodo di manzo, efficaci contro raffreddore e influenza) e dopo un po’, nissei nissim, miracolo dei miracoli, la palma è nata! Ed eccola qui, recintata, vista la sua unicità, in tutto il suo splendore.
Nel frattempo è stato possibile determinare che si tratta di una palma maschio, e quindi giustamente denominata Matusalemme, e adesso, ha detto il suddetto pittoresco guido, si vorrebbe provare a piantare un altro di quei noccioli nella speranza che cresca una femmina, in modo da incrociarle e far rinascere la specie.
Per questo albero speciale, naturalmente, in occasione della benedizione sugli alberi non viene detto, come per tutti gli altri, “che hai creato buone creazioni e buoni alberi”, bensì “che resusciti i morti”.
barbara