Nella primavera del 1943, con l’obiettivo di regalare a Hitler per il suo compleanno una Berlino totalmente judenrein, furono arrestati alcune centinaia di ebrei sposati con donne non ebree o figli di matrimonio misto che fino a quel momento erano stati lasciati in pace. Subito le madri e le mogli di questi uomini si raccolsero davanti alla prigione, reclamando la liberazione dei loro congiunti. Erano donne. Erano, naturalmente, disarmate: sarebbe bastata una sventagliata di mitra per risolvere l’incidente. Ma la sventagliata di mitra non arrivò; al contrario, tutti gli ebrei arrestati furono liberati, e mai più toccati fino alla fine della guerra. Contro le proteste isolate la repressione era spietata, e sappiamo tutti fin troppo bene che cosa accadeva nei boschi dei territori occupati, oltre che nei campi di sterminio, ma mitragliare centinaia di persone in piena città era qualcosa che neppure la ferocissima Gestapo osava fare.
Ora, facciamo finta che qualche centinaio di parenti delle ragazze rapite dai Boko Haram, o delle yazide vendute come schiave per bordelli e affini da quelli dell’ISIS trovino il coraggio di presentarsi tutti insieme davanti ai rapitori delle loro congiunte e ne reclamino la liberazione: secondo voi come andrebbe a finire?
L’idea di questo confronto mi è venuta rispondendo a un commento a questo post.
Poi mi è capitato di trovare questa vignetta

che, anche se la proposta è un po’ diversa, direi che si sposa piuttosto bene con questo post.
barbara