La croce assassina è esattamente come la montagna assassina, la curva assassina, la nebbia killer: non esiste (e ogni volta che sento le suddette espressioni, la mano mi corre, come si suol dire, alla pistola). Esistono dei pazzi criminali che affrontano a 120 curve che ne tollerano sì e no 60. Esistono pazzi criminali che si buttano a 100 all’ora con una nebbia che non ci si vede a due metri. Esistono dei coglioni che affrontano la montagna senza conoscerla e senza esservi preparati. Ed esiste un coglione criminale che si immagina di poter sfidare la forza di gravità, e una banda mastodontici coglioni criminali che danno tutte le autorizzazioni necessarie (in un Paese in cui ti occorrono decine di scartoffie e anni di attesa per essere autorizzato a modificare di due centimetri il balcone di casa) e non ritengono neppure necessario recintare quella spada di Damocle sospesa sugli innocenti. Quando poi un sedicente giornalista ritiene di dover aggiungere e per una tragica coincidenza residente in via Papa Giovanni XXIII (che infatti se la vittima avesse abitato in via Massimo D’Azeglio, la famiglia ne sarebbe stata di molto ma di molto racconsolata, e lui molto meno dispiaciuto di dover morire), e il titolista, fulminato sulla via di Damasco da questa geniale osservazione, decide di riprenderla nel sottotitolo Per un’assurda coincidenza la vittima abitava in via Papa Giovanni XXIII, ecco, forse ripristinare la pena di morte sarebbe un pelino eccessivo, ma la tortura dell’olio bollente secondo me ci starebbe tutta. Ma proprio tutta. E ogni volta che qualcuno pronuncia o scrive le suddette espressioni che attribuiscono a cose inanimate e innocenti l’umana criminalità, una robusta martellata sull’alluce.
barbara