Inizio con questo incredibile cortocircuito mentale lettiero (e peccato che non avessi a disposizione un sostantivo femminile, che ne sarebbe venuta fuori una lettiera, piena del materiale giusto)
Tutti sappiamo che con Putin abbiamo la luce e con l’Europa che emana sanzioni a Putin e spende i nostri soldi per armare i nazisti restiamo al buio, e questa gigantesca testa di capriolo marinato non trova di meglio per indurci a votarlo, che mettere il buio dalla parte di Putin e la luce da quella dell’Europa. E con in più quella faccia che già da sola dovrebbe costituire reato.
Ho poi visto in giro l’osceno sciacallaggio sulla faccia di Darya Dugina che non sarebbe abbastanza distrutta: cioè? Nella macchina non c’era lei? C’era lei ma la macchina non è esplosa? Lei è morta ma di influenza? O che altro? Mai sentito parlare dei lavori di ricostruzione degli operatori funebri? E se l’esplosivo era sotto l’auto, non è logico che la potenza dell’esplosione l’abbia assorbita il corpo prima che arrivasse a devastare la testa – peraltro con varie parti coperte e coi segni della ricostruzione parecchio visibili. Sembrerebbe che qualcuno, leggendo male, abbia capito “fatti foste a viver come bruti”, senza anima, senza coscienza, senza cervello, per non parlare di umana pietà, bestie naziste dal cervello marcio e l’anima putrefatta.
Anche a Sebastopoli, in Crimea, si è celebrata la festa dell’indipendenza dell’Ucraina. Col proprio inno nazionale, naturalmente: quello russo, che purtroppo non posso mostrarvi perché non è condivisibile.
In Svezia intanto sono iniziati i sacrifici umani sull’altare della NATO Ma dopo avere sacrificato i figli altrui, si preparino a sacrificare i propri.
Al contrario del cattivissimo Orban che si preoccupa invece di fare gli interessi dell’Ungheria
UNGHERIA E NUCLEARE RUSSO – L’Ungheria ha autorizzato la costruzione del 5° e 6° blocco della centrale nucleare Paks-2. Alla fine del 2014, Russia e Ungheria hanno firmato un accordo per la costruzione di nuovi reattori presso la centrale nucleare di Paks secondo il progetto russo VVER-1200. La Federazione Russa ha concesso all’Ungheria un prestito fino a 10 miliardi di euro per il progetto Paks-2 e il costo totale dell’opera è di 12,5 miliardi di euro. (Qui)
Un po’ meno i coglioni che governano l’Europa “giusta”:
EXPORT TEDESCO, PROFITTO RUSSO – Rispetto alla prima metà del 2021, le esportazioni tedesche verso la Russia sono diminuite del 34,5%. Ma grazie all’aumento dei prezzi delle materie prime, in termini monetari le importazioni dalla Russia sono aumentate del 51%, sebbene l’afflusso di merci russe in termini fisici sia diminuito di un quarto. Tali dinamiche hanno portato a un deficit della Germania negli scambi commerciali con la Russia di 14 miliardi di euro (solo 2 miliardi di euro nel 2021). Le importazioni tedesche dalla Russia dovrebbero diminuire nella seconda metà del 2022, a causa dell’embargo sul carbone russo dal 10 agosto e sul petrolio dalla fine di quest’anno. (Qui)
Tornando ai nostri geniali politici abbiamo questa gentil donzella
che evidentemente ignora, tra le molte altre cose, il significato del prefisso “ri” (e, oltre a questo, l’idea che col nostro gas possiamo arrivare all’autosufficienza…).
E magari mettiamoci anche questo, che tra la faccia da ebete che ha pochi eguali nel panorama politico internazionale, e gli “argomenti” che porta non è che ti chiedi come abbia fatto ad arrivare in parlamento: ti chiedi come abbiano fatto ad affidargli le bibite allo stadio
Ah, e poi c’è quella faccenda che se soffrite lo stato – sempre più stati – è pronto ad aiutarvi. Ad eliminare la sofferenza? No: a eliminare voi. E se voi non volete? Beh, tanto peggio per voi.
E a questo punto concediamoci almeno un po’ di elegia
Dice l’Enrico che vuole rendere obbligatorio l’asilo. Evidentemente ha paura che a lasciarli fino a sei anni in mano ai genitori possano subire il lavaggio del cervello e imparare mostruosità che poi una volta ficcate in testa non gliele togli più, tipo che i bambini possono nascere solo dalla mamma e non dal papà, che Biancaneve è una bella fiaba, che lui non vale meno di un altro bambino solo perché è bianco, e altre simili bestialità, e dato che, come tutti sappiamo, prevenire è meglio che curare, bisogna intervenire prima che il disastro si consumi. E per commentare la geniale trovata lascio la parola a Giulio Meotti.
Vogliono le materne di stato obbligatorie per fare lo svezzamento al conformismo
Non per insegnare a leggere e scrivere prima, ma per anticipare il lavaggio del cervello come già succede in America, Canada e Nord Europa. L’Italia è meravigliosamente arretrata e così deve restare
Il segretario del PD, Enrico Letta, ha chiesto l’estensione della scuola obbligatoria ai bambini della materna. E ha ragione chi fa notare ai suoi critici che è “in linea con la tendenza europea”. La domanda è un’altra: perché anticipare la scuola di stato, che fin dalle elementari è pesantemente politicizzata? Per insegnare a leggere e scrivere prima del tempo? O c’è altro in questa “tendenza”? In Svezia, racconta il New York Times, gli asili nido pubblici sono “neutri” al gender. A Nicolaigarden, per citarne uno, un asilo accanto al Museo del Premio Nobel per la Pace a Stoccolma, le bandiere arcobaleno adornano le pareti, i maschi spingono i passeggini e le femmine giocano con il trattore, ci sono le bambole senza sesso, una triste, l’altra felice, e ovviamente nessuno viene chiamato “mamma” o “papà”. Il governo della Scozia ha da poco introdotto linee guida obbligatorie per la scuola descritte dal Telegraph: “Dai quattro anni si può cambiare genere a scuola senza il consenso di madre e padre”. Il Times racconta che nelle scuole d’Inghilterra dai cinque anni i bambini sono esposti alla teoria transgender. Il governo socialista in Francia l’ha chiamato “ABC dell’uguaglianza di genere“. Ai bambini delle scuole materne sono stati consegnati libri come Papa porte une robe (Papà indossa un abito da donna). Nella Gironda francese, il nuovo collegio di Marsas ha di recente aperto una “scuola senza gender”. Scuole dégenrer sono state aperte un po’ ovunque a Bordeaux come a Strasburgo. “Cerchiamo insegnanti per la scuola da 3 a 6 anni e un nuovo percorso di apprendimento sulla diversità sessuale e di genere”, recita un annuncio dei sindacati insegnanti in Olanda, cui ha risposto Geert Wilders: “Per favore, lasciate che i bambini siano bambini. Le scuole devono insegnare loro a leggere, scrivere e contare, smettetela con questa follia woke”. La scuola in America è diventata un gigantesco campo di battaglia culturale. Già da molti anni in California ai bambini delle materne si impartiscono lezioni transgender spesso senza il consenso dei genitori. Notizia di queste ore che la città di Sacramento ha introdotto nelle sue scuole una forma radicale di insegnamento del transgender. E, si legge dal bravo Christopher Rufo, che “il distretto scolastico di Evanston-Skokie (Illinois) ha adottato un curriculum che insegna agli studenti della scuola materna fino alla terza elementare a celebrare la bandiera transgender e a spezzare il ‘genere binario’ stabilito dai ‘colonizzatori bianchi’”. Sempre Rufo dal City Journal di questo mese: “A Portland la rivoluzione sessuale inizia dalla materna”. Ma non solo gender, anche razza. Racconta il New York Times che i bambini della scuola materna della Riverdale Country School a New York imparano a identificare il colore della propria pelle mescolando le varie tinte a tempera. “Invece di insegnare a tutti i nostri bambini ad essere orgogliosi del loro paese, la teoria critica della razza insegna ai bambini fin dall’asilo a vergognarsi del colore della loro pelle”, ha detto l’ex vicepresidente americano Mike Pence. “La guerra del Canada ai bambini” su The Critic: “Il sistema scolastico canadese è così completamente conquistato dall’ideologia di genere che molte scuole ora assomigliano a campi di rieducazione. Ai bambini fin dall’asilo viene regolarmente insegnato che è possibile nascere nel corpo sbagliato senza il consenso dei genitori”. Dalla CBC canadese: “I bambini del Quebec faranno educazione sessuale all’asilo”. In Norvegia una organizzazione finanziata dalla Commissione Europea distribuisce kit (“Toolbox for Gender-Conscious and Equitable Early Childhood Education Centers”) alle scuole materne per educare i bambini all’Lgbt. E in Spagna, racconta El Mundo, il governo socialista ha appena introdotto l’autodeterminazione di genere nel pre-scuola. Soltanto chi non ha occhi per vedere o cervello per capire può negare che siamo di fronte a un gigantesco assalto all’educazione occidentale. La domanda è: a cosa serve tutto questo? Lo spiegò quarant’anni fa un grande studioso americano, Christopher Lasch, che era un intellettuale democratico (Jimmy Carter gli chiese di aiutarlo a scrivere il discorso, pronunciato nel 1979, sulla “crisi di fiducia” della nazione). Il libro di Lasch si intitola Rifugio in un mondo senza cuore. La famiglia in stato d’assedio e quando uscì il New York Times lo definì “uno dei libri più strani e inquietanti apparsi negli ultimi anni”. Lasch pubblicò il libro nel 1977, quando tutta la cultura americana spingeva verso l’indebolimento e lo smantellamento della più antica e stabile (fino ad allora) forma di relazione umana: la famiglia. Uno dei capitoli del libro sulla famiglia si intitola “al capezzale di una società malata”. Parlava di un “nuovo vangelo fatto di relativismo, sviluppo personale e maturità psichica”. Lasch attacca “neofemministe, paladini della ‘controcultura’, sociologi di sinistra, profeti della ‘nuova storia sociale’”, e i giornalisti che divulgano le idee di questi intellettuali. Secondo Lasch, la fine della famiglia come cellula di base della società, al suo centro, protetta, valorizzata, avrebbe scosso anche le basi del liberalismo: “Incapace di spiegare la persistenza della religione, l’attaccamento alla famiglia e un’etica della responsabilità personale se non come espressioni di falsa coscienza, la sinistra si ritrova oggi senza un seguito. La sinistra non vede se non intolleranza e superstizione nella difesa popolare della famiglia o nell’atteggiamento popolare nei confronti dell’aborto, del crimine e del curriculum scolastico. La sinistra non si schiera più col senso comune, come ai tempi di Tom Paine. Ha finito anzi per vedere nel senso comune – nella saggezza e nei costumi tradizionali della comunità – un ostacolo al progresso e all’illuminismo. Dato che identifica la tradizione con il pregiudizio, è ormai incapace di parlare con la gente ordinaria in un linguaggio che questa possa essere in grado di capire. Parla sempre più spesso un suo proprio gergo, il gergo terapeutico delle scienze e delle professioni sociali, che sembra servire più che altro a negare ciò che tutti sanno”. Il sociologo di Harvard Carle Zimmerman, citato da Lasch, nel 1947 aveva già scritto un libro per spiegare come ci trovassimo ad attraversare la stessa crisi familiare che aveva preannunciato la caduta della Grecia e di Roma antiche. In tutte le civiltà, ha spiegato Zimmerman in Family and Civilization, esistono tre tipi di famiglia. La famiglia di fiducia è tribale e clanica e domina le società agrarie. Il modello familiare “domestico” è ricco di legami forti e si trova nelle civiltà in via di sviluppo. Il modello finale di famiglia è quella “atomistica”, ha legami deboli ed emerge nelle civiltà in decadenza. “Siamo entrati in un periodo di demoralizzazione paragonabile ai periodi in cui sia la Grecia che Roma sono passate dalla crescita alla decadenza” ha scritto Zimmerman. “Divorzio, esperienze sessuali prematrimoniali, promiscuità sessuale, omosessualità, versatilità nel sesso, controllo delle nascite portato all’eccesso, diffusione del controllo delle nascite a ogni fascia della popolazione, antagonismo alla genitorialità, disprezzo per la famiglia, anche nei cosiddetti circoli colti, tutto aumenta rapidamente. Nonostante le nostre parole virtuose, e senza nemmeno l’onestà intellettuale dei Greci e dei Romani, siamo arrivati fino a loro e sembrerebbe che andremo ancora più lontano”. Il dissidente sovietico Vladimir Bukovskij nel suo capolavoro autobiografico Il vento va e poi ritorna racconta che nel sistema comunista tutto quello che veniva chiesto al cittadino-modello, formato fin dagli asili e le materne in strutture di stato ferocemente ideologizzate, era “alzare la mano quando c’era da alzarla”. Vogliono ancora questo, anche in un sistema politicamente liberale ma ideologicamente coercitivo.
Poi vorrebbe anche allungare la scuola dell’obbligo fino alla maturità, e sinceramente non so quale dei due deliri sia più nefasto: ma ve lo immaginate un povero disgraziato negato per lo studio, senza il minimo interesse per quello che si fa a scuola, costretto a stare seduto in un banco fino a 19 anni, magari anche un paio di più se, vista la mancanza di interesse, si fa bocciare, e con la piena consapevolezza di stare buttando via la sua vita? Questo per me assomiglia molto da vicino a un crimine contro l’umanità. L’obbligo dovrebbe fermarsi alla terza media, e permettere a chi ha voglia di lavorare di andarsi a costruire un futuro. Anzi, la scuola media dovrebbe tornare come era prima: quella di studio per chi vuole proseguire, la commerciale per imparare a lavorare in ufficio, e vi posso garantire che quelli che ne uscivano a 14 anni erano altrettanto preparati, se non di più, di quelli che oggi escono a 19 dall’istituto tecnico commerciale, e l’avviamento professionale, in cui accanto a qualche approfondimento culturale, si cominciava a imparare un mestiere. Perché chi non ha interesse a studiare, tenetelo a scuola altri due anni, o tre, o cinque, o trenta, l’unica cosa che imparerà è a odiare chi ve lo ha costretto e a impedire al resto della classe di lavorare per combattere la noia. E di queste cose già alle medie, coi miei trentasei anni in cattedra, potrei raccontarne da farci notte e poi giorno e poi di nuovo notte.
A patto di sceglierti gli obiettivi giusti, beninteso, vale a dire che l’odiatore sia di sinistra e l’odiato di destra: in questi casi vai tranquillo che la Segre non vede non sente non parla. Anche perché è troppo occupata a far sponsorizzare il memoriale dell’olocausto alla baldracca influencer.
Rispuntano i Vip che odiano la destra
Com’era? Odiare ti costa? La Commissione Segre contro l’odio? La multa di 5 euro per i commenti sessisti? Certo, come no. A ondate, come il Covid, si ripropone la colata per odiare, che non costa niente se da sinistra a destra, quanto a dire nella direzione giusta. Ogni tanto spunta qualcuno che, ormai giubilato Salvini, s’incarica di fare il cecchino su Giorgia Meloni e le dà, senza mezzi termini (scusate ma questo è diritto e completezza di cronaca), della vacca, troia, zoccola, puttana; tanto per gradire. Non è una donna la Meloni? Ma no, è una sottorazza, è una infame, va appesa a testa in giù. Come fece, iconograficamente, una testina pensante di seconda o terza scelta, tale Alessandro Robecchi, tempo fa su Twitter, subito retwittato da un parigrado, il Saltafila. Poi qualcuno ricorderà il vivace siparietto di oltre un anno fa, quando lo storico di sinistra Giovanni Gozzini ebbe a definire la leader di Fratelli d’Italia ortolana, rana dalla bocca larga, scrofa e, come volevasi dimostrare, vacca, mentre in studio un altro ospite e il direttore Palumbo ridacchiavano. Lì per lì sembrò talmente enorme, che inscenarono pentimento e autodafà: Gozzini sospeso per tre mesi, Palumbo platealmente dimesso da Controradio, dove sarebbe subito rientrato. In mezzo, i deliri dell’ex brigatista Etro, secondo il quale la Meloni, all’epoca incinta, aveva “la figa che sapeva di ricotta rancida”, nel silenzio plateale delle varie Boldrini, Segre, eccetera: sgradevole, ma, lo ribadiamo, son tutte cose che vanno dette per come sono state dette, altrimenti non si capisce il livello dello squallore. Uno squallore che, osserva giustamente l’interessata, preoccupata per la propria incolumità, non ci mette niente a trasformarsi in livore, in violenza di ritorno. Ma la sinistra non impara dalle sue miserie; non cambiano, non possono cambiare. Neppure se volessero. Ma non vogliono. Ora, Giorgia Meloni ne ha combinata un’altra: si è permessa di vincere, per davvero, non alla maniera del Pd, le elezioni amministrative, il che già è un crimine; dopodiché è andata a Marbella, ospite di Vox, a fare un discorso, secondo alcuni un po’ troppo urlato (e magari lei stessa se n’è un po’ pentita, quanto a decibel), in favore della famiglia naturale e contro la lobby gender, l’islamismo e la finanza globale. Apriti cielo. La sinistra vipparola, ma più che altro pipparola, non aspettava altro: e la vera ragione non è il sostegno, scontato, di una leader conservatrice italiana a un movimento conservatore spagnolo, europeo: quello era il pretesto che tutti aspettavano per punirla dopo le recenti consultazioni. Come a dire: se credi di alzare la cresta ti sbagli, te lo facciamo capire noi la sorte che ti aspetta. Un riflesso condizionato squisitamente comunista. Ad aprire le danze era stato il segretario piddino Letta con un pizzino nemmeno troppo velato: “Impediremo che la Meloni vada al Governo con ogni mezzo”. Molti sentirono subito tintinnar di manette dalla magistratura amica: certo fu l’osso ai cani, il segnale per sguinzagliare la canea degli zdanoviani di complemento. Eccoli, anzi eccole, puntuali come droni di guerra, apre le danze, naturalmente a 8 e ½, la “filosofa” (ormai ce ne sono più degli influencer, te li tirano dietro a un soldo la dozzina) con gli occhialini gramsciani Rosi Braidotti: “Meloni come Putin. Toni omofobi, violenti, misogini. Mi fa paura”. Ha paura, la teorica del neofemminismo postumano: del sovietismo antico e rinascente, evidentemente, meno. “Ho paura! Questi toni da furia scatenata contro i nemici dei sacri valori Dio, patria e famiglia. Vede nemici presunti, ancestrali. Ha un linguaggio conflittuale, violento contro omosessuali, donne non madri, femministe, migranti e tutti quelli che non sono come loro. Un tono aggressivo che mi fa paura”. Abbiamo capito, Braidotti, te la fai sotto davanti alla “propaganda assassina” di Giorgia, e minaccia di restare all’estero: e va beh, resta un po’ nei Paesi Bassi, ti sostituiremo con Chiara Ferragni o Antonella Viola. A ruota segue la scrittrice, anzi scrittora, Ginevra Bompiani con caschetto che fa vagamente Natalia Ginzburg che non ce l’ha fatta; anche Ginevra “ha paura!”, che palle, in quantoché Meloni, oltre che della famiglia dei “buffoni”, è “molto pericolosa”, soprattutto perché “è un tipo che può piacere”, cioè venire eletta. Il fatto è, precisa la scrittora, che “i nazisti ci sono già”, e chissà chi sono. Scendendo di livello, ecco caracollare Selvaggia Lucarelli, che è ormai difficile definire, diciamo una factotum tra palette, articolesse, provocazioni da social pianerottolo eccetera: siccome è tutta una gara a sgomitare nel segno dell’antifascismo, meglio, antinazismo, e in soccorso del carrozzone LGBTQWERTY, Selvaggia non può mancare: «Non è solo quello che dice, ma come lo dice. Lo sguardo minaccioso, il tono di voce che si abbassa e si alza a seconda del climax dell’invettiva, le pause, la faccia che diventa rossa per lo sforzo di urlare. La sua è adesione totale a idee spaventose, a cui ha finito per somigliare. In effetti, la guardi e fa spavento». Anche profiler, Selvaggia: se la sentono a Quantico, la pigliano subito. A fare le pulizie. Una che poi dev’essersi detta: e che? Queste tutte a dare i numeri e io niente? E così pure Vanessa Incontrada si mette a tremolare come un budino: “Che paura!”, ansima via social, e poi: “Ancora più paura, l’orrore in queste parole”. Addirittura. Vanessa, sottile come da par suo, estrapola un paio di frasi “Sì alla famiglia naturale”, “No alla lobby GLBT”, scarnificandola dal discorso complessivo, e gioca facile a fare la terrorizzata. Forse dovrebbe temere altre cose, dentro e fuori di sé. Ma pur di allargarsi, non si butta via niente. La sinistra vajassa si droga delle sue chiassate e, grottescamente, dà la paletta della sguaiataggine alla Meloni; è come l’arrivo in bagarre della Milano-Sanremo, tutto uno sgomitar di bestiate, uno straparlare con cui fregarsi la scena: alla fine brucia tutti l’outsider Kasia Smutniak con la sua analisi del kaiser via Instagram “Più i pensieri sono bassi, volgari, inadeguati, non all’altezza, tristi, morbosi, infelici, privi di eleganza, di amore, di buon senso, indegni, ingiusti, aspri, acidi, vomitevoli, piccoli, inutili, stupidi, idioti, pericolosi, malformati, kitch, sbiaditi, inesatti, errati, carichi di odio, DISUMANI, più la persona che li esprime diventa… volgare, inadeguata, non all’altezza, triste, morbosa, infelice, priva di eleganza, di amore, di buon senso, indegna, ingiusta, aspra, acida, vomitevole, piccola, inutile, stupida, idiota, kitch, sbiadita, inesatta, errata, carica di odio, DISUMANA. Mi è partito l’embolo”. L’embolo? Qui è un delirio da antidoping. In effetti, la sensazione è quella: la realtà però è diversa, cotante puttanate sono state assemblate a freddo per fregare le varie Rosi, Ginevra, Selvaggia e Vanessa: and Kasia is the winner, by unanimous decision. Sad, sad, sad: davvero triste questo baciar la pantofola al Pd arcobaleno per un titolo o un ingaggio in più: si sa che funziona così nella fabbrica della comunicazione, e che la fabbrica della comunicazione la controlla la sinistra (anche per distrazioni e/o demeriti della destra, vecchia storia di cui nessuno è innocente), però che mestizia: sorge il sospetto che, cambiando il regimetto, certa gente abbia sì paura, ma di ritrovarsi del tutto priva di sovvenzioni. Ma, ancora una volta, è solo un riflesso condizionato perché tanto anche con la “nazista Giorgia” al potere, non cambierebbe neanche un ficus in Rai, nei giornali, nelle università, nelle scuole, nelle case editrici, nei premi letterari, nei festival sedicenti culturali e via discorrendo: non è questione di posti ma di rete, di gramscismo ancestrale, lo sappiamo tutti, riequilibrare il panorama informativo-ludico italiano è folle quanto sottrarre la magistratura alle sue correnti e al controllo da parte del Pd. Se c’è una critica che la destra merita, fra le tante, e tante sono davvero, è se mai quella di essersi sinistrizzata, di avere accettato, subìto, comunque adottato stilemi, ipocrisie e stronzate del politicorretto, del woke, del cancel culture. Sicché la vociata di Meloni a Marbella assume, tutt’al più, il suono di una rivendicazione di valori tradizionalisti quasi patetica. Ma alla sinistra sbracata, volgare e gonfia d’odio nel nome dell’eleganza, dell’educazione e della comprensione amorosa, non basta: chiude il conto, per oggi, la cantante sanremese Paola Turci che proprio non si tiene e fulmina su Twitter il leghista Pillon espressosi in favore di 5 giocatori di baseball di Tampa, Florida, non disposti ad indossare una maglia col logo del Gay Pride. Roba di poco conto, ma bastevole a scatenare il solito canaio sul Pillon, definito dall’ugola di Lotta Continua, appassionata fan di Sofri, “Poco cristiano e molto fascista”. Turci è una che vede fascisti dappertutto, meno che sullo yacht di Francesca Pascale, sua compagna, ex di Silvio Berlusconi. Pecunia non olet e panfilo neanche. Però allegri, oggi abbiamo fatto a fette Pillon, nientemeno, oltre alla solita Meloni: la coerenza è salva. Per le prossime colate d’odio ci vediamo domani, tanto la garrula Liliana Segre con la sua commissione, se c’è di mezzo Giorgia, Salvini o un qualsiasi Pillon regolarmente si distrae. Max Del Papa, 21 giugno 2022, qui.
Storie vecchie e sempre sapute, naturalmente, ma non fa male rinfrescarle ogni tanto. E visto che c’è tanta gente che esterna a ruota libera, mi prendo un po’ di libertà anch’io: la Ferragni mi fa schifo – ma proprio uno schifo fisico – e la Segre lo stesso ma un po’ di più. E tanto per non perdere il vizio
ha detto che si può andare al mare. Quindi, grazie alla signora Littizzetto, ora sappiamo che cosa è giusto fare. Poi Enrico letta:
E ora, grazie al signor Letta, sappiamo anche come è giusto votare. Poi c’è che, a quanto leggo in giro, i nostri mass media non sembrano molto interessati a dare informazioni in merito, quindi, per chi ancora non avesse le idee chiare, vi propongo questa tabella che mi sembra spieghi le cose in modo chiaro e conciso (cliccare sull’immagine per ingrandire).
E dato che è appena passata la festa della repubblica:
Poi, visto che ci siamo per un momento allontanati dal Grande Tema del momento, vi offro una bella lezione sull’alimentazione
e una di grammatica
E già che ci siamo, anche una di pronuncia:
A proposito di Israele, vi ricordate Shireen Abu Akleh, la giornalista di al Jazeera rimasta uccisa durante uno scontro fra Israele e palestinesi? Finalmente le indagini israeliane sono giunte al termine; indagini complicate dal rifiuto palestinese di consegnare il proiettile, che avrebbe immediatamente indicato la provenienza (o almeno fotografarlo), di fare un’autopsia, che avrebbe mostrato da quale parte era arrivato il proiettile, e anche di condurre un’indagine congiunta. Comunque i risultati sono arrivati, e sono questi
Poi, volendo, ci sarebbe anche questa cosa qui
Proseguo con un’esemplificazione di un modo di acquistare piuttosto in voga di questi tempi
per tornare poi alla guerra in corso, con la doverosa denuncia di un’altra terribile nefandezza commessa dai russi
Concludo riprendendo una riflessione fatta all’inizio della guerra: l’unica speranza che non vada a finire troppo male, la ripongo sui nervi saldi di Putin, che forse riuscirà a resistere a tutte le provocazioni, o a rispondervi in maniera sufficientemente moderata da non scatenare la catastrofe. Di avere nervi d’acciaio lo sta dimostrando da vent’anni, e una piccola prova del suo eccezionale autocontrollo l’abbiamo anche qui
C’è da dire, comunque, che gli egiziani sembrano avere un’attitudine particolare per gli inni nazionali:
Il disastro della gestione Biden dell’uscita di scena americana dall’Afghanistan è sotto gli occhi di tutto il mondo. Uno scenario che fa sembrare un picnic la crisi degli ostaggi americani a Teheran nel 1979. In Afghanistan, al momento, mentre i talebani stanno allargando il loro perimetro, ci sono tra i 10,000 e i 15,000 cittadini americani e al presente non esistono piani per evacuare quelli che sono rimasti fuori da Kabul. Il Segretario alla Difesa, Llyod Austin ha dichiarato che, al momento, non c’è la possibilità di fare rientrare un ampio numero di persone. Come ha scritto Noah Rothman su Commentary Magazine:
“Abbiamo messo il destino di migliaia di americani e dei nostri alleati afgani nelle mani dei talebani. Dettano i termini e il ritmo delle nostre operazioni. Dipendiamo dai talebani per consentire a cittadini stranieri e afgani accreditati di accedere all’aeroporto internazionale di Hamid Karzai. Secondo quanto resta della presenza diplomatica americana a Kabul, ‘il governo degli Stati Uniti non può garantire un passaggio sicuro’ all’interno dell’aeroporto. Dipendiamo dalla beneficenza di una milizia teocratica che non ha dimostrato capacità di misericordia. E il governo degli Stati Uniti non ha intenzione di porre rimedio a questa condizione”.
Questo è lo scenario senza precedenti. Questa è la presidenza Biden, colui che avrebbe riportato l’America alla sua grandezza dopo gli anni “terribili” della presidenza Trump.
L’ex primo ministro israeliano Netanyahu sull’Afghanistan:
“Nel 2013, sono stato contattato dall’allora Segretario di Stato americano John Kerry. Mi ha invitato per una visita segreta in Afghanistan per vedere come gli Stati Uniti avessero istituito una forza militare locale in grado di combattere da soli il terrorismo. Il messaggio era chiaro: il “modello afgano” è il modello che gli Stati Uniti cercano di applicare anche alla causa palestinese. Ho gentilmente rifiutato l’offerta e ho previsto che non appena gli Stati Uniti avessero lasciato l’Afghanistan tutto sarebbe crollato. Purtroppo è quello che è successo in questi giorni: un regime islamico estremista ha conquistato l’Afghanistan e lo trasformerà in uno stato terrorista che metterà in pericolo la pace mondiale. Otterremo lo stesso risultato se, D-O non voglia, cederemo i territori contesi. I palestinesi non stabiliranno una Singapore. Stabiliranno uno stato terrorista in Giudea e Samaria, a breve distanza dall’aeroporto Ben Gurion, da Tel Aviv, da Kfar Saba e da Netanya. Abbiamo visto la stessa politica sbagliata nei confronti dell’Iran. La comunità internazionale si è imbarcata in un pericoloso accordo che avrebbe fornito all’Iran un arsenale di bombe nucleari destinato alla nostra distruzione. La conclusione è chiara. Non possiamo fare affidamento alla comunita’ internazionale per garantire la nostra sicurezza, dobbiamo difenderci da qualsiasi minaccia da soli “.
E a me resta una curiosità: nei suoi settantasette anni di vita ci sarà una cosa, una, che sia riuscito ad azzeccare?
Le perle di Conte
E anche qui vale la domanda formulata sopra
Le perle di Di Maio
“Come può essere sicuro che non sarà abbandonato?” “Non sarà abbandonato” Neanche fosse andato a scuola da Mattia Santori.
Le perle del papa
Il vispo Tereso, che gran birichino, giocava ridendo con il biliardino, e tutto giulivo spingendo gli omini gridava a distesa “Ho preso i pallini!”
Le perle della Germania
“Dopo che anche la Repubblica federale di Germania ha deciso di ritirare i suoi soldati dall’Afghanistan, il ministro degli Esteri tedesco è entrato in scena e ha impartito ai Talebani il seguente ordine del giorno: ‘I Talebani devono riconoscere che non ci sarà un ‘ritorno al 2001’”, commenta non poco sarcastico Henryk Broder, il columnist della Welt. “La fiduciosa società civile afghana ha atteso con impazienza questo consiglio”. Già a fine aprile, il ministro degli Esteri tedesco aveva avvertito i Talebani: “Ogni aiuto dipenderà dagli standard democratici”. Poco impressionati dalle minacce tedesche, i tagliagole afghani hanno iniziato la loro marcia verso Kabul, uccidendo donne, soldati, interpreti, giornalisti e poeti. Giulio Meotti
Le perle della UE
Le perle di Emergency
E perché mai non dovrebbero esserci buone aspettative ora che sono tornati al potere i migliori amici di Emergency
Enrico Letta ha pronta la soluzione: aiutare le ONG che operano in Afghanistan. In questo modo le migliaia, o decine di migliaia di sventurati che rischiano la pelle in quel disgraziato paese saranno salvi, o quasi. Il burka imposto alle donne sarà più leggero e mentre in Italia ci appassioneremo dibattendo sulla “parità di genere” in Afghanistan le adultere saranno lapidate con sassi meno duri e tutte donne avranno il diritto di uscire di casa anche una volta al mese, accompagnate dal marito o da un figlio, ovviamente. L’azione delle ONG che Letta vuole aiutare darà ottimi risultatati.
Intanto, lo comunica l’Ansa, il 16 agosto il signor Alberto Zanin, coordinatore medico di “emergency” a Kabul rassicurava il mondo. La situazione è tranquilla, affermava l’eroico difensore di donne e bambini. Certo, per “emergency” la situazione resterà “tranquilla”, c’è da scommetterci. Per tanti altri… un po’ meno. Ieri circa 35 persone sono state fatte fuori dagli angioletti talebani, quelli che “lasciano tranquille” le ONG. Manifestavano in piazza i furfanti. Un vero crimine!
Lo dico sinceramente: ogni volta che Letta parla mi chiedo se il vecchio Aristotele aveva ragione quando definiva l’uomo “animale razionale”.
Io, per la verità, oltre che sull’aggettivo, avrei da ridire anche sul sostantivo: più che un animale a me pare tanto un vegetale.
Ebbene oggi è stata avvicinata dai talebani che, con un semplice gesto della mano, le hanno “amichevolmente” (ovvio, no?) ordinato di coprirsi il volto,
poi hanno caricato due della sua scorta che è stata anche disarmata:
tra amici evidentemente le armi non servono, anche se uno se le tiene bene in evidenza, per far capire quale è l’aria che tira a Kabul. Nell’ultima immagine i talebani all’aeroporto, ben equipaggiati (hanno trovato i magazzini dell’esercito afghano pieni di tutto) sparano sulla folla disperata ad altezza d’uomo.
Le perle di Twitter
Twitter, il gigante digitale su cui si svolge oggi buona parte della diplomazia occidentale, che dichiara che i Talebani potranno continuare a usare i social “fintanto che rispetteranno le regole”. Giulio Meotti
E Donald Trump, evidentemente molto più pericoloso dei talebani, no.
Le perle dell’Unicef
l’Unicef, che si dice “abbastanza ottimista” che i Talebani rispetteranno il diritto all’istruzione delle donne. Giulio Meotti
Lei un po’ meno, sembrerebbe
Le perle di Ernesto Galli della Loggia
“Oggi” scrive “molti si affrettano a sostenere che un regime siffatto — che trae origine da un’evoluzione storica propria della cultura dell’Occidente — sia adatto per ciò solo alle popolazioni che condividono tale cultura, e che quindi esso non possa essere in alcun modo trapiantato dove tale cultura non ha mai allignato. Tuttavia questa affermazione perentoria solleva inevitabilmente una domanda: chi lo decide che le cose stanno davvero così? Chi decide circa la validità di questa sorta di legge bronzea dell’incompatibilità culturale? Il Congresso Mondiale degli Antropologi e degli Storici Riuniti? Chi? Sembrerebbe abbastanza ovvio che forse dovrebbero deciderlo gli interessati, cioè gli stessi appartenenti alla cultura «altra» rispetto alla nostra. Che dovrebbero essere loro a dire: «No grazie, la libertà di parola non c’interessa, e della garanzia di non essere prelevati nottetempo dalla polizia e magari fucilati senza processo facciamo volentieri a meno». Peccato che invece a invocare l’argomento della incompatibilità culturale rispetto alla democrazia siano regolarmente non già gli eventuali diretti interessati ma solo e sempre coloro che sono arrivati a governarli, sebbene non abbiano ricevuto quasi mai, guarda caso, alcuna effettiva e credibile investitura” (qui).
Le perle dell’America dem progressista
che, liberatasi una buona volta del fastidio dell’Afghanistan, può finalmente dedicarsi alle cose serie
E chiudo con quella che probabilmente rimarrà, al pari dei voli dalle Torri Gemelle, l’immagine simbolo dell’orrore, del terrore, della disperazione di fronte alla tragedia piombata sull’Afghanistan
Qui.Ma quelli che invecchiano sono gli stessi a cui si attaccano le forchette o sono due vaccini diversi?Verità sacrosanta inoppugnabile. Oltre alle sistematiche frenate in curva.Sempre un passo avanti, i napoletani.
“Io non godo proprio mai/se qualcuno sta nei guai/ma se lui da sempre dice/che l’avviso fa felice/perché è come una malia/a tutela e garanzia/io aderisco al sentimento/e anch’io sono contento”.
“Ora deve (e gli fa orrore)/nominare un difensore/tra lo stuolo di avvocati/che da lui son tanto amati. Se costui trova un cavillo in favor di Piercamillo/per un fatto di coerenza/lui gli oppone resistenza/perché vuol esser prosciolto/(ed a questo tiene molto)/non perché l’ha fatta franca/o perché la prova manca/ma perché la sua innocenza/venga a galla in trasparenza/mica come gli altri rei/brutti, sporchi e farisei/che per colpa del sistema/hanno eluso l’anatema”.
“Ma pensando a quel vicino/ che ti ruba il cucchiaino/e che eviti già adesso/senza attendere il processo/Io vi chiedo: affidereste/per il ruolo che riveste/un segreto o un grosso intrigo/ nelle mani di Davigo? O attendete il risultato/del passaggio in giudicato/per saper se nelle more/è o non è un divulgatore?”. Jacopo Pensa
E poi c’è questa, che non c’entra con le precedenti ma ci sta bene lo stesso.
significhi rendere omaggio a BLM (che sarebbe comunque una puttanata, dal momento che si tratta di un’organizzazione para-terroristica, che vandalizza devasta brutalizza stupra uccide) e una forma di testimonianza contro il razzismo in generale.
Non è vero che la Nazionale non si inginocchia “contro il razzismo”, la Nazionale non si inginocchia perché non vuole umiliare i suoi tifosi e perché ha ancora rispetto per il suo paese La Nazionale Austriaca, così come quella gallese, e tutti coloro che si sono indignati di fronte a questa decisione, dovrebbero riflettere bene prima di approvare e imitare (male) gesti di cui non conosco appieno il significato.
Una cosa che si cela dietro il gesto di inginocchiarsi e che in pochi hanno ancora notato. Come sappiamo, la nostra Nazionale ha deciso che non si inginocchierà “contro il razzismo”. Una decisone CORAGGIOSA – ebbene sì, non c’è nulla di “coraggioso” nell’imitare quello che fanno tanti altri e che viene approvato da commentatori, politici, attivisti e il resto del circo mediatico – maturata non solo dopo le neanche tanto velate minacce di Enrico Letta a In Onda su La7 “Vorrei fare un appello ai nostri giocatori: che si inginocchino tutti” con tanto di ammiccamento di testa e sguardo minaccioso… Perché? Altrimenti cosa fai? … e l’ondata di pressanti richieste e accorati appelli a dimostrare mediante genuflessione che la Nazionale è contro il razzismo: inginocchiatevi tutti, altrimenti, sarete giudicati razzisti!
Non tutti però si sono soffermati a pensare all’unica cosa che davvero conta: Da dove viene quel gesto? Perché si fa? Cosa significa? Ebbene, questo gesto (il kneeling, cioè la genuflessione, tradotto dall’inglese) viene dagli Stati Uniti. A partire dal 2016, un giocatore di football americano, tale Colin Kaepernick– che avrete senz’altro già sentito nominare – iniziò a poggiare un ginocchio a terra durante l’esecuzione dell’inno nazionale americano, tradizionalmente suonato prima di ogni partita e a cui i giocatori assistono stando in piedi. Il gesto non venne notato subito ma quando si diffuse, balzando agli onori della cronaca, alle domande dei giornalisti Kaepernick rispose che non voleva onorare un paese in cui la minoranza nera era ancora oppressa, facendo riferimento alle uccisioni degli afroamericani da parte della polizia. Il suo gesto iniziò così ad essere imitato da molti giocatori professionisti, anche in altri sport, fino a diventare diffusamente adottato durante la vasta ondata di manifestazioni, spesso anche violente, che hanno scosso gli Stati Uniti in seguito alla morte di George Floyd nel 2020. Può essere più chiaro di così? In America quel gesto è nato con un significato ben preciso.“Il mio paese è razzista”, quindi mi inginocchio quando suona l’inno nazionale, a cui di solito si assiste in piedi, perché non lo rispetto. Questo è il significato che sta dietro al gesto, ed ecco perché non tutti in America sono stati d’accordo nell’adottarlo e incensarlo. Ebbene sì, ci sono persone che amano ancora il proprio pese e che non vogliono vederne calpestati i simboli solo perché alcuni sentono il bisogno di usare il razzismo per spiccare condanne collettive ad un intero popolo e per dare linfa vitale ai propri progetti per cambiarlo alla radice. L’orgoglio per il proprio paese è una cosa innata, c’è, è una cosa che non si può cambiare. Fintanto che questo gesto era rimesso alla decisone individuale dei giocatori, poteva anche andare bene. Ma si sa, la Sinistra ama i gesti simbolici, e quando ne trova uno abbastanza potente non è più accettabile che sia rimesso alla coscienza individuale del singolo giocatore. Sarebbe sprecato! Sarebbe depotenziato! Ed ecco perché la Sinistra vuole che i giocatori si inginocchino, tutti, indistintamente. La Sinistra è sempre stata collettivista, e questa ne è un’ulteriore dimostrazione: quando hanno bisogno di un simbolo per promuovere le loro battaglie, tutti devono adottarlo. È il classico ragionamento “o sei con me o sei contro di me”… questa è l’unica scelta che ti si pone davanti: se ti inginocchi sei buono, se resti in piedi sei automaticamente razzista. L’individualità è vista solo come un impaccio. Ecco il significato delle parole di Enrico Letta. Ora, in questo emerge l’ipocrisia di quei giocatori che agli Europei hanno deciso di emulare il gesto. Ci inginocchiamo contro il razzismo, Sì, ma prima dell’inizio della partita, non durante l’inno, a cui assistiamo belli in piedi. Esilarante. Se bisogna copiare un gesto, lo si faccia fino in fondo, altrimenti si cade nel ridicolo, in una ridicola imitazione di comodo… nel scimmiottare qualcosa insomma. La Nazionale Austriaca ha deciso, anche sulla scorta della decisione della nostra, di assecondare la massa e di inginocchiarsi… Bene, allora lo facciano quando suonerà il loro inno nazionale! Abbiano il coraggio di portare fino in fondo le battaglie che hanno deciso di sposare, abbiano il coraggio di inginocchiarsi durante l’esecuzione del loro inno, e non, comodamente dopo, in campo, prima del fischio d’inizio! Abbiano il coraggio di dire davanti al mondo che “l’Austria, il nostro paese, è un paese razzista” quindi ci inginocchiamo durante l’inno perché non rispettiamo il nostro paese perché è razzista!”… Vediamo se i tifosi austriaci saranno contenti del messaggio che viene dato dalla loro stessa Nazionale. Ecco tutta l’ipocrisia di fondo degli europei quando cercano di emulare gesti che vengono da oltre oceano e che non comprendono fino in fondo… Ed ecco perché dobbiamo essere grati che la Nostra Nazionale non ci esponga ad un simile ludibrio. W la Nazionale W l’Italia Forza Azzurri! In bocca al lupo per stasera ai nostri ragazzi! (qui)
(Augurio andato a buon fine: abbiamo vinto. E non ci siamo inginocchiati) Aggiungo questa preziosa presa di posizione
«Secondo me inginocchiarmi è degradante, perché i miei genitori mi hanno sempre detto di essere orgoglioso di essere nero. Dovremmo rimanere in piedi, non inginocchiarci. Io non mi inginocchierò e non indosserò una maglietta con la scritta Black Lives Matter. Si cerca di dire che siamo tutti uguali, ma la verità è che ci stiamo isolando con queste cose, che secondo me non stanno nemmeno funzionando. Questa è la mia posizione». Wilfried Zaha ivoriano del Crystal Palace
E ora godetevi il nostro ineffabile lettuccio, le sue parole, il suo viso, la sua voce, la sua espressione. Conservatevi il video, casomai dovesse capitare di accorgervi di avere mangiato funghi velenosi e necessitare di una vomitata rapida.
E infine due parole da un signore notoriamente di sinistra.
Pura verità: quando ho letto che il ventenne etiope Seid Visin si era suicidato impiccandosi «a causa del razzismo» ho subito pensato… «Razzismo? Sarà l’ennesimo ragazzino che si suicida a causa delle misure “contenitive” per il COVID». Si tratta di un fenomeno, chissà perché, taciuto dai media ma ben presente a chi si occupa di salute mentale.
Poi ho letto di una sua lettera nella quale aveva scritto: «Prima di questo grande flusso migratorio ricordo con un po’ di arroganza che tutti mi amavano. Ovunque fossi, ovunque andassi, ovunque mi trovassi, tutti si rivolgevano a me con grande gioia, rispetto e curiosità. Adesso, invece, questa atmosfera di pace idilliaca sembra così lontana; sembra che misticamente si sia capovolto tutto, sembra ai miei occhi piombato l’inverno con estrema irruenza e veemenza, senza preavviso, durante una giornata serena di primavera».
L’analisi era lucida: prima dell’attuale migrazione di massa, Seid non si sentiva minimamente minacciato dal razzismo, in Italia; tuttavia, l’enorme flusso migratorio ha cambiato l’atteggiamento degli italiani nei confronti di chi è percepito come immigrato (Seid era stato adottato). Si, in effetti, il razzismo c’entrava; ma, in ultima analisi, il suo disagio poteva essere considerato una conseguenza della (pessima) gestione del fenomeno migratorio.
Sgraziate, strumentali sembravano le parole di alcuni politici; ma non del tutto fuori luogo. Lo scrittore Saviano: «Seid si è suicidato perché vittima di razzismo. Salvini e Meloni un giorno farete i conti con la vostra coscienza»; Enrico Letta: «Se puoi, scusaci. #SeidVisin»; Laura Boldrini: «Si è tolto la vita. A vent’anni. Sentiva il peso infame dello sguardo del razzismo»; Nicola Fratoianni: «Siamo un Paese che ha fallito. Siate maledetti!». [Non è un bijou quel “siamo – siate”?]
Poi, senza fretta, è emersa la verità: la lettera di Seid non era una lettera d’addio, per giustificare il suicidio. Era stata scritta alla sua psicoterapeuta tre anni fa, nel gennaio 2019. Quindi il suo suicidio, con il razzismo, non c’entra nulla. Di più. La mamma adottiva di Seid ha dichiarato: «Durante il lockdown Seid era chiuso in una stanza a Milano, 24 ore su 24. Ed è là che è iniziato il suo disagio, ha iniziato a stare male. Ha iniziato una sorta di depressione, questo isolamento di tutti, tutti i ragazzi e noi adulti. Io per prima, chiusa in casa tutto il giorno da sola cominciavo a rimuginare pensieri, cose… Immagino questi ragazzi, chiusi… Lui là ha iniziato a non stare bene. Infatti, è stato, da ottobre fino a febbraio, tutto solo. Neppure a Natale è venuto. E solo a febbraio ho iniziato a sentire che era instabile. L’ho fatto ritornare immediatamente a casa e abbiamo iniziato a seguirlo. Quindi, uno dei motivi scatenanti tutto questo inferno è stato questo isolamento dei ragazzi».
Altro che razzismo: Seid non ha retto il clima di terrore, l’isolamento forzato, lo spegnimento della vita sociale e all’aria aperta così importante per i ragazzi. La Nuova Bussola Quotidianaè stato, se non l’unico, tra i pochi media che hanno sollevato (inascoltati) questo problema.
Eppure, né Saviano, né Boldrini, né Fratoianni si sono scusati con Salvini e Meloni; nessuno ha maledetto Conte, Draghi, Speranza per l’imposizione del lockdown, né ha minacciato «un giorno farete i conti con la vostra coscienza».
A questo punto, potrà sembrare bizzarro, mi sono tornate in mente le parole di Ted Kaczynski, il celebre Unabomber, che nel suo Manifesto ha scritto: «[…] la Sinistra prende un principio morale accettato, lo adotta per suoi comodi, e quindi accusa la maggioranza della società di violare quel principio. Esempi: l’eguaglianza razziale, l’eguaglianza dei sessi, l’aiutare la povera gente, la pace come opposta alla guerra, la non violenza in generale, la libertà di espressione, l’amore verso gli animali; più essenzialmente il compito dell’individuo di servire la società e il compito della società di prendersi cura dell’individuo. Questi sono valori profondamente radicati della nostra società (o almeno della sua classe media e alta) da lungo tempo e che, esplicitamente o implicitamente costituiscono materia preminente per i principali mezzi di comunicazione e per il sistema educativo. Molti uomini di sinistra, specialmente quelli del tipo sovrasocializzato, di solito non si ribellano contro questi princìpi, ma giustificano la loro ostilità verso la società dichiarando (con qualche grado di verità) che essa non vive secondo quei princìpi» (Theodore J. Kaczynski, La società industriale e il suo futuro, § 28).
Il secondo pensiero è stato: «Sciacallaggio». Queste persone hanno usato il suicidio di un ventenne per gettare (indebitamente) un po’ di fango sugli avversari politici.
Il terzo pensiero? «Ipocrisia». L’accusa più pesante che Gesù ha rivolto a chi lo voleva morto, nel Vangelo. L’ipocrisia (da non confondersi con l’incoerenza), definita dal vocabolario Treccani on-line: «Simulazione di virtù, di devozione religiosa, e in genere di buoni sentimenti, di buone qualità e disposizioni, per guadagnarsi la simpatia o i favori di una o più persone, ingannandole». Si capisce benissimo perché l’ipocrisia sia stata così odiata da Gesù: tutto quello che l’ipocrita tocca, degrada, marcisce, si trasforma in putredine. L’ipocrisia corrompe la fiducia e quindi i legami sociali, insozza valori e virtù, alimenta cinismo e menzogna.
A costoro non importa nulla di Seid; come, negli anni Settanta non importava nulla dei proletari e degli operai, negli anni Ottanta delle donne, nei Novanta delle persone con tendenze omosessuali e, attualmente, degli immigrati. Nulla importa loro della giustizia sociale, dei diritti civili, dell’inviolabilità del corpo umano. Sono solo slogan vuoti per ottenere voti, potere, per distruggere la civiltà europea, la metafisica. Non hanno una morale, non hanno una parola d’onore, non hanno alcun freno. Prima ce ne renderemo conto, e daremo loro un nome, prima porremo un freno a questo continuo abominio.
Niente da aggiungere: l’articolo è perfetto. Di mio dico solo che nessuno dovrebbe aspettarsi che quella feccia possa scusarsi con chicchessia: per poterlo fare bisogna prima accorgersi di essere nel torto, e per accorgersi di avere fatto un torto a qualcuno bisogna avere una coscienza.
Anzi correttissime. Comincio con la gravissima emergenza omofobia, che ci sta togliendo il sonno
ll
E infatti
Una splendida lezione di correttezza al malefico BoJo:
E anche il mondo dei motori si adegua alla correttezza politica:
e quello delle favole
e dei rapporti famigliari
(ma com’è che a nessuna vedova o ragazza madre è mai venuto in mente di chiedere l’abolizione della festa del papà?)
per non parlare delle manifestazioni sociali,
dei giochi dei bambini
dei criteri per concedere le interviste
(certo che anche con le cozze vale il detto che Dio le fa e poi le accoppia)
e nella politica americana
Poi vi mostro un magnifico esempio di educazione politicamente corretta
di emoticons politicamente corretti
di diritto alla difesa politicamente corretto
Proseguo con quattro importanti lezioni
(giusto e sbagliato non dipendono dai numeri)
e le profezie dei nostri due migliori profeti
(in Italia abbiamo circa 9000 posti in terapia intensiva; il 28 maggio i posti occupati erano 1142; il 29 maggio 1095; il 30 maggio 1061; il 31 maggio 1033; il 3 giugno 989)
Concludo con una lezione sui sintomi del covid
un’esibizione di striptease estremo
un saluto molto molto politicamente corretto, inclusivo e zaniano (zanoso? zanesco? azzannato?)
e una pazza scriteriata talmente folle da credere che solo le donne abbiano il ciclo, al punto da metterlo addirittura nel titolo