Quella terra, voi dite, è terra palestinese da sempre, giusto? Era palestinese prima dell’impero romano, prima dei faraoni, prima dell’età del bronzo, prima dell’età del rame, prima del neolitico e del paleolitico, giusto? E di ebrei, da quelle parti, prima del 1948 non ce n’era mai stato neanche mezzo, giusto? E infatti per turlupinare gli ingenui e far credere che ci erano stati anche prima hanno pagato i romani affinché fabbricassero un falso con una finta documentazione, ma noi non siamo ingenui e non ci facciamo mica menare per il naso, giusto? E sappiamo anche perfettamente che il profeta Issa figlio di Maryam, oltre a essere musulmano era anche arabo, essendo nato in Palestina, giusto? E quindi, non essendoci mai stati ebrei da quelle parti, non esistono neppure edifici ebraici, giusto? Ed è dunque chiaro che la tomba di Rachele, la tomba di Giuseppe, la tomba dei Patriarchi sono luoghi santi islamici, sono sempre stati islamici, non sono mai stati altro che islamici, giusto? Ecco, la domanda è questa: ma se quella è roba vostra, se nel corso dei millenni non è mai stata altro che vostra, se siete pienamente consapevoli del fatto che quegli edifici sono vostri e unicamente vostri, mi spiegate perché diavolo continuate a profanarli, devastarli, incendiarli?
barbara
– Allora lo dici tu alla mamma che io vado via?
– Sì, va bene, ci penso io. E dov’è che vai?
– In Israele.
– Ah, in Egitto, che bello!
– No, non in Egitto: in Israele.
– …? E dov’è Israele?
– In Israele!
– … Ah. Boh. Vabè, lo saprai tu.
(Che poi ci sono quelli che non è che ne sappiano molto più di mia cugina ma sono lo stesso in prima linea a sproloquiare e sentenziare. Poi una volta o l’altra di questa cugina bisognerà che parli, perché ci sono aspetti che meritano davvero qualche considerazione)
Noi comunque ci vediamo fra una decina di giorni. Nel frattempo vi lascio questo straordinario film che vi mostra la vita in Eretz Israel nel 1913; se non sapete l’ebraico vi accontenterete di guardare le figure, e ve le farete bastare.
Se invece (o in aggiunta) preferite qualcosa di più attuale, andate qui.
GLI ARABI RIFIUTARONO, GLI EBREI SI MISERO AL LAVORO.
Sessantasei anni fa, il 29 novembre 1947 alle 12:40, l’ONU votava la risoluzione che avrebbe portato poi alla creazione dello Stato di Israele.
In quel giorno l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite votò il piano di spartizione della Palestina mandataria, CHE PREVEDEVA LA CREAZIONE DI DUE STATI, UNO ARABO E L’ALTRO EBRAICO, con l’assegnazione di Gerusalemme al controllo internazionale (risoluzione ONU 181). E così tutti a contare, uno dopo l’altro, i “sì”, “no”, “astenuto”… Per essere approvata infatti la risoluzione doveva ottenere due terzi dei voti a favore – e per ben due volte, a settembre, non li aveva ottenuti. Perciò quell’ennesima conta parve interminabile. A presiedere l’assemblea il brasiliano Oswaldo Aranha, accanto a lui il segretario generale dell’Assemblea, il norvegese Trygve Lie.
Quando fu il turno della Francia, i nervi erano a fior di pelle: il suo voto era il più atteso ed incerto. Tutti si aspettavano un’ennesima astensione. Così quando giunse il suo “sì”, i sionisti seduti nella galleria della sala, esplosero in un grandioso applauso di sollievo e gioia. Il presidente richiamò l’ordine, ricorda David Horowitz, delegato sionista all’assemblea, e allora “l’emozione divenne quasi un dolore fisico”. Era il momento del verdetto finale: 33 sì, 13 no, 10 astenuti. La mozione era passata.
In quel momento ricorda ancora Horowitz “sentimmo battere le ali della storia su di noi”. La gioia esplose dentro la sala, per le strade di New York e per quelle di mezzo mondo. A Gerusalemme Golda Meir si rivolse alla folla dal balcone del palazzo dell’Agenzia ebraica e disse: ”Per duemila anni abbiamo aspettato la nostra liberazione. Ora che è qui è così grande e meravigliosa che va oltre le parole umane. Ebrei, gridò, Mazel tov! ”
In tutta Israele vi furono celebrazioni e l’entusiasmo pervase tutte le strade,
perché finalmente ogni ebreo ‘errante’ aveva la possibilità di avere un proprio stato, in cui vivere senza doversi nascondere o subire soprusi. Finalmente, i Sabra, gli ebrei che già vivevano in Eretz Israel (la terra di Israele) da oltre 3mila anni, poterono darsi una organizzazione sociale più moderna e riconosciuta a livello internazionale.
Il giornalista di Yediot Ahronot, David Giladi, descrisse così le celebrazioni nella prima città ebraica moderna di Israele: “La scorsa notte Tel Aviv non ha chiuso occhio. È andata in giro selvaggia. Ha dato sfogo a quella gioia desiderata ardentemente da tante generazioni che non hanno vissuto abbastanza per provarla. Ha vagato chiassosa, turbolenta, è stata inghiottita da una tempesta di entusiasmo che circondava giovani e meno giovani” – e raccontò ancora – “La città ha cantato dal cuore, ha danzato in confusi cerchi concentrici, ha fatto scoppiare le trombe, ha agitato le bandiere ed ha sollevato il bicchiere alla vita (Lechaim!) dello Stato di Israele. Tel Aviv era ubriaca dalla vittoria”.
I rappresentanti degli stati arabi furono scioccati da quel risultato: i delegati di Siria, Libano, Iraq, Arabia Saudita, Yemen ed Egitto, scrisse poi il segretario generale Trygve Lie, “si alzarono e uscirono dalla sala dell’Assemblea”.
L’alto Comitato Arabo trasmise subito al segretario generale Lie un comunicato con cui informava che gli arabi di Palestina “non accetteranno mai alcuna potenza che li costringa a rispettare la spartizione”. L’unico modo per dare corso alla spartizione, si leggeva, sarebbe stato quello di cancellare tutti quanti loro – uomini, donne e bambini.
I chierici del seminario islamico Al-Azhar del Cairo invocarono a loro volta un “jihad mondiale in difesa della Palestina araba”, scrive ancora Horowitz.
La mattina dopo in Palestina esplosero i primi colpi dei Paesi arabi in quella che sarebbe poi stata la Guerra di Indipendenza di Israele o, per il mondo arabo, “Nakba” – la catastrofe.
FONTI E CITAZIONI: mosaico-cem.it & Ynetnews.com (Grazie a Uri per la segnalazione e a Progetto Dreyfus per il lavoro)
La storica ricorrenza era già stata ricordata qui. E ora voglio mostrarvi una cosa interessante che mi è capitata sott’occhio qualche giorno fa. Una cosa che si sente dire spesso, da quelli che della storia di quella terra non sanno niente ma sanno tutto lo stesso, è che “quella prima era Palestina, poi gli ebrei l’hanno rubata”. Ecco, in primo luogo c’è da ricordare che il nome di Palaestina non è il nome storico di quella terra, ma è stato dato dai romani per cancellare il ricordo della Terra d’Israele; in secondo luogo c’è da tenere presente che gli arabi la chiamano Falastin, perché in arabo non esiste la lettera “p” e di questa fantomatica patria avita di Palestina non sono neppure in grado di pronunciare il nome; in terzo luogo c’è la cosa di cui dicevo sopra, che ho visto qualche giorno fa: si tratta di un film del 1913 (se fate i bravi ve lo farò vedere) che mostra la vita degli ebrei in quella terra. Ebbene, nella didascalia che vi mostro, in inglese è scritto Palestina, ma in ebraico campeggia il vero, unico, eterno nome di questa terra: Eretz Israel, Terra d’Israele. Nel 1913, trentacinque anni prima di quello che secondo gli impostori politicamente corretti sarebbe il furto della terra “che si è sempre chiamata Palestina”.
E quando posterò il film – anche se non conoscete l’ebraico guarderete le figure, e ve le farete bastare – potrete sentire risuonare continuamente le parole “Eretz Israel”.