MENTRE QUEGLI ALTRI SCELGONO LA MORTE

Sempre e comunque; qualunque sistema è buono per collezionare un morto in più. Questa, per esempio, è una fermata dell’autobus a Gush Etzion

(la ragazza centrata dall’auto è rimasta gravemente ferita; l’arabo alla guida è stato arrestato).
E questo non è tutto. Anzi, questo non è ancora niente. Quelle belve immonde in sembianze umane, dopo avere sterminato una famiglia a Itamar sgozzando nei loro letti padre, madre e tre bambini fra cui una neonata di tre mesi; dopo avere accolto nel villaggio gli assassini come eroi; dopo avere festeggiato per strada il felice successo dell’impresa; dopo tutto questo, ora stanno usando le immagini dei bambini macellati per spacciarli per bambini palestinesi assassinati dall’esercito israeliano.
Fogel
(clic per ingrandire)
E ora scusate, che devo andare a vomitare.

barbara

OTTO ANNI DI COMA

Poiché non è bello parlare male dei morti, soprattutto quando sono appena morti, ho deciso di pubblicarlo adesso, finché è ancora vivo.

Otto anni di coma. Quasi uno per ogni mille ebrei deportati da Gush Katif: qualcuno parla di punizione divina per il crimine commesso, e vista la coincidenza numerica viene quasi voglia di crederlo. Dieci anni fa ti amavo, Arik, ti veneravo come un eroe per tutto ciò che avevi fatto per il tuo popolo e per la tua terra; se fossi morto allora ti avrei pianto come una vedova. Certamente niente e nessuno potrà mai cancellare gli immensi meriti che hai acquisito. Ma, altrettanto, niente e nessuno potrà cancellare il crimine della deportazione di ottomila ebrei dalle loro case, dalle loro terre, dai campi che avevano dissodato e coltivato e fatto fiorire – quelle case, quelle terre, quei campi da cui erano stati cacciati nel 1948 all’inizio dell’illegale occupazione egiziana, e a cui erano potuti tornare nel 1967 – e mai avrebbero potuto immaginare che a cacciarli di nuovo sarebbe stato un loro correligionario, un loro compatriota.
Ti sei lasciato irretire da un losco figuro che, accecato dall’ideologia, ha scelto di credere alle cifre demografiche ammannite dai palestinesi, nonostante tutti sapessero che erano false quanto un biglietto da sette euro; ti ha terrorizzato con lo spettro del sorpasso demografico – che non è avvenuto né mai avverrà perché, appunto, quelle cifre e quelle proiezioni erano FALSE – e tu ci sei caduto come un pollo, da falco che eri. E ora hai le mani sporche di sangue, Arik, tu e il tuo suggeritore: il sangue dei Fogel, il sangue delle vittime delle migliaia di razzi sparati dopo la deportazione degli ebrei da Gush Katif, il dolore dei loro parenti e amici, i feriti, i mutilati, gli invalidi permanenti, il terrore dei bambini di Sderot, i soldati persi nelle operazioni per arginare il terrorismo rinvigorito dalla tua sciagurata iniziativa.
Prima è venuto Rabin, con il disastro di Oslo, poi tu, a completare l’opera con la deportazione da Gush Katif. Avete pagato entrambi, ma le devastazioni che avete provocato rimangono.
Riposa in pace, tu, se puoi; ma le ferite che hai aperto continuano e continueranno a sanguinare.

barbara

MENO MALE CHE NON LI HANNO TROVATI

Sono contenta che non abbiano trovato gli assassini di mio figlio

di Sherri Mandell

Per favore, governo israeliano, ti prego: non andare a cercare gli assassini di mio figlio. Quelli che hanno spietatamente colpito a morte Koby e Yosef con le rocce, i barbari che hanno attaccato due ragazzini dell’ottava classe — mio figlio e il suo amico — durante una passeggiata vicino a casa nostra in Israele. Per favore, non trovarli. Non arrestarli, non metterli in prigione, non costringere la mia famiglia e me ad assistere a un lungo processo e a una condanna, in cui il mio cuore sarà squassato e il mio stomaco si stringerà e io mi sentirò svenire.
Non condannarli, non metterli in prigione. Perché non voglio la tortura di sapere che questi assassini un giorno torneranno in libertà, saranno accolti dalle loro madri con abbracci, mentre mio figlio e Yosef giacciono sotto terra. Non potrei sopportare di passare attraverso quello che 26 famiglie israeliane stanno vivendo oggi: tradimento da parte del governo che dovrebbe proteggerli.
Purtroppo, le vittime israeliane, quelli che sono stati uccisi, sono tristemente scomparsi dalla nostra coscienza come società. I genitori sono ormai vecchi e fragili, i più deboli della nostra società. I figli sono stati assassinati dai terroristi palestinesi nei primi anni ottanta o novanta, 20 o 30 anni fa. Essi non possono alzarsi per se stessi o per i loro figli, perché sono anziani, fragili, vulnerabili. Molti sono morti per il dolore.
Per una madre che ha perso un figlio, è difficile parlare. Fa male. Ora un gruppo di madri che hanno perso un figlio hanno creato un’organizzazione chiamata Madri per sempre. La scorsa settimana abbiamo visitato la Knesset per protestare contro il rilascio. Tali Ben Yishai è un membro del nostro gruppo. Sua figlia Ruthie e suo genero e tre nipoti, tra cui una bambina di tre mesi, sono stati uccisi quando un terrorista ha fatto irruzione nella loro casa verso mezzanotte e li ha tutti pugnalati a morte nei loro letti.
fogel-family
(le immagini del massacro non le metto. Chi non le conoscesse e desiderasse farsi un’idea di quella mattanza, le potrà trovare in internet)
Un giorno il loro assassino potrebbe essere rilasciato. Dopotutto, oggi il governo israeliano sta rilasciando gli assassini di Rachel Weiss che, insieme ai suoi tre figli, è stata uccisa in un attentato a un autobus. Quando l’autobus ha cominciato a bruciare, ha cercato di far uscire i suoi figli. David Delerosa, un soldato che era sul bus, sulla strada di casa, ha cercato di aiutarla, ma l’autobus è esploso prima che potessero uscire, e sono bruciati.
Shira Avraham, membro di Madri per sempre, sa cosa succede quando i terroristi vengono rilasciati. La sua bambina di nove mesi Shaked
Shaked Avraham
è stata assassinata nella sua casa da un terrorista che era stato rilasciato nell’ambito di un precedente accordo. Ha fatto irruzione nella casa di Shira la notte del seder di Rosh Hashanah e ha ucciso la sua bambina e l’amico che era con lei.
Al nostro incontro, uno dei pochi membri della Knesset che vi ha preso parte ha detto, “È una vergogna che voi madri in lutto dobbiate venire a combattere per i vostri figli. È il governo che dovrebbe proteggervi.”
Ha ragione. Non dovrebbero essere le famiglie colpite a condurre questa lotta. Dovrebbe essere il governo a proteggere le famiglie più vulnerabili. Inoltre, ogni cittadino israeliano dovrebbe protestare.
E in alcuni casi, non è solo il governo israeliano che dovrebbe proteggerci: dovrebbe farlo anche il governo americano. Per esempio, Frederick Rosenfeld, i cui assassini vengono rilasciati, era un cittadino americano. Originario di New York, fu ucciso quando aveva 48 anni, accoltellato a morte. E ora il governo americano, guidato dal Segretario di stato John Kerry, lavora per accelerare il rilascio del suo assassino.
Il figlio di Chavi Levi, Avichai, aveva 16 anni, quando fu ucciso dai terroristi mentre stava andando a casa con una torta di anniversario per i suoi genitori. Gli assassini sono stati arrestati e Chavy e suo marito hanno assistito al loro processo per un anno. Gli assassini sono stati condannati. Meno di tre anni più tardi questi assassini sono stati liberati nell’accordo per Shalit.
Immaginate di avere avuto un figlio che è stato assassinato da terroristi palestinesi.  E immaginate ora che il governo israeliano, spinto dall’America, li rimandi a casa per esservi accolti da eroi.
Meglio che non siano stati trovati gli assassini di mio figlio. (Qui, traduzione mia)
Mandell genitori
Non aggiungo nulla. Non c’è nulla da aggiungere.

barbara

OTTO ANNI FA, GUSH KATIF

Otto anni fa andava in scena la deportazione di ottomila ebrei da Gush Katif (fra loro, la famiglia Fogel). Chiunque conoscesse le vicende di quell’area era certo che fosse una follia, oltre che un crimine: cinque anni prima Israele si era unilateralmente ritirata dal Libano, senza che Hezbollah ottemperasse alla parte di sua competenza della risoluzione Onu (cessazione degli attacchi terroristici contro Israele), e il risultato era stato un aumento esponenziale di lancio di missili dal Libano sulla Galilea, infiltrazioni, rapimenti, con contorno di trionfale esultanza di Hezbollah, che aveva interpretato il ritiro non come atto di buona volontà bensì come segno di debolezza (come è proprio della cultura arabo-islamica, e come chiunque si occupi di queste tematiche dovrebbe sapere) e quindi dimostrazione che il terrorismo funziona. Non era possibile avere dubbi sui risultati della deportazione degli ebrei da Gush Katif, e infatti i risultati sono stati esattamente quelli previsti: trionfo di Hamas alle elezioni (visto che il terrorismo funziona, votiamo i terroristi), massacri tra fazioni palestinesi rivali, aumento esponenziale del terrorismo e tutto il solito déja vu.
Per ricordare questa immane tragedia, ripropongo questo video, che ha visto anche la mia collaborazione

e poi quest’altro, con alcune altre immagini e considerazioni.

barbara

PER NON DIMENTICARE ITAMAR

Due anni fa, l’11 marzo 2011, andava in scena la mattanza della famiglia Fogel nel villaggio di Itamar. Per ricordarla propongo innanzitutto una rilettura di questo splendido articolo di Giulio Meotti, di qualche settimana fa.

La lezione morale da ricavare dal massacro della famiglia  Fogel è il silenzio

I due assassini erano entrati in casa mentre la famiglia dormiva. Hanno tagliato la gola al padre, poi hanno sparato alla madre e ai figli. Questo terribile destino è stato condiviso da due famiglie: i Clutter in Kansas nel 1959 e i Fogel a Itamar nel 2011.
Ma mentre la prima famiglia è stata immortalata dal capolavoro di Truman Capote “A sangue freddo”, i Fogel sono diventati invisibili.
È vero che in tanti, da tutta Israele – non solo dalla Samaria-  sono venuti due giorni fa a piangere quella famiglia meravigliosa, ma la lezione morale di quel massacro è il silenzio.
Nessuno in Occidente oggi conosce la storia dei Fogel di Itamar,  padre, madre e tre bambini massacrati una notte. I Fogels non si sono meritati un Truman Capote.
L’Occidente ha deciso che il terrorismo contro Israele è una violenza che non ha bisogno di essere mostrata, che non merita copertura mediatica. È successo a quella ventina di adolescenti fatti saltare in aria da un attentatore suicida davanti a una discoteca di Tel Aviv, a quei soldati che avevano  sbagliato strada e vennero linciati a Ramallah, al coraggioso rabbino che è morto nel tentativo di salvare i rotoli della Torah sulla tomba di Giuseppe, agli addetti alla sicurezza caduti in un’imboscata mentre cercavano di proteggere i fedeli che tornavano a casa dalla preghiera di Shabbat presso la Tomba dei Patriarchi a Hebron, alla maestra d’asilo uccisa quando il minibus è stato attaccato da uomini armati palestinesi.
Tutti questi morti ammazzati dai terroristi arabi sono le vittime di Israele “che domina un paese straniero”.
Prima di ogni altra cosa, la Shoah è stata un attacco ontologico contro il nome ebraico. Nel 1938, l’ufficiale nazista Hermann Göring ordinò che al nome sulla carta d’identità degli ebrei fosse aggiunto “Israele” per i maschi  e “Sarah” per le femmine.
Gli ebrei sono stati catturati a milioni e deportati in luoghi anonimi e lontani, privati di tutti i bagagli, lettere, fotografie e ricordi dei propri cari. Poi hanno separato madri, sorelle, figli, mogli. Tutti sono stati spogliati, i loro documenti, i loro nomi, sono stati gettati nel fuoco. Infine, sono stati spinti dentro a un corridoio dal soffitto basso e pesante. Per essere gassati come insetti.
La Shoah è stata il motore di sterminio di sei milioni di ebrei europei. Il terrorismo islamico e la negazione della Shoah, diffusi nel mondo a macchia d’olio dopo l’11 settembre del 2001, si nutrono dell’annullamento dell’ebreo in quanto vittima.  
L’Occidente sa che nel 1988 Tirza Porat è stata uccisa nei pressi di Elon Moreh? Tirza è stata la prima vittima civile israeliana a morire nella Prima Intifada ed era solo una scolara. La stampa occidentale l’aveva incolpata per non esser stata lontana “dagli irrequieti villaggi palestinesi”. Non una parola di condanna ai leader arabi per aver spinto pervicacemente bambini di 5 anni a unirsi a gruppi criminali che lanciavano pietre e bombe Molotov, ma hanno accusato Tirza per essersi offerta come vittima.
L’Occidente sa che nel 2001 Shalhevet Pas è stata colpita a morte da un cecchino arabo che aveva preso la mira dalla sua finestra a Hebron? L’Occidente sa che Hila, Hadar, Roni e Merav Hatuel sono stati massacrati con Tali, la loro mamma incinta, sulla strada che porta a Gush Katif? L’Occidente sa che Rachel Shabo di Itamar è stata assassinata con tre dei suoi figli, Avishai, Zvika, e Neria?
L’Occidente sa che Danielle Shefi di 5 anni è stata uccisa nel suo letto ad Adora, mentre la sua mamma  guardava con orrore il sangue della figlia che fuoriusciva attraverso le coperte?
Il Los Angeles Times ha scelto di pubblicare in una pagina interna le foto di Danielle con il suo orso Winnie the Pooh. Avrebbero dovuto essere in prima pagina. Questa bambina ebrea non era stata uccisa in un’azione militare. È stata uccisa da un arabo che, guardandola, le ha sparato in testa. Come i Clutter in Kansas.
L’Occidente sa che Yehuda Shoham è stato colpito alla testa da una pietra, mentre i suoi genitori stavano tornando a casa a Shiloh?
L’Occidente sa che Rami Haba, un bambino ebreo di 8 anni, è stato ucciso in una grotta nei pressi di Elon Moreh nel 1987? Una pietra insanguinata trovata accanto al corpo era stata usata per schiacciargli il cranio. Rami aveva grandi occhiali e un viso innocente.
L’Occidente sa che Shaked Avraham, un bambino di sette mesi di Negohot, è stato ucciso da un terrorista che aveva superato la recinzione del villaggio mentre i residenti stavano celebrando Rosh Hashana, il Capodanno ebraico? L’Occidente sa che Shaked aveva appena iniziato a muovere i suoi primi passi?
Il terrorismo è la perdita del volto umano, la distruzione della persona, la volontà di annientare l’umanità, la fine di un nome. La terribile “V” della vittoria del terrorismo è impressa nelle pieghe di queste anime israeliane. Se cerchi qualcosa rimasto di tuo figlio e lo trovi sotto la testa del terrorista suicida, che tipo di reazione può avere un fragile cuore umano?
Siamo in grado di toccare il martirio di Israele nelle case dei sopravvissuti. Un popolo invincibile confessa il suo smarrimento, mentre il mondo scava sempre più in profondità nelle sue ferite.
Quello che è successo in un piccolo villaggio come Itamar è stato certamente meno spettacolare rispetto alle tonnellate di metallo e cenere a Manhattan il 9/11. Io invece credo che l’orrore indicibile del 9/11 possa essere confrontato con la morte in solitudine dei tre piccoli Fogel. Questa settimana molti in Israele si ricorderanno  di quella famiglia, ma io provo solo tristezza. Non solo perché il male esiste. Non solo perché tre bambini a Itamar l’hanno incontrato a sangue freddo quella notte, ma anche perché il mondo ha assimilato la loro morte così facilmente. Perché è come se queste piccole vittime non siano realmente mai esistite.
Perché ogni volta che la morte ha bussato alla porta degli ebrei, il buco nero della perdizione  inghiotte un altro nome, senza lasciare alcuna traccia. Perché quando i nomi degli ebrei vengono dimenticati, ancora una volta, significa che il “mondo civilizzato” sta di nuovo rassegnandosi alla prospettiva di una nuova Shoah.
Mio fratello sa chi erano i Clutter. Ma non sa chi erano i Fogel. (Giulio Meotti, 20.02.13 Informazione corretta)

Il fratello di Giulio Meotti non sa chi erano i Fogel, e qualcuno – qualcuno uso a informarsi – quando ho parlato nel blog di questa carneficina ha scritto nei commenti: pensa che se non fossi passata dal tuo blog non ne avrei saputo niente. Perché le mattanze di ebrei non fanno notizia, e per questo non dobbiamo mai stancarci di darle noi, le notizie. Perciò vi invito a rileggere anche quanto ho postato in precedenza (e cliccate tutti i link). E aggiungo ancora una cosa. Nel cannocchiale, dove scrivevo prima, non ci sono le notifiche dei commenti, così quando sono andata alle vecchie cose per preparare questo post, ne ho trovato uno nuovo. Per la precisione, l’ho trovato al primo post, quello con le accorate parole che Gheula Canarutto, con infinito dolore e sconfinato amore, rivolge ai bambini che non ci sono più (“Buonanotte bimbi miei. Addio miei adorati. Continuate a portare alto l’onore del vostro popolo. Non gridate vendetta. Non maledite i nostri assassini”). Questo:

Hai davvero bisogno di uno psichiatra. Ma uno molto bravo.
Che cosa ti hanno fatto da piccola per ridurti ad una delirante bigotta guerrafondaia?
Talebsni, sionisti, crociati… tutti così convinti di detenere la verità assoluta e di essere enormemente superiori agli altri… pieni di odio verso chi ha una religione, una cultura, una coleore della pelle diverso. Capaci di motivare le vostre porcate, le voste diffamazioni ed i vostri massacri solamente dicendo che Dio vuole così.
Malati di mente, cancri dell’umanita, a qualunque etnia e religione apparteniate… guardatevi, e abbiate pena di voi stessi.

Ecco: chi piange una neonata ebrea sgozzata nella culla è uno psicopatico, un guerrafondaio, un cancro dell’umanità (ricorda qualcosa?). Non ho davvero parole per commentare l’odio assoluto che trabocca da queste frasi: lo stesso, identico odio assoluto che ha fabbricato Auschwitz. Per favore, non abbassiamo la guardia: il male assoluto esiste, ed è più forte che mai.

barbara

ITAMAR UN ANNO FA

Un anno fa andava in scena la mattanza di Itamar: un padre, una madre, tre bambini di undici anni, quattro anni, tre mesi assassinati a sangue freddo nella loro casa, nel loro letto; alcuni sgozzati, altri accoltellati al cuore. Erano arrivati lì dopo essere stati evacuati da Gush Katif, nella striscia di Gaza, per consegnarla judenrein all’autorità palestinese e avere in cambio la pace. In cambio sono arrivati terrorismo, morte e distruzione, migliaia di missili e questa carneficina. Festeggiata, come di consueto, per le strade del vicino villaggio palestinese con distribuzione di dolci. I carnefici, nei “Territori palestinesi”, trattati da eroi. La carneficina, nei nostri mass media, praticamente ignorata. E a Itamar una ragazzina di dodici anni a fare i conti con lo sterminio della propria famiglia.

Udi Fogel
Ruth Fogel
Yoav Fogel
Elad Fogel
Hadas Fogel

Ci sono tragedie con le quali, con il tempo, si impara a convivere. Ci sono ferite che, con il tempo, si rimarginano e fanno male solo quando cambia il tempo. E altre no. Questa è una di quelle che no. Ricordiamoli. Ricordiamo questi nostri fratelli sterminati da una furia identica a quella che settant’anni fa ha provocato la Shoah. Ricordiamoli rileggendo i pezzi uno, due e tre dedicati loro l’anno scorso. Rivediamo l’intervista a Tamar, che rientrando ha scoperto il massacro.

E concediamoci ancora un momento per una piccola riflessione. E soprattutto – vi comando queste parole – non dimentichiamo, non dimentichiamo mai.

barbara