DI VATICANO, DI ZAN, DI ZANINI E DI ALTRI INCOMPARABILI IDIOTI

(È un po’ lungo, portate pazienza. Poi domani se non capita qualche imprevisto importante vi porterò via pochissimo tempo, quindi magari leggetelo a rate, se è troppo)

Dato che i crociati contro l’omofobia rappresentano la crema della crema della sinistra, inizio con questa deliziosa carrellata

e proseguo con questo quadro che illustra quanto sia effettivamente grave e bisognosa di interventi la situazione da noi orrendevolissimi occidentali.

E una riflessione sulla famigerata legge Zan.

Niram Ferretti

SULL’AVANZAMENTO DEL PROGRESSO

Siamo arrivati a questo. Lo spartiacque tra luce e tenebra, progresso e regresso, civiltà e barbarie è il DDL Zan.
Alessandro Zan, parlamentare PD e militante LGBT, ha l’onore e l’onere di avere dato il proprio nome a questa legge fondamentale. Il futuro dirà di lui, per il momento accontentiamoci del presente. Un presente derelitto in cui un disegno di legge marcatamente ideologico e lobbista frutto di una organizzazione che è una Chiesa a sé, con i suoi dogmi, le sue scomuniche, il suo clero variopinto (e implacabile è soprattutto nei confronti di quegli omosessuali, uomini o donne che non si allineano alle sue direttive), è stato abilmente trasformato in un vessillo di libertà.
Se non verrà approvato, dicono i suoi sostenitori, Fedez, Elodie, Paola Turci, Vladimir Luxuria e altri pensosi intellettuali, l’Italia sprofonderà nel buio. Infatti, il DDL Zan fornirà, con il pretesto della difesa dei diritti umani e la lotta alle discriminazioni, una protezione impareggiabile a omosessuali, transgender, trans, e a coloro che, nonostante, l’inequivocabilità dei loro attributi sessuali e del loro aspetto fisico si percepiscono all’opposto di come appaiono. Lo farà facendo in modo che chi ritiene che l’eterosessualità è la norma e la famiglia naturale è quella composta da un uomo e una donna, non possa avanzare critiche o anche opposizione alle famiglie arcobaleno, all’acquisizione di figli da parte di coppie omosessuali tramite la maternità surrogata o la fecondazione eterologa, e altro ancora.
Non è vero che il DDL Zan, come dice il suo promulgatore e insieme a lui i suoi sostenitore, garantisca la liberà di opinione, che, diciamolo, non ha bisogno di Alessandro Zan per essere garantita, essendo già fermamente salvaguardata dall’Articolo 21. Basterebbe leggersi l’Articolo 4 del disegno di legge, il cosiddetto “salva idee” dove è scritto che “ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atto discriminatori o violenti”.
Tutto sta nella congiunzione “purché”. Il diavolo, si sa, è nei dettagli.
Come ha sottolineato Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, “Non si può usare il concetto di ‘idoneità’ nella valutazione di un’idea, chissà quando, come e per quale finalità espressa, e trasformare quella idea in un reato penale”.
O meglio, sì, si può. Si può in un regime autoritario o totalitario, dove il pensiero è irreggimentato rigorosamente, e insieme ad esso, ovviamente il linguaggio.
Non sono più i tempi, fortunatamente, dell'”amore che non osa dire il proprio nome” tempi che costarono a Oscar Wilde i lavori forzati, da allora di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, ma non vorremmo che si inaugurassero i tempi in cui ci possano essere dei giudici i quali condannassero un cittadino per avere osato dire che l’omossesualità è una inclinazione statisticamente deviante rispetto all’eterosessualità o che affermi che l’unico matrimonio degno di questo nome è quello tra un maschio e una femmina.
Se si dicesse con franchezza e limpidezza che questo disegno di legge è il frutto di una ben precisa ideologia, che ha trasformato l’omosessualità da inclinazione sessuale a strumento politico, si renderebbe solo un servizio alla verità. E se al posto di Fedez ci fosse Pier Paolo Pasolini, avremmo la certezza che vedrebbe in esso l’estensione omologante, coartante e fascistizzante di un brand. Purtroppo ogni epoca ha i testimonial che si merita.

E veniamo alla odierna pietra dello scandalo: l’intervento del Vaticano

Gerardo Verolino

Non dicono una parola (anzi sono propensi a giustificare i loro carnefici) se gli omosessuali sono perseguitati, torturati ed impiccati alle gru negli Stati e nelle teocrazie islamiche ma, adesso, i nuovi maître à penser della sinistra (da Fedez a Elodie) si inalberano e protestano indignati se la Chiesa cattolica (per essere più precisi: la Cei) dice una cosa giusta quando ricorda allo Stato italiano che non bisogna discriminare gli omosessuali, ma neppure il prete che seguita a dire che il matrimonio religioso è solo fra un uomo e una donna. Ma andate a fanzan

D’altra parte, quando abbiamo a che fare con la sinistra, si sa cosa ci si deve aspettare

Qui.

Cioè la sinistra praticamente è come l’AIDS: se la conosci la eviti. Aggiungo ancora questo

“La Chiesa non contesta il Ddl Zan ne’ sul piano teologico ne’ nel merito” – Monsignor Filippo Di Giacomo, canonista: “Il confronto verte sulla difesa di quegli spazi di libertà religiosa che riguardano non solo i cattolici ma anche ebrei, musulmani e seguaci di altre confessioni” – “Si tratta di una “nota verbale”, il modo usuale con cui le diplomazie si parlano. Enfatizzarlo come una ‘lettera ufficiale’ è pura idiozia” – “Chi ha dato alla stampa la “nota” puntava a fare uno sgarbo al Papa” – Gli attacchi di Fedez sulla tasse del Vaticano? Notizia mezza tarocca. Evidentemente si considera uno specchio di virtu’…“

https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/zan-zan-quot-chiesa-non-contesta-nbsp-ddl-zan-ne-39-piano-274375.htm

Il machiavellismo della Curia mi ha sempre affascinato.
Comunque godo.

Fantastica la gente con il cartello con scritto “L’odio non è un diritto”… Che di solito, se togli l’odio a quei dementi col cartello arcobaleno, si sgonfiano come palloncini.
Nota: L’Odio è un diritto (qui)

Perché se lo stato ha il diritto di sindacare sui sentimenti e addirittura farne materia di diritto, chi ci metterà al riparo da futuri ghiribizzi statali di sindacare su qualunque altro sentimento umano, dall’invidia alla gelosia all’antipatia e magari – perché no? – alla simpatia, alla riconoscenza, all’affetto, all’amore?
Poi ci sono quelli che, dopo essersi spellati le mani a forza di applaudire i papali interventi pro clandestini, pro le deliranti teorie gretiane sull’ambiente eccetera, chiedono a gran voce di “denunciare” il concordato, ai quali faccio dire due parole da

Giovanni Bernardini

CONCORDATO

I patti lateranensi regolano ancora oggi i rapporti fra lo stato italiano e la Santa Sede.
Firmati nel 1929 fra il governo Mussolini e la Santa sede sono stati inseriti nella costituzione nel 1948, col voto favorevole di Togliatti.
Sono stati modificati nel 1984 dopo una lunga trattativa fra rappresentanti del Vaticano ed il governo Craxi.
Il fatto che i patti siano inseriti nella costituzione ha una conseguenza ben precisa che sfugge a coltissimi personaggi come Fico e Fedez: lo stato italiano NON può denunciare unilateralmente i patti, come avviene per gli altri accordi internazionali, meglio, può farlo ma SOLO tramite una legge COSTITUZIONALE. Si rassegnino i pasdaran del gender.
Questi i fatti
Quanto al resto, non val la pena di sprecare ancora una volta molte parole sul DDL Zan.
Telegraficamente: NON si tratta di una legge in difesa di diritti. Già ora non è possibile aggredire, insultare, picchiare, discriminare ingiustamente nessuno, per nessun motivo. Volendo si può essere più chiari in proposito, ma non è questo il punto.
Il DDL Zan equipara il sesso “biologico” con il sesso “sentito”, pretende che nelle scuole si propagandi la filosofia gender e, cosa più grave di tutte, trasforma in reato penale la critica del gender. E’ vero che la legge concede, bontà sua, la libertà di esprimere opinioni diverse, ma subordina questa libertà graziosamente concessa alla assenza del “pericolo” che questa possa provocare azioni violente e discriminanti. Per capirci: un prete afferma che per la Chiesa l’omosessualità è un peccato, un magistrato ritiene che questa affermazione possa indurre qualcuno ad atti violenti ed il prete finisce in galera. Degno di Goebbels.
La Chiesa può condannare chi insulta, aggredisce o discrimina qualcuno per motivi legati alle preferenze sessuali, NON PUO’, se non vuole rinnegare completamente se stessa, accettare che nelle scuole cattoliche venga propagandata la filosofia gender né può accettare che interi passi della Bibbia vengano censurati perché ritenuti “omofobi”.
Staremo a vedere come evolverà la situazione, penso che le carte siano molto intricate. Per ora mi limito a ridere pensando a coloro che esaltano papa Bergoglio quando si tratta di migranti salvo poi strapparsi i capelli quando il Vaticano ribadisce cose che sono da tempo immemorabile parte della dottrina cattolica.
Personalmente detesto ogni tipo di argomento “ad personam”. Non credo che X sia giusto se lo dice Tizio salvo diventare sbagliato se lo afferma Caio. Sono contrario alla immigrazione clandestina anche se il papa la difende e sono contrario al DDL Zan quale che sia la posizione in proposito del Vaticano.
E tanto basta.

Perché non c’è niente da fare: più sono ignoranti e più salgono in cattedra. E, come dice giustamente – e documenta – Giulio Meotti, quella con cui stiamo  avendo a che fare è una vera e propria inquisizione, altro che Vaticano che interferisce!

La nuova Inquisizione non viene dal Vaticano, ma dai Buoni

Ecco il catalogo dei perseguitati (scrittori, politici, pasticcieri, insegnanti, informatici, vescovi, giuristi). Nel liberissimo Occidente è in nome dell’Amore che si censura, licenzia e reprime

“I benpensanti sono diventati come una religione”, ha scritto Nicolas Beytout sul quotidiano liberale francese L’Opinion. “Impone le sue regole, la sua liturgia, le sue messe. Scomunica coloro che non rispettano questo nuovo catechismo progressista. Il pensiero dominante e travolgente è seguace della teoria del gender”. George Orwell aveva capito che la “neolingua” non sarebbe stata radicalmente nuova, ma la manipolazione di quella esistente. Così l’aggettivo “libero” non si sarebbe più usato nel significato di “intellettualmente indipendente”, ma in frasi come “questo cane è libero dalle pulci” o “questo campo è libero da erbacce”.

In Occidente nessuno viene più licenziato perché omosessuale e la questione transgender è diventata egemonica. Al contrario, chi dissente, senza demonizzare nessuno, rischia molto. Si criminalizzano ormai non i comportamenti, ma i pensieri in sè. La nuova Inquisizione non viene dal Vaticano, ma dall’“Impero del Bene” di Philippe Muray. Le leggi contro l’odio in tutto l’Occidente, nate su intenzioni “inclusive”, oggi sono usate per censurare, licenziare e reprimere. Ecco il catalogo (parziale) dei perseguitati in nome dell’Amore…

  • L’ex ministro dell’Interno finlandese, Päivi Räsänenuna, che è anche un medico, aveva criticato la partecipazione della Chiesa luterana finlandese (di cui è membro) ai festival Lgbt e citato la Bibbia (Genesi, “maschio e femmina li creò”) nei suoi social. Ora deve andare a processo.
  • Ha scritto che è in atto una “dittatura gender”. Per questo Bob Eschliman, caporedattore del quotidiano dell’Iowa Newton Daily News, è stato licenziato. Aveva espresso le sue opinioni sul suo blog e fuori dall’orario di lavoro, ma non gli è servito a salvargli la carriera.
  • Germund Hesslow è professore di neurofisiologia a Lund, in Svezia, ed è finito sotto inchiesta per avere affermato che esistono differenze biologiche tra maschi e femmine.
  • Sasha White ha perso il lavoro alla Tobias Literary Agency dopo avere espresso solidarietà all’autrice di Harry Potter. La sua bio sui social diceva già tutto: “Il gender non conformista è meraviglioso; negare il sesso biologico no”. Poi il rifiuto di usare pronomi neutri gender fluid.
  • Jack Phillips è il pasticciere più famoso d’America. Ed è di nuovo stato trascinato in tribunale perché non vuole realizzare dolci contrari alla sua fede cristiana. Se nel 2012 una coppia omosessuale gli aveva chiesto una torta per celebrare il proprio matrimonio gay, al tempo della richiesta illegale nello stato, questa volta un avvocato ha preteso da Phillips una torta per festeggiare la propria “transizione di genere”. Nello storico processo Masterpiece Cakeshop v. Colorado Civil Rights Commission, la Corte Suprema stabilì che rientra a pieno titolo nel Primo emendamento il diritto a non creare con le proprie capacità artistiche qualcosa che vada contro le proprie convinzioni religiose. “Oggi tocca a Jack, domani potrebbe toccare a voi”, ha detto la sua legale, Kristen Waggoner.
  • Brendan Eich, programmatore creatore della lingua del web (il JavaScript), amministratore delegato di Mozilla solo per undici giorni, è stato licenziato a causa di mille dollari donati alla campagna in favore del “sì” al referendum della California per vietare i matrimoni gay. A difenderlo ci ha pensato Andrew Sullivan, icona gay, giornalista inglese trapiantato in America e che fu uno dei primi a dichiararsi omosessuale, secondo cui Eich è stato “scotennato da attivisti gay, trattato da eretico. Brendan è vittima dell’intolleranza della sinistra liberal e della mafia gay. Adesso sarà costretto a sfilare per le strade nella vergogna? Perché non metterlo ai ceppi? Se l’attivismo omosex è diventato questo, mi dimetto subito dal movimento. Se si tratta di minacciare la libertà di parola degli altri, allora non siamo meglio dei prepotenti anti gay che ci hanno preceduto”.
  • Il vicedirettore di una rivista universitaria è stato licenziato per “transfobia”, dopo aver twittato che “le donne non hanno il pene”. Angelos Sofocleous è stato cacciato da Critique, la rivista di filosofia dell’Università di Durham e come direttore da The Bubble, la rivista online dell’università.
  • When Harry became Sally, il libro di Ryan Anderson critico del gender, è stato bandito da Amazon. E non importa che non ci sia alcuna fobia o odio nel libro di Anderson, basta mettere in discussione l’identità di genere per finire all’indice e perdere proventi e reputazione.
  • Maya Forstater, ricercatrice licenziata da un think tank di Londra per aver scritto sui social che “le donne trans non sono donne”, ha cercato giustizia per tre anni dopo il licenziamento.
  • L’American Humanist Association ha cancellato venticinque anni dopo il “Premio Umanista dell’Anno” a Richard Dawkins, sulla base del fatto che non è sufficientemente devoto al “culto del transgenderismo”, come il famoso biologo lo ha definito sul Times, dicendo che da biologo non può ignorare i cromosomi XX e XY.
  • Sarah Honeychurch dell’Universià di Glasgow è stata licenziata come redattrice della rivista accademica Hybrid Pedagogy, dopo aver firmato una lettera di femministe che metteva in dubbio il rapporto delle università con l’ente Lgbt Stonewall.
  • L’ex cappellano del Trinity College di Cambridge, Bernard Randall, è stato cacciato dal Trent College per le critiche al programma Lgbt introdotto nella sua scuola. Aveva detto Randall agli studenti: “Dobbiamo trattarci l’un l’altro con rispetto, non attacchi personali: questo è ciò che significa amare il prossimo come se stessi. Discuti con tutti i mezzi, fai un dibattito ragionato sulle convinzioni, ma mentre va bene cercare di persuadersi a vicenda, a nessuno dovrebbe essere detto che deve accettare un’ideologia. Ama la persona, anche quando non ti piacciono le sue idee. Non denigrare una persona semplicemente per avere opinioni e convinzioni che non condividi”.
  • Uno degli autori della serie Doctor WhoGareth Roberts, è stato estromesso da una nuova antologia a causa di quello che la Bbc Books (di proprietà della Penguin Random House e dell’emittente pubblica inglese) ha descritto come “linguaggio offensivo sulla comunità transgender”. Roberts, che è gay, aveva solo detto di non credere nell’identità di genere: “E’ impossibile per una persona cambiare il proprio sesso biologico”.
  • Un vescovo spagnolo, nominato cardinale da Papa Francesco, di cui è anche amico personale, è stato incriminato per “omofobia”. Si tratta dell’arcivescovo di Pamplona, Fernando Sebastián Aguilar, che in un’intervista a Diario Sur aveva spiegato: “La sessualità ha una struttura e un fine, che è quello della procreazione. L’omosessualità, in quanto non può raggiungere questo fine, sbaglia”. Per queste parole si è ritrovato nel registro degli indagati.
  • All’Università di Bordeaux, in Francia, è stata eliminata la conferenza di Sylviane Agacinski, celebre femminista e psicoanalista, per aver attaccato il gender nel libro Femmes entre sexe et genre.
  • La procura di Parigi ha aperto una inchiesta sul giurista di origine armena della Sorbona, Aram Mardirossian, per “incitamento all’omofobia e alla transfobia” (sei mesi di carcere e 22.500 euro di ammenda) perché ha difeso il matrimonio naturale.
  • Un professore di filosofia, Philippe Soual, membro della società internazionale di studi su Hegel e del centro Cartesio della Sorbona, si sia visto cancellare un corso all’ateneo Jean Jaurès di Tolosa, dopo che è stato accusato da un’associazione di studenti di essere un “portavoce della Manif pour tous”, il movimento che ha riempito le piazze per manifestare contro le nozze gay.
  • Per non parlare di quei famosi odiatori gay di Dolce & Gabbana, quelli che “la famiglia è solo quella tradizionale e non ci convincono bambini sintetici e uteri in affitto”.

Nell’Occidente dove si scrive per asterischi e il relativismo è assolutistico, l’opinione è diventata legge e siamo tutti un po’ “omotransofobi”. Fino a prova contraria.
Giulio Meotti

E vedrete che prima o poi arriveranno anche a questo:

Concludo con le preziose intellettuali che irraggiano sapienza su tutti noi. Inizio con l’inevitabile immaginifica signorina Murgia

Qui

per passare alla nostra Oca preferita, che esige di essere riconosciuta come intellettuale, pretende di essere chiamata dottoressa, si atteggia a italianista e scrive libri per insegnare, appunto, a parlare e scrivere in un italiano impeccabile, e soprattutto a storica, profondissima conoscitrice e grandissima esperta da non restare indietro a nessuno. Per il caso in questione, grazie appunto alla vastissima conoscenza di tutte le vicende storiche occorse dalla notte dei tempi a oggi, ha trovato il paragone giusto che dia la misura esatta del misfatto compiuto oggi dal Vaticano, e ha scritto un post che inizia così:

Galatea Vaglio

Storie di bambini rapiti e ingerenze vaticane.
Il 23 giugno del 1858 il seienne Edgardo Mortara, nato in una famiglia ebrea [ebraica, cara, ebraica: per descrivere un sostantivo serve un aggettivo, e “ebrea” non lo è] di Bologna, veniva allontanato con la forza dai genitori dalle autorità dello Stato Pontificio e trasferito a Roma in un convento.

Adesso per commentare come merita questo incredibile concentrato di ignoranza e cretinitudine servirebbe un’opera delle dimensioni dell’Enciclopedia Britannica, ma sono sicura che a dargli il suo giusto valore riuscirete anche da soli.
Concludo definitivamente, anche se non c’entra direttamente con zanismo e dintorni, ma c’entra in compenso col pensiero unico dominante, rendendo omaggio a sei Uomini che non si sono piegati.

barbara

ANCORA VACCINI

Il morbo infuria…
Il pan ci manca…
Sul ponte sventola
Bandiera bianca!

Comunicato stampa sulla sospensione dell’utilizzo di AstraZeneca – Associazione Italiana di Epidemiologia

In attesa di notizie più precise in ordine ai dati che hanno spinto diversi Paesi europei, tra cui l’Italia, a sospendere precauzionalmente l’utilizzo del vaccino AstraZeneca Covid19, l’Associazione Italiana di Epidemiologia osserva che, sulla base dei dati della letteratura scientifica relativi alla incidenza della trombosi venosa profonda (TVP) e ai dati sui ricoveri ospedalieri, è possibile stimare, in modo conservativo, che in un anno, sono attesi nella popolazione generale tra 35 e 70 anni di età circa 80 casi di TVP ogni 100.000 persone. Questa stima conduce a un numero di casi attesi pari a 1,5- 2 casi per settimana, ovvero 6-8 casi nell’ultimo mese per 100.000 persone.
Al 14 marzo 2021, risulta che 184.219 soggetti appartenenti alle Forze Armate e di Polizia e 610.305 soggetti appartenenti al personale scolastico hanno ricevuto il vaccino AstraZeneca, nell’arco di un mese, per un totale di quasi 800 mila persone. Alla luce delle evidenze disponibili, pertanto, in questa popolazione, in un mese si sarebbe dovuto verificare per il solo effetto del caso (6-8 casi/100,000 per 800,000 persone) un numero di ricoveri ospedalieri per TBV compreso tra 48 e 64. Questi casi si verificano non certo per effetto del vaccino ma per effetto della normale incidenza della malattia.
Si tratta di calcoli semplici, anche se per il momento approssimativi, e che possono essere confermati con dati più precisi relativi alla popolazione vaccinata. Sulla base di queste considerazioni, l’Associazione Italiana di Epidemiologia auspica l’applicazione di adeguate metodologie di sorveglianza epidemiologica e attende fiduciosa il responso di EMA su un tema di grande rilevanza per la sanità pubblica del nostro Paese. Si auspica, inoltre, uno sforzo da parte dei media per una comunicazione che sia trasparente, corretta e priva di allarmismi non supportati da dati scientifici.

Associazione Italiana di Epidemiologia (qui)

E dunque, se il numero di casi di trombosi fra i vaccinati non differisce da quello fra i non vaccinati, perché il vaccino è stato sospeso?

Caos Ue sui vaccini, “bruciato” AstraZeneca: lo spettro di una decisione politica e primo test di credibilità per Draghi

Difficile immaginare una gestione peggiore della campagna vaccinale europea (e italiana). Ma la realtà sta superando le nostre già bassissime aspettative. La bomba è stata sganciata ieri pomeriggio: con una decisione coordinata almeno nei tempi, Germania, Francia, Italia e Spagna hanno sospeso nei rispettivi Paesi la somministrazione del vaccino AstraZeneca in attesa di una parola definitiva dell’Ema sui recenti casi di trombosi e altre reazioni avverse. Peccato che l’Ema si prenderà fino a giovedì per pronunciarsi (sempre perché siamo in emergenza…). Nell’arco di 24 ore l’Aifa è passata dal rassicurare i cittadini, parlando in un comunicato ufficiale di “ingiustificato allarme” e “nessuna causalità dimostrata” tra i decessi e la somministrazione delle dosi, al divieto di utilizzo di AstraZeneca “su tutto il territorio nazionale”, “in via del tutto precauzionale e temporanea, in attesa dei pronunciamenti dell’Ema”. Ema che intanto assicura che continuerà a indagare ma ribadisce di ritenere ingiustificata la sospensione.
Nemmeno 24 ore prima, il nuovo commissario straordinario, il generale Figliuolo, era stato mandato in televisione a squadernare il nuovo mirabolante piano vaccini (500 mila dosi al giorno e 80 per cento della popolazione vaccinata entro settembre: un sogno). Un piano che come vedremo rischia di venire azzoppato dalla decisione di sospendere AstraZeneca. Nemmeno 12 ore prima, a SkyTg24, il professor Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità, aveva rassicurato così: “Lo farei fare ai miei cari, senza alcuna esitazione, riserva o riluttanza. È un vaccino sicuro, che ha un ottimo profilo di efficacia, ed è importante che venga utilizzato”.
La domanda che tutti ci siamo posti è: perché? Perché una decisione che pare essere autolesionista, che espone nuovamente al ridicolo la campagna vaccinale dell’Unione europea e dei singoli stati che ne fanno parte?
Quello che sappiamo da fonti citate da tutte le agenzie è che si è trattato di una decisione presa a livello politico tra i maggiori Paesi Ue – Germania, Francia, Italia e Spagna (e comunicata in questo ordine) – a seguito di un confronto tra i rispettivi ministri della sanità. Per quanto riguarda l’Italia, fonti del Ministero della salute hanno precisato alle agenzie che la decisione è stata assunta dopo un colloquio tra il presidente del Consiglio Draghi e il ministro Speranza, dopo che quest’ultimo aveva parlato con i suoi colleghi di Berlino, Parigi e Madrid.
La circostanza è confermata dal direttore generale dell’Aifa, Nicola Magrini, il quale ieri sera a 8 e Mezzo, su La7, ha ribadito che “il vaccino è sicuro”, che si tratta di “verificare l’insorgenza di rarissimi casi di trombosi che hanno destato clamore”, e ha parlato di una “volontà politica di Germania, Francia, Italia e Spagna di muoversi assieme”.
Primo cortocircuito: l’Aifa, un’agenzia in teoria indipendente, che dovrebbe assumere le sue decisioni su basi scientifiche, si è allineata ad una decisione coordinata a livello politico tra più governi europei. Dov’è finito l’approccio Ue basato sulla scienza, senza influenzare le agenzie indipendenti?
Si tratta anche del primo vero test di credibilità per il Governo Draghi e lo stesso presidente del Consiglio: una crisi che richiede di dare al più presto spiegazioni, e molto convincenti, alle centinaia di migliaia di cittadini già vaccinati, o in attesa di vaccinarsi, con AstraZeneca. Se il premier intendeva distinguersi dal suo predecessore per un uso più misurato e sobrio delle parole, ebbene ci è riuscito. Ma ora il suo silenzio su una decisione di così vasta portata, proprio per il piano vaccini annunciato poche ore prima in pompa magna, desta preoccupazione.
Qualche indicazione sul perché di questa sospensione la avremo probabilmente alla luce del pronunciamento dell’Ema di giovedì.
Una delle ipotesi è che i governi di questi quattro Paesi, in attesa della decisione dell’Ema, abbiano voluto bloccare in via cautelativa il vaccino per mostrare alle loro opinioni pubbliche di avere a cuore trasparenza e sicurezza. Una strategia comunicativa, dunque, e non una valutazione di natura scientifica, sarebbe alla base del principio di precauzione adottato, tanto più che sia l’Ema che l’Oms hanno ribadito la validità del vaccino AstraZeneca anche dopo la notizia della sospensione decisa dai governi.
Secondo cortocircuito: l’approccio Ue con i vaccini anti-Covid è stato quello di centralizzarne l’acquisto (Commissione europea) e l’autorizzazione (Ema), ma poi i governi sono andati in ordine sparso nel bloccare AstraZeneca.
A portarsi dietro gli altri Paesi, come troppo spesso capita in Europa, è Berlino, che preannuncia ai partner la sua decisione dopo 7 casi di trombosi su 1,6 milioni di dosi somministrate – ma forse soprattutto dopo la batosta elettorale subita domenica scorsa dal partito di Angela Merkel in Baden-Württemberg e Renania-Palatinato. I governi degli altri Paesi ovviamente si sono trovati nella posizione di non poter mostrare minore cautela di quello tedesco. Il governo francese è stato “colto di sorpresa” dalla decisione tedesca, hanno ammesso ieri sera fonti governative di Parigi a Radio France. I due Paesi avevano concordato di attendere un parere dell’Ema, ma di fronte alla decisione della Germania, “il nostro principale partner europeo”, la Francia non poteva restare isolata e continuare la vaccinazione, hanno spiegato le stesse fonti.
Dunque, tutti insieme, ma spinti da Berlino, hanno avuto paura di assumersi la responsabilità e hanno deciso di aspettare la piena “copertura” dell’Ema.
In una nota il direttore generale del Dipartimento prevenzione del Ministero della salute, Gianni Rezza, ha spiegato che “l’Ema si riunirà a breve per chiarire ogni dubbio in modo da poter ripartire al più presto e in completa sicurezza con il vaccino AstraZeneca“.
Ma l’errore più grave è proprio quello di pensare che dopo una tale drastica decisione si possa ripartire con le somministrazioni come se nulla fosse accaduto, anzi con una maggiore fiducia dei cittadini nei vaccini e nel processo di “validazione”. Al contrario, il rischio che vediamo è quello di un terribile backlash sulla campagna vaccinale. Anche se l’Ema confermerà il suo via libera, AstraZeneca è “bruciato”. Già presentato, erroneamente, all’opinione pubblica come un vaccino di “serie B” – quando invece fornisce il 100 per cento della copertura dalle forme più gravi della malattia ed è già molto efficace a poche ore dalla prima dose (mentre con Pfizer e Moderna dopo una settimana dalla seconda, che avviene dopo 3/4 settimane dalla prima) – anche se riammesso, molti cittadini lo rifiuteranno, cancellando le loro prenotazioni o peggio non presentandosi. E come dargli torto?
Dopo aver alimentato il terrorismo sul virus, ora stanno irresponsabilmente alimentando il terrorismo su una delle strategie (non la sola) più efficaci per tornare alla normalità: i vaccini. Un “comma 22”, come osserva Marco Faraci. Con un tragico paradosso: bloccando la somministrazione di un vaccino in presenza di reazioni avverse come vedremo rarissime, senza una maggiore incidenza statistica rispetto alla popolazione generale, e soprattutto senza correlazione dimostrata, i governi europei per pararsi dalle polemiche dei no-vax ne hanno adottato di fatto la linea.
Ma c’è una seconda ipotesi: che si sia voluto “bruciare” proprio AstraZeneca. Un passaggio dell’intervento di Magrini a 8 e Mezzo dovrebbe far suonare un campanello d’allarme: “Ci sono tre vaccini più maturi in arrivo, sicuri anche contro le varianti”. Parlare di vaccini “in arrivo” ad una settimana dall’inizio della primavera, con una campagna di vaccinazioni già terribilmente in ritardo, come se potessimo a cuor leggero rinunciare ad AstraZeneca perché tanto altri stanno per arrivare, è allarmante.
Basti pensare che senza AstraZeneca avremmo nel clou della campagna, da aprile a settembre, 37 milioni di dosi in meno rispetto a quelle previste (25 per cento in meno). E 2,9 milioni di dosi in meno entro marzo (38 per cento in meno).
Significherebbe azzoppare il piano appena annunciato dal generale Figliuolo. Ma lo ripetiamo: anche se AstraZeneca dovesse essere riammesso, molti cittadini potrebbero rifiutarlo sulla base dei sospetti alimentati in questi giorni. Il che aprirebbe un’altra spinosissima questione: cosa fare con questi cittadini? Se escluderli dal piano sarebbe controproducente, e obbligarli inaccettabile, si aprirebbe la strada alla possibilità per ciascuno di scegliersi il vaccino “preferito”, con il rischio di lasciare milioni di dosi inoptate.
Uno dei vaccini “in arrivo”, guarda caso, è quello dell’azienda tedesca Curevac, già sotto revisione dell’Ema. Ed è notizia di pochi giorni fa che la svizzera Novartis ha concluso un accordo preliminare per la produzione del Curevac in uno stabilimento di nuova costruzione in Austria. Senza dimenticare che alla finestra c’è sempre il vaccino russo Sputnik V.
Considerando l’allarme ormai suscitato nell’opinione pubblica, e i ritardi nelle consegne, a Berlino e Parigi potrebbero aver deciso di “sacrificare” AstraZeneca a vantaggio di altre Big Pharma, il che offrirebbe loro un alibi per il fallimento della campagna vaccinale Ue (uno dei vaccini su cui avevamo puntato si è rivelato inaffidabile) e un’occasione di rivalsa sui ribelli inglesi.
Ma per il delitto perfetto non è necessario il no di Ema. Per “bruciare” AstraZeneca, e giustificare il ricorso ad altri marchi ora “in arrivo”, basta aver insinuato nella popolazione il sospetto che sia più rischioso degli altri vaccini.
In entrambe le nostre ipotesi, dietro la decisione di sospendere AstraZeneca ci sarebbe una motivazione squisitamente politica. E se proviamo ad entrare nel merito, questo sospetto ne esce rafforzato.
Considerando altamente improbabili errori di produzione, solo nei lotti destinati all’Ue, tali da provocare esiti così fatali, guardiamo al Paese dove il vaccino di AstraZeneca è stato somministrato in massa. Nel Regno Unito la trasparenza è una realtà tangibile e tutti i dati sulle reazioni avverse riportate sono pubblici, online e facilmente consultabili. Ricordiamo che non si tratta di correlazioni dimostrate, ma solo sospette sulla base della coincidenza temporale. Ebbene, AstraZeneca non mostra differenze sostanziali con Pfizer dopo circa 10 milioni di dosi somministrate di ciascun vaccino.
Come riportato dal quotidiano Domani, da un primo esame da parte dell’Ema è emerso che il numero dei casi di trombosi tra i vaccinati con AstraZeneca (30 su 5 milioni di dosi) è in linea con i casi di trombosi avvenuti nello stesso periodo di tempo nella popolazione non vaccinata. Su 11 milioni di dosi AstraZeneca somministrate nel Regno Unito, sono stati rilevati 45 casi di trombosi, poco meno di quelli rilevati con Pfizer (48).
Come ha ricordato David Spiegelhalter sul Guardian, viene colpita da trombosi circa una persona su mille ogni anno, e probabilmente di più nella popolazione più anziana, che viene vaccinata per prima. Quindi, potrebbero essere 5 mila ogni 5 milioni di vaccinati in un anno, circa 100 ogni settimana. Fino al 28 febbraio sono stati segnalati circa 54.000 “cartellini gialli” per AstraZeneca su circa 10 milioni di dosi somministrate (Pfizer poco meno). Quindi, per entrambi i vaccini, il tasso di segnalazione è di circa 3-6 per 1.000, molto meno degli effetti collaterali riportati nei trials.
Secondo dati raccolti da Alex Berenson, addirittura sarebbero state riportate in Europa molte più reazioni avverse fatali dopo dosi Pfizer che dopo AstraZeneca.
Una sostanziale equivalenza nelle reazioni avverse dovrebbe risultare anche alle autorità sanitarie dei Paesi Ue. Perché allora solo il vaccino AstraZeneca è finito sotto processo? Se invece le autorità Ue fossero in possesso di dati diversi, dovrebbero produrli.
Federico Punzi, 16 Mar 2021, qui.

Già, decisione politica. Ho letto che da diverse parti si starebbe spingendo per Sputnik. E quelli tedeschi, già. Ma sarà solo un caso, certo. In ogni caso, come giustamente è stato osservato

Quanto alle conseguenze, è un fatto inoppugnabile che questo disastro è il famoso dentifricio uscito dal tubetto: nessuno riuscirà mai più a farlo rientrare. I deliri vaccinofobi che vedo in giro hanno raggiunto, anche in persone finora del tutto sane di mente e dalla brillante intelligenza, livelli di isteria impensabili fino a poco fa, ho visto addirittura paragonare la vaccinazione – la vaccinazione in sé, non l’eventuale obbligo – agli esperimenti di Mengele. E fra le bufale che vedo girare c’è anche quella secondo cui in Israele, capolista nel programma vaccinale, la vaccinazione di massa avrebbe fatto aumentare il numero di morti e malati. Naturalmente è una mastodontica balla

Per quanto poi riguarda il “nostro” piano vaccinale

E in fatto di crimini

Liborio Al Muntaner Spagnolo

Da Il sole 24 Ore.
15/3/21

“(Uk) Tra gli 11 milioni di abitanti vaccinati con Astrazeneca ci sono stati finora 15 casi di trombosi o coaguli di sangue e 22 casi di embolia polmonare, una percentuale inferiore a quella della popolazione non vaccinata”
Se avessero usato la stessa solerzia usata per bloccare il vaccino di Astrazeneca con i monopattini,forse diverse centinaia d’italiani sarebbero ancora in vita e qualche migliaio si sarebbe evitato mesi di gesso e cure fisioterapiche.
Nella Città Metropolitana di Bologna circolano quasi centomila biciclette.
Nel 2020 quindici ciclisti sono morti in incidenti stradali.
Che facciamo?
Ne blocchiamo l’uso?
Le teniamo ferme fin quando non si trova un modo sicuro a rischio zero d’andare in bici?
Vogliamo parlare delle autostrade e dei relativi morti che mietono ogni anno?
E sugli attraversamenti pedonali vogliamo spendere due parole?
Ma basta con sto terrorismo.
Vaccinatevi e dateci un taglio.

Ancora un’osservazione sulle preoccupazioni di qualcuno che la nomina di un militare a commissario straordinario possa preludere a una militarizzazione dell’Italia se non addirittura a qualche colpo di mano militare: sarebbe utile ricordare che

Mentre qualcuno ha provato a chiedersi che cosa sarebbe successo se

E a chi si affanna a strepitare che un sacco di cose ritenute scientifiche sono state prima o poi confutate va risposto che sì, è vero, la scienza può benissimo essere confutata:

Ok, abbiamo scherzato, ma adesso basta, parliamo seriamente: i vaccini sono VERAMENTE pericolosi, e ne abbiamo le prove inconfutabili:

E quest’ultima, a differenza delle due precedenti, non è una spiritosata Lercio-style bensì una “notizia” realmente pubblicata, esattamente in questi termini, non solo da Repubblica ma anche da un altro paio di decine di testate. Credo che i tempi siano maturi per un secondo diluvio universale.
E concludo con una considerazione: i vaccinofobi che strillano istericamente al genocidio, che vanno a caccia di “notizie” che confermino i loro deliri – e solo di quelle – non importa quanto assurde, non importa quanto smentite, non importa quanto scientificamente confutate, sono indiscutibilmente persone disturbate. Ma chi è che da un anno sta spacciando per morti di covid persone morte di infarto di ictus di talassemia di tumore di incidente di annegamento per far lievitare il numero di morti e alimentare il terrore nella popolazione? Chi è che da un anno sta irrefutabilmente dimostrando che dalle istituzioni ci arrivano unicamente delle mastodontiche balle, che delle istituzioni non ci si può minimamente fidare? Cari signori del governo, del citiesse, del servizio sanitario nazionale e di tutto il lupanare, loro sono fuori di testa, ma voi avete le mani sporche di sangue.

barbara

LA PEGGIORE EMERGENZA NELLA STORIA DELL’ITALIA REPUBBLICANA

Natale chiuso per Dpcm: non c’è un’emergenza Covid, c’è un’emergenza comunisti al governo

Dobbiamo di nuovo ringraziare @nonexpedit per il suo tweet che abbiamo preso in prestito per dare un titolo a questo articolo, perché, francamente, dopo nove mesi che vediamo ripetersi lo stesso film, siamo un po’ a corto di idee. È dalla primavera scorsa, quando ancora tutti sembravano frastornati dall’impennata di casi e morti, dal primo uso e abuso dei Dpcm per limitare le nostre libertà personali, che Atlantico Quotidiano denuncia l’emergenza giuridica e democratica nel nostro Paese, ben oltre l’emergenza sanitaria.
Con lo show di ieri sera, l’ennesimo, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha cominciato a scavare sul fondo che aveva già toccato nelle scorse settimane. Si presenta in prime time davanti agli italiani per snocciolare le restrizioni pensate ad hoc per le festività natalizie e di fine anno: coprifuoco dalle 22, quindi niente cenoni. Vietati gli spostamenti da regione a regione dal 21 dicembre al 6 gennaio, anche per raggiungere le seconde case, e persino tra comuni diversi il 25, 26 dicembre e il primo di gennaio.
Risultato: famiglie divise, messe di Natale abolite. Con esiti paradossali, per cui genitori, figli, nonni che abitano in due piccoli comuni confinanti, magari di un migliaio d’anime e a pochi chilometri di distanza [vedi per esempio qui], non possono ricongiungersi, mentre i più fortunati che vivono a Roma, Milano e Napoli possono attraversare l’intera città.
Misure deliranti, prive di logica, ragionevolezza e proporzionalità, principi cardine che devono sempre guidare le decisioni del legislatore e le azioni della pubblica amministrazione, in particolar modo quando incidono così profondamente sulle libertà fondamentali tutelate dalla Costituzione.
Misure che confermano quello che fin dal primo momento, e più volte, abbiamo sottolineato. La linea dello scaricabarile sugli italiani non cambia: il governo è capace solo di scaricare l’emergenza su cittadini e attività economiche, cioè sulla sfera privata, prima imputando loro l’aumento dei contagi, poi disponendo obblighi e divieti, mentre continua a dimostrarsi totalmente incapace di far funzionare ciò di cui è responsabile: la sfera pubblica.
Il paradosso, infatti, è che i Dpcm risultano efficacissimi nel tenere in casa le persone e chiudere le attività economiche, ma a quanto pare non altrettanto nell’accelerare quanto necessario la risposta pubblica. L’emergenza vale in un senso, verso i cittadini, ma non per la macchina burocratica statale.
A fine ottobre, annunciando l’ennesima stretta, il premier aveva spiegato che le nuove misure servivano a contenere il contagio così da “trascorrere le festività natalizie con maggiore serenità”. L’obiettivo, come ricorderete, era “salvare il Natale”. Evidentemente non hanno funzionato come dovevano, se ora si chiude proprio per Natale, ma nessuno ne chiederà conto.
Si rafforza quindi il sospetto [“sospetto”?] che le restrizioni, sempre più orwelliane e a casaccio, servano ormai solo da cinico diversivo: scaricare tutto sui cittadini, spostare l’attenzione di volta in volta su giovani, movide, bar, ristoranti, ora anche sui posti a tavola in famiglia [hai dimenticato i vecchietti che pretenderebbero di fare ginnastica per il mal di schiena]. Avete notato? Da settimane non si parla d’altro: cosa potremo o non potremo fare a Natale? Tutto, purché dal dibattito pubblico sparisca o quasi l’operato del governo rispetto al fattore davvero decisivo: organizzare e rafforzare il fronte sanitario. Di tamponi, tracciamento, terapie intensive, trasporti pubblici, scuole, carenze di personale e strutture, quasi non si parla più.
Ma ieri almeno tre circostanze non hanno giocato a favore del nuovo show del premier. Nelle ultime 24 ore un nuovo record di deceduti: 993. Il governo britannico ha approvato per primo il vaccino Pfizer/BioNTech e comincerà la campagna di vaccinazioni la prossima settimana. Brexit o non Brexit, dove sono le nostre prime dosi, annunciate da Conte per dicembre? Terzo, il premier ha ancora una volta ignorato il Parlamento, scegliendo di annunciare in uno dei suoi proclami tv le nuove misure anziché presentarle alle Camere. Le opposizioni, come vedremo, non l’hanno presa bene.
Presidente Conte, siamo in semi-lockdown da oltre un mese, scuole chiuse per metà, regioni rosse e arancioni, e ieri ci sono stati 993 morti (novecentonovantatre!). A chi li dobbiamo imputare stavolta? Alla movida? Ai ristoranti che chiudono alle 18? Alle palestre chiuse? In effetti, un “modello italiano” c’è: siamo riusciti nell’impresa, tra i Paesi avanzati, di massimizzare la perdita di vite umane e, allo stesso tempo, massimizzare i danni economici. Non era facile, ma con la sua Pandenomics, il micidiale mix di sistema sanitario impreparato, chiusure e assistenzialismo, il governo italiano c’è riuscito.
Ma no, il presidente Conte in conferenza stampa ha sorvolato sui 993 decessi delle ultime 24 ore (ma non sugli “attacchi personali”, a cui ha voluto rispondere). Nemmeno un accenno. E, ben più grave, nemmeno una domanda dai giornalisti-comparse. Una vergogna, roba da media cinesi. Eppure, non ci voleva un genio per formulare una semplice domanda, quella che credo sia sulla bocca di tutti: se continua a scendere il numero dei ricoveri e delle terapie intensive, com’è possibile che registriamo ancora record su record di decessi?
È questo uno degli aspetti più squallidi, questo sì un vero e proprio sciacallaggio: la contabilità dei decessi giornalieri su cui far leva per alimentare il senso di colpa degli italiani e portarli a rassegnarsi senza resistenze alla perdita delle loro libertà fondamentali: come potete pensare di festeggiare il Natale mentre muoiono mille persone al giorno?
Una contabilità tra l’altro molto discutibile se, come ammesso in una intervista a La Stampa, poi ritrattata in altre, da un autorevole esponente dell’ISS, “mentre da noi tutti coloro che muoiono e risultano positivi al tampone vengono classificati come decessi per Covid, non è così in altri Paesi”.
E i numeri di ieri in effetti fanno riflettere. Se nelle ultime 24 ore sono entrate 217 persone in terapia intensiva, ma il saldo giornaliero è negativo di 19, vuol dire che dalla terapia intensiva sono uscite 236 persone. Anche ipotizzando che tutte ne sono uscite perché decedute, assai improbabile, ne mancano 757 per arrivare al bilancio totale di ieri di 993 deceduti. Sappiamo che purtroppo molte persone anziane muoiono ancor prima di arrivarci in terapia intensiva, ma addirittura nell’80 per cento dei casi?
Il caso ha voluto che mentre il presidente Conte decideva di annunciare in diretta tv, e non in Parlamento, le restrizioni natalizie, la Camera fosse riunita per l’approvazione finale del decreto che modifica i decreti Salvini. Insomma, da una parte si chiudono gli italiani in casa per Natale, dall’altra si riaprono i porti agli immigrati irregolari e ai loro traghettatori. E Parlamento di nuovo scavalcato. Comprensibile la rabbia delle opposizioni, che hanno bloccato i lavori.
Eppure, avevano appena votato l’ultimo scostamento di bilancio richiesto dal governo Conte… E per tutta ricompensa, il premier va in tv ad annunciare le restrizioni natalizie senza passare per il Parlamento, nemmeno un colpo di telefono… Quale migliore dimostrazione dell’errore commesso?
E non si dica che si tratta di due partite diverse, perché in gioco i “ristori” alle categorie colpite dalle chiusure. Il punto è politico: non si tende la mano a un governo che si è attribuito “pieni poteri” nel senso più deteriore, che da nove mesi dispone delle libertà fondamentali dei cittadini per Dpcm, calpesta la Costituzione e il Parlamento.
Occorre però rilevare il silenzio-assenso del Quirinale su una gestione non solo della comunicazione, ma anche normativa in totale spregio dello stato di diritto. Altro che Ungheria e Polonia!
È questo l’aspetto più preoccupante: sono saltati gli argini. L’emergenza Covid sembra ormai autorizzare in astratto, non sulla base di evidenze e dati scientifici, qualsiasi limitazione di diritti che, al pari della salute, sono tutelati dalla Costituzione. E per di più, con atto amministrativo, non avente forza di legge.
Ciò che sorprende, e inquieta, di questi mesi, è come sia stato estremamente facile limitare le libertà personali e d’impresa. Il governo non deve ricorrere nemmeno ai decreti legge, gli bastano i Dpcm. E non ha incontrato alcuna resistenza, né da parte delle istituzioni poste a difesa della Costituzione, come la presidenza della Repubblica e la Corte costituzionale, né da parte del sistema mediatico, che al contrario ha accompagnato i provvedimenti governativi somministrando le necessarie dosi di terrore nella popolazione.
Se una delle caratteristiche dei regimi è che una maggioranza dei cittadini sia convinta che la sospensione delle loro libertà fondamentali sia necessaria, causa di forza maggiore, ebbene oggi questo criterio è soddisfatto in Italia.
Una volta creato il precedente, il rischio del piano inclinato è concreto: qualsiasi scusa in futuro potrebbe essere buona.

E così si torna al tweet di @nonexpedit:

“Finito il Covid, ci sarà qualcos’altro: ecologia, salute pubblica, diseguaglianze, quello che volete. Ma vi entreranno in casa, restringeranno la vostra libertà di azione e di parola coi pretesti più vari. Non abbiamo un’emergenza Covid, abbiamo un’emergenza comunisti”.

E ieri sera, quasi en passant, il premier Conte si è avvicinato ad un nuovo limite, evocando il TSO (trattamento sanitario obbligatorio) per costringere i cittadini a vaccinarsi: “Se noi siamo in una condizione di gestire la curva del contagio, non sarà necessario imporre un TSO del vaccino ai cittadini”.

Federico Punzi, 4 Dic 2020, qui

E abbiamo ormai imparato, nel corso di questi nove lunghissimi mesi, che quando il conticino dice che spera di non dover fare X, sta semplicemente cominciando a far entrare nelle nostre teste l’idea di X, che arriverà puntualmente, come sono puntualmente arrivate tutte le minacce profferite in tutti questi mesi.
Aggiungo un paio di annotazioni in merito alla questione economica

Flavio Gastaldi

ALL’ASTUZIA DELLA BANDA BASSOTTI

Per poter far slittare il pagamento delle tasse ad aprile, bisognava aver perso oltre un terzo del fatturato e trovarsi in zona rossa.
E lì ti accorgi che Conte ha trasformato la Lombardia da zona rossa in zona arancione solo 24 ore prima.
Del resto la Lombardia rappresenta quasi il 23% del PIL italiano… come farselo sfuggire?
Non sono meravigliosi?
Intanto Bergoglio, incazzato nero, minaccia i ricchi che contestano la patrimoniale incombente. Gli sbarchi non bastano.

Stefano Burbi

A Palermo un’albergatrice ha ricevuto un avviso di pagamento della TARI per oltre 12.000 (Dodicimila) Euro, come se la quantità dei rifiuti smaltiti nel 2020 fosse uguale a quello dell’anno precedente, e, si badi bene,dopo avere garantito la cassa integrazione ai suoi dipendenti, dimenticati dallo stato.
A San Clemente, vicino a Rimini, il Fisco ha multato per 6.500 Euro una coppia titolare di una Piadineria mobile, perché non crede che vengano vendute piadine vuote a prezzo ridotto e presume (ma che presuntuosi) che in realtà quei piccoli imprenditori vogliano frodare lo stato e che smercino piadine farcite di prosciutto e formaggio a prezzo ovviamente maggiore ma non dichiarato.
Tutto ciò in piena emergenza proclamata dal governo: eh, le regole sono le regole, se si deve pagare si paga e zitti. E poi il cittadino è sempre presunto colpevole, fino a prova contraria, per cui, se si esce in zona rossa, non basta una spiegazione verbale all’agente preposto all’eventuale controllo, ma ci vuole un’autocertificazione debitamente compilata sull’apposito modulo e comunque ti può sempre colpire una sanzione, perché una legge ha mille interpretazioni.
Ma lo stato pensa al nostro bene, e c’è anche chi lo crede.

E uno splendido commento dello splendido e lucidissimo ultranovantenne Silvio Garattini

Chiudo con una intensa interpretazione di ciò che tutti noi stiamo intensamente pensando

barbara

REPUBBLICANI NAZISTI?

Così vengono dipinti da chi detiene le chiavi della sedicente informazione, arrivando addirittura a togliere l’audio a un Presidente in carica. E cortina fumogena sui crimini della controparte.

Caccia ai sostenitori di Trump a Washington: decine di aggressioni, ma oscurate dai media mainstream

Le agenzie di stampa e i giornali parlano di “disordini”, restando sul generico, tra manifestanti pro-Trump e anti-Trump. Quello che è realmente accaduto nella serata e nella tarda notte tra sabato e domenica a Washington è provato dai numerosissimi video pubblicati in rete e reperibili con il minimo sforzo da chiunque (più avanti i link a quelli più significativi, da Twitter).
Sabato si è tenuta a Washington la Million MAGA March, una manifestazione a sostegno del presidente Trump. Il momento è delicato: il presidente contesta il risultato delle elezioni e i suoi sostenitori sono arrivati nella capitale al grido “Stop the Steal” per appoggiare la sua battaglia legale. Ma tutto si è svolto in modo totalmente pacifico. Nessuno ha infranto vetrine e saccheggiato negozi, nessuno ha dato fuoco ad auto o edifici, nessuno ha preso di mira gli agenti o i passanti. Slogan, canti, bandiere, inno americano. È proprio il caso di ricordarlo: nel 2017, il giorno dell’inaugurazione della presidenza Trump, le proteste a Washington si conclusero con un bilancio di 217 arresti e 100 mila dollari di danni. Ed era solo l’inizio della “Resistenza”, alimentata e organizzata dai Democratici, che oggi vorrebbero “curare” il Paese e lanciano appelli all’unità, a superare le divisioni.
È accaduto invece che al termine della manifestazione di sabato scorso, quando i partecipanti cominciavano a defluire, è partita una vera e propria caccia ai supporter di Trump da parte dei militanti di Antifa e Black Lives Matter.
Vigliaccamente, hanno aspettato che calasse il buio, che la manifestazione finisse e che famiglie e singoli fossero isolati per aggredirli, come mostrano molti video. Famiglie con bambini al seguito, coppiedonne, persone anziane (123), inseguiti, minacciati, spintonati, in qualche caso picchiati, presi di mira con lanci di liquidi e oggetti, uova, petardidi tutto. In questo, va riconosciuto, senza fare discriminazioni: circondate e aggredite anche famiglie di colore e miste con bambini piccoli, colpevoli di aver partecipato alla marcia a sostegno di Trump. “Black Lives Matter”, sempre che siano schierate dalla parte “giusta”.
È accaduto anche che un gruppo di Proud Boys, un’organizzazione di destra che sostiene Trump, abbia reagito, nella notte, quando già da diverse ore proseguivano le aggressioni, avendo la meglio su alcuni militanti di Antifa.
Da mesi, le rivolte di Antifa e BLM, che hanno messo a ferro e fuoco decine di città Usa, governate dai Democratici, ci vengono dipinte dai media come “prevalentemente pacifiche”. Così le definiva, con sprezzo del ridicolo, uno sfortunato inviato della Cnn mentre si vedevano alle sue spalle auto e negozi in fiamme. Ci sono voluti un paio di mesi prima che dai Democratici e dal candidato alla presidenza Biden arrivasse una condanna delle violenze, ma generica, da qualunque parte provengano, e solo dopo che New York Times e Washington Post avevano cominciato ad avvertire che il caos avrebbe potuto fargli perdere voti.
Per ora, nel momento in cui stiamo scrivendo, dal “presidente-eletto” che vuole “curare” l’America, unire il Paese, superare le divisioni, non è arrivata alcuna condanna, non genericamente della violenza, ma di queste violenze, delle violenze commesse sabato notte, nella capitale Washington, dai militanti della sinistra radicale ai danni dei sostenitori di Trump.
Federico Punzi, 15 Nov 2020, qui.

Ma tutto questo è storia vecchia, anzi antica.

L’egemonia Dem sui media. Non solo Trump: non c’è candidato o presidente Repubblicano che non sia stato demonizzato

Molti non ricordano (o fingono di non ricordare), ma noi sì: i media Usa (e non solo) hanno riservato il “trattamento-Trump” a tutti i candidati o presidenti Repubblicani, da Goldwater a Romney, passando per i Bush e McCain (oggi lodato da morto), massacrandoli con campagne di delegittimazione e fake news. Ma con Trump hanno fatto un passo in più: hanno vinto loro le elezioni…

Nelle elezioni presidenziali americane del 2020, due episodi, in particolare, hanno reso chiaro a tutti che il rapporto fra media e politica è cambiato in modo definitivo. Il primo episodio è stato durante la conferenza stampa in cui Trump, ancora presidente in carica, annunciava di non concedere la sconfitta e motivava la sua decisione con il sospetto di brogli elettorali a favore della parte avversa. La maggior parte delle televisioni nazionali presenti alla Casa Bianca, invece di trasmettere la diretta, l’hanno interrotta. Hanno staccato il microfono al presidente perché, a detta loro, stava affermando il falso. I media sono dunque andati oltre al loro compito di informatori e si sono erti al ruolo di giudici. Il secondo episodio, forse ancor più clamoroso, è stato l’annuncio del vincitore delle presidenziali, Joe Biden, quando lo spoglio delle schede è tuttora in corso e i ricorsi legali annunciati da Trump sono appena agli inizi. I media, in pratica, hanno annunciato il “loro” presidente, provocando una valanga di congratulazioni da tutto il mondo, indirizzati ad un capo di Stato che non è ancora tale.
La giustificazione di un atteggiamento così partigiano e poco professionale, che si è potuto vedere in diretta anche nel corso dei dibattiti televisivi (basti contare quante decine di volte il presidente in carica è stato interrotto dai moderatori), viene giustificato dai diretti interessati con argomentazioni che vanno dal romantico “dobbiamo resistere a un presidente nemico della libertà di stampa”, ad un deontologico “non possiamo permettere che vengano trasmesse informazioni false”. Affermazione, per altro, falsa: quando mai i media hanno deliberatamente censurato personaggi pubblici, anche quando mentivano clamorosamente, incluse le dichiarazioni di terroristi come Osama bin Laden, o Abu Bakhr al Baghdadi, o dittatori come la Guida Suprema Khamenei e Saddam Hussein? Ed è bene che sia così, perché, in ogni caso, il ruolo del giornalista è quello dell’informatore, non del giudice. In ogni caso, comunque, i media direttamente interessati alla demolizione di Trump hanno sempre portato la giustificazione che si tratti di un caso “straordinario”, di un presidente talmente fuori dalle righe da essere considerato una minaccia per la democrazia. Da qui, la loro tendenza a difendere la democrazia a costo di censurare un presidente democraticamente eletto. Trump è considerato diverso dai suoi predecessori, un caso unico che richiede misure speciali. Ma quali predecessori, non hanno richiesto misure altrettanto speciali da parte degli stessi media americani e dei loro predecessori?
Il grande problema ignorato, un “elefante nella stanza” come direbbero gli americani, non è questo o quel presidente, ma l’egemonia che i Democratici hanno conquistato nel mondo accademico e di conseguenza in quello mediatico. Questa egemonia risale almeno agli anni di Kennedy (1960-63) e da allora spara fango su ogni singolo presidente o candidato presidente repubblicano. I media hanno delegittimato Barry Goldwater, che avrebbe dovuto correre contro Kennedy e poi ha fatto invece campagna contro Johnson, a causa dell’omicidio del presidente a Dallas. Goldwater, laico e liberale, è tuttora ricordato come “razzista” e “guerrafondaio”, a causa della feroce campagna mediatica contro di lui. Non vinse le elezioni e si risparmiò quattro anni di gogna mediatica.
Questa invece toccò a Richard Nixon che divenne addirittura sinonimo della corruzione del potere. Nixon venne letteralmente linciato per una guerra (Vietnam) che non aveva iniziato, ma che, anzi, provò a portare a termine nel migliore dei modi con gli accordi di Parigi nel 1973. L’odio dei media nei suoi confronti era tale, che gli è stata anche tolta la Luna. Fateci caso: quando l’anno scorso è stato celebrato il 50° anniversario dell’allunaggio, è sempre stato nominato Kennedy (che lanciò il programma), ma mai Nixon (che lo portò a termine con successo nel suo primo anno di presidenza). I media fecero perdere la Casa Bianca a Nixon, nonostante la sua rielezione con due clamorosi scoop: i Pentagon Papers, cioè la diffusione di segreti militari sui bombardamenti in Cambogia e poi definitivamente con lo scandalo Watergate, lo spionaggio politico ai danni dei Democratici che portò all’impeachment.
Dopo Nixon, i media non riuscirono a detronizzare Reagan. Ma ci provarono in tutti i modi con la delegittimazione personale (“è solo un attore”, “è malato”, “è un fanatico religioso”), politica (“vuole la guerra nucleare”, “distruggerà il mondo”, “la sua è voodoo economics“, “è nemico dei poveri”) e giudiziaria (lo scandalo Iran-Contras). Nonostante i media, fu il presidente finora più amato dagli americani in tempi recenti, ma chiunque lo studi attraverso gli archivi dei quotidiani, lo crederebbe un mostro. Bush (padre), che pure era un moderato centrista, venne accusato di essere un falco imperialista, petroliere in conflitto di interessi, esponente del complesso militar-industriale.
Suo figlio, George W… non c’è neanche bisogno di parlarne. Nell’era di Internet ogni giorno, ogni ora, era un attacco continuo al presidente, calunniato, paragonato a una scimmia, accusato di essere un alcolizzato. Sono stati realizzati documentari, film, libri, contro la sua persona e la sua amministrazione. I suoi uomini, Cheney, Rumsfeld, Rove, paragonati a criminali nazisti. La corrente politica che lo sosteneva, almeno dal 2002, quella dei Neocon, è stata descritta come una cupola mafiosa-esoterica. Sulla sua amministrazione, i media hanno creato un’immagine da film horror, fatta di trame oscure, iniziazioni macabre, obiettivi deliranti. “Bush lies, people dies” (Bush mente, la gente muore) era il mantra ripetuto dopo ogni morto nella guerra in Iraq, dando per scontato avesse mentito deliberatamente sulle armi chimiche di Saddam per poterla lanciare. L’uragano Katrina che devastò New Orleans nel 2005? Colpa di Bush, non tanto per la gestione dei soccorsi (che comunque spettava a Kathleen B. Blanco governatrice, democratica, della Louisiana), quanto perché Bush non aveva aderito al protocollo di Kyoto sulla lotta al riscaldamento globale [La sinistra alleanza tra ecologisti ideologici e terzomondisti usa lo Tsunami]. Dando per scontato che, se non si impongono carbon tax ed energia rinnovabile, negli oceani si formeranno urgani sempre più potenti… Quando Bush se ne andò dopo un contestatissimo secondo mandato, l’odio dei media non si spense.
Anzi, iniziarono preventivamente a creare campagne di contro-informazione e vera disinformazione anche per i due candidati successivi: contro McCain e soprattutto contro la sua vice Sarah Palin, poi erano pronti già pronti a creare (anche con un film hollywoodiano rimasto nel cassetto) una mitologia negativa contro i mormoni e la destra religiosa, al momento della candidatura di Mitt Romney. Infine, hanno avuto modo di sfogarsi con Trump. Pensateci bene quando dite: “Trump è comunque indifendibile”. Chiunque viene massacrato, basta che non sia dalla parte “giusta”. Certo con Trump, i media hanno fatto un passo in più: hanno vinto loro le elezioni, un po’ come un arbitro che segna il gol della vittoria.
Stefano Magni, 16 Nov 2020, qui.

Come un arbitro che segna il gol della vittoria e oscura l’unica televisione che osa contestarlo.

barbara

E IL VAMPIRO HA MORSO ANCORA

e la giugulare, ormai semivuota, si sta afflosciando. Di cose da dire e citare ne avrei da qui all’eternità, ma per oggi mi accontento di questi due importanti articoli.
Le immagini che troverete inserite negli articoli, sono prese dalla rete e inserite da me
, e lo stesso vale per i video.

Così il Palazzo e i media complici cercano di screditare la protesta: i ceti invisi alla sinistra diventano fascisti e camorristi

È in atto un processo di cinesizzazione: i nuovi ultimi, piccoli imprenditori, bottegai e filistei invisi alla sinistra, non possono nemmeno lamentarsi. A Napoli, a Roma scendevano in piazza, miti anche da spaventati, da esasperati, ma con la complicità dell’informazione organica conviene dire che ogni protesta è infiltrata dalla delinquenza organizzata e dai fascisti, mai da altre forme. La sinistra sovversivista che sostiene le rivolte del Black Lives Matter in America, qui tiene i dimostranti in sospetto di criminali, di carogna e vuole sparargli addosso

L’infiltrazione è la strategia del potere quando vuole bloccare il malcontento. Ce la ricordiamo, noi figli del secolo scorso, avevamo imparato a sgamarli subito i personaggi targati alle manifestazioni sul terrorismo, la buonanima di Cossiga teorizzava apertamente la sedizione inscenata per poter domare quella vera. Serve a paralizzare la protesta ma, prima e meglio ancora, a ritorcerla, a strumentalizzarla. Roba da professionisti, ma l’hanno imparata subito gli avventizi attuali, che possono dire: avete visto, non siete affidabili; tumulti a Napoli, tumulti a Roma e noi chiudiamo tutto; lo facciamo per voi, per tenervi in sicurezza. È un colpo basso e lo sanno e lo sappiamo: a Napoli, a Roma scendeva in piazza la gente comune, i bottegai e i precari a vita, miti anche da spaventati, da esasperati, ma conviene dire che erano tutte escandescenze fasciste e camorriste. La verità essendo che in ogni adunata c’è una quota fisiologica di mattocchi o di provocatori e anche a Napoli, a Roma, a quelli di Forza Nuova si saldavano gli altri balordi dei centri sociali e la manovalanza delle famiglie di malaffare. A Napoli, poi! Dove i centri sociali sono tenuti in palmo di mano dal sindaco De Magistris che ha fatto assessora una di loro e di fronte allo spettacolo dei Masanielli magari si leccava i baffi.

e a proposito di infiltrati

Bello, vero?

Ma come la mettiamo col piazzale di Montecitorio, blindato ai cittadini e perfino agli operatori dell’informazione già sere prima degli scontri napoletani e romani, come ha fatto vedere Barbara Paolombelli? La mettiamo che il Potere – per una volta lasciatecelo identificare con la retorica maiuscola, pasoliniana – il Potere sa di essere inviso ai cittadini, per quanto l’informazione organica propali il contrario, e si premunisce; sa che le misure assurde, grottesche in gestazione potranno scatenare autentiche rivolte e agisce per neutralizzarle e per dirottarle.
C’è una tecnica del colpo di stato, ma anche una tecnica dello stato che colpisce, che protegge se stesso. Oggi la tecnica è elementare, sta in questo: dire che ogni protesta è infiltrata dalla delinquenza organizzata e dai fascisti – mai da altre forme. La sinistra sovversivista che sostiene le rivolte del Black Lives Matter in America, qui tiene i dimostranti in sospetto di criminali, di carogna e vuole sparare sulla feccia, come dice quell’esponente piddino.

occhio però, che a mandare le forze dell’ordine per sparare potrebbe andare a finire così

e per voi potrebbe non mettersi troppo bene

Annuncia la titolare del Viminale, la Lamorgese degli sbarchi incontrollati: sono pronta a militarizzare tutto il Paese.

Segnali preoccupanti, che l’informazione controllata non raccoglie e, se li raccoglie, è per legittimarli, per propagandarli. Il ministro Speranza va da Fazio a gettare il suo ballon d’essai, quasi a far intendere che si potrebbe mandare la polizia politica casa per casa, contando sullo spionaggio diffuso. Com’è ovvio ci rimette la faccia ma niente paura, c’è pronto lo Scanzi non più antipiddino il quale lo ospita nel suo piccolo talk show, gli stende rossi tappeti d’amore.

Ai tempi si chiamava collaborazionismo, oggi conviene dire senso di responsabilità. Come i testimonial del Covid, cantanti, sportive, perfino politiche in fama di gossippare che annunciano orgasmiche: anche io sono positiva! Sono spontanee o ispirate simili pagliacciate? Lo sanno o non lo sanno che così facendo contagiano di isteria somatizzante migliaia di anime semplici? Ma sì, ma quante storie, l’importante è esserci, mettersi in mezzo, ci può sempre scappare un affare, la logica influencer ha contagiato anche loro, ha contagiato tutti.
Il ceto medio che fu, la borghesia mercadora sempre in fama di meschina e farabutta, non ha più voce in capitolo; se scende in piazza la confondono coi fascisti e i mafiosi, se protesta in televisione la prendono in giro, la zittiscono. Pierluigi Bersani, che proviene dal PCI, ha fatto capire senza timor di vergogna che non meritano alcun sostegno perché tanto sono più o meno tutti evasori. Il governo che chissà perché si ostinano a definire rosso-giallo quando è semmai rosso antico, cambogiano o socialfascista, per l’intera filiera produttiva ha stanziato l’elemosina di 6 miliardi e il Pd è chiaramente per un atteggiamento punitivo, basta sentirli parlare. E più ci si sposta all’estrema e più si avallano misure concentrazionarie: chi è che spalleggia senza scrupoli le trovate devastanti e repressive di Conte? La sinistra fantasma delle sigle evanescenti di Liberi e UgualiSinistra e Libertà.
È in atto un processo di cinesizzazione, o, come diceva il Mussolini proveniente dal socialismo massimalista rivoluzionario: “Tutto nello stato, nulla al di fuori dello stato, niente contro lo stato”. Ma lo stato è in braghe di cartone e i soldi dell’Europa non arriveranno. I nuovi ultimi, i piccoli imprenditori, i bottegai e filistei invisi alla sinistra, e purtroppo anche alla destra romantica e parolaia, muoiono senza potersi neppure lamentare, ma solo chi ci è passato sa che abbassare una saracinesca per l’ultima volta non è la morte di un’attività ma della propria vita, dei propri sforzi, delle speranze, della fatica, della libertà di una vita.
Max Del Papa, 26 Ott 2020, qui.

Una Caporetto sanitaria, economica, giuridica. Ma ora guai a farsi tentare da “governissimi”

Che il governo fosse allo sbando, del tutto inadeguato ad affrontare questa emergenza, noi di Atlantico Quotidiano l’avevamo ben chiaro già dal marzo scorso [beh, non solo voi, ma chiunque avesse occhi da vedere, orecchie da sentire e neuroni da connettere]. Che l’uso, anzi l’abuso dei Dpcm fosse una deriva pericolosa, uno strappo allo stato di diritto e alla dinamica democratica, anche. Sulla comunicazione irresponsabile di Palazzo Chigi siamo tornati più volte. Ma tutto si sta ripetendo.

Sì, ma non proprio proprio uguale:

La linea dello scaricabarile sugli italiani non cambia: il governo è capace solo di scaricare l’emergenza su cittadini e attività economiche, cioè sulla sfera privata, prima imputando loro l’aumento dei contagi, poi disponendo obblighi e divieti, mentre continua a dimostrarsi totalmente incapace di occuparsi di ciò di cui è responsabile: la sfera pubblica. Le misure contenute nell’ultimo Dpcm – il terzo in dieci giorni! – ne sono la prova. Dopo nemmeno un mese di risalita dei contagi, il sistema sanitario (e di protezione civile) si trova nuovamente del tutto impreparato dinanzi a ciò che era ampiamente e da tutti previsto, nonostante il governo abbia avuto 5-6 mesi di tempo per rafforzarlo e riorganizzarlo.
Quello che andava fatto, e non è stato fatto, è sotto i nostri occhi

e oggi, a differenza della primavera scorsa, è sotto gli occhi dei cittadini, aumentandone l’esasperazione. Non sono state aumentate a sufficienza le terapie intensive né create strutture temporanee idonee a ospitare malati Covid; non è stato potenziato a sufficienza il personale negli ospedali e nelle Asl, per cui l’esito dei test non è ancora tempestivo come dovrebbe, il tracciamento dei contatti è lento ed è andato subito in tilt; non è stato potenziato il trasporto pubblico locale né sono stati implementati test rapidi per le scuole; non esistono protocolli per seguire nelle loro case i pazienti meno gravi, che invece vanno a intasare gli ospedali con ricoveri al 20-30 per cento non necessari.
Ad agosto, ricorderete, la telenovela del bando per i banchi a rotelle… Non sapevamo, all’epoca, che il bando per le nuove terapie intensive sarebbe arrivato solo a ottobre. E solo sabato scorso, 24 ottobre, la Protezione civile si è degnata di far partire i bandi per 1.500 unità di personale medico e sanitario e 500 addetti amministrativi a supporto del contact tracing.
Insomma, un disastro. Il conto, salato, è arrivato con il Dpcm di ieri a cittadini e imprese. Subdolamente: un inizio di lockdown senza chiamarlo lockdown.
Misure adottate con l’unico scopo di far vedere che il governo sta facendo qualcosa, purchessia. Il loro impatto sulla diffusione del virus sarà probabilmente trascurabile, visto che non sono supportate dai dati dei contagi nelle attività che si vanno a chiudere e limitare.

Si tratta quindi di misure prive di logica, ragionevolezza e proporzionalità, principi cardine che dovrebbero guidare le decisioni quando sono in gioco limitazioni così profonde delle libertà fondamentali. Esiste una stima dei contagi avvenuti nei locali di quelle attività, nelle ore in cui saranno obbligate a chiudere? Una rapida verifica si potrebbe fare: quanti ristoranti e locali sono stati chiamati dalle Asl per risalire ai contatti di un positivo tramite i loro registri? L’emergenza Covid sembra ormai autorizzare in astratto qualsiasi limitazione di diritti che, al pari della salute, sono tutelati dalla Costituzione. E per di più, con atto amministrativo, non avente forza di legge.
Bar e ristoranti, piscine e palestre, cinema e teatri, che in questi mesi hanno investito tempo e denaro per adeguare i loro locali, applicato i protocolli, insomma si sono preparati a tenere duro, rispettando le regole e accettando di dover comunque perdere clienti e fatturato, ora sono costretti di nuovo a chiudere da un governo che invece non ha fatto la propria parte, li ha (e ci ha) traditi.

Ieri il presidente del Consiglio Conte ha assicurato che le “misure di ristoro” per i titolari delle attività interessate dalla chiusura saranno in Gazzetta Ufficiale “già martedì” [con potenza di fuoco, immagino]. Ma quanto? Entro quando? In che forma? Con quali criteri? Ha parlato addirittura di accredito in conto corrente. Ma se si può fare oggi, perché non si è fatto la primavera scorsa?
Il ministro dell’economia e delle finanze Gualtieri ha parlato di indennizzi “entro metà novembre” per 350 mila aziende, credito di imposta sugli affitti, eliminazione della rata Imu, cassa integrazione per i dipendenti e 1.000 euro per i collaboratori.
Sono evidentemente consapevoli che la rabbia sta montando. Ma quale residua credibilità hanno, visto che le “misure di ristoro” promesse nei mesi scorsi, e introdotte con il “Decreto Agosto”, convertito in legge il 13 ottobre, non sono ancora arrivate?
Il Paese è una pentola a pressione pronta ad esplodere. Avrebbero dovuto immaginare – Daniele Capezzone, dalle trasmissioni tv in cui è ospite, lo ripete da mesi, fino alla noia – che in autunno i nodi di misure di “ristoro” gravemente insufficienti sarebbero venuti al pettine, e la crisi economica e sociale si sarebbe manifestata in tutta la sua drammaticità.
E per quanto il Palazzo e i media compiacenti possano chiamare in causa criminalità organizzata e fascisti per screditare le proteste, come spiega bene Max Del Papa oggi, sarebbe un grave errore sottovalutare l’esasperazione diffusa – e acuita dalla ormai palese inadempienza delle istituzioni. Sapevamo che il lockdown era una misura “one shot”, che un secondo sarebbe stato insostenibile, ma l’hanno sprecato…
Uno degli effetti dell’uso dei Dpcm, combinato con un sistema mediatico “corrotto”, perché militante,

è anche un processo decisionale deviato e un dibattito politico schiacciato sulle dinamiche interne alla maggioranza. Esautorato il Parlamento, le opposizioni si trovano in un cono d’ombra. Le misure da inserire nei Dpcm sono discusse in riunioni informali tra il premier, alcuni ministri e i capi delegazione dei partiti di maggioranza, poi tra governo e presidenti di regione,

e se i presidenti di regione – TUTTI i presidenti di regione – sono contrari, nessun problema: li si ignora, e si procede oltre:

quindi anticipate e commentate dalla stampa, e infine diventano esecutive senza passare per le aule parlamentari (che vengono “edotte” solo diversi giorni dopo). Le obiezioni di chi è fuori da questo circuito valgono quasi zero.
Da qui derivano, per esempio, le difficoltà del leader della Lega Matteo Salvini nel formulare una linea coerente, che rischia di venire contraddetta nella dialettica tra i governatori leghisti e il governo. E d’altra parte, farebbe il gioco dei suoi avversari se entrasse in conflitto aperto con essi su questa o l’altra misura. Non si parlerebbe d’altro.
In questa situazione di emergenza sanitaria ed economica, e di estrema debolezza del governo Conte, non sorprende che si torni a parlare di governo di unità nazionale – anche se ci sembra che non stiano arrivando segnali in questo senso dagli ambienti della maggioranza o dal Quirinale, e che si tratti più di un wishful thinking di alcuni commentatori e di settori dell’opposizione ansiosi di tornare in gioco.
Ma dopo essere state emarginate per mesi, le opposizioni dovrebbero davvero mettere la faccia nella gestione di un simile disastro? E per fare cosa esattamente?
Non vediamo all’orizzonte un “Dream Team” in grado di fare in 2-3 settimane ciò che si sarebbe potuto e dovuto fare in 5-6 mesi. La prima misura da adottare, condividendone la responsabilità, sarebbe un nuovo lockdown. L’unità nazionale sarebbe stata auspicabile all’inizio di questa emergenza, o al più tardi alla fine del lockdown della primavera scorsa, fissando una data certa entro cui tornare al voto. Ma oggi, se dovesse giungere un simile invito, sarebbe unicamente perché Pd e 5 Stelle non vogliono essere i soli a intestarsi il secondo lockdown. Hanno fatto un disastro e le opposizioni dovrebbero arrivare in soccorso per spartirsi le colpe? Ricordiamo, tra l’altro, che l’ultima volta, dopo le “larghe intese”, ci siamo ritrovati con un certo movimento prima al 25, poi al 33 per cento…
Basta isteria. Non si può ridurre alla fame metà della popolazione, i partiti di maggioranza e più alti sponsor di questo governo si assumano per intero la responsabilità della totale impreparazione alla seconda ondata, dei decessi e dei fallimenti, e si voti in primavera. Un governo di unità nazionale, oggi, servirebbe solo ad annacquare le responsabilità, non certo per trovare ricette miracolose.
“Quella di far passare gli anti-lockdown per negazionisti è forse una delle truffe intellettuali più miserabili degli ultimi decenni”, ha osservato su Twitter il nostro Enzo Reale. E, ha aggiunto:

“Se sul merito delle misure adottate o da adottare le opinioni possono essere divergenti, è stupefacente come si accetti senza fiatare la loro imposizione al di fuori delle minime garanzie costituzionali, rinunciando in nome dell’emergenza ai principi dello stato di diritto. Ancora più sorprendente se si pensa che questa rinuncia proviene da quella parte dello spettro politico che ha fatto della legalità la sua bandiera contro gli avversari politici negli ultimi tre decenni. Ma evidentemente è una legalità selettiva, come la memoria”.
Federico Punzi, 26 Ott 2020, qui.

Poi chi ha ancora un po’ di tempo ed è interessato ai numeri completi e non taroccati, può magari andare a dare un’occhiata qui.
Ricordiamo, in ogni caso, che il mondo ci guarda e ci ammira, ma proprio tanto tanto tanto

Comunque non è il caso di preoccuparci eccessivamente, dal momento che adesso sappiamo esattamente come si diffonde il contagio

e abbiamo a disposizione un modo sicurissimo per evitarlo

e sappiamo con certezza che prima o poi smetterà di piovere e sorgerà l’arcobaleno

So che c’è poi una domanda, di carattere lessical-giuridico, che vi tormenta, ma io ho trovato la risposta, eccola:

Un’altra ottima notizia è che, alla faccia di quel genio del virologo (VIROLOGO eh, ho detto VIROLOGO!) Fabrizio Pregliasco che raccomanda alle coppie sposate o comunque conviventi l’astinenza o il fai-da-te (separato, mi raccomando, non reciproco!) perché lì è tuttotuttotutto pericolosissimo, anche le variazioni sul tema, anche le posizioni diverse che permettono di non respirarsi in faccia, il pericolo è annidato ovunque, alla facciaccia sua, dicevo, il sesso sicuro esiste anche al tempo del coronavirus

e comunque dobbiamo stare tranquilli, perché sappiamo con certezza che

ANDRÀ TUTTO BENE!

barbara

CRONACA DI UNA BANCAROTTA

Sociale, morale, politica, legale, economica, sanitaria, mentale. Totale.

Restrizioni ed esercito nelle strade per Dpcm. E meno male che amiamo libertà e serietà…

Nel Regno Unito i deputati Tories mettono alle strette il loro primo ministro perché le misure anti-Covid non sono sufficientemente dibattute ai Comuni, mentre in Italia basta un atto amministrativo per schierare l’esercito. E meno male che “amiamo la libertà ma anche la serietà”: maggioranza silente, misure anticipate sui media, opposizione sonnolenta

Da diversi giorni il primo ministro britannico Boris Johnson ha un vero grattacapo da risolvere e non riguarda Brexit. Il malumore tra le fila del Partito conservatore sulla gestione dell’emergenza Covid si è fatto sempre più rumoroso, al punto che si pronosticano un’ottantina di deputati pronti alla battaglia contro il loro leader perché le misure di prevenzione annunciate diventino oggetto di dibattito alla Camera dei Comuni: tra queste c’è la possibilità di avvalersi dell’esercito per rafforzare i controlli. Scrutiny è la parola d’ordine: un esame minuzioso delle misure proposte per poi procedere con una votazione.
Particolarmente interessante è anche lo spunto offerto sulle pagine dello Spectator da Petronella Wyatt che ha ricordato al suo ex direttore Johnson una massima di Benjamin Franklin che amava citare quando era alla guida della rivista d’animo conservatore: “Chi rinuncia alla libertà, allo scopo di raggiungere una piccola e temporanea sicurezza, non merita né l’una e l’altra”

A Roma però sono molto più seri. Il meccanismo ormai è consolidato: prima ancora che il nuovo, ennesimo Dpcm firmato dal premier Giuseppe Conte diventi realtà, i mezzi d’informazione hanno fornito diversi retroscena e interpretazioni degli umori che si respirano a Palazzo Chigi e dintorni. Si sonda il terreno: l’obbligo di indossare la mascherina anche all’aperto in tutto il Paese e non solo in alcune regioni, l’idea di imporre un coprifuoco ai locali a partire dalle 23, il piano per limitare il numero di invitati ad occasioni quali matrimoni, battesimi e altre cerimonie. L’opinione pubblica reagisce, si aggiusta il tiro – la chiusura anticipata di bar e ristoranti pare essere rientrata, ma perché, assicurano i soliti bene informati, si vuole procedere con cautela, quindi potrebbe essere solo rimandata – e alcuni punti restano, tra i quali l’impiego dell’esercito per evitare forme di assembramento e monitorare la situazione. In un Paese che può vantare polizia, polizia locale, carabinieri e guardia di finanza [e la guardia costiera: è stata usata anche quella per dare la caccia al tipo in canoa e a quello che faceva sub al largo, in assoluta solitaria], che in regime di lockdown davano la caccia ai trasgressori con droni ed elicotteri, a favor di telecamere… Evidentemente non bastano.
Il dispiegamento dell’esercito, dunque, sarebbe previsto da un atto amministrativo, non avente forza di legge, che non richiede dunque firma del capo dello Stato né passaggi parlamentari vincolanti. Tutto ciò sta avvenendo con lo scontato disinteresse della maggioranza (i grillini poi sono troppo presi dalle beghe sulla proprietà del blog delle stelle, al punto che il ministro degli esteri pare essersi scordato pure dei 18 pescatori siciliani sequestrati in Libia), tanto che nemmeno il numero legale alla Camera sulle comunicazioni del ministro Speranza è riuscita a garantire, e la sonnolenza di un’opposizione che, superate le elezioni amministrative, ha sotterrato l’ascia di guerra. Il Quirinale più che super partes, si mantiene alla larga e non proferisce parola: evidentemente è il nuovo codice della strada a mostrare molte più criticità, d’altronde i monopattini sono davvero un pericolo per tutti…
Dev’essere iniziata la nuova fase auspicata da Conte con il discorso di domenica scorsa ad Assisi, in cui accennava alla necessità di una “rigenerazione interiore” e di una “radicale mutazione di passo e prospettiva, anche sul piano culturale”. Per essere liberi, ma soprattutto seri. Ci auguravamo avvenisse con mezzi e modalità diverse, ma è chiaro che gli ingenui siamo noi…
Ps: se vi capitasse di visitare una delle località del Basso lodigiano rinchiuse nella famosa e triste zona rossa, chiedete a chi vi abita quali siano i ricordi che più hanno lasciato il segno di quei giorni. In molti vi risponderanno indicando la presenza dei militari a delimitare i confini entro i quali potevano muoversi.
Dario Mazzocchi, 7 Ott 2020, qui.

“Don’t let it dominate your life”. Il messaggio di Trump e la vera emergenza in Italia: economica e democratica

Mentre Trump cerca di ribaltare una narrazione a lui sfavorevole e lanciare un messaggio di ottimismo e vigore (si può convivere con il virus senza chiudere il Paese come vorrebbe fare Biden), qui in Italia, dove “amiamo la libertà ma anche la serietà”, dopo otto mesi si procede ancora a colpi di Dpcm e restrizioni… Ma l’emergenza non può essere un jolly che governo e maggioranza (e Quirinale) giocano all’infinito per addomesticare l’opposizione

Noi di Atlantico Quotidiano siamo stati tra i primi a non sottovalutare il virus di Wuhan. Sebbene privi di competenze scientifiche e mediche, ne abbiamo intuito la pericolosità semplicemente sulla base delle misure drastiche adottate dal regime di Pechino, che apparivano del tutto sproporzionate rispetto ai numeri (evidentemente falsi) che dichiarava a metà gennaio [anch’io. Sulla base del fatto che conosco la Cina, e se loro dicono che non c’è pericolo, sapendo con assoluta certezza che mentono, so anche con altrettanta certezza che il pericolo c’è]. Tra i primi abbiamo denunciato con una lunga serie di articoli il cover up firmato Cina/Oms e compreso che l’ondata del virus sarebbe arrivata e ci avrebbe travolti. Chi oggi governa l’emergenza a colpi di restrizioni e obblighi, anche senza basi scientifiche, implicitamente scaricando sulla cittadinanza la responsabilità dell’aumento dei contagi e diffondendo il panico, all’epoca assicurava che eravamo pronti [“prontissimi”, per la precisione] anche se non lo eravamo affatto, abbracciava cinesi, mangiava involtini, beveva spritz nella “Milano non si ferma”, e accusava di razzismo chi chiedeva rigorose quarantene per chiunque arrivasse dalla Cina.
E siamo stati tra i primi anche a denunciare l’emergenza democratica, i rischi di deriva autoritaria, non tanto per le misure di restrizione in sé, ma soprattutto per le modalità con le quali venivano adottate (i Dpcm) e per il protrarsi di uno stato d’emergenza che da troppi mesi concentra “pieni poteri” nelle mani di pochissimi uomini senza una adeguata e tempestiva azione di controllo da parte del Parlamento. Ieri, qualcuno si è scandalizzato perché le opposizioni hanno esultato quando alla Camera è mancato il numero legale sulla risoluzione di maggioranza in merito alle comunicazioni del ministro Speranza sull’ennesimo Dpcm. Ma perché la maggioranza non era in aula a votare la sua risoluzione? L’emergenza non può essere un jolly che governo e maggioranza (e Quirinale) giocano all’infinito per addomesticare l’opposizione. Dopo ben otto mesi d’emergenza, si può, anzi si deve fare opposizione anche su una gestione del Covid a colpi di Dpcm e Parlamento “edotto”.
Dopo quasi dieci mesi di pandemia, un lockdown estremo di quasi tre mesi che ha messo al tappeto le attività economiche, e considerando che conosciamo meglio la malattia, le cure sono più efficaci ed è, quindi, meno letale, dovrebbe essere pacifico che occorre trovare un modo per convivere con il virus se non vogliamo distruggere milioni di vite ammazzando la nostra economia e trascurando malattie altrettanto se non più pericolose e letali.
Eppure, chiunque osi mettere in dubbio l’approccio adottato o le singole misure – tra l’altro non sempre supportate dai pareri del Cts, come si è visto – viene demonizzato, ricorrendo allo straw man argument. Chi non si allinea all’allarmismo imperante è “negazionista”, come se sostenere un approccio diverso, più attento alle ricadute economiche e sociali, significasse negare o sottovalutare la pericolosità o l’esistenza stessa del virus.
Tra chi ne ha fatto le spese in questi mesi, nella narrazione manipolatoria dei media mainstream, è senz’altro il presidente Donald Trump, appena tornato alla Casa Bianca dopo un ricovero di qualche giorno, al Walter Reed General Hospital, per Covid-19.
Nel video di poco più di un minuto diffuso lunedì sera al suo rientro, è condensato il suo approccio, a nostro avviso equilibrato:

“Non abbiate paura. Non lasciate che il virus domini la vostra vita. Abbiamo le migliori attrezzature mediche, abbiamo i migliori medicinali, abbiamo bravissimi medici e infermieri … So bene che c’è un rischio, che c’è un pericolo, ma non lasciatevi dominare dal virus. Uscite, state attenti… abbiamo i migliori medicinali e i vaccini arriveranno molto presto”.
[A proposito di Trump: una riflessione

di uno che difficilmente potrà essere accusato del famigerato suprematismo bianco]

Smentiamo innanzitutto una menzogna che i media mainstream sono riusciti a inculcare nella mente del loro pubblico: Trump non è mai stato “negazionista” (così come Boris Johnson non ha mai pensato all’immunità di gregge come strategia contro il coronavirus). Ha prontamente chiuso il Paese ai voli dalla Cina, ancor prima della dichiarazione d’emergenza dell’Oms, scelta per cui fu criticato da Biden e dai Democratici con la solita accusa di “razzismo”. Ha disposto le quarantene, si è mobilitato per le navi ospedali e l’acquisto dei dispositivi sanitari, ha spinto la ricerca sui vaccini. Ha stanziato le risorse necessarie perché test e terapie fossero gratuite per tutti [alla faccia della leggenda dei tamponi a 4000 dollari] e si è battuto per far sì che le cure sperimentali fossero disponibili a tutti prima possibile. Infine, ha duramente accusato la Cina e l’Oms per aver ingannato il mondo e contribuito alla diffusione del virus. Non sembra proprio una condotta da “negazionista”.
Ricordiamo anche che non è di competenza federale decidere le misure restrittive e i lockdown nei singoli stati, né la responsabilità di organizzare e preparare le strutture sanitarie. A Trump si può certo imputare qualche leggerezza: per esempio, non aver voluto esibire in pubblico l’uso di dispositivi di protezione come le mascherine, o non aver rinunciato ad eventi pubblici, ma questo non perché negasse la pericolosità del virus, ma perché il suo obiettivo, da imprenditore che sa bene quanto il mood influenzi l’economia, è sempre stato quello di non deprimere e gettare nel panico il Paese. La sua posizione è sempre stata di cercare di convivere con il virus senza fermare le attività economiche e, laddove si sono dovute fermare, per farle ripartire al più presto, consapevole che la Cina è lì pronta ad approfittare delle difficoltà economiche dell’Occidente. Viceversa, molti governatori Democratici sono apparsi quasi tifare per il virus per mero calcolo politico, alcuni arrivando a prospettare la completa riapertura dei loro stati solo dopo le elezioni presidenziali.
Ora il messaggio di Trump è chiaramente volto a ribaltare una narrazione per lui estremamente negativa: se la notizia della positività, il ricovero in ospedale, avvaloravano l’accusa dei suoi avversari di aver sottovalutato il virus, rimettersi presto e bene, a 74 anni, significa dimostrare quanto ha sempre sostenuto, e cioè che con il virus si può convivere senza chiudere il Paese come vorrebbe fare Biden. Significa potersi presentare come vincitore, rafforzare la sua immagine di leader combattente, persino sprezzante del pericolo, che non si è nascosto, non si è rinchiuso dentro la Casa Bianca, ma ha sfidato il virus come milioni di americani che non si sono fermati. Non sappiamo se basterà a garantirgli la rielezione, ma è uno storytelling senz’altro meno penalizzante di quello che vedeva il presidente rinchiuso in ospedale, “punito” per aver sottovalutato il virus…
Ma nel suo messaggio di ieri c’è anche tutto l’ottimismo, fondato sulla fiducia nei progressi della scienza e della medicina, che fa parte della cultura profonda americana. Vedremo se e quanto il coronavirus ha intaccato e piegato, almeno temporaneamente, quello spirito. In tal caso, il messaggio di Trump avrà toccato le corde sbagliate e risuonerà stonato alle orecchie della maggioranza degli americani.

Se invece noi in Italia ci troviamo con un governo che vuole impiegare l’esercito contro gli assembramenti, che ci obbliga alle mascherine all’aperto, nella totale assuefazione dei media e sonnolenza delle opposizioni, allora non possiamo troppo lamentarci se ci dicono che amiamo la libertà meno di altri popoli…
L’obbligo di indossare le mascherine anche all’aperto viene giustificato in queste ore con la necessità di “recuperare il livello di attenzione”, dare un “segnale psicologico di allerta” (Zingaretti). In sostanza, ci pare, stanno ammettendo che vogliono creare allarmismo. Peggio che inutile, significa lanciare il messaggio che il pericolo è ovunque, che stiamo tornando al dramma di marzo-aprile scorsi, alimentando un clima di paura che rischia di avere sull’economia effetti simili a quelli del lockdown.
E certo, però, fa comodo a chi ci governa, da Palazzo Chigi o a livello regionale, scaricare la responsabilità dell’aumento o meno dei contagi sui comportamenti dei cittadini, distrarre il dibattito pubblico dalla propria inefficienza e impreparazione.
A Roma assistiamo a code di chilometri, centinaia di auto in fila per i tamponi drive-in. I mezzi pubblici sono di nuovo affollati, mentre come ha osservato il direttore sanitario dell’Istituto Spallanzani, Francesco Vaia, “dovrebbero essere raddoppiati”, ma a quanto pare otto mesi di emergenza e 100 miliardi di debito extra non sono stati sufficienti per potenziarli. La distribuzione del vaccino antinfluenzale è in ritardo, molte regioni non hanno aumentato a sufficienza il numero di terapie intensive, di medici e infermieri, e non hanno ancora predisposto strutture dove accogliere positivi che non richiedono il ricovero ma che per le loro condizioni non possono nemmeno essere lasciati a casa.
Sul lato economico, molti lavoratori e le loro famiglie aspettano ancora la cassa integrazione di maggio, molte imprese falliscono, il Recovery Fund è una “favola” che dobbiamo dimenticarci, ammettono anche i giornalisti che l’hanno venduta ai loro lettori, arriverà nella seconda metà del 2021, sempre che arrivi (e bisogna vedere quanti italiani, nel frattempo, non ce l’avranno fatta: e non per il Covid…). Per non parlare della scuola…
Ma di tutto questo, che ha a che fare con l’inettitudine di un governo che si è dimostrato capace solo di chiudere e vietare, non si parla, se non marginalmente. La priorità è l’obbligo delle mascherine all’aperto e chi dissente è “negazionista”…
Federico Punzi, 7 Ott 2020, qui.

E poi mettiamoci il De Luca che fa ricoverare tutti gli asintomatici per poi strillare all’intasamento degli ospedali che “conferma” la situazione di emergenza con conseguente necessità di rinchiuderci di nuovo tutti quanti e metterci l’esercito sulla porta di casa nel caso ci venisse la malaugurata idea di voler uscire.
E per concludere guardiamoci questo:

barbara

AGGIORNAMENTO

Finalmente, con 125.314 tamponi, al posto della manciata di migliaia che si facevano al tempo dell’epidemia, ci sono riusciti.

Da domani chi esce di casa dovrà sempre portare con sé una mascherina. “C’è una risalita dei contagi. Abbiamo varato un decreto per prorogare lo stato di emergenza e introdotto l’obbligo dell’uso della mascherina all’aperto. Non va solo portata ma anche indossata. Dobbiamo essere più rigorosi”. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, parlando con i giornalisti, ha spiegato quali sono le nuove misure anti Covid previste, che saranno in vigore da domani e fino al prossimo 15 ottobre, quando probabilmente le regole anti Covid saranno aggiornate con un nuovo dpcm.
Il rischio, ha spiegato Conte, è che la netta risalita dei contagi possa comportare una necessità di varare nuove misure più restrittive per le attività sociali e commerciali. Per questo è stata prorogato lo stato d’emergenza fino al prossimo 31 gennaio. Il nuovo provvedimento varato oggi allunga l’effetto delle misure già disposte con il dpcm del 7 settembre in scadenza alla mezzanotte oggi, e limita i poteri dei presidenti delle Regioni: “Abbiamo ritenuto opportuno e necessario recuperare quel rapporto tra Stato e Regioni che avevamo costruito nella fase più dura. D’ora in poi le Regioni potranno adottare misure più restrittive rispetto a quelle a livello nazionale. Invece saranno limitate nell’adozione di misure di allentamento. Lo potranno fare solo d’intesa con il ministro della Sanità”, ha aggiunto il premier durante la breve conferenza stampa. [Capito? Se un De Luca vuole tirare fuori il lanciafiamme è liberissimo di farlo, ma se uno volesse dire qui non c’è nessuna situazione di allarme quindi allento un pochino no, quello non lo può fare]
La mascherina bisogna insomma averla sempre con sé, a meno che non ci si trovi in una situazione di continuativo isolamento. Per il resto la mascherina va portata e indossata, anche quando si è per strada e all’aperto insieme ad altre persone che non siano congiunti, quindi anche con gli amici. Se si viola questa norma si rischia una multa da 400 a 1000 euro; si tratta comunque una cifra inferiore al periodo del lockdown, quando le multe potevano arrivare fino a 3000 euro. Ci sarà però una stretta nei controlli. Sono previste però alcune eccezioni nell’utilizzo della mascherina, vediamo quali.

Quando è consentito non portare la mascherina
Come ha spiegato la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa, “Le mascherine non sono previste quando si è lontano dagli altri, per esempio se si va in campagna, in giardino, nel proprio orto”, in momenti cioè in cui si è da soli per un periodo di tempo continuato.

Categorie esentate
Non sono obbligati a indossare il dispositivo di protezione i bambini di età inferiore ai sei anni e i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l’uso della mascherina (devono però esibire un certificato medico valido).

In spiaggia o nel bosco
Se si sta facendo una camminata, da soli o con i conviventi, in un luogo all’aperto nella natura, in spiaggia o in un bosco per esempio, non è necessario portare la mascherina.

In macchina con i congiunti
È inoltre possibile togliere la mascherina se si va in bici, in moto o in auto da soli o con i propri congiunti. Anche chi guida un monopattino può abbassare la mascherina, ma va usata non appena si scende dal mezzo.

Lo sport senza mascherina
I runner, o chi fa attività sportiva o motoria nei parchi o per strada, non devono portare la mascherina, purché sia rispettato il distanziamento sociale.

Nei locali pubblici all’aperto
Nei bar o nei ristorante che hanno a disposizione un dehors, si può togliere la mascherina per consumare cibo o bevande. [Nooooo! Veramente posso mangiare e bere senza mascherina?! Ma com’è umano lei! Ma fra un sorso e l’altro e un boccone e l’altro la devo rimettere, vero?]

In casa e nei luoghi chiusi
Nei luoghi pubblici al chiuso la mascherina è sempre obbligatoria, come nelle palestre (rimangono infatti i protocolli anti-contagio previsti per specifiche attività economiche e produttive) o in auto con gli amici. In casa chiaramente lo Stato non può imporre delle regole, ma il presidente del Consiglio Conte ha voluto fare una forte raccomandazione, ribadendo che proprio i contatti con amici e parenti sono secondo gli esperti il principale veicolo di contagio: “Ci sono persone anziane, fragili, vulnerabili: rispettiamo la distanza, proteggiamo anche loro con le mascherine se ci avviciniamo”, perché “lo Stato non può entrare nelle abitazioni private, lo ritengo un principio sacrosanto. Le regole non esistono per l’aspetto sanzionatorio, ma più importante è la realizzazione di un progetto comune”. Sono inoltre fatti salvi i protocolli e linee-guida anti-contagio previsti per le attività economiche, produttive, amministrative e sociali. Ciò significa che nei luoghi di lavoro continuano ad applicarsi le vigenti regole di sicurezza, antecedenti al nuovo decreto del governo. (qui)

Una pallottola a frammentazione nel culo. Mezzo etto di cianuro nella macedonia. Due quintali di tritolo sotto la macchina. Una colata di cemento a presa rapida nel gargarozzo. Una bomba atomica sulla casa. In una nazione con tutte le malattie mortali di questo mondo tranne il covid quel lurido figlio di puttana ha inventato un’epidemia che non c’è per ridurre in schiavitù sessanta milioni di persone e ridurre sul lastrico un’intera nazione. Ci stava lavorando da mesi e finalmente ci è riuscito. E chi lancia l’allarme dittatura si prende del fanatico complotti sta, vi possano inculare tutti dal primo all’ultimo.

GAME OVER

OVVERO

Tutto quello che avreste sempre voluto dire sulle femministe

ma non ne avete mai avuto il coraggio.

Boschi, Boldrini, Castelli: il femminismo è una via di fuga

di Max Del Papa

La profeta è Laura. Non profetessa, troppo indulgente, troppo ammiccante, basta profeta, tanto finisce con la “a”. La profeta è Boldrini, Laura Boldrini, questa Giovanna d’Arco del vittimismo femminista o del femminismo vittimista, “a piazèr” (la stupenda Monica Vitti dei crauti) [ve la metto, perché merita] :

con quel marxismo può dire ciò che vuole e se tu non sei d’accordo, pronta la lettera scarlatta a la carte: sessista, misogino, misofobo. È un bel gioco che purtroppo non dura poco, gira in eterno e il trucco è elementare, sta nella probatio diabolica: come fai a discolparti da una colpa a senso unico, stabilita solo da chi si dice attaccato, juris et de jure, senza facoltà di prova contraria? Laura la profeta è tutto: parte lesa, pubblica ministera, giudicia, secondina e, se non dispiace, boia (tanto finisce con la “a”). Con quella bocca comunista può dire ciò che vuole, tu invece non puoi dire un accidente di niente, appena fiati sei nel peccato originale e lo sei perfino se taci. Perché chi tace acconsente. Insomma, sei maschio – non gender, maschio e basta – e di conseguenza brutto sporco e cattivo; se poi sei pure bianco e occidentale, apriti cielo, non hai speranze, meglio un maiale.

La profeta è Laura, le discepole sono tante. Con licenza di spaziare, prendiamo le solite due a caso, una è la inafferrabile Mara Carfagna alla quale altre femmine non perdonarono mai né i calendari della fase velina né i trascorsi berlusconiani, e lo fecero con accenti particolarmente osceni, su tutte la Sabina Guzzanti: tout est pardonne, lei ormai gravita nell’alone della sinistra arcobalenata e come tale è assurta al Cenacolo. [Di Sabina Guzzanti su Mara Carfagna avevo parlato qui RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI 1 al 9 luglio] Difatti non manca mai di lamentare quel sessismo, quel machismo che temporibus illis non poteva far valere, arrivandole come uno stormo di Stukas dalle donne.

L’altra, mutatis mutandis, è Meb, che non sta per un finanziamento europeo ma per Maria Elena Boschi, una che di sinistra, modestamente, vi nacque e dunque ha l’allenamento muscolare, appena la guardi lei scatta, sgrana gli occhioni blu e ti fulmina soave: ah, che sessista. Prima lo diceva anche dei Trav, i Vauro, gli altri vignettari o guitti Fattoidi che – ricordate, ai tempi delle disavventure bancarie di famiglia? – la ritraevano come una honky tonk woman, adesso non può più perché c’è alleanza nell’aria, sofferta, tormentata ma finché tiene… E così non le resta che additare, sinistramente, in genere il porco mondo maschio, tanto i bersagli si trovano, si trovano: Salvini, Trump, i sovranisti, “le destre”, il popolaccio che in banca ci entra con gli spiccioli, quella roba lì.

Ma quelle che hanno imparato meglio e più presto sono le parvenu del potere, è la novelle vague grillina, ecco qua una Lucia Azzolina che, catafratta all’autoridicolo, si intigna con Salvini: “Ah te la prendi con me perché sono donna e giovane”. E perché no bella, bellissima? No, me la prendo perché sei una incapace, ha replicato il Matteo milanese. “Ah, sessista, leghista”. A ruota un’altra grilletta, Laura Castelli, tallona: “Se la prendono con me perché sono donna”. No, te ne dicono di tutto e di peggio perché hai appena consigliato ai ristoratori di andare a morire ammazzati se non sanno cambiare mestiere. Ma il femminismo come via di fuga (non ho detto altro: ma fuga, fuga, fuga) incassa sempre e non paga mai. Poi è una foglia di fico che sta bene su tutte, dall’infantilismo saccente di Greta al sovversivismo di classe di Carola, alla imbecille o mascalzona di turno che scende in piazza bevuta a sputare in faccia alle divise. Funziona meno se per caso violentano, drogano e poi smembrano una sventurata sbandata, magari con l’intenzione di mangiarla per farla sparire del tutto. Ma sono dettagli, casi irrilevanti, tra femminismo e migrantismo vince il secondo.

Il femminismo è un pendolo tra vittimismo e opportunismo: Veronica Lario, già signora Berlusconi, venne crocifissa alle sue ville per anni dalla solita compagnia di giro del Trav, di Micromega (più micro, in verità), dei postcompagni sempre molto compagni della galassia giornalistica ztl, poi quando si scatenò, su Repubblica e in tribunale, contro il Cavaliere delle feste goderecce, le sentinelle del sessismo titolarono: grande Veronica, brava Veronica, una di noi Veronica. Senza pudore, more solito. Il femminismo di ridotta è un passepartout: una donna, o anche solo percipiente tale, può combinarne più di Carlo in Francia ma è inattaccabile: “Ah ce l’avete con me perché sono femmina; giudicatemi su quello che faccio”. Appunto: hai fatto e disfatto questo e quello e quest’altro. “Ah, visto? Ce l’hai con me perché sono donna”. Non se ne esce. Il femminismo vero è l’antifemminismo, è la donna, la femmina, la primaministra, come ti pare, che se ne frega di tutto, sì; Margaret Thatcher era invisa alle militanti in rosa perché le fulminava: “Il femminismo è veleno”.

Era donna, certamente: ma nessuno se n’è mai accorto, nel senso che nessuno si è mai sognato di attaccarla o difenderla per questioni ormonali; le andava benissimo, le facevano un mazzo tanto ma lei dura, imperturbabile, e la spuntava lei con la sua clamorosa cotonatura e il filo di perle polemicamente démode. Di un’altra enorme donna, Golda Meir, questa statista israeliana con due gonadi così*, è Indro Montanelli a raccontare un episodio definitivo: “Una volta mi fece vedere una lettera di Ben Gurion“, litigavano sempre: “sei la solita vecchia puttana corrotta”, c’era scritto nella lettera. La risposta: “Vecchia è vero, puttana non più delle altre, corrotta mai”. Artro che c*zzi, esclamerebbe il Marchese del Grillo. Senza vittimismo strategico, le donne erano più donne, artro che. Non si nascondevano, ricevevano un insulto e, nel loro modo inarrivabile per i maschi bovini, lo restituivano con una caterva d’interessi. Senza imbrogli, senza lagne, con una boccata di sigaretta: game over. (qui)

* Espressione che detesto come poche altre al mondo. Dire, per mostrare apprezzamento nei confronti di una donna, che ha le palle, è espressione del più schifoso e becero maschilismo fallocratico e fallocentrico, convinto che i propri pendagli siano il meglio del meglio della creazione, scrigno di ogni virtù. Quando lo dicono a me mi incazzo di brutto. E meno altrettanto di brutto.

E adesso che vi siete divertiti con le ochette femministe, andate a leggere anche questo, perché, se vogliamo sopravvivere, la lotta sarà dura, ed è meglio sapere che cosa ci aspetta ed esservi preparati.

barbara

QUEL GRAN GENIO DEL MIO AMICO

lui sa sempre come fare
anche con un bicchier d’acqua in mano fa miracoli…

Prima ve la faccio raccontare da Niram Ferretti, e poi ve la faccio vedere.

Niram Ferretti

RAMPE DA SCENDERE RAMPE DA SALIRE

A Tulsa, nel suo primo rally elettorale, Donald Trump si è mostrato in grande forma. Preciso, ironico, robusto. Sciolto nel parlare, senza neanche un momento di esitazione. Ha dipinto Joe Biden per quello che è, un ostaggio nelle mani del partito democratico sempre più prono alle sirene dell’estrema sinistra.
L’apparato mediatico di sinistra si è concentrato sul fatto che il luogo non fosse pieno, mostrando molti spalti vuoti.
L’ammiraglia antitrumpiana italiana, “La Repubblica” scrive online che si sarebbe trattato addirittura di un flop. “Il Corriere della Sera”, allineato, usa lo stesso termine. Il loro beniaminio è Joe Biden, si può capirli. Prima tifavano per Hillary, ora per Joe. Sono esaltati dal fatto che Biden è avanti nei sondaggi. Anche la loro beniamina era avanti nei sondaggi.
In una circostanza come questa, con il Covid-19 ancora in circolazione è già di per sé clamoroso che Trump sia riuscito a convogliare migliaia di persone, ma naturalmente, il fatto che siano rimasti molti posti vuoti all’Oklahoma Center, deve essere il focus principale della propaganda antitrumpiana.
E a questo proposito, Trump, da quel navigato showman che è, si è soffermato a lungo a raccontare come la sua esitante camminata lungo una rampa di acciaio dopo il discorso fatto ai cadetti di Westpoint, e il fatto di essersi portato alla bocca con due mani un bicchiere d’acqua, sia diventato l’oggetto principale di un altro esercizio di propaganda da parte della sinistra, teso a insinuare che il presidente non sta bene di salute.
“Avevo le suole delle scarpe di pelle e se non avessi camminato così lentamente sarei caduto rovinosamente sulla rampa”.
Trump rampa
Trump ha mimato l’azione, ha spiegato come, dopo seicento volte che faceva il saluto militare l’avesse stanca e che ha portato il bicchiere alla bocca con due mani per evitare che un po’ d’acqua gocciolasse sulla cravatta di seta.
“Amo le cravatte di seta, ma una volta macchiate, mi è già successo, non sono più come prima. Hanno detto che soffro di Parkinson”.
Joe Biden, che, durante i comizi, a volte non sa neanche in che Stato si trova (come ha ricordato Trump), o meglio, si trova in stato confusionale, quando lo incontrerà nel primo confronto tv, più che scenderla, la rampa dovrà salirla.

E ha qualcosa da dire anche agli italiani

Quanto agli spazi vuoti, a quanto pare, c’è una spiegazione:
vendetta
E qui qualche commento, a cui aggiungo un commento che ho lasciato sotto il post:

C’è un episodio analogo, ma di ben altra pregnanza, nel film Bolero – titolo originale “Les uns et les autres” – mandato alla televisione in sei ore a puntate, castrato per il cinema in tre ore, uno dei massimi capolavori del cinema mondiale ma inguardabile nella versione castrata. Il grande direttore d’orchestra tedesco, ricalcato piuttosto fedelmente su Von Karajan, con un attore che gli assomiglia anche fisicamente,
von K. Olbrychski
si esibisce a New York; gli ebrei della città comprano tutti i biglietti, tutti dal primo all’ultimo, e in sala ci sono unicamente due giornalisti, e nel momento in cui lui si affaccia sulla scena scendono dal soffitto migliaia di copie della foto in cui lui stringe la mano a Hitler, momento che ha dato il via alla sua sfolgorante carriera. Dire che questa ne è stata la brutta copia sarebbe un insulto a tutte le brutte copie quasi oneste e quasi dignitose del pianeta.

Venendo poi alla ormai prossima scadenza elettorale, sempre da Niram Ferretti:

Niram Ferretti

DODICI

Vi ricordate di quella che avrebbe dovuto essere la prima presidente donna degli Stati Uniti, Hillary Clinton?
Il 23 ottobre 2016 la CNN annunciava che Hillary Clinton aveva 12 punti di vantaggio su Donald Trump secondo un sondaggio di ABC News e che aveva un appoggio del 50% a livello nazionale.
Come è andata è storia.
Joe Biden, anche lui, a quattro mesi di distanza, sarebbe in vantaggio di 12 punti. Hillary lo era a meno di due settimane dal responso elettorale.
I giornali progressisti, in Italia tutti, con l’eccezione di “Libero” e la “Verità”, ci dicono che il comizio di Tulsa sarebbe stato un flop e gongolano pensando che il fatto che Trump non abbia riempito il Bok Center di Oklahoma sia un segno palese di crisi, un preludio per il tracollo.
Cari. Il loro wishful thinking è commovente. Sono gli stessi che davano a ogni elezione Benjamin Netanyahu spacciato. Si è visto. Non ne azzeccano mai una, neanche per sbaglio.
Trump, a Tulsa era in piena forma, solido come un Merkava.
Attendiamo fiduciosi il prossimo comizio e soprattutto il primo confronto con Joe Biden. Allora sì che ci sarà da divertirsi. Sarà come assistere a Godzilla vs Calimero.

Credo sia abbastanza realistica questa rappresentazione
silent majority
e non dimentichiamo che al suo fianco, contro la strumentalizzazione dell’omicidio di un avanzo di galera da parte di un altro delinquente, peraltro suo complice in affari sporchi, contro le devastazioni condotte da bande terroristiche, contro l’attacco allo stato e a Trump, ci sono anche questi qui
white lives
E non sono pochi.

Questo invece non c’entra niente (forse…) ma siccome è bellissimo ve lo schiaffo giù.

barbara

QUALCHE ALTRA DOMANDA

Domanda N° 1

Perché ci sono fotografi che sentono il bisogno di scattare, e giornali di pubblicare, foto prese col teleobiettivo che trasforma persone sgranate in 150 metri in un’ammucchiata di pazzi incoscienti concentrati nel mio soggiorno?
foto tarocche 1
foto tarocche 2
foto tarocche 3
(qui tutta la documentazione) Non staranno per caso prefabbricando un alibi per colui che regna colà dove si puote ciò che si vuole, che per ora ha magnanimamente concesso di aprire un filino il rubinetto ma avverte minaccioso che se non ci comporteremo bene tornerà a chiuderlo? Non gli staranno fornendo il pretesto per richiuderlo quando e come vorrà con la motivazione, “documentata” da quelle immagini, del pericolo rappresentato dal nostro incosciente, sconsiderato e criminale comportamento?

Domanda N° 2

Lo sapevate che si può guarire per decreto ministeriale? No, eh?

Posso solo aggiungere che mio marito, è uscito dall’ospedale dove era stato ricoverato per covid con la solita lettera di dimissioni dove oltre alle cure e all’anamnesi medica stava scritto: “guarito come da decreto ministeriale n 6658 del 26/02/2020”. (qui)

Domanda N° 3

Come mai non si trova un giornalista che sia uno capace di fare le pulci al governo? Semplice: perché sono impegnati a tempo pieno a tentare di farle all’opposizione, venendone peraltro asfaltati alla grande

E notiamo, per inciso, che l’opposizione risponde alle domande, risponde puntualmente, e risponde nel merito, a differenza di chi sta al governo
conte bergamo
Domanda N° 4

E a proposito di governo, la protezione civile chi dovrebbe proteggere? Perché quando leggo che spende, pagando anticipatamente, 12 milioni di euro nostri per comprare dalla Cina del materiale che poi viene bloccato perché è difettoso e noi qui senza materiale e senza soldi, io qualche domanda me lo faccio (e colgo l’occasione per spiegare a Elena che questo è esattamente il motivo per cui mi sono ben guardata dal comprare il vostro libro: per il destinatario che avete scelto per la vostra opera di beneficenza. Soldi miei in mano a quella gentaglia, neanche morta).

Domanda N° 5

Perché questo è un reato da punire con una multa di 400 euro a testa
ristoratori
e questo
x Silvia 1
x Silvia 2
no?

Domanda N° 6

Che è una domanda con molte ramificazioni, ma metterò tutto insieme, e riguarda la vergognosa vicenda di Silvia Romano. Parto da un paio di considerazioni in parte anche personali.

Silvia Romano non era una “volontaria”. Volontario è il medico, l’infermiere, l’ingegnere, il geometra, che nel mese di ferie anziché andarsi a spaparanzare sulla spiaggia o fare qualche bel viaggio esotico prende un aereo (a spese proprie!) e se ne va in Africa, in Sud America, nel Sudest asiatico a fare gratuitamente il suo mestiere a favore delle popolazioni bisognose. Silvia Romano era andata con una ONG, profumatamente pagata. La sua qualifica era quella di “cooperante”; anche la mia qualifica in Somalia era quella di cooperante, ossia partecipante al programma di cooperazione allo sviluppo, e col mio lavoro, nel quale avevo dieci anni di esperienza, ho contribuito a mettere centinaia di studenti in condizione di poter frequentare l’università e diventare medici, veterinari, ingegneri, biologi eccetera. Il mio stipendio era quasi il quadruplo di quello che percepivo in Italia.

Quello che indossa Silvia Romano non è un tipico abito somalo, i tipici abiti somali sono questi
constud.2
Poi sono arrivati gli Shabaab e hanno imposto tutt’altro. Qualche giornalista, pescando evidentemente parole colte nell’aria senza sapere di che cosa si sta parlando, ha chiamato “dirac” il telone copri-auto color verde terrorismo islamico che Silvia Romano porta addosso:
telone
no, il dirac è l’abito che porta la bidella a destra appoggiata al muro: non assomiglia tantissimo, vero? E non è un dirac neanche l’abito che ha sotto il telone (che ha le maniche lunghe).

E passo alle domande vere e proprie: quale sarebbe la cosa da festeggiare? L’avere regalato 4 milioni di euro ai terroristi islamici? Quanti respiratori ci stanno dentro, in quella cifra? Quanti aiuti a commercianti e artigiani che stanno portando al monte di pietà catenine e fedi nuziali perché non hanno da mangiare? E quanta gente morirà con le armi ed esplosivi comprati con quei 4 milioni? O forse c’è da festeggiare il debito morale, che non mancherà di essere concretizzato, che abbiamo contratto con la Turchia?

E perché l’ex Silvia ha immediatamente voluto dichiarare “chiamatemi Aisha”? Ricordate le prime parole di Domenico Quirico? “Non siamo stati trattati bene”. Un prigioniero può dire e fare qualunque cosa per salvarsi la vita o alleviare i tormenti della prigionia, ma dopo il ritorno? Chi ci garantisce che tanto entusiasmo non sia sincero e non l’abbiano trasformata in una combattente al loro servizio? E, a proposito del suo essere stata trattata bene, chi è che le ha tirato un pugno in un occhio circa 10-12 giorni fa?
Silvia occhio
E davvero quella di essere rapita è stata una imprevedibile disgrazia? Davvero lei non ha fatto niente perché ciò accadesse? Leggiamo un po’ qua:
Ait1
Ait2
Eccola qua dunque, l’ochetta viziata e velleitaria, che invece di cercarsi un lavoro e fare del volontariato nel tempo libero – come tante brave persone che conosco – sceglie di fare la “volontaria” di professione, ben pagata, senza regole, che si sa che le regole sono di un fastidioso signora mia, ma di un fastidioso guardi, uscendo la sera, alzandosi quando voleva, e che per poter vivere senza quelle fastidiose regole sceglie di andare in un posto che le viene sconsigliato in quanto più pericoloso del precedente. E poi le faccio dire due parole da Silvana De Mari:

E concludo con quest’ottima analisi di Federico Punzi.

Silvia Romano consegnata ai servizi turchi. Non una brillante operazione di cui andare fieri, ma una resa ai terroristi

Una ragazza partita in canottiera per far del bene in Africa, torna ricoperta dalla testa ai piedi con un lenzuolo verde, una tunica indossata dalle donne somale islamizzate nei territori ancora controllati dagli al Shabaab. Si è convertita all’islam durante la sua prigionia. Costretta, secondo le prime cronache. Per libera scelta, dirà lei agli inquirenti una volta rimessi i piedi in Italia. “Ho chiesto io di avere il corano, ho anche imparato qualche parola di arabo”. Secondo qualcuno costretta anche al matrimonio islamico con uno dei suoi carcerieri, ma lei smentisce. Altri l’hanno notata, nelle riprese televisive di ieri a Ciampino, mentre si accarezzava teneramente il ventre.
Lo diciamo subito a scanso di equivoci: non si lascia una connazionale nelle mani dei tagliagole islamici. C’è un però. Ed è un però che riguarda lo status del nostro Paese, un dato che ci deve interrogare come comunità. La consapevolezza che il denaro consegnato a quei tagliagole metterà in pericolo molte altre vite, italiane ma principalmente africane. Italiani che si sono messi in gioco, per lavoro o per volontariato, in zone del mondo a rischio. E africani che rischiano tutti i giorni di essere trucidati da jihadisti da noi rinforzati nelle loro casse e nella loro immagine. Questo è purtroppo un argomento che, per quanto si possa gioire per il ritorno sana e salva di una ragazza di 25 anni, non può essere eluso nel dibattito pubblico.
Il ritorno di Silvia è una festa per la sua famiglia e non potrebbe essere altrimenti, ma è una resa per la Repubblica italiana e il mondo civile.
Trattare con i terroristi islamici di al Shabaab, affiliati ad al Qaeda e tra i più sanguinari, che in Africa – forse non tutti lo sanno – si sono macchiati di stragi orrende di uomini, donne e bambini, ed eventualmente pagare un riscatto, è forse una via obbligata, ma non un qualcosa che possa essere ostentato e celebrato all’aeroporto come una brillante operazione di cui andare fieri e da sbandierare al mondo intero. Anche perché, come spiega bene Romana Mercadante nella sua nota, [articolo che raccomando di leggere] non è il riscatto in sé, è la passerella mediatica del presidente del Consiglio e del ministro degli esteri a mandare un messaggio devastante. Il messaggio di un governo pronto non solo a pagare i terroristi, ma anche a prestarsi alla propaganda jihadista (tale è stata riabbracciare festanti un ostaggio convertito all’islam, non si sa bene come, dopo 18 mesi di prigionia, sceso dall’aereo con indosso una tunica islamica), pur di trarre un qualche vantaggio in termini di consenso da un lieto fine dal punto di vista umano e famigliare, ma non certo politico. Certe cose, se si fanno, si fanno in silenzio e poi non si sbandierano ai quattro venti.
La foto che vedete di Silvia Romano
silviaromano
è stata scattata molto probabilmente in Somalia, subito dopo la sua consegna da parte di chi l’ha tenuta in ostaggio per 18 lunghi mesi. La ragazza è ripresa sul sedile posteriore di un pick-up e indossa un giubbetto antiproiettile turco.
Pubblicata dall’agenzia di stampa Anadolu, ieri sera ha fatto il giro di tutti i media turchi, ma sui social italiani l’ha rilanciata Mariano Giustino, il corrispondente di Radio Radicale dalla Turchia.
Questa foto suggerisce un ruolo ben più centrale dei servizi segreti turchi nella conclusione della vicenda, non un semplice “aiuto”. E cioè, che siano stati proprio i turchi a prelevarla e poi consegnarla alle autorità italiane. I nostri servizi non c’entrerebbero quasi nulla, se non per la richiesta d’aiuto avanzata nel dicembre 2019 all’intelligence turca (Mit) per rilevare e portare in salvo l’ostaggio. Insomma, l’operazione conclusa con successo sarebbe turca, solo i soldi italiani.
E questo dovrebbe suonare come un campanello d’allarme: in Somalia, così come in Libia, per combinare qualcosa dobbiamo telefonare ad Ankara. Il che la dice lunga sulla nostra irrilevanza persino nelle nostre (ormai ex) aree di influenza.

Federico Punzi, 11 Mag 2020, qui.

Parafrasando quel vecchio film, mio Dio come siamo caduti in basso.

barbara

CARA CINA TI SCRIVO 1

Premessa importante: per ogni attività che fallisce, c’è un cinese pronto a comprarla per due soldi. E l’imprenditore fallito DOVRÀ vendergliela, perché lui deve mangiare, e nessun altro, qui, è in grado di comprargliela, perché chi non è ancora fallito è messo poco meno peggio di lui. E quando si saranno comprati tutta l’Italia, ci terranno per la gola, o per le palle, che dir si voglia, e faranno di noi tutto ciò che vorranno.

Comincio con questo pezzo di Giulio Meotti.

Straordinaria l’ex ambasciatrice americana all’Onu Nikky Haley contro la Cina. “Mentre l’Unione Sovietica stava diffondendo il suo controllo sull’Europa orientale dopo la Seconda guerra mondiale, l’allora ex primo ministro britannico Winston Churchill fu profetico nella sua descrizione di ciò che sarebbe bastato per sopravvivere all’impero comunista senza ricorrere alla guerra. ‘L’unica cosa da fare’, disse Churchill, ‘è convincerli che hai una forza superiore. . . è la strada più sicura per la pace’. All’epoca, la profezia di Churchill non era gradita nell’Ovest stanco della guerra. Tuttavia, i successivi presidenti degli Stati Uniti hanno ampiamente aderito al suo consiglio. I comunisti sovietici non furono mai convertiti o persuasi. Furono sconfitti, soprattutto senza guerra, da una potenza economica, diplomatica e militare occidentale superiore e da una visione più determinata e stimolante dell’umanità. La sfida odierna dei comunisti cinesi deve essere vista allo stesso modo. Come ai tempi di Churchill, la maggior parte degli americani non vuole saperne delle minacce epiche. Siamo stanchi delle continue battaglie con i terroristi e dei grandi pericoli e delle perturbazioni associate alla pandemia. Con bugie e insabbiamenti, la Cina continuerà a cercare di nascondere la propria responsabilità su un virus iniziato a Wuhan, che sta uccidendo centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo e sta compiendo una distruzione economica indicibile. Ma l’inganno riguardo al virus non è il peggior pericolo per il comunismo cinese. È solo il suo sintomo più evidente. A Hong Kong, ha arrestato importanti attivisti per la democrazia e sta tentando di criminalizzare le critiche al governo cinese. Sta aumentando le sue azioni ostili nel Mar Cinese Meridionale, che attraversa un terzo delle spedizioni mondiali. A livello nazionale, ha notevolmente ampliato le sue capacità militari, creato uno stato di sorveglianza orwelliano e costretto oltre 1 milione di cittadini di minoranza nei campi di ‘rieducazione’. A livello internazionale, ha assunto il controllo di agenzie delle Nazioni Unite come l’Organizzazione mondiale della sanità, ha esercitato la sua influenza sui paesi poveri con terribili contratti di debito e ha molestato i suoi vicini asiatici, nessuno più delle persone libere di Taiwan. Dagli anni ’70 fino all’amministrazione Obama, i leader americani di entrambe le parti hanno operato secondo la teoria per cui più la Cina sarebbe diventata forte economicamente più libera e meno aggressiva sarebbe diventata. Nel caso della Cina, questa teoria è disastrosamente sbagliata. Perché la Cina è diversa? Si torna alla spiegazione di Churchill. Il Partito Comunista controlla le forze armate, il commercio, la tecnologia e l’istruzione della Cina. Tutto ciò che i suoi leader fanno è finalizzato ad espandere il potere del partito. È per questo che purificano etnicamente le minoranze, che impongono uno stato di sorveglianza, che non possono tollerare la libertà a Hong Kong, che insistono che subentreranno a Taiwan, che cercano di dominare i paesi poveri e le organizzazioni internazionali, che espandono il loro arsenale nucleare. La Cina è una potenza pericolosamente diversa perché è fermamente impegnata in un’ideologia comunista che vede il suo sistema come superiore. Negli ultimi cento anni, abbiamo fermato la Germania due volte e l’Unione Sovietica per questo motivo. Ora affrontiamo una Cina comunista espansionista il cui potere economico supera di gran lunga qualsiasi cosa avessero i sovietici durante la Guerra fredda. Questa non è la sola sfida americana; i paesi liberi devono unirsi per affrontarla. Come notò Churchill, la preparazione è la strada più sicura per la pace”. E’ la grande differenza fra un paese ancora libero e ancora vivo come l’America e l’Europa da operetta che sul letto di morte dice “grazie Cina”

Giulio Meotti

Dateci ancora quattro anni d Trump e poi otto di Nikki, e forse saremo salvi.

Da Trump altre bordate contro Pechino e Oms. Mentre in Italia il “partito cinese” vuole resistere

“Yes I have. Yes I have”. Ha ripetuto due volte la sua risposta il presidente Trump nella conferenza stampa di giovedì sera. La domanda era questa:
“Ha visto qualcosa a questo punto che le dà un alto grado di sicurezza che l’Istituto di Virologia di Wuhan sia stato l’origine di questo virus?”
E ha aggiunto subito: “Penso che l’OMS dovrebbe vergognarsi di se stessa, perché è come se fossero l’agenzia di pubbliche relazioni della Cina”.
Due nuove bordate a Pechino e all’Oms lanciate dal presidente Usa, che senza troppi giri di parole dice di aver visto, tra le informazioni raccolte dalla comunità di intelligence, “qualcosa” che indica con “un alto grado di sicurezza” che sia stato proprio un laboratorio di Wuhan l’origine del nuovo coronavirus.
Rispondendo ad un’altra domanda, Trump ha evocato la possibilità che qualcosa sia accaduto deliberatamente. “È accaduta una cosa terribile”, ha detto il presidente: “Che abbiano fatto un errore, o sia cominciato per errore e poi ne hanno fatto un altro, o qualcuno ha fatto qualcosa di proposito… Non capisco come i movimenti di persone non erano permessi nel resto della Cina ma lo erano verso il resto del mondo. È una domanda difficile a cui rispondere per loro”.
E ancora: “È qualcosa che poteva essere contenuto nella sua località di orgine, penso in modo relativamente facile. La Cina è un Paese molto evoluto, potevano contenerlo, o non sono stati capaci o hanno scelto di non farlo”.
In una intervista ristretta nello Studio Ovale, Trump fa capire che in ogni caso è pronto ad una revisione delle relazioni tra Stati Uniti e Cina. Diverse opzioni sono sul tavolo come “conseguenze” per Pechino: “Ci sono molte cose che posso fare”. “Stanno costantemente usando le pubbliche relazioni per provare a passare per innocenti”. “Stiamo cercando di capire cosa è successo. Poi decideremo come rispondere”, ha detto ribadendo di poter “fare molto” per impedire a Pechino di sfuggire “alle sue responsabilità”.
Da quando il virus ha colpito duramente anche gli Stati Uniti e Washington ha deciso di reagire all’offensiva propagandistica di Pechino sulla pandemia (di cui abbiamo più volte parlato su Atlantico Quotidiano), altri governi occidentali si sono più o meno esplicitamente associati, esprimendo perplessità e chiedendo un’indagine indipendente su come il virus ha iniziato a diffondersi a Wuhan. Regno Unito, Francia, Germania, Svezia e Australia – queste ultime ricevendo dure rappresaglie verbali da parte di Pechino.
Tra gli attacchi più duri rivolti al presidente cinese Xi Jinping quello della tedesca Bild: “Sei un rischio per il mondo”. “Perché i tuoi laboratori non sono sicuri come le tue prigioni per i prigionieri politici? Non è ‘amicizia’ inviare mascherine in tutto il mondo. È imperialismo dietro un sorriso, è un cavallo di Troia”.
Nelle scorse ore persino la cauta e paludata Bruxelles si è unita al coro di richieste di una inchiesta sull’origine del nuovo coronavirus. Parlando alla Cnbc, la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, ha detto che le piacerebbe vedere la Cina lavorare insieme alla Commissione e ad altri Paesi per andare in fondo su come esattamente è iniziato.
Insomma, pare che la narrazione che Pechino ha spinto in queste settimane per presentarsi come modello di successo nella lotta al virus, la politica degli “aiuti” e le reprimende verso i Paesi “ingrati”, non abbiano avuto l’effetto sperato. L’immagine della Cina è in caduta verticale e le critiche stanno montando, non solo negli Stati Uniti e in Australia, ma anche in Europa. Non sarebbe il momento migliore per una Guerra Fredda: la sua mancanza di trasparenza, la sua propaganda e le sue reazioni aggressive stanno ricompattando l’Occidente.
Con una sola eccezione: l’Italia. Il nostro governo è l’unico tra quelli dei grandi Paesi europei, e tra i pochi in Occidente, a non essersi associato alle richieste di chiarimenti, se non alle critiche. Il “partito cinese” nel nostro Paese – che non è, come a qualcuno fa comodo far credere, Di Maio e Dibba – è in altre faccende affaccendato, impegnato a salvare il salvabile del suo potere, come vedremo tra poco.
Ma torniamo alla domanda iniziale: l’origine del virus. “È da gennaio che ripeto che il più probabile punto di partenza della crisi coronavirus è una fuga accidentale dall’Istituto di Virologia cinese a Wuhan”, ha twittato giorni fa Jamie Metzl, membro del comitato consultivo internazionale dell’Oms ed ex membro del Consiglio di sicurezza nazionale Usa. “Poiché la Cina sta ancora insabbiando e bloccando l’accesso, non è possibile dirlo con certezza. Vale il rasoio di Occam”.
In ogni caso, “qualunque sia stata l’origine”, ragiona Metzl, “le attività pericolose e l’insabbiamento delle informazioni in corso in Cina sono alla base di questa crisi”.
Pechino, quindi, ma come Trump anche l’Oms è oggetto delle critiche di Metzl:
“Avrebbe potuto scatenare l’inferno quando la Cina ha negato l’accesso agli esperti dell’Oms in quelle prime settimane critiche. Non avrebbe dovuto inizialmente fare il pappagallo della propaganda cinese e avrebbe sicuramente potuto dare l’allarme prima”.
La prima e a quanto ci risulta unica missione in Cina dell’Oms, per la precisione congiunta Oms-Cina, sull’epidemia è del 16 febbraio (fino al 24, una settimana), con un breve passaggio a Wuhan. Quindi, l’Oms è riuscita a mettere piede in Cina, per una sola settimana, un mese e mezzo dopo il primo allarme del 31 dicembre 2019. Per la precisione, alcuni esperti Oms avevano effettuato una brevissima visita Wuhan il 20 e 21 gennaio. Tutto qui.
Giovedì ha parlato a Sky News il dottor Gauden Galea, rappresentante dell’Oms in Cina, rivelando che “l’organizzazione non è stata ancora invitata da Pechino a prendere parte all’indagine cinese sull’origine del virus, nonostante abbia richiesto di essere inclusa”. Ha confermato che anche gli esperti dell’Oms ritengono che l’origine del virus sia a Wuhan e che sia naturale, non fabbricato. Ciò nonostante, secondo il dottor Galea, i registri di laboratorio “dovrebbero essere parte di un rapporto completo su tutto” riguardo la storia delle origini. Basterebbe, aggiungiamo noi, che Pechino rivelasse l’identità e le condizioni di salute da novembre ad oggi di tutti i ricercatori e dipendenti dei laboratori di Wuhan.
E poi naturalmente Galea giustifica la sua organizzazione: “Sapevamo solo ciò che la Cina ci riportava”. E dal 3 al 16 gennaio, ricorda, i funzionari di Wuhan non hanno riportato alcun nuovo caso di coronavirus rispetto ai 41 già noti: “Possibile che c’erano solo 41 casi in quel periodo di tempo? Penserei di no”.
Il 14 gennaio, come noto, l’Oms ancora negava vi fossero prove di trasmissibilità da uomo a uomo. Solo il 20 diventerà ufficiale, perché annunciato dalla Cina stessa.
Abbiamo quindi un periodo di almeno – vogliamo essere prudenti – 20 giorni di insabbiamento e depistaggi da parte di Pechino, ai danni o con la complicità dell’Oms.
Poi, accade qualcosa forse ancora più grave, su cui è tornato in questi giorni lo stesso presidente americano Trump. Tra il 14 (ma solo dal 20 pubblicamente) e il 23 gennaio il governo cinese adotta le prime misure, tra cui la chiusura di Wuhan (23 gennaio). Non proprio una chiusura totale, dal momento che Pechino sospende i collegamenti e i voli interni, ma non quelli internazionali.
“Perché la Cina ha permesso agli aerei di uscire ma non potevano andare all’interno della Cina? Hanno permesso agli aerei di uscire… e gli aerei escono da Wuhan e vanno dappertutto nel mondo. Vanno in Italia. Sono andati totalmente in Italia, ma andavano dappertutto nel mondo e non volavano all’interno della Cina”.
Perché? Se lo chiede il presidente Trump, mentre in Italia nessuno sembra interessato, né il governo, né le forze politiche, né i media.
In quegli stessi giorni, come riportato già a febbraio dal Wall Street Journal, Pechino esercitava con successo le sue pressioni sull’Oms affinché non dichiarasse già nel meeting del 22-23 gennaio l’”Emergenza di salute pubblica di carattere internazionale” (da non confondere con la dichiarazione di pandemia). La dichiarazione arriverà solo il 30 gennaio, due giorni dopo la visita del direttore Tedros a Pechino. Il governo italiano decide quindi il 31 gennaio di dichiarare l’emergenza sanitaria e di bloccare i voli diretti dalla Cina, nonostante l’Oms continuasse a raccomandare di non farlo, bollando la misura come dannosa e ingiustificata. L’amministrazione Trump vieta l’ingresso negli Stati Uniti agli stranieri passati in Cina negli ultimi 14 giorni. Ovvio che queste misure potevano essere adottate una settimana prima, se l’Oms dietro pressioni di Pechino non avesse ritardato di una settimana nel dichiarare l’emergenza.
Non solo la Cina non ha fermato i voli internazionali. Non ha effettuato screening dei passeggeri in partenza, né ha preso nota dei nomi dei passeggeri provenienti da Wuhan imbarcati sui voli internazionali comunicandoli agli altri Paesi.
Insomma, ci sono elementi a sufficienza per sospettare che, ormai in piena epidemia, avendo accettato di dover chiudere mezzo Paese, con danni enormi all’economia, la leadership di Pechino abbia valutato di non fare nulla perché il contagio non si diffondesse anche nel resto del mondo, e in particolare nei Paesi con i quali ha più collegamenti aerei, come l’Italia.
Solo che il nostro governo, la classe politica e i big dell’informazione sono concentrati su altro in questi giorni. Come ha egregiamente spiegato Mattia Magrassi su Atlantico qualche giorno fa, è iniziata la caccia al capro espiatorio. D’un tratto, i giornali e le stesse forze di maggioranza si sono tutti accorti che i Dpcm firmati da Conte sono non solo liberticidi ma anche incostituzionali e hanno cominciato a criticarlo per quei “pieni poteri” che ormai due mesi fa, non ieri, gli hanno concesso senza battere ciglio. Un calcolo cinico, perché ora che stiamo per entrare nella fase di uscita dall’emergenza sanitaria (e dopo le nomine dei vertici delle società pubbliche…), sperano di cavarsela incolpando Conte e, magari, trovare un sostituto per affrontare la drammatica crisi economica e sociale che abbiamo davanti a noi.
“Mai inteso procedere per via estemporanea, improvvisata e tantomeno solitaria“, ha chiarito Conte nella sua informativa di giovedì scorso alla Camera. Tutte le misure sono state adottate “in concertazione” con i membri del governo e della maggioranza. Insomma, una chiamata in correità di chi, ora, sta cercando di sfilarsi dopo due mesi di Dpcm senza fiatare.
Non poteva che esserci la copertura del Quirinale sull’uso dei Dpcm (che, ricordiamolo, violano la riserva di legge assoluta prevista dalla Costituzione per introdurre limitazioni alle libertà personali per motivi sanitari), come conferma un articolo di Claudio Tito giovedì su Repubblica (L’ombrello del Quirinale sui decreti di Conte, “Costituzione rispettata”). Firmando il decreto-legge dei “pieni poteri”, che ha attribuito cioè carta bianca a Conte per agire via Dpcm, oltre che velocizzare il processo decisionale, il presidente Mattarella si è risparmiato di dover mettere la faccia su ogni sorta di restrizione, anche le più impresentabili.
La copertura presidenziale sull’uso dei Dpcm non equivale però ad una totale copertura politica. Il Quirinale si premura di cancellare le proprie impronte. Come ha ricordato il quirinalista del Corriere Marzio Breda, sempre giovedì, “Mattarella non co-governa e quindi non vuole passare per la balia di Conte”. Certo, avverte il Colle, “chiunque aprisse oggi una crisi senza la prospettiva di formare una nuova compagine, e dunque al buio, si assumerebbe una responsabilità enorme”. Ma il premier non può stare sereno. Quel passaggio infatti significa che Conte è blindato da Mattarella solo fintantoché le attuali forze di maggioranza (e, magari, una new entry…) non concordino sul nome di un sostituto, non trovino cioè quella soluzione “già pronta” senza la quale il presidente non darebbe mai luce verde ad un cambio in corsa.
I catto-dem resistono ma, come ha spiegato Francesco Galietti su Atlantico, non per Conte. Se necessario, “per salvare la legislatura, mettere in sicurezza la successione al Quirinale, ed evitare l’avvento delle destre”, sono pronti a scaricarlo addossandogli la colpa di tutti gli errori della gestione dell’emergenza. Un gioco evidentemente rischioso quello in cui è coinvolto il capo dello Stato. Deve blindare Conte, ma al tempo stesso poterlo mollare senza perdere la faccia quando le condizioni lo permetteranno. E prima che l’opzione bazooka di Mario Draghi, figura avvertita come distante dai catto-dem, divenga inevitabile.
Nel frattempo, sempre giovedì è arrivato da Washington un vero e proprio warning al partito filo-cinese italiano – non solo Conte e i 5 Stelle, ma anche i catto-dem, lo stesso presidente Mattarella, sotto i cui auspici, non va dimenticato, è stato firmato il memorandum per la nuova Via della Seta, e il Vaticano.
“C’è preoccupazione in America per l’avvicinamento dell’Italia alla Cina, per come Pechino userà una potenziale dipendenza da sé per cercare di manipolare il vostro Paese”, ha detto al Corriere Richard Haass, da 17 anni presidente del prestigioso Council on Foreign Relations.
“Avvicinandosi così tanto alla Cina, [il governo italiano] sta gettando i semi per seri problemi nel lungo periodo. Non parlo ovviamente a nome del mio governo, ma chiunque abbia a cuore le relazioni transatlantiche (e abbia a cuore l’Italia), deve chiedersi quanto sia saggio per il vostro governo entrare in questo rapporto così stretto. Niente si fa per niente. Se la Cina aiuta l’Italia, prima o poi verrà l’ora di pagare”.
Attenzione: Haass è tutt’altro che trumpiano, anzi è una voce del Deep State Usa. Membro del Consiglio di sicurezza nazionale di Bush padre, di cui fu assistente speciale, gode di stima bipartisan. E di questi tempi sta velocemente mutando l’atteggiamento dei Democratici, a cui naturalmente guardano i nostri catto-dem, nei confronti della Cina. Il “grande divorzio” tra Cina e Stati Uniti, scrive The National Interest, è arrivato. E nessuno potrà fare finta di niente.
Altre voci, anzi cinguettii, giungono dagli Stati Uniti – dove prosegue l’indagine del procuratore Durham sulle origini dello Spygate e proprio in questi giorni stanno uscendo documenti che scagionano il generale Flynn e inguaiano invece l’FBI di Comey. L’Attorney General William Barr, che ha parlato di recente di “un intero schema di eventi” per sabotare la presidenza Trump, avrebbe un file di 25 mila pagine su alcuni politici italiani (e potrebbe anche trattarsi di gigabyte…).

 Federico Punzi, 2 Mag 2020, qui

Già, l’Italia. Non ricordo più chi sia stato quel tale, tanto tanto tempo fa, che disse che anche una donna onesta ha il diritto di fare ogni tanto un giro di valzer con un uomo diverso dal marito, ma l’Italia di giri di valzer ne stava facendo un po’ troppi. E storicamente l’Italia è famosa per non avere mai finito una guerra dalla stessa parte da cui l’aveva cominciata (compresa l’ultima), tranne qualcuna durata abbastanza a lungo da avere il tempo di cambiare fronte due volte. E ancora una volta stiamo voltando le spalle a chi ci ha sempre tirati fuori dalla merda in cui ci eravamo ficcati, e tuttora si sta dando da fare a tirarcene fuori, e baciando appassionatamente i piedi e offrendo il proprio tafanario a chi nella merda ci ha intenzionalmente e premeditatamente scaraventati (particolarmente significativa la circostanza, segnalata da Punzi, dei voli interni sospesi, e liberi invece quelli verso l’estero mentre imperversava l’epidemia, unita all’altra circostanza, che già in altra occasione avevo fatto notare, che non hanno dato l’allarme se non quando sono stati ben sicuri che il virus aveva attecchito alla grande in mezzo mondo. Tengo a precisare che all’origine artificiale del virus non credo; detto questo, per il resto concordo su tutto. Poi può forse interessare anche questo.

POST SCRIPTUM a proposito di Italia e Cina: come si chiamano quelle signore che svolgono la loro professione con le gambe aperte? 
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barbara