Il baco nel cervello si sta comportando bene: non accenna a degenerare e non è aumentato di dimensioni.
Anche il malloppo nel fegato si comporta bene, e non è cresciuto rispetto a sette mesi fa. Poi pare che ci sia in giro anche un bordello di cisti e altri aggeggi, ma tutta roba benigna che in genere non degenera (anche nel cervello comunque ci sono in circolazione un sacco di bestie strane, esiti di ischemie, cisti, gatti randagi, olandesi volanti…)
La vertebra si è saldata ma nel primo mese e mezzo dopo l’incidente si è verificato un notevole avvallamento (rispetto a sei mesi fa mi sono abbassata di quasi un centimetro) che mi provocherà mal di schiena per il resto della vita, e al momento la schiena è tutta una contrattura, ma proprio una cosa impressionante, al punto da farmi camminare tutta sbilenca. Ma prima o poi mi rimetterò in sesto.
Com’è che si dice? L’erba cattiva non muore mai, e non vedo perché proprio io dovrei fare eccezione. E adesso gustiamoci questo succoso frutto del nostro Sud, quasi mio coetaneo.
(vabbè, stendiamo un velo pietoso sui pantaloni con le palle sottovuoto in uso all’epoca. E meno male che non c’erano graziose signorine nei dintorni…)
Sopravvissuta alle settimane di ansia. Sopravvissuta alla notte di sveglie per prendere i farmaci antiallergia. Sopravvissuta alle tonnellate di cortisone più tutto il resto. Sopravvissuta – sia pure a prezzo di un impressionante e dolorosissimo ematoma a carico delle mie delicatissime vene (e speriamo di scansare almeno la flebite, sempre in agguato) – alla flebo per somministrarmi il contrasto. Sopravvissuta al contrasto. Sopravvissuta a tutto questo e scongiurato il pericolo di un precoce funerale, eccomi a fare qualche riflessione. Piacerebbe immaginarsi eroi impavidi di fronte al pericolo, di fronte alla sofferenza, di fronte alla morte, ma non tutti lo sono. Io non lo sono. Ma questo lo sapevo già, avendo sperimentato trentacinque anni fa l’attesa di sapere se avevo o no la leucemia. Non mi aveva invece creato ansie l’attesa di sapere se era ancora benigno o no il polipo al retto (lo era), perché ero sicura che a quello si poteva rimediare. Mentre non sapevo affatto – me lo hanno detto solo decenni più tardi – che potesse essere maligno il tumore osseo operato a quattordici anni. Lì l’ansia se la sono beccata tutta i miei genitori, ed è stata lunghissima, perché l’esame istologico non dava risposte chiare e avevano dovuto mandare il reperto in Inghilterra, dove avevano strumenti più precisi, e il referto di negatività era arrivato dopo otto mesi. Quello al seno non si sapeva, prima dell’intervento, di che natura fosse, ma anche quella volta non ero preoccupata più di tanto, tutto sommato. Però stavolta sì, di paura ne ho avuta davvero tanta, esattamente come per la leucemia. Confesso che ad un certo punto sono stata presa da timore superstizioso per avere troppo spavaldamente sfidato la sorte con le mie pretese di immortalità. La ragazza che mi fa le pulizie, tre settimane fa. Arriva; io come al solito sono in camera a sistemare un po’ di cose (la mattina mi alzo, mi metto un vestito, la sera lo tolgo e lo metto per terra di fianco al letto; la mattina dopo mi alzo, mi metto un altro vestito, la sera lo tolgo e lo metto per terra di fianco al letto. Eccetera. Se non tolgo di mezzo un po’ di roba lei non può pulire). Lei come al solito si affaccia alla porta e dice “Buon giorno. Tutto bene?” Io, con la massima naturalezza possibile, rispondo “Sì”. Lei, che già stava uscendo per andare a prendere il secchio e cominciare a pulire, si ferma, si gira, torna indietro e chiede: “Perché? Cosa c’è?” Almeno mi ha messa in pari con chi è venuto qui solo per sputare veleno (ma niente paura: l’anitra all’arancia richiede preparazione lunga, ma prima o poi verrà servita). La settimana scorsa, ad ogni buon conto, mi sono comprata due bellissimi bikini nuovi, uno mini e uno micro. Tanto la cosa più sfasciata sono le cosce – coscie per il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
– che restano fuori con qualunque costume, quindi tanto vale che offra al sole la maggior quantità di pelle possibile. E oggi mi sono goduta il primo tramonto di quiete
– che opportunamente coincide con il solstizio d’estate – fortunatamente senza granchi, che l’altro ieri uno maledettissimo mi ha azzannato un dito facendomi zoppicare per ore e ancora ho la crostina di sangue in corrispondenza del buco che mi ha scavato in quel povero dito. E già che ci sono vi mostro anche la tigre, quella vera cioè la mia, al riparo dai malintenzionati. Hayom yom chadash ve chayim chadashim.
Informata della mia spiccata propensione alle reazioni allergiche, la radiologa non si è fidata a farmi il contrasto. Così ha deciso di farmi oggi il grosso senza contrasto e di farmi tornare martedì, che è di nuovo di turno lei, facendomi fare nel frattempo la (pesantissima) profilassi antiallergia, per fare il lavoro di fino sulle zone strategiche. Da quello che ha potuto vedere senza contrasto, comunque, sembrerebbe abbastanza probabile che la bestia non sia maligna, anche se sicuramente non è un angioma, che sarebbe stata l’ipotesi più favorevole. Insomma, possiamo inventarci un’improvvisazione di Speranza. Con variazioni sul tema.