CHI NON MUORE SI RIVEDE

Stiamo parlando dell’immarcescibile Massimo D’Alema, che ha deciso di rinnovare i vecchi fasti. Che forse non tutti conoscono e ricordano; per questo ripropongo un vecchio post.

QUOUSQUE TANDEM D’ALEMA …?

Comunicato Honest Reporting Italia 23 gennaio 2007

Honest Reporting, notoriamente, si occupa di mass media e non di politica. Ma quando un politico con responsabilità di governo eccede oltre ogni limite di decenza nelle sue esternazioni intrise di livore antiisraeliano, quando ogni sua frase è una vergognosa falsificazione della storia e della cronaca, quando lo squilibrio si fa tanto evidente da diventare persino imbarazzante, ci sentiamo in dovere di segnalarlo. Riportiamo qui di seguito alcune dichiarazioni del signor D’Alema raccolte qua e là, sottolineando alcuni passaggi particolarmente significativi.

«Ci sentiamo egualmente vicini – dice – alle ragioni del popolo palestinese, e a quelle del popolo israeliano e, aggiungo, a quello del popolo libanese, messi in pericolo per responsabilità dei terroristi, ma insieme per la reazione sproporzionata dello stato ebraico». (dsonline, 17 luglio 2006)

«La reazione di Israele, pur legittima in base al principio di autodifesa secondo la carta dell’Onu – spiega il ministro di fronte all’aula – è andata aldilà di ogni ragionevole proporzione» per quanto riguarda «le vittime civili e l’attacco alle centrali elettriche di Gaza» le cui conseguenze per la popolazione civili sono «gravi». «Disintegrare il Libano – avverte il vice premier – non rafforzerebbe Israele», così come una visione della sicurezza solo «militare» che Gerusalemme ha fatto «prevalere fin qui produce insostenibili costi umani e fa crescere il livello di odio e insicurezza». (Corriere della Sera, 18 luglio 2006)

Il ministro italiano degli Esteri ha annunciato che domenica sarà in visita a Gerusalemme, e ha deplorato che l’appello alla moderazione rivolto allo Stato ebraico non abbia “raccolto una eco concreta”. Il capo della diplomazia italiana ha sottolineato che, per una soluzione della crisi in Medio Oriente è necessario coinvolgere la Siria e l’Iran. (Repubblica, 27 luglio 2006)

Il ministro degli Esteri Massimo D’Alema ha sottolineato l’importanza della posizione raggiunta oggi a Bruxelles e auspicato che Israele «tenga conto dell’appello a cessare immediatamente le ostilità». (Radio Radicale, 2 agosto 2006)

“Hezbollah è un partito politico” (Yediot Aharonot, 7 settembre 2006) «E bisogna agire spingendo Israele…». «La cosa che mi colpisce di più è l’isolamento delle voci ragionevoli, anche rispetto alle grandi comunità ebraiche democratiche. La comunità ebraica americana comincia a dividersi su questo punto, ma ciò non sembra avvenire nel nostro Paese […] «C’è chi di fronte a questa tragedia [Beit Hanun] ha parlato di un “errore”. Come un “errore”! Quello che è accaduto a Beit Hanun è il frutto di una politica, è lo sbocco di una scelta. Israele ha reagito alla crisi che si è aperta con il rapimento del caporale Shalit con una offensiva militare che ha prodotto 360 morti e 4000 feriti. Hanno bloccato i Territori, impedendo persino l’afflusso di medicinali. Non metto nel conto le persone che sono morte negli ospedali per mancanze di cure. Hanno distrutto le centrali elettriche, i servizi essenziali. A Beit Hanun sono morti 8 bambini in un colpo solo e questo ha fatto notizia, ma giorno dopo giorno ne sono morti 57, di bambini palestinesi, nella indifferenza pressoché totale dell’opinione pubblica internazionale. Oltretutto, la escalation militare è intervenuta anche ad ostacolare l’avvio di un processo politico nuovo tra i palestinesi, perché è evidente che la violenza chiama altra violenza, esplode la rabbia e si finisce per vanificare gli sforzi del presidente Abu Mazen di fare un governo di unità nazionale per indurre Hamas a riconoscere Israele e a riprendere il negoziato. In questo senso, quindi, Beit Hanun rappresenta il risultato di una politica che affida in modo esclusivo all’uso della forza la sicurezza di Israele, una politica sbagliata per questioni di principio – il rispetto della vita umana, il fatto che in questo modo si colpiscono civili inermi – ma anche perché questa strategia risponde a una logica tutta interna a Israele…». «Mi riferisco a un governo indebolito dalla guerra in Libano, incalzato da destra, con l’accusa di non essere stato abbastanza determinato nelle operazioni militari e che per questo colpisce i palestinesi per dimostrare che invece è forte. Io trovo che questa è una spirale politicamente disastrosa». […] Qualche anno fa non c’era Hamas e non c’era Hezbollah. Tra qualche mese a Gaza non ci sarà più soltanto Hamas, ci sarà il rischio di una infiltrazione anche di Al Qaeda. È inevitabile che senza speranze e sotto il peso di un attacco militare spietato che semina vittime tra i civili, prenda piede una radicalizzazione estrema. […] Bisogna chiedere, e l’Europa deve essere portatrice di questa istanza, che si fermi l’attacco militare israeliano. Si tratta di una richiesta minima, elementare…». (L’Unità, 10 dicembre 2006)

Il ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, prima di giungere al Consiglio europeo, ha commentato così l’incidente che ieri ha coinvolto il premier palestinese Ismail Hanyeh al valico di Rafah. Secondo D’Alema, chiudendo il valico Israele di fatto “ha ostacolato la piena attuazione dell’accordo per la libertà di accesso e di movimento a Gaza”. (AGI 15 dicembre 2006)

D’Alema: «Questo il piano, ma Israele si fermi» (L’Unità, 21 gennaio 2007)

Dunque, riassumendo brevemente, l’unico che si deve fermare è Israele, chiamando addirittura “richiesta minima” quella di rinunciare all’autodifesa, la responsabilità di qualunque cosa, perfino delle faide interne palestinesi, è di Israele, danni e vittime sono unicamente quelli provocati da Israele. Un solo, vago, accenno al terrorismo, nessun accenno all’ormai secolare rifiuto di dialogo da parte palestinese, nessun accenno alle vittime e alle devastazioni provocate dal terrorismo in Israele; gli atti di guerra palestinesi e libanesi sono “crisi”, mentre le risposte di difesa israeliane sono “offensiva militare”, “escalation militare”, “attacco militare spietato”. Per non parlare dell’inaudito attacco frontale, in cui addirittura si arriva ad accusare Israele di strage premeditata, messo in atto nell’intervista dell’Unità del 10 dicembre da parte di chi per mestiere sarebbe chiamato a mediare tra le parti in causa. Aggiungiamo la vergognosa accusa di colpire i palestinesi per logiche di politica interna, l’arroganza di permettersi di dare pagelle (“una politica sbagliata”), condiamo il tutto con una incredibile ignoranza della storia e della cronaca (“visione della sicurezza solo «militare» che Gerusalemme ha fatto «prevalere fin qui”, “Hezbollah è un partito politico”, “Qualche anno fa non c’era Hamas e non c’era Hezbollah”), e concludiamo con la chiamata in causa di non meglio identificate “comunità ebraiche democratiche” (sicuri che siamo ancora dentro il limite della “legittima critica all’operato del governo israeliano”? Sicuri che siamo noi ad avere le idee confuse quando parliamo di antisemitismo?). Poiché riteniamo che il signor D’Alema abbia, con queste esternazioni, con questi giudizi, con questi violentissimi attacchi frontali, decisamente superato il limite delle sue competenze (e anche della decenza), vi invitiamo a scrivere lettere aperte ai vostri giornali e anche al signor D’Alema direttamente ai seguenti indirizzi:
m.dalema@massimodalema.it
DALEMA_M@camera.it

Aggiungo che il signor D’Alema ignora anche che l’infiltrazione di Al Qaeda a Gaza non è un rischio che si potrebbe realizzare fra qualche mese: è una realtà iniziata 17 mesi fa, subito dopo il ritiro israeliano. Ignora che la “radicalizzazione estrema” risale al 1921, per cui attribuirla alle azioni israeliane è segno, oltre che di crassa ignoranza, anche di suprema imbecillitudine, ignora un intero secolo di storia e non sembra minimamente intenzionato a fare qualcosa per riempire le sue abissali lacune.

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Certo che passare da questo
d'alema-marcegaglia
a questo
d'alema-hezbollah
è davvero un segno di decadenza di quelli proprio brutti.

barbara

MORGANTINI BLUES

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Morgantini fu ferita
fu ferita da una bomba
bomba che fa lacrimare
Morgantini e i suoi solda’
per Morgantini viva
Morgantini che si ferì

Morgantini aveva un socio
si chiamava Bevtinotti
un di quei milanesotti
e in Rifondazion si arruolo’
pev Bevtinotti viva
Bevtinotti che si avvuolò

Strofa regionale:

Arrivarono a Ramallah
videro i palestinesi
che rimasero sorpresi
a vederla brutta così

E per Ramallah viva!
per Ramallah che si stupì

Lei amava Arrigoni
che gli ebrei volea morti e proni
ma l’amore durò poco
perché un dì Arrigoni morì

Per Arrigoni amen!
per Arrigoni che morì

Ed infine andò a Bilin
per scassare tanto il belin
Israele disse basta
e tutta la feccia attaccò

Per Israele Viva!
Per Israele che si stufò

Per Israele Viva!
Per Israele che si stufò
istandwithisrael

barbara

COSE CHE NON CAPITANO TUTTI I GIORNI

Rinuncia all’Everest per salvare l’amico, medaglia d’onore ad un israeliano


di Pamela Calufetti

GERUSALEMME – Rinunciare alla conquista dell’Everest a poche centinaia di metri dalla vetta per salvare un amico in difficoltà. Questo il gesto coraggioso compiuto da Nadav Ben-Yehuda, che è valso all’alpinista israeliano il conferimento di una medaglia d’onore da parte del presidente Shimon Peres.
Nelle scorse settimane l’Everest è diventato protagonista per le morti di alcuni alpinisti che ne stavano tentando l’ascesa. Nel novero di coloro che hanno perso la vita per inseguire un sogno, si è fortunatamente sottratto l’alpinista 46enne di origini turche, Aydin Irmak.
Il 19 maggio Irmak stava scendendo dalla vetta, mentre un altro alpinista di origini israeliane, Nadav Ben-Yehuda, stava salendo con uno sherpa per conquistare il record di più giovane scalatore del proprio paese ad aver salito la montagna più alta del mondo. I due avevano stretto amicizia al campo base ed è stato quindi naturale per il 24enne di Israele controllare che la discesa dell’altro procedesse nel migliore dei modi.
A circa 250 metri dalla vetta Ben-Yehuda si è reso conto che l’amico si era accasciato a terra e non riusciva più a proseguire. La decisione è stata immediata: tornare indietro e aiutare l’alpinista in difficoltà. Il giovane ha raggiunto l’uomo, che era collassato a causa della mancanza di ossigeno, ed è riuscito a portarlo a spalla al campo più vicino.
Entrambi hanno sofferto di ipotermia e rischiano l’amputazione di qualche dito, ma sono vivi e sono ritornati alle proprie case. L’atto eroico di Nadav Ben-Yehuda è stato molto lodato da Israele, Turchia, Nepal e India. Inoltre il presidente israeliano Shimon Peres ha comunicato che il prossimo mese conferirà al giovane una medaglia d’onore per il suo coraggio e il suo altruismo.

(montagna.tv, 1 giugno 2012, via “Notizie su Israele”)

In altre parti del mondo, nel frattempo, la barbarie incalza.
E infine un piccolo promemoria, che non guasta mai:
(anche se immagino che ogni missile che cade su una scuola israeliana, su un asilo israeliano, su un ospedale israeliano, sarà festa grande per chi, come ha scritto in un post più sotto, considera meritevoli dello stesso identico rispetto la neonata israeliana sgozzata nella culla e il terrorista palestinese ucciso mentre è intento a uccidere – e con tutta la fantasia e tutta la buona volontà non riesco davvero a immaginare qualcosa di più moralmente ripugnante)

barbara

AGGIORNAMENTO: qui.