
Mancherai.
barbara
Per partire dal principio bisogna ricordare la feroce guerra scatenata contro Trump fin dal momento in cui, nel 2016, ha annunciato di volersi candidare alle elezioni presidenziali: guerra senza quartiere, condotta con tutti i mezzi leciti e illeciti – soprattutto illeciti – da parte dei mass media, del mondo dello spettacolo (vogliamo ricordare la “marcia delle donne contro Trump” guidata da una signora che aveva promesso pompini a chi avesse votato la Clinton? Vogliamo ricordare l’intensa partecipazione di quell’altra signora che sul palco si fa agguantare la passera dagli spettatori? E si potrebbe continuare a lungo), mentre i politici hanno passato tutti interi questi quattro anni a fabbricare macchinazioni e inventare favole, per sostenere le quali hanno pagato testimoni e coinvolto innocenti a cui hanno distrutto carriera ed esistenza – al costo di decine di milioni di dollari – per poterlo esautorare. E bisogna ricordare come la metà abbondante dell’America che stava dalla sua parte è stata trattata da fascista, troglodita, ignorante, mentre il consenso per Trump aumentava di pari passo con l’aumento dell’occupazione nera e ispanica e dei loro salari. E bisogna ricordare come, per danneggiarlo, siano state scatenate le rivolte delle bande razziste e terroriste degli Antifa e dei Black Lives Matter. Bisogna ricordare, in poche parole, come la politica dem – e solo quella – abbia letteralmente spaccato l’America in due.
E come alla fine, sapendo benissimo che la maggioranza era per Trump, abbia messo in piedi la gigantesca macchina dei brogli che abbiamo visto, e come la magistratura e la pubblica amministrazione abbiano semplicemente rifiutato di prendere in esame tutte le documentazioni che in questi due mesi sono state presentate in merito ai brogli – cosa che non si spiegherebbe se non col fatto che tutti sapevano esattamente che cosa sarebbe successo se quei documenti fossero stati studiati in maniera onesta e se fosse stato verificato il funzionamento delle macchine di voto.
Alla fine la corda troppo tirata si è rotta. E come sempre, i mass media semplicemente capovolgono i fatti, o li addomesticano, come la famosa telefonata di un’ora dalla quale sono stati selezionati ed estratti quei quattro minuti da dare in pasto al pubblico – tipo noccioline alle scimmie dello zoo, che se le mangiano di gusto senza che venga loro in mente di chiedersi e chiedere da dove vengano quelle noccioline – sistema col quale è un gioco da ragazzi far dire a chiunque qualunque cosa. E uno splendido esempio di disinformazione e capovolgimento dei fatti lo abbiamo da Paolo Guzzanti sul Giornale:
I membri del Congresso e il presidente eletto hanno chiesto invano al Presidente di richiamare la folla. Si sa che il Presidente, ancora per pochi giorni, si sarebbe limitato ad un blando invito a «calmare gli animi». Lo stato delle cose purtroppo non consente di evitare il sospetto di una insurrezione armata contro lo Stato federale, sostenuta da un presidente che già viene dai media definito traditore [che i manifestanti NON fossero armati è, ovviamente, un dettaglio di nessuna importanza]. Biden ha implorato Trump di andare davanti alle telecamere e richiamare la rivolta, ma finora nulla del genere è accaduto. (qui)
E infatti
Per non parlare di Mentana
che come se non bastasse si compiace del bando decretato a Trump da FB, e qualcuno, giustamente…
Diciamo che il rapporto fra i fatti e la rappresentazione dei fatti che danno i mass media è sostanzialmente questo
Per quanto riguarda i fatti di sangue:
Cullà: è certo che a sparare sia stata la Capitol Police, la donna era una manifestante trumpiana, 14 anni nell’Areonautica, e disarmata.
Myollnir: Non so voi, io ho fatto in tempo a vedere il video dello sparo, prima che lo facessero sparire (forse si può ancora trovare su zerohedge o simili). Impressionante, un colpo al collo da un metro di distanza. Volontario, una cosa alla Jack Ruby. Impressionante.
Ma il pericolo viene da Trump e dai suoi sostenitori, naturalmente. E quanto all’irruzione in Campidoglio
Non credo che chiedere di ricontare i voti sia un atto eversivo. A Washington c’è stato il trappolone. Con quella marea impressionante di persone, mettere a guardia del Campidoglio soltanto una ventina di agenti, che poi si sono fatti da parte e hanno fatto entrare delle persone comunque disarmate, mi puzza di cosa organizzata dai democratici. Domanda retorica: a quale scopo?
E magari non sarà stata programmata e organizzata in anticipo, ma per puzzare puzza proprio, eccome se puzza.
Aggiungo una risposta di Giovanni Bernardini a una sua lettrice, ma che risponde anche a tanti altri.
1) Le prove non si riducono affatto a semplici dichiarazioni di Trump e dei sui legali. Ci sono filmati, centinaia di affidavit, dichiarazioni scritte giurate (e chi mente in un affidavit finisce in galera) pareri di tecnici, testimonianze prestate di fronte ai parlamenti di vari stati (che hanno convinto tali parlamenti a non convalidare i voti per Biden). C’è l’incredibile andamento della notte elettorale, con il blocco dello spoglio in tutti gli stati contestati e la ancora più incredibile rimonta di Biden.
2) Ovviamente il rifiuto dei giudici di prendere in esame le montagne di materiale probatorio si basa su leggi e regolamenti, ma di certo i magistrati potevano interpretare leggi e regolamenti in maniera tale che si potesse entrare nel merito delle varie contestazioni. Nessuno era obbligato a fare il muro di gomma. Due giudici della corte suprema del resto si sono espressi affinché si entrasse nel merito delle contestazioni del Texas e di altri 19 stati. Se il materiale non è stato esaminato è solo, a mio parere, perché i giudici non volevano assumersi una responsabilità troppo grossa.
3) Se fossero entrati nel merito la soluzione sarebbe stata molto più soddisfacente per tutti, non ci sarebbe stata nessuna serie infinita di ricorsi. Se ad esempio le macchine dominium fossero state esaminate da un team di tecnici e trovate affidabili il discorso si sarebbe chiuso. E ora non ci sarebbe mezza America che si ritiene truffata.
4) Concordo sull’assalto al parlamento, un atto inqualificabile, ma di certo non è stato Trump ad organizzarlo. Tra l’altro gli si è rivoltato contro, cosa ampiamente prevedibile.
5) Un presidente dovrebbe esser garante della legalità, non assumere atteggiamenti eversivi. Beh…il primo attacco alla legalità è avvenuto nella notte fra il 3 ed il 4 novembre. Quanto ai toni accesi di Trump, come dimenticare che questi è da 4 anni costantemente sotto assedio? Che è stato fatto di tutto per impallinarlo? Che abbiamo assistito allo spettacolo questo si unico, di un presidente censurato, addirittura oscurato, da social e reti televisive? C’è molto poco di legale nel modo in cui per anni i dem hanno tentato tutto pur far fuori il loro nemico…
6) Non credo proprio che Trump avesse, o abbia in mente di tentare un golpe. Lo dimostra tra l’altro l’appello di oggi affinché i suoi seguaci tornino a casa. E poi, se vuoi un golpe organizzi per bene le cose, mobiliti l’esercito, non quattro imbecilli scalmanati.
Direi che basta…
E una di
In sintesi:
– il conteggio dei voti viene bloccato per ore e quando riprende i voti sono stati attribuiti al 100% ad uno solo dei candidati
– c’è il sospetto gravissimo di brogli elettorali
– il potenziale danneggiato chiede di verificare i voti, come dovrebbe avvenire in tutte le democrazie, vari tribunali non glielo concedono senza entrare mai nel merito e dichiarandosi tutti fondamentalmente incompetenti
– la gente si sente defraudata e protesta
– le autorità locali fanno entrare senza alcuna resistenza in Campidoglio chi protesta salvo freddare una giovane disarmata con addirittura accanto decine di militari con mitra spianati
Risultato:
– l’eversivo è quello che ha semplicemente chiesto di ricontrollare i voti.
(Alfonso Maria Avitabile, trovato e riproposto grazie a Betta Maselli)
In molti dicono: se aveva le prove doveva portarle in tribunale, non fare la rivoluzione. Giusto, ma se anche da Berlino sono spariti tutti i giudici, cosa si deve fare? Rassegnarsi a restare cornuti e mazziati?
Aggiungo ancora questa riflessione
LA NOSTRA RIFLESSIONE SULL’INCREDIBILE GIORNATA DI IERI
Abbiamo modificato il post che avevamo scritto a caldo perché la situazione nel frattempo si è evoluta, abbiamo riflettuto e al netto che confermiamo ciò che pensiamo, ci è sembrato doveroso riscrivere facendo delle distinzioni e delle precisazioni.
Come associazione
abbiamo dato fin dal primo giorno il nostro supporto al presidente
e alla sua amministrazione perché crediamo fermamente che la sua sia stata una politica straordinariamente rivoluzionaria e che i risultati ottenuti non sarebbero stati possibili con nessun’altra persona al posto di comando in USA.
Noi quindi ci occupiamo di politica e di proposte politiche rivoluzionarie, osservandone gli effetti nella più grande e antica democrazia del mondo. Quel che sta succedendo in queste ore, però, non ha nulla a che vedere con la politica. Questa è qualcosa che somiglia più ad una guerra.
Soprattutto, abbiamo la certezza di come questo scontro fosse incredibilmente difficile da evitare. Noi siamo convinti che ci siano stati dei brogli elettorali ma, anche prendendo per buoni i risultati, in America ci sono quasi 160 milioni di persone che hanno espresso il proprio voto, una percentuale incredibilmente alta, un numero mai raggiunto da nessun’altra elezione nella storia del paese, il tutto con dei dubbi che serpeggiano e spesso evidenziati da logiche di numeri. Il risultato è un’America spaccata a metà, lacerata, con oltre 70 milioni di persone che hanno visto il proprio sogno infrangersi nel giro di poche ore, quello di avere altri 4 anni di benessere e di crescita, di sicurezza e di opportunità, attraverso un secondo mandato del presidente Trump.
Quello di ieri è stato un evento catastrofico, mortificante per la democrazia americana, ma è comunque solo uno dei sintomi di questo malcontento diffuso in tutto il paese. Ci sono persone che hanno dato tutto quel che avevano fiduciosi nella rielezione di Trump, hanno lottato, hanno resistito agli attacchi e alle critiche. Trump ha rappresentato per loro l’unica vera salvezza in un panorama politico che ha perso sempre più interesse per i più deboli. Questo è successo perché Trump ha reso forti quei deboli, ha dato loro speranza, li ha fatti rialzare e reagire e lo ha fatto attraverso delle politiche di tutela del cittadino. Oggi quelle persone si sentono tradite, truffate, in pericolo e sono arrabbiate e sono pronte a combattere con la propria vita perché grazie a Trump hanno scoperto che non fa bene avere paura ma che bisogna “stand your ground”.
Trump ha emancipato un’intera fascia sociale completamente abbandonata dalla politica e queste persone sono prima tornate alle urne per la prima volta dopo decenni e oggi sono pronte a fare una rivoluzione.
Come associazione, vi invitiamo a non lasciare che sia solo la narrazione dei media mainstream a spiegarvi cosa stia davvero succedendo in America ma di provare a sentire anche altri punti di vista, cercando di schivare gli sciacalli delle fake news e chi oggi vuole sfruttare il sensazionalismo degli eventi in corso.
Stiamo assistendo ad una delle pagine più importanti, controverse ed articolate della storia contemporanea mondiale.
Noi ci impegneremo, come sempre, a riportare gli eventi dal punto di vista dei supporter di Trump perché mai come oggi siamo stati convinti che questo possa essere uno spunto di confronto necessario per tutti.
E un articolo di Fiamma Nirenstein
“Questo finale rovina tutta la storia di una presidenza diffamata per anni”. Intervista a David Wurmser
Il Giornale, 08 gennaio 2021
Seduti uno di qua e uno di là dall’Oceano, da Washington e da Gerusalemme, contempliamo con la testa fra le mani, insieme a David Wurmser, il disastro di Capitol Hill, la parabola del presidente che ha trasformato la conclusione del suo mandato in un circo di leoni impazziti. David è uno dei migliori intellettuali conservatori degli Stati Uniti, è stato consigliere speciale al Dipartimento di Stato di John Bolton, e prima di Dick Cheney, vicepresidente degli Stati Uniti, membro dell’American Enterprise Institute.
Cos’è successo a Capitol Hill? «E successo un disastro. Tutta la storia della presidenza Trump sarà ricordata soprattutto per questa conclusione, e la sua memoria ne sarà interamente compromessa».
Le critiche a Trump erano già insistenti, asfissianti… «Di più, ed è stata proprio la persecuzione totalizzante del personaggio e dei suoi che ha portato al discorso scandaloso di due giorni fa. Trump è stato sempre un’antenna dello stato d’animo della sua folla, non di violenti, ma di cittadini su cui il fatto di non essere di sinistra è diventato un’accusa di essere una sorta di “nazisti”. Una parola che non ammette replica, perché implica storicamente la sua totale indecenza. Trump e la sua gente in questi anni sono stati bombardati da accuse di ignominia: ci sono stati licenziamenti, fratture familiari, messe al bando di vecchi amici, odio, disgusto e shaming sui media, attacchi fisici al ristorante, per la strada ai trumpiani. La legittimazione appartiene a gruppi che per altro negli ultimi 8 mesi hanno distrutto migliaia di negozi, ferito cittadini, sparato ai poliziotti…».
La campagna elettorale ha peggiorato molto. «Non è stata nemmeno una campagna elettorale, ma un coro di diffamazione mentre agli altri tutto veniva condonato, la violenza, i rapporti del figlio di Biden coi cinesi».
Ma Trump ha sbagliato a reclamare ancora la vittoria e a chiederla alla folla. «Sì ha sbagliato, ha compiuto svariati errori, anche col Covid mentre faceva politiche giuste proclamava posizioni sbagliate. E induce oggi con gli ultimi fatti all’oblio dei molti errori storici che aveva curato con azioni giuste: aveva sgominato la paura paralizzante della Cina, l’ubbidienza ai no palestinesi promuovendo una serie di processi di pace; aveva posto fine alla pretesa che con l’Iran qualsiasi accordo sia migliore di un non accordo e alla passività di fronte all’ostilità di Onu ed Europa. E in politica interna ha promosso la riabilitazione in base alle regole di un mercato libero ma nazionalista di una larghissima classe sociale vilipesa. Da questa via Trump ha guadagnato sempre più consensi».
Adesso possiamo dire che siamo in mezzo a un disastro? «I disastri sono due: il primo è quello legato agli scontri, il secondo è quello della Georgia. E’ una tragedia per Biden non avere un Senato conservatore dietro cui nascondersi per bloccare l’estremismo del suo partito».
Il problema è la democrazia americana: si potrà ricostruire una situazione in cui governo e opposizione si confrontano serenamente? «C’è sempre stato molto in comune nelle due parti politiche, nell’idea che ogni individuo è un depositario di “diritti inalienabili” dati da Dio o dalla Storia o dalla natura, cda qualcosa di più grande di lui. Ma ora la sinistra si è staccata da questa sponda, la sua propensione è verso una deriva socialista alla Bernie Sanders».
Pensi che nei prossimi giorni Trump possa fare ancora qualcosa che possa sconvolgere il mondo? «Non direi. Trump ha abdicato all’interventismo Usa, lasciando a ciascuno i suoi guai e le sue scelte. Ha anche posto fine alla scelta politica di un inutile restraint internazionale. E così ha avviato parecchi cambiamenti positivi, ma…».
Ma ha rovinato tutto. «Diciamo danneggiato».
E infine la conclusione.
Attenzione, il famoso colpo di Stato messo in atto, a Washington, dai Village People, gli indiani Arrapaho di Ciro Ippolito, i trapezisti del circo Togni, i mandriani, gli hillibilly, Buffalo Bill e i guerrieri vichinghi con le corna di Bisonte, (come sostenevano tutti quelli che avevano preso un colpo di sonno o un colpo di Sole) è già finito. È durato la bellezza di cinque ore: meno del tempo di un reality show e più di una puntata di Dallas. Informiamo allora i telespettatori che non è stata istituita la corte marziale, non girano i carri armati per le strade, non esistono i dpcm di Conte né i proclama del generale Jaruzelsky, non c’è coprifuoco e non esiste la polizia politica a controllarti. Ieri, l’Aula ha lavorato come sempre e ha decretato l’elezione del presidente e della sua vice.
La notte nera della democrazia americana, l’ora più buia, la dittatura, la fine della democrazia liberale sono rinviate a data da destinarsi. Augh!
Ecco, sull’ultima frase ho purtroppo qualche dubbio: La notte nera della democrazia americana, l’ora più buia per l’America e per il mondo intero, stanno in realtà cominciando adesso. E chissà se dalle macerie, alla fine, sarà ancora possibile ricostruire qualcosa. (Se vi resta ancora un po’ di tempo e di energia e di pazienza, suggerirei di leggere anche questo e questo)
barbara
Natale chiuso per Dpcm: non c’è un’emergenza Covid, c’è un’emergenza comunisti al governo
Dobbiamo di nuovo ringraziare @nonexpedit per il suo tweet che abbiamo preso in prestito per dare un titolo a questo articolo, perché, francamente, dopo nove mesi che vediamo ripetersi lo stesso film, siamo un po’ a corto di idee. È dalla primavera scorsa, quando ancora tutti sembravano frastornati dall’impennata di casi e morti, dal primo uso e abuso dei Dpcm per limitare le nostre libertà personali, che Atlantico Quotidiano denuncia l’emergenza giuridica e democratica nel nostro Paese, ben oltre l’emergenza sanitaria.
Con lo show di ieri sera, l’ennesimo, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha cominciato a scavare sul fondo che aveva già toccato nelle scorse settimane. Si presenta in prime time davanti agli italiani per snocciolare le restrizioni pensate ad hoc per le festività natalizie e di fine anno: coprifuoco dalle 22, quindi niente cenoni. Vietati gli spostamenti da regione a regione dal 21 dicembre al 6 gennaio, anche per raggiungere le seconde case, e persino tra comuni diversi il 25, 26 dicembre e il primo di gennaio.
Risultato: famiglie divise, messe di Natale abolite. Con esiti paradossali, per cui genitori, figli, nonni che abitano in due piccoli comuni confinanti, magari di un migliaio d’anime e a pochi chilometri di distanza [vedi per esempio qui], non possono ricongiungersi, mentre i più fortunati che vivono a Roma, Milano e Napoli possono attraversare l’intera città.
Misure deliranti, prive di logica, ragionevolezza e proporzionalità, principi cardine che devono sempre guidare le decisioni del legislatore e le azioni della pubblica amministrazione, in particolar modo quando incidono così profondamente sulle libertà fondamentali tutelate dalla Costituzione.
Misure che confermano quello che fin dal primo momento, e più volte, abbiamo sottolineato. La linea dello scaricabarile sugli italiani non cambia: il governo è capace solo di scaricare l’emergenza su cittadini e attività economiche, cioè sulla sfera privata, prima imputando loro l’aumento dei contagi, poi disponendo obblighi e divieti, mentre continua a dimostrarsi totalmente incapace di far funzionare ciò di cui è responsabile: la sfera pubblica.
Il paradosso, infatti, è che i Dpcm risultano efficacissimi nel tenere in casa le persone e chiudere le attività economiche, ma a quanto pare non altrettanto nell’accelerare quanto necessario la risposta pubblica. L’emergenza vale in un senso, verso i cittadini, ma non per la macchina burocratica statale.
A fine ottobre, annunciando l’ennesima stretta, il premier aveva spiegato che le nuove misure servivano a contenere il contagio così da “trascorrere le festività natalizie con maggiore serenità”. L’obiettivo, come ricorderete, era “salvare il Natale”. Evidentemente non hanno funzionato come dovevano, se ora si chiude proprio per Natale, ma nessuno ne chiederà conto.
Si rafforza quindi il sospetto [“sospetto”?] che le restrizioni, sempre più orwelliane e a casaccio, servano ormai solo da cinico diversivo: scaricare tutto sui cittadini, spostare l’attenzione di volta in volta su giovani, movide, bar, ristoranti, ora anche sui posti a tavola in famiglia [hai dimenticato i vecchietti che pretenderebbero di fare ginnastica per il mal di schiena]. Avete notato? Da settimane non si parla d’altro: cosa potremo o non potremo fare a Natale? Tutto, purché dal dibattito pubblico sparisca o quasi l’operato del governo rispetto al fattore davvero decisivo: organizzare e rafforzare il fronte sanitario. Di tamponi, tracciamento, terapie intensive, trasporti pubblici, scuole, carenze di personale e strutture, quasi non si parla più.
Ma ieri almeno tre circostanze non hanno giocato a favore del nuovo show del premier. Nelle ultime 24 ore un nuovo record di deceduti: 993. Il governo britannico ha approvato per primo il vaccino Pfizer/BioNTech e comincerà la campagna di vaccinazioni la prossima settimana. Brexit o non Brexit, dove sono le nostre prime dosi, annunciate da Conte per dicembre? Terzo, il premier ha ancora una volta ignorato il Parlamento, scegliendo di annunciare in uno dei suoi proclami tv le nuove misure anziché presentarle alle Camere. Le opposizioni, come vedremo, non l’hanno presa bene.
Presidente Conte, siamo in semi-lockdown da oltre un mese, scuole chiuse per metà, regioni rosse e arancioni, e ieri ci sono stati 993 morti (novecentonovantatre!). A chi li dobbiamo imputare stavolta? Alla movida? Ai ristoranti che chiudono alle 18? Alle palestre chiuse? In effetti, un “modello italiano” c’è: siamo riusciti nell’impresa, tra i Paesi avanzati, di massimizzare la perdita di vite umane e, allo stesso tempo, massimizzare i danni economici. Non era facile, ma con la sua Pandenomics, il micidiale mix di sistema sanitario impreparato, chiusure e assistenzialismo, il governo italiano c’è riuscito.
Ma no, il presidente Conte in conferenza stampa ha sorvolato sui 993 decessi delle ultime 24 ore (ma non sugli “attacchi personali”, a cui ha voluto rispondere). Nemmeno un accenno. E, ben più grave, nemmeno una domanda dai giornalisti-comparse. Una vergogna, roba da media cinesi. Eppure, non ci voleva un genio per formulare una semplice domanda, quella che credo sia sulla bocca di tutti: se continua a scendere il numero dei ricoveri e delle terapie intensive, com’è possibile che registriamo ancora record su record di decessi?
È questo uno degli aspetti più squallidi, questo sì un vero e proprio sciacallaggio: la contabilità dei decessi giornalieri su cui far leva per alimentare il senso di colpa degli italiani e portarli a rassegnarsi senza resistenze alla perdita delle loro libertà fondamentali: come potete pensare di festeggiare il Natale mentre muoiono mille persone al giorno?
Una contabilità tra l’altro molto discutibile se, come ammesso in una intervista a La Stampa, poi ritrattata in altre, da un autorevole esponente dell’ISS, “mentre da noi tutti coloro che muoiono e risultano positivi al tampone vengono classificati come decessi per Covid, non è così in altri Paesi”.
E i numeri di ieri in effetti fanno riflettere. Se nelle ultime 24 ore sono entrate 217 persone in terapia intensiva, ma il saldo giornaliero è negativo di 19, vuol dire che dalla terapia intensiva sono uscite 236 persone. Anche ipotizzando che tutte ne sono uscite perché decedute, assai improbabile, ne mancano 757 per arrivare al bilancio totale di ieri di 993 deceduti. Sappiamo che purtroppo molte persone anziane muoiono ancor prima di arrivarci in terapia intensiva, ma addirittura nell’80 per cento dei casi?
Il caso ha voluto che mentre il presidente Conte decideva di annunciare in diretta tv, e non in Parlamento, le restrizioni natalizie, la Camera fosse riunita per l’approvazione finale del decreto che modifica i decreti Salvini. Insomma, da una parte si chiudono gli italiani in casa per Natale, dall’altra si riaprono i porti agli immigrati irregolari e ai loro traghettatori. E Parlamento di nuovo scavalcato. Comprensibile la rabbia delle opposizioni, che hanno bloccato i lavori.
Eppure, avevano appena votato l’ultimo scostamento di bilancio richiesto dal governo Conte… E per tutta ricompensa, il premier va in tv ad annunciare le restrizioni natalizie senza passare per il Parlamento, nemmeno un colpo di telefono… Quale migliore dimostrazione dell’errore commesso?
E non si dica che si tratta di due partite diverse, perché in gioco i “ristori” alle categorie colpite dalle chiusure. Il punto è politico: non si tende la mano a un governo che si è attribuito “pieni poteri” nel senso più deteriore, che da nove mesi dispone delle libertà fondamentali dei cittadini per Dpcm, calpesta la Costituzione e il Parlamento.
Occorre però rilevare il silenzio-assenso del Quirinale su una gestione non solo della comunicazione, ma anche normativa in totale spregio dello stato di diritto. Altro che Ungheria e Polonia!
È questo l’aspetto più preoccupante: sono saltati gli argini. L’emergenza Covid sembra ormai autorizzare in astratto, non sulla base di evidenze e dati scientifici, qualsiasi limitazione di diritti che, al pari della salute, sono tutelati dalla Costituzione. E per di più, con atto amministrativo, non avente forza di legge.
Ciò che sorprende, e inquieta, di questi mesi, è come sia stato estremamente facile limitare le libertà personali e d’impresa. Il governo non deve ricorrere nemmeno ai decreti legge, gli bastano i Dpcm. E non ha incontrato alcuna resistenza, né da parte delle istituzioni poste a difesa della Costituzione, come la presidenza della Repubblica e la Corte costituzionale, né da parte del sistema mediatico, che al contrario ha accompagnato i provvedimenti governativi somministrando le necessarie dosi di terrore nella popolazione.
Se una delle caratteristiche dei regimi è che una maggioranza dei cittadini sia convinta che la sospensione delle loro libertà fondamentali sia necessaria, causa di forza maggiore, ebbene oggi questo criterio è soddisfatto in Italia.
Una volta creato il precedente, il rischio del piano inclinato è concreto: qualsiasi scusa in futuro potrebbe essere buona.
E così si torna al tweet di @nonexpedit:
“Finito il Covid, ci sarà qualcos’altro: ecologia, salute pubblica, diseguaglianze, quello che volete. Ma vi entreranno in casa, restringeranno la vostra libertà di azione e di parola coi pretesti più vari. Non abbiamo un’emergenza Covid, abbiamo un’emergenza comunisti”.
E ieri sera, quasi en passant, il premier Conte si è avvicinato ad un nuovo limite, evocando il TSO (trattamento sanitario obbligatorio) per costringere i cittadini a vaccinarsi: “Se noi siamo in una condizione di gestire la curva del contagio, non sarà necessario imporre un TSO del vaccino ai cittadini”.
Federico Punzi, 4 Dic 2020, qui
E abbiamo ormai imparato, nel corso di questi nove lunghissimi mesi, che quando il conticino dice che spera di non dover fare X, sta semplicemente cominciando a far entrare nelle nostre teste l’idea di X, che arriverà puntualmente, come sono puntualmente arrivate tutte le minacce profferite in tutti questi mesi.
Aggiungo un paio di annotazioni in merito alla questione economica
ALL’ASTUZIA DELLA BANDA BASSOTTI
Per poter far slittare il pagamento delle tasse ad aprile, bisognava aver perso oltre un terzo del fatturato e trovarsi in zona rossa.
E lì ti accorgi che Conte ha trasformato la Lombardia da zona rossa in zona arancione solo 24 ore prima.
Del resto la Lombardia rappresenta quasi il 23% del PIL italiano… come farselo sfuggire?
Non sono meravigliosi?
Intanto Bergoglio, incazzato nero, minaccia i ricchi che contestano la patrimoniale incombente. Gli sbarchi non bastano.
A Palermo un’albergatrice ha ricevuto un avviso di pagamento della TARI per oltre 12.000 (Dodicimila) Euro, come se la quantità dei rifiuti smaltiti nel 2020 fosse uguale a quello dell’anno precedente, e, si badi bene,dopo avere garantito la cassa integrazione ai suoi dipendenti, dimenticati dallo stato.
A San Clemente, vicino a Rimini, il Fisco ha multato per 6.500 Euro una coppia titolare di una Piadineria mobile, perché non crede che vengano vendute piadine vuote a prezzo ridotto e presume (ma che presuntuosi) che in realtà quei piccoli imprenditori vogliano frodare lo stato e che smercino piadine farcite di prosciutto e formaggio a prezzo ovviamente maggiore ma non dichiarato.
Tutto ciò in piena emergenza proclamata dal governo: eh, le regole sono le regole, se si deve pagare si paga e zitti. E poi il cittadino è sempre presunto colpevole, fino a prova contraria, per cui, se si esce in zona rossa, non basta una spiegazione verbale all’agente preposto all’eventuale controllo, ma ci vuole un’autocertificazione debitamente compilata sull’apposito modulo e comunque ti può sempre colpire una sanzione, perché una legge ha mille interpretazioni.
Ma lo stato pensa al nostro bene, e c’è anche chi lo crede.
E uno splendido commento dello splendido e lucidissimo ultranovantenne Silvio Garattini
Chiudo con una intensa interpretazione di ciò che tutti noi stiamo intensamente pensando
barbara
Comincio con la riscossa dei negri, che uno alla volta stanno trovando il coraggio di uscire allo scoperto e prendere posizione.
TOTALITARISMO LINGUISTICO
A soli ventiquattro anni, Coleman Hughes, dimostra di essere uno dei più acuti e intelligenti commentatori di colore sulla scena americana oggi.
Rifiuta senza fallo lo stigma di vittima e di oppresso dal sistema.
Nel 2019 diede la sua testimonianza davanti al comitato dell’US. House Judiciary in merito al Reparation Act, la campagna progressista che ha come obbiettivo quella di offrire un indennizzo a tutti i discendenti degli schiavi africani portati negli Stati Uniti.
Si espresse contro l’idea di imporre a chi, come lui la respinge, lo stigma di vittima.
Non si può essere considerati vittime senza il proprio consenso.
L’idea aberrante di imporre agli altri una ben precisa agenda ideologica in base alla quale è stato deciso quale è la tua identità, è tipico dei regimi totalitari.
La Vittima è il sigillo apposto a una specifica categoria, in questo caso la comunità di colore, da parte di una minoranza estremista che, in questo modo, imporrebbe a un’altra categoria quella di oppressori, segmentando il mondo in modo manicheo.
Innocenti e colpevoli, fedeli e infedeli, puri e impuri, virtuosi e viziosi.
I feticismi dicotomici necessari a suggellare la propria supremazia.
E quanto sia insensata l’idea di un risarcimento ai negri da parte dei bianchi per la schiavitù, lo dice nel modo più chiaro questo signore
(ma forse sarà un adepto del famigerato suprematismo bianco, e quindi non vale). E qui c’è un altro pezzetto della storia in questione, sempre minoritario rispetto al tutto, ma comunque più grande di quello relativo alla schiavitù dei negri ad opera dei bianchi – espressione che peraltro è abbastanza fuorviante, dato che le razzie per catturare le persone da vendere come schiave erano messe in atto dai capitribù, i quali poi vendevano gli schiavi ai mercanti arabi che a loro volta li vendevano a europei e americani. E non dimentichiamo che i mercati degli schiavi sulle pubbliche piazze esistono tuttora in alcuni paesi africani, e i mercanti continuano ad essere in prevalenza arabi.
Ed eccone un altro che decide di non tacere:
Nina Ricci
@NinaRicci_us
9 giu
“Sto vedendo cose che mi disturbano come americano e come membro della comunità nera. Vedo gente bianca inginocchiarsi e chiedere perdono per non avere fatto nulla. È disgustoso. Sono i media che hanno tutto l’interesse di creare una divisone tra razze”.
E qui una parte del discorso, tradotta da Nina Ricci:
E ora un altro fanatico suprematista bianco:
“Lo sapete che i neri rappresentano il 10% della popolazione di St. Louis e sono responsabili del 58% dei suoi crimini? Dobbiamo affrontare questo. E noi abbiamo avuto modo di fare qualcosa per i nostri standard morali.
Sappiamo che ci sono molte cose sbagliate nel mondo dei bianchi, ma ci sono molte cose sbagliate anche nel mondo dei neri. Non possiamo continuare a dare la colpa all’uomo bianco.
Ci sono cose che dobbiamo essere noi a fare per noi stessi.”
Martin Luther King Jr. (Qui rivolgendosi ad una congregazione nel 1961 ribadendo un concetto già espresso a New York nel 1957 – grazie a Lorenzo Capellini Mion, via Flavio Gastaldi).
Comunque è un dato di fatto che i bianchi sono cattivi e i negri sono buoni. La prova? Eccola qua:
Una foto emblema delle vere Fake news di sistema nelle quali siamo quotidianamente immersi per il solo fatto di accendere una TV, ascoltare una radio, leggere un giornale.
Un nero, armato.
La CNN lo ha SCOLORITO, sovraesponendo le parti di pelle esposte e lo ha SPACCIATO per un bianco suprematista.
E questo è solo uno dei mille esempi.
Leonardo Santi
Per una sintesi degli eventi e delle loro conseguenze passo la parola a
UN’IDEOLOGIA FALSAMENTE ANTIRAZZISTA, IN REALTÀ “ANTI UOMO BIANCO”, QUINDI RAZZISTA E AUTORAZZISTA, DISTRUGGE LE BASI DELLA LIBERTA’ OCCIDENTALE
(riassumendo Eugenio Capozzi grazie a
1) I tagli alle forze dell’ordine produrranno più delinquenza e più discriminazione sociale: i giovani dei quartieri disagiati, afroamericani e non solo, saranno abbandonati alle gang dei violenti e degli spacciatori. Ma in un mondo petaloso e liberato dal razzismo (!!!) la realtà dei fatti cede all’ideologia, naturaliter cieca.
2) Il sindaco di Londra Sadiq Khan istituisce una “Commissione per la diversità”, incaricata di cambiare i nomi delle strade secondo criteri multiculturali e di eliminare monumenti e testimonianze del passato razzisti e/o imperialisti. Risultato? Dittatura culturale e psicologica, ostile all”Occidente imperialista, da superare per un pot pourri ostile alla storia e adoratore del totem dei diritti umani. E’ già “1984”, riemerso nel XXI secolo come dittatura del nulla.
3) HBO elimina dal catalogo della sua piattaforma “Via col vento”, forse il film più celebre e più visto della storia del cinema, in quanto portatore di pregiudizi etnici e razziali, censurato in nome di una dottrina psicotica che corregge il passato, la stessa che censura o emenda Ovidio, Shakespeare, Mark Twain che hanno la colpa di non essere conciliabili con i modelli che una élite (che farà la stessa fine di quella tardo ellenistica) vuole oggi imporre alle masse. E’ il ministero della verità di Orwell superato di slancio, in un’operazione totalitaria che farà tabula rasa di cinema, letteratura e arte occidentali, spaventosa tanto da andare oltre le peggiori dittature del Novecento. Se questa deriva non si ferma il patrimonio della cultura occidentale sarà desertificato. Sopravviveranno i “cinegiornali” dell’ortodossia “diversitaria”.
Da anni affermo che Il politicamente corretto non è un buffo “tic” culturale che esagera giuste rivendicazioni di diritti, ma un’ideologia, feroce come tutte le ideologie, che vuole imporre come verità sacre e indiscutibili gli idoli del relativismo assoluto: multiculturalismo, ambientalismo anti-umano, soggettivismo totale dei diritti, “identity politics”. Ci si dovrebbe ricordare che quando le ideologie prendono il potere cominciano a uccidere: storia, tradizione, linguaggio, cultura, libertà di pensiero e di parola. Prima o poi anche le persone.
p.s. Mi permetto di chiosare: dipinte in queste rive son le magnifiche sorti e progressive
A proposito del politicamente corretto, mi è capitato recentemente di leggere una violenta sfuriata per l’uso del termine “afroamericano”: perché si vuole a tutti i costi ricordare a queste persone la loro origine, come se non fossero americani a pieno titolo, come chiunque altro? Memoria corta, eh? Perché una volta queste persone venivano chiamate “negri”, ma un bel giorno qualcuno, alla faccia di Léopold Senghor e della sua “negritudine”, ha deciso che negro è offensivo e si è passati a nero. Poi è diventato offensivo anche nero (logico: anche se dici neri si sa benissimo che stai parlando dei negri!), e si è passati a “persona di colore” che io ogni volta che lo sento chiedo: scusa, di quale colore? Perché io non conosco persone prive di colore, quindi l’espressione “persone di colore” si applica solo ai negri, che a me sembra decisamente razzista, comunque sta di fatto che ha finito per diventare offensiva anche questa roba qua, e si è passati a “afroamericano”, e un imbecille adesso trova che non va bene, e oltre a essere imbecille e di memoria corta, ignora anche che sono proprio loro, gli afroamericani, a sentirsi cittadini di serie A!
E a proposito di serie:
Cittadini di serie A e di serie B
Pensavo di non dover più scrivere su quanto è avvenuto e sta avvenendo in America perché quello che avevo da dire l’avevo già scritto nell’articolo pubblicato da “Moked” la settimana scorsa (“Il mito degli Stati Uniti”). Devo invece tornare su questo argomento a causa di David Horn. Credo che la grande maggioranza di chi legge questo articolo non l’abbia mai sentito nominare. Certamente non è potuto venire a conoscenza della sua vita e in particolare della sua morte per mezzo della grande stampa d’informazione o delle televisioni.
David Horn era un afroamericano di 77 anni, ufficiale della polizia in pensione, che è stato ucciso da una folla di manifestanti mentre cercava di difendere dal saccheggio il negozio di un suo amico bianco a St. Louis.
In mezzo ai grandi cortei per l’uccisione di George Floyd nessuno ha sentito la necessità di ricordare questo morto, anch’egli afroamericano. Ma si obietterà che una cosa è l’uccisione di un uomo da parte della polizia e un’altra è quella di un altro uomo da parte di un folla inferocita. È vero, sono d’accordo sul fatto che un reato commesso da chi è incaricato di far rispettare la legge è più grave di quello commesso da un semplice cittadino, in questo caso addirittura da una folla anonima.
Ma – e mi riferisco alla grande stampa d’informazione italiana e alle grandi reti televisive – almeno ricordare il gesto di David Horn, quello sì ce lo potevamo aspettare. In fondo un linciaggio è pur sempre un linciaggio, anche se compiuto da una folla di afroamericani contro un altro afroamericano. Ma di David Horn non si è parlato perché la logica della grande stampa d’informazione è la stessa delle televisioni, andare dietro a ciò che fa spettacolo; e quale maggiore spettacolo può essere quello delle folle di giovani che, dopo tanto silenzio, ritrovano gli stessi slogan dei loro padri e in certi casi dei loro nonni? Di fronte ai pugni chiusi e ai simboli da anni ‘70 che peso mediatico può avere la morte di un povero negro, pardon, di un povero afroamericano di 77 anni? Ma allora Black Lives Matter funziona solo a corrente alternata?
Valentino Baldacci, 11/06/2020, qui.
Eh già, cittadini di serie A e di serie B, e morti di serie A e di serie B, come si vede in uno, due, tre, video, che non pubblico in chiaro, con l’uccisione di David Horn e di un altro uomo, che non hanno suscitato né sdegno né proteste, casomai avessimo bisogno di ulteriori conferme del fatto che le “proteste” sono state accuratamente organizzate, come ricorda anche
CI SIAMO CASCATI… ALL’INIZIO.
E’ assolutamente vero che un poliziotto bianco ha ammazzato un arrestato nero.
Tutto il resto è stato costruito a tavolino, e all’inizio ci siamo cascati tutti [beh no, tutti tutti no!]. Altri fingono ancora di non vedere la realtà.
I poliziotti spesso sono brutali, che siano bianchi o che siano neri, e uccidono circa mille arrestati all’anno negli Stati Uniti. La maggioranza delle vittime ha la pelle bianca…quindi si tratta di brutalità della polizia, non di razzismo.
Hanno nascosto per un po’ il fatto che George Floyd, sia pace all’anima sua, fosse un violento,e il fatto che, essendo al momento dell’arresto strafatto di droga, la droga sia stata forse una concausa della morte, insieme naturalmente alla manovra brutale e disumana.
Chauvin l’omicida, se fosse stato razzista oltre che violento, non avrebbe lavorato facilmente con altri tre colleghi, di cui almeno due appartenenti a diverse etnie. E non avrebbe sposato una ragazza originaria del Laos.
E’ infine probabile questo: non credo che un agente, sia pure di indole violenta come Chauvin, tratti in quel modo un arrestato che non abbia opposto la minima resistenza. Non mi stupirei che George Floyd avesse reagito al momento dell’arresto, e che questo abbia scatenato la furia omicida di Chauvin. Verosimile che abbiano tagliato una parte del filmato dell’arresto [tipico: quante volte li abbiamo smascherati con questi trucchetti nelle cose che riguardano Israele?].
Chauvin è un omicida e deve pagare per quello che ha fatto. Anche gli altri tre agenti devono pagare per averlo lasciato fare. Ma tutto il resto, l’allarme razzismo a livello mondiale, è stato costruito a tavolino. Come affermare che già in marzo un altro afroamericano fosse stato assassinato dalla polizia. Non mi stupisce, visto che in media tre arrestati al giorno vengono uccisi dai poliziotti, e due di loro hanno la pelle bianca, ma non fanno notizia.
E veniamo alla distruzione dei simboli e alla messa al bando di tutto ciò che è stato decretato come politicamente scorretto.
DEL PASSATO FACCIAM PIAZZA PULITA
George Washington era proprietario di alcuni schiavi. La città di Washington cambi nome. D’ora in avanti sia chiamata George Floyd town.
Si cambino le banconote. Al posto dei presidenti su queste dovranno essere stampati i volti di George Floyd, Malcom X, Muhammad Alì eccetera.
Si elimini il giorno del ringraziamento che ricorda l’arrivo in nord America dei colonialisti europei.
Si abbatta il Colosseo. Al suo interno morivano gli schiavi.
Si distruggano le statue di Augusto, Marco Aurelio e di tutti gli imperatori schiavisti.
Si Abbattano l’arco di Costantino e la colonna traiana, simboli dell’imperialismo schiavista dei romani.
Si brucino le opere di Aristotele, notoriamente schiavista.
Si faccia lo stesso con le opere di Dante, islamofobo.
Si faccia lo stesso con le opere di Shakespeare, antisemita e sessista.
Si proceda ad una attenta censura della Bibbia.
Si ristabilisca a verità storica sui Vangeli. Cristo era palestinese, San Pietro nero e San Matteo omosessuale.
Si potrebbe continuare. Aspetto suggerimenti.
Del passato facciam piazza pulita (ma solo di quello dell’occidente)
E questa è, oggi, la “statua di Churchill”,
che faccio commentare da
La statua di Churchill a Londra, l’uomo di “combatteremo sulle spiagge, sui luoghi di sbarco, nei campi, nelle strade e nelle montagne. Da questa battaglia dipende la sopravvivenza della civiltà cristiana. Non ci arrenderemo mai…”. Il nostro Occidente… Forse è davvero finita. Forse siamo già ai titoli di coda.
Aggiungo l’invito a leggere ancora questo; proseguo con un esempio di come si può e si deve opporsi al razzismo in tutte le sue forme
e uno di quante difficoltà si incontrino quando si vuole essere davvero coerentemente antirazzisti,
ma niente paura: siamo fermamente decisi a combattere il cancro del razzismo, e niente ci fermerà:
E infine alcune perle di Enrico Richetti:
Concludo con un nostalgico ricordo del tempo in cui la parola “negro” non faceva paura
e con un sentito, doveroso omaggio
barbara