CHE UNO DICE MA SÌ DAI

Spendo un po’ di più ma almeno viaggio comoda e arrivo presto. E prenota i treni veloci. Poi succede che per una serie di ragioni devo essere accompagnata alla stazione parecchio in anticipo sull’orario del mio treno. Stupidamente non mi passa neanche per la testa di guardare se per caso c’è un treno che parte prima: ho il mio posto prenotato sull’intercity, perché mai dovrei prendere un altro treno? E dunque aspetto il mio intercity. Che arriva in ritardo. Talmente in ritardo che perdo la coincidenza con la Frecciarossa. Mi va ancora bene che di lì a cinque minuti c’è un altro treno, solo che è un regionale veloce, e impiega tre ore invece che un’ora e zero due. Tre ore in un’affollata seconda al posto di un’ora in una comoda e spaziosa prima (c’era una promozione). Durante le quali mi sono anche sorbita una lunga lezione di cucina impartita da una passeggera al telefono che ha fatto sghignazzare sgangheratamente me e tutte le vicine di posto (“no, lo zucchero va messo a metà cottura, se no viene cattivo” “quattro chili, ce ne vogliono quattro chili” “mi raccomando, lo zucchero a metà cottura” “io le mele ce le metto, tre mele su quattro chili cosa vuoi che facciano?” “non dimenticarti che lo zucchero va messo a metà cottura” “una goccia lucida, se non fa la goccia lucida non va bene, vuol dire che hai sbagliato qualcosa” “ricordati che lo zucchero va messo a metà cottura”). E poi il treno ha cominciato a fermarsi in aperta campagna e ad accumulare ritardo, facendomi temere di perdere anche l’altra coincidenza, poi invece ce l’ho fatta, ma in conclusione per meno di quattrocento chilometri sono rimasta in viaggio nove ore e mezza.
Meno male che sono giovane e forte, va’.
E che ho visto una bella botta di amici.


(ach, voi poveri giovani che non avete conosciuto voci come questa!)

barbara