POI C’È CHI LA COMMEMORA COSÌ

I miei commenti, come al solito, tra le righe in corsivo

Ho solo questo da dire per la Giornata della Memoria: i nazisti, con tutti i loro complici e sostenitori, perseguitavano gli ebrei con un tipico rovesciamento della realtà. Gli ebrei venivano discriminati ed erano accusati loro di discriminare,
? I nazisti accusavano gli ebrei di discriminare? Hitler nel “Mein Kampf” ha scritto che bisognava eliminare gli ebrei perché discriminavano? In qualche suo discorso ha detto che bisognava eliminare gli ebrei perché discriminavano? Le leggi di Norimberga motivavano la riduzione dei diritti degli ebrei sostenendo che gli ebrei discriminavano? Di bestialità dagli antisemiti, nella mia ormai lunga vita, ne ho sentite tante, ma questa le supera tutte.

venivano oppressi e venivano accusati loro di opprimere,
? I nazisti accusavano gli ebrei di opprimere? Hitler nel “Mein Kampf” ha scritto che bisognava eliminare gli ebrei perché opprimevano? In qualche suo discorso ha detto che bisognava eliminare gli ebrei perché opprimevano? Le leggi di Norimberga motivavano la riduzione dei diritti degli ebrei sostenendo che gli ebrei opprimevano? Di bestialità dagli antisemiti, nella mia ormai lunga vita, ne ho sentite tante, ma questa le supera tutte.

venivano perseguitati dalle leggi razziali sulla base di una ideologia ed erano accusati di voler imporre le loro “regole”, il loro “punto di vista”, la loro “ideologia”.
? I nazisti accusavano gli ebrei di voler imporre le loro “regole”, il loro “punto di vista”, la loro “ideologia”? Hitler nel “Mein Kampf” ha scritto che bisognava eliminare gli ebrei perché volevano imporre le loro “regole”, il loro “punto di vista”, la loro “ideologia”? In qualche suo discorso ha detto che bisognava eliminare gli ebrei perché volevano imporre le loro “regole”, il loro “punto di vista”, la loro “ideologia”? Le leggi di Norimberga motivavano la riduzione dei diritti degli ebrei sostenendo che gli ebrei volevano imporre le loro “regole”, il loro “punto di vista”, la loro “ideologia”? Di bestialità dagli antisemiti, nella mia ormai lunga vita, ne ho sentite tante, ma questa le supera tutte.

Da qui a considerarli “infetti” (la metafora sanitaria era la più usata) il passo era breve.
FALSO. Gli ebrei erano chiamati cancro, spiegando che il bravo medico ha il dovere di estirpare il cancro per salvare la vita del corpo altrimenti sano. E il cancro non è una cosa “infetta”, e non è contagioso. Ed erano chiamati parassiti, che possono essere infestanti e infettanti, ma non sono infetti. Evidentemente l’autore di questo pezzo è talmente antisemita da sentire il bisogno di inventare, nei confronti degli ebrei, un’accusa che non era venuta in mente neppure ai nazisti, e su di loro proietta le proprie fantasie malate.

Questo rovesciamento della realtà, che giustifica sempre le persecuzioni contro una minoranza, è pienamente in atto oggi ai nostri dannii.
Questo rovesciamento della realtà, che giustifica sempre la banalizzazione della Shoah, è pienamente in atto oggi da parte di una consistente fetta di novax, che non esitano a sputare su sei milioni di morti (che prima di morire sono stati privati di tutto, deportati, privati anche del proprio nome, sottoposti a sofferenze inenarrabili e infine assassinati. E derubati, dopo morti, di denti, capelli e, se tatuata, anche della pelle. E tutto questo, questo essere che ho grosse difficoltà a definire umano, lo sa).

E non è che i responsabili siano solo i Sileri: sono anche  tra i nostri conoscenti, colleghi ed ex amici. Per questo assimilabili ai nazisti. Che molti di loro celebrino oggi la giornata della memoria, pure questo non deve affatto sorprendere : rientra nella tipologia del persecutore, soprattutto quando si tratta non del grande mostro, ma del persecutore meschinello, quello che ha bisogno di sentirsi parte dei “buoni cittadini”, rispettosi di regole e valori. (Angelo Michele Imbriani, qui)

Ero partita con l’intenzione di commentare tutto, ma non ce la faccio a continuare, mi viene troppo da vomitare. Pur nel brutto mondo che ci circonda, non capita spesso di incontrare un simile concentrato di ignoranza, stupidità e sordida perfidia. Vogliamo chiamarlo verme? No, non basta. Vogliamo chiamarlo cloaca putrida? No, non basta. Temo che dovrò rinunciare a qualificarlo, perché il mio vocabolario non contiene termini adeguati. E, no, non gli auguro, come qualcun altro ha fatto in analoghe circostanza, “tutto il male possibile”: gli auguro solo di poter vivere una settimana là dove erano mandati a “vivere” gli ebrei. Poi, se sopravvive, ne riparliamo. (In realtà, a riportare anche solo la metà di ciò che sto vedendo in giro tra blog e social vari, ci sarebbe da vomitare per due mesi di fila)

barbara

QUALCUNO CI HA FATTO CASO?

“La storia è piena di stermini”. “Bisognerebbe ricordare tutti gli stermini, non uno solo”. “Nessuno ha l’esclusiva della sofferenza”. “Perché ricordare questi e non questi altri?” ecc.

Avete mai sentito questi discorsi quando si ricordano le sofferenze degli schiavi negri (e lasciamo perdere quelli bianchi, perché di quelli non si parla proprio)? O quando si ricordano le vittime del colonialismo? O i tibetani? O i kulaki? O i (cosiddetti) palestinesi? I tutsi? i cambogiani? I nativi americani? Gli armeni (gli armeni!). Dei campi di sterminio giapponesi nei territori occupati? Delle “donne di conforto” rapite dalle loro case e portate ad accogliere, ognuna, decine di soldati ogni giorno? Dell’apartheid in Sudafrica? Della segregazione razziale (sostenuta soprattutto dai democratici, vediamo di non dimenticarlo, creatori tra l’altro del KKK) negli Stati Uniti? Dei Gulag? Dei Laogai? Dei campi della Corea del nord?

No, non li avete – non li abbiamo – mai sentiti. Il bisogno di ricordare tutte le vittime e tutte le sofferenze,  la coscienza che esistono anche altre vittime, altre sofferenze, altre ingiustizie da onorare emerge in un’unica circostanza: quella in cui si ricorda un particolare tipo di vittime; solo allora i buoni di professione si ricordano che di vittime ce ne sono anche altre. Bene: come dice quel tale, fatevi una domanda e datevi una risposta.

Poi, volendo, ci sarebbe anche un altro dettaglio da segnalare: nella suddetta circostanza si verificano due possibili casi: uno è quello in cui si invita a ricordare genericamente tutte le vittime, l’altro è quello in cui si scende nel dettaglio e si fanno gli esempi delle altre vittime da ricordare. E quali sono queste vittime specifiche? I palestinesi. Con l’occasionale aggiunta dei negri, ma i palestinesi ci sono sempre. Mai i kulaki, mai i tibetani, mai  i cambogiani, mai le donne di conforto, mai i tutsi… Solo i palestinesi: gli unici, fra tutti quelli che ho nominato (più tutti gli altri che al momento non mi vengono in mente), a praticare attivamente il terrorismo, allo scopo di portare a termine il genocidio di coloro che si stanno commemorando. E anche qui potrebbe essere il caso di farci una domanda e darci una risposta. Noi, non loro, che sono infinitamente superiori a qualunque domanda e a qualunque risposta.

barbara

L’OLOCAUSTO, LA MEMORIA E LA LOBBY EBRAICA

smemoria
Ivan Paone, vice direttore dell’Unione Sarda, 27 gennaio 2019

Buongiorno direttore,
mi è stato inviato da Israele, e più precisamente da Deborah Fait, l’articolo pubblicato oggi scritto dal suo vice Paone.
Vivendo io a Torino non ho l’abitudine di seguire quanto viene pubblicato sul giornale da lei diretto.
Ho quindi voluto entrare nel profilo di Paone su FB e ho trovato la condivisione di quanto le allego.
paone1
paone2
Mi rendo conto che non tutti sono tenuti a conoscere la storia del conflitto che perdura da oltre 100 anni, ma ritengo pure che, prima di scriverne, un giornalista dovrebbe approfondire l’argomento.
Le propongo quindi di organizzare un dibattito pubblico su questo tema al quale sono pronto a partecipare. Sono certo che servirebbe a Ivan Paone e, soprattutto, ai lettori del giornale da lei diretto.
Distinti saluti
Emanuel Segre Amar

L’argomento l’ho approfondito adeguatamente. Del resto uno che ha come idolo Netanyahu si qualifica da solo.
Mi spiace solo che lei abbia problemi di lettura, visto che del mio articolo non ha capito nulla.
Lei chiede un dibattito pubblico? Prontissimo. Mi stupisce però che per criticare me si sia rivolto al direttore. Non aveva il coraggio di scrivermi? Non mangio i bambini e comunque può sempre farsi proteggere dal potente esercito israeliano e da quell’esempio di democrazia rappresentato dal Mossad.
Distinti saluti
Ivan Paone

La sua lettera era finita nello spam, è stato un automatismo di grande precisione visto il contenuto della sua risposta.
Desidero informarla che non ho idoli essendo di fede ebraica, rigorosamente monoteista, non so lei. Quanto ai problemi di lettura, lasci il sarcasmo da ginnasiale e il guappismo anabolizzato a casa con la fionda, sia gentile.
Peccato che un talento come il suo si debba esercitare su un giornale di provincia. Lei merita un pubblico ben più ampio. Se crede possiamo provare a trovarle un posto a Roma, in una sede assai più prestigiosa. Lo dovrebbe sapere che abbiamo molte aderenze.
Distinti saluti a lei
Emanuel Segre Amar

Non dubito che abbiate molte aderenze. A casa mia si chiamano lobby. E non le sopporto, di qualsiasi fede, colore politico siano.
A proposito, confermo le sue difficoltà con la lingua italiana. La parola idoli, nel buon linguaggio corrente, non ha alcuna connotazione religiosa. E il rigorosamente monoteista poteva risparmiarselo. Perché una religione parzialmente monoteista non esiste. Infine, c’è chi usa la fionda e chi il mitra. Legga un po’ i  giornali per capire chi usa una o l’altro. Al contrario, lei non merita alcun palcoscenico,  provinciale o nazionale. Può consolarsi scrivendo sui muri o sui vagoni della metropolitana, a Roma è pratica comune.
Distinti saluti anche a lei.

Curioso che il bacchettatore della lingua italiana altrui sia convinto che il contrario di “rigoroso” sia “parziale”. Per quanto riguarda il merito, evito accuratamente di esprimermi, perché il mio patrimonio lessicale manca di termini adeguati.

barbara

AGGIORNAMENTO

Casa sua non l’ho mai frequentata, la suburra non è esattamente il mio habitat. E’ lei che ha grosse difficoltà con la lingua italiana e sicuramente anche con il greco, visto che “idolo” deriva dal greco “eidolon”, simulacro, e viene usato in senso metaforico nel linguaggio corrente. Naturalmente le è sconosciuta anche quella figura retorica che si chiama metafora e l’uso dell’ironia. Non mi meraviglio, se no non potrebbe scrivere quello che scrive.
Sulla storia delle religioni testimonia ancora di più la sua crassa ignoranza, poiché il monoteismo ha una storia, una evoluzione che culmina con quello rigoroso ebraico. Ma lei che non ha mai letto una pagina di Mircea Eliade o di Joseph Campbell non può saperlo. Scrive infatti per un piccolo giornale di provincia e lì resterà fino alla fine dei suoi giorni che le auguro serenamente lunghi.
Le scritte sui muri della metropolitana di Roma sono bellissime e hanno sicuramente un pubblico molto maggiore rispetto a quello di chi legge lei.
Si diverta.
ESA

La chiudo qua. Lei è uno sbruffone. Non conosce i miei studi né la mia storia e si permette di dare giudizi. Solo perché non sono filo israeliano come lei. Bell’esempio di tolleranza. A proposito di idoli, parlavo del linguaggio comune e in senso metaforico adesso non usiamo questo termine per indicare un dio. Il greco l’ho studiato, al liceo classico (lo stesso dove hanno studiato Segni, Berlinguer e Togliatti) e all’università, dove mi sono laureato con 110 e lode. Le letture? La mia prima in assoluto, da adolescente, è stata Se questo è un uomo di Primo Levi. E ha segnato la mia vita. Poi sono arrivati i sionisti come lei…
Buonanotte.
IP

Non è spettacolare questo trarre gloria dalle personalità che hanno frequentato il suo stesso liceo? E non è formidabile il portare vanto della comune frequentazione con uno dalle mani letteralmente grondanti di sangue? Carino anche il fatto che la sua prima lettura in assoluto l’abbia fatta da adolescente, il che spiega parecchie cose.

LA GIORNATA DELLA MEMORIA QUI

Per ragioni tecniche si è celebrata con due giorni di anticipo, e mi è stato chiesto di andare in sinagoga per dare eventualmente una mano, e così ho fatto. Durante la mattina sono venute quattro classi (quinta elementare e prima media), e giustamente gli sono state date prima un po’ di informazioni sull’ebraismo – inutile mettersi a raccontare come gli ebrei sono stati perseguitati a persone che non sanno neppure che cosa siano esattamente gli ebrei – e ho fatto un po’ di interventi anch’io. Parecchio interesse, molte domande, non tutte purtroppo soddisfatte (chi non è insegnante difficilmente è in grado di cogliere l’urgenza della domanda di un bambino e la necessità di porre la risposta come priorità rispetto alla lezione che ritiene di dover impartire).
Nel pomeriggio è venuto lo storico Marcello Pezzetti per un incontro a cui hanno partecipato, come si suol dire, le autorità civili militari e religiose. Il sindaco è stato l’unico che mi sono rifiutata di applaudire, lui che per ricordare la tragedia della Shoah non ha trovato di meglio che riproporre situazioni attuali, contrappuntando ogni frase con un martellante È LA STESSA COSA: l’Ungheria costruisce muri, È LA STESSA COSA – fanculo –, noi vogliamo vedere affondare i barconi, È LA STESSA COSA – fanculo – (anche se sappiamo benissimo che quando non c’era mare nostrum i morti nella traversata erano una minuscola frazione di quelli attuali), il fastidio per i ragazzi dei parcheggi che noi chiamiamo “quelli là”, È LA STESSA COSA – fanculo – (i ragazzi dei parcheggi, di cui ho già parlato, sono quei ragazzoni di un metro e ottanta e spalle da scaricatore di porto a cui devi pagare il pizzo per non ritrovarti con qualche brutta sorpresa sulla macchina. A me danno fastidio, evidentemente sono complice delle SS). E poi il vescovo, freschissimo di insediamento. Senza tonaca, anche perché ha venduto la macchina e gira in bicicletta, per la quale la tonaca non è esattamente l’indumento ideale (don Camillo la portava, ma aveva la bicicletta da donna); un aspetto col quale lo vedresti bene al tavolo di un’osteria, mazzo di carte in una mano e bicchiere di rosso nell’altra.
vescovo
E niente discorso scritto da leggere. Ha parlato per pochissimi minuti, ha detto dell’importanza della memoria, ché un albero senza radici non può fiorire, e della necessità di ricordare per essere sempre pronti a impedire che quanto è accaduto si ripeta. Punto. Niente paragoni. Niente richiami a fatti di attualità: stiamo ricordando la Shoah e si parla di Shoah, punto. Mi ci sono quasi spellata le mani ad applaudirlo. E infine Marcello Pezzetti, dalla faccia da ragazzino nonostante i sessant’anni suonati,
Pezzetti
che possiede la dote più importante per uno storico che fa divulgazione: è uno straordinario animale da palcoscenico. Perché è inutile che tu sappia tremila cose se alla terza smetto di ascoltarti perché mi stai annoiando a morte; lui è esattamente quel tipo di parlatore che ti affascina fin dalla prima parola, ti cattura e non ti molla più. E in questa occasione ha affrontato un tema diverso dai soliti: perché i sopravvissuti – quasi tutti – hanno aspettato decenni prima di parlare. Avendo intervistato un buon mezzo migliaio di persone, che sotto questo aspetto hanno mostrato un comportamento straordinariamente omogeneo, ha potuto elaborare osservazioni di grande valore e di straordinario interesse.
Due episodi a margine. Nel corso della mattinata ad un certo momento è entrata una signora, che dopo l’uscita delle scolaresche è andata a parlare con il portavoce e il vicepresidente della comunità, e ci si è soffermata a lungo. Poi si stacca da loro e viene verso di me, penso che voglia salutarmi prima di andarsene, e invece mi abbraccia, mi bacia, mi stringe le mani tra le sue, e poi torna a baciarmi, e poi mi racconta che lei è Avventista del Settimo Giorno, e che è tutto praticamente uguale, e che anche loro rispettano il sabato, e che siamo tutti figli di Dio e discendenti di Abramo, e che bisogna proprio che una volta andiamo a trovarli, solo per conoscere, mica per altro, tanto la loro chiesa non è molto lontana, magari una volta dopo la preghiera si va lì tutti insieme e conosciamo tutti i fratelli – e continua a stringermi le mani fra le sue, e ad accarezzarle, e a ripetermi l’invito e poi mi mette in mano una strisciolina di carta con il suo nome e il suo cellulare e poi mi riabbraccia e poi mi ribacia e poi mi ristringe le mani (non ho problemi coi contatti fisici, in generale, ma quando mi vengono così pesantemente imposti mi sento letteralmente braccata, in qualche modo violentata, anche). Il pomeriggio torno e me la ritrovo lì. Appena entro mi si fionda addosso, è venuta apposta per me, dice, e mi dà un foglietto su cui ha scritto tutto: nome, cognome, cellulare, fisso, indirizzo suo, indirizzo della chiesa, piccolo schizzo per arrivarci più facilmente, e poi posso andarla a trovare a casa sua e mi offre un tè e possiamo parlare tanto e possiamo diventare amiche. Mi sforzo di tirare fuori un mezzo sorriso, ringrazio, metto il foglietto in tasca, mi preparo a darle la mano per salutarla ma lei, velocissima, mi schiaffa in mano un blocchetto e una penna: il tuo nome e il tuo numero di telefono. E allora ho fatto quello che mai avevo fatto in tutta la mia vita né mai più, probabilmente, rifarò: ho scritto un numero falso.
Nel pomeriggio c’era anche un ragazzotto, belloccio un bel po’. Teneva in mano un libro con la copertina ostentatamente rivolta all’esterno; non era molto vicino, ma ho intravisto qualcosa tipo i poteri della mente, c’era un disegno con un cervello e delle ramificazioni rosse che non mi davano l’impressione di essere una rigorosa rappresentazione anatomica. E ad un certo punto lo sento imbonire una coppia di mezza età; non lo ascolto, ma mi arrivano cose come flussi di energia, auto guarigione, la mente che guida, ciofeche di questo genere. Continua a parlare fino a quando il signore di mezza età, approfittando di uno dei rari momenti in cui anche il peggiore imbonitore deve tirare il fiato, si intromette dicendo guarda, io parto da un principio: se ho un chiodo che mi fa male, o mi tiri via il chiodo, o il male non mi passa. Che è un argomento che dovrebbe essere in grado di stendere chiunque: non posizioni di principio, non è scientifico, non è provato, a cui un ciarlatano ben addestrato regolarmente obietta: sei tu col tuo scetticismo che impedisci alle forze positive di lavorare, no: ha messo là una cosa che più concreta non si potrebbe. E invece no, ha continuato implacabile a concionarli, e quando sono andati a sedersi perché la stanza si andava riempiendo in vista dell’inizio dell’incontro con Pezzetti, li ha seguiti ed è rimasto in piedi davanti a loro e non si è fermato fino a quando non è stato coperto dalla voce del vicepresidente al microfono. E non si può neanche dire braccia rubate all’agricoltura, perché chissà che danni planetari riuscirebbe a fare una tale testa di catamarano espanso.

barbara

MAI PIÙ

Quattro anni fa ho scritto questo testo. Poiché da allora a oggi le cose, se sono cambiate, lo sono in peggio, lo ripropongo senza alcuna modifica.

C’ERA UNA VOLTA LA GIORNATA DELLA MEMORIA

C’era una volta la memoria. La memoria di un evento indicibile. La memoria di un evento talmente inimmaginabile che persino chi riusciva a sfuggire e a darne testimonianza, mentre stava accadendo, non veniva creduto. E per non lasciare che la memoria di ciò che la specie umana era riuscita a perpetrare rischiasse di andare perduta, qualcuno ha pensato di istituire una “Giornata della memoria”. Una volta.
Poi … poi è accaduto ciò che spesso accade, quando si ha a che fare con questa tematica. Con l’ebraismo, intendo dire. Con gli ebrei, per la precisione. È successo che qualcuno, da subito, si è sentito disturbato dall’idea che ci si occupasse degli ebrei. Che ci se ne occupasse non per farli fuori, non per accusarli di ogni sorta di nefandezze, non per demonizzarli, bensì per ricordare che dopo millenni di persecuzioni diffuse e generalizzate e punteggiate da un discreto numero di stermini di massa e da un immenso numero di stermini “minori”, si era infine arrivati a programmarne lo sterminio totale, e ad avviare con buoni risultati l’esecuzione del programma. Il primo passo fatto per boicottare la neo-istituita giornata della memoria è stato il tentativo di allargare la commemorazione ad altre vittime. Il secondo, e tuttora in corso, è stato molto più infame, più subdolo, più vigliacco, più ipocrita, più osceno: è stato un totale ribaltamento – di quei ribaltamenti a cui gli antisemiti da lunga data ci hanno abituati – dell’intero panorama. Hanno inventato, gli antisemiti, la storia delle “vittime che si sono fatte carnefici”. Hanno inventato “i nuovi nazisti”. Hanno inventato “l’olocausto del popolo palestinese” – un popolo che in sessant’anni di ininterrotto olocausto, sterminio, genocidio, si è quasi decuplicato, ma chi sta a badare a questi dettagli? E hanno scippato la giornata della memoria: vanno lì, ora, alle manifestazioni commemorative, a spremere la loro brava lacrimuccia. Ci vanno nell’illusione che ciò basti a ingannarci. Ci vanno nell’illusione di ricostruirsi, con ciò, una verginità. Ci vanno per sentirsi poi tranquilli con la propria coscienza quando, dopo avere pianto per gli ebrei morti, latrano come cani rabbiosi quando gli ebrei vivi tentano disperatamente di restare vivi resistendo al rinnovato progetto di sterminio, strepitano come vergini violate quando gli ebrei vivi mostrano di voler davvero tenere fede al “mai più come pecore al macello”. Si ha veramente l’impressione che a costoro piaccia talmente tanto commemorare l’olocausto, da prodigare ogni aiuto e ogni sostegno, materiale e morale, a coloro che stanno progettando e tentando di metterli in condizione di poterne presto commemorare due. Per questo mi auguro di poter dire al più presto possibile “C’era una volta la giornata della memoria”, per non dover più fornire, coi nostri morti e col nostro dolore, un alibi ai peggiori sentimenti che l’animo umano possa albergare: anche in questo campo è davvero arrivato il momento di giurare, solennemente, MAI PIÙ.

Da allora, da quando ho scritto questo testo, ho mantenuto fede al mio proposito di boicottare l’osceno sfruttamento della giornata della memoria. Degli ebrei sterminati ho parlato in altre date, e in altre ancora ne parlerò, ma non oggi. Oggi il mio omaggio agli ebrei sterminati si concretizzerà in un omaggio agli ebrei vivi, che lottano per restare vivi. Agli ebrei che lavorano. Che inventano. Che producono. CHE SORRIDONO. Questi:

barbara